cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 13 marzo 2015, n. 5105

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FORTE Fabrizio – Presidente

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9799/2009 proposto da:

(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), nella qualita’ di eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3219/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/02/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- I fratelli germani (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma (OMISSIS) e (OMISSIS) – rispettivamente seconda moglie del proprio genitore (OMISSIS) e figlia di primo letto della predetta – nonche’ la s.p.a. (OMISSIS) e la s.p.a. (OMISSIS).

Gli attori esposero che il 22 marzo 1996 innanzi al notaio (OMISSIS) di (OMISSIS) era stato stipulato un contratto di mutuo tra la (OMISSIS) (per il prosieguo (OMISSIS)) da un lato, ed il defunto genitore, la sorellastra e la matrigna dall’altro, in forza del quale la Banca aveva concesso un mutuo di lire 140 milioni, garantito da un’ipoteca su un bene del solo (OMISSIS) in (OMISSIS), condotto in locazione dalla (OMISSIS) S.p.A.. La suddetta somma era stata versata su un conto intestato alla sola (OMISSIS), acceso presso la stessa (OMISSIS).

Dal momento che a restituzione del mutuo erano stati altresi’ ceduti pro’ solvendo i canoni dovuti dalla Prenatal – per un importo di lire 22 milioni annui – ponendo in essere in sostanza uno “sconto” dei predetti canoni, gli attori assumevano che il contratto in questione fosse simulato ed avesse il solo scopo di accrescere il patrimonio della (OMISSIS) e che pertanto andasse accertata e dichiarata detta simulazione e, in aggiunta, la nullita’ della donazione indiretta (per difetto di forma) che ne sarebbe originata.

Aggiunsero i (OMISSIS) che l’appartamento ipotecato, sebbene formalmente intestato al genitore, in realta’ avrebbe fatto parte dell’impresa familiare costituita dal defunto (OMISSIS), dai figli e dalla madre dei medesimi (OMISSIS), cosi’ che, anche per tale motivo, il contratto di mutuo non poteva dirsi efficace verso l’indicata impresa familiare.

Gli attori sottolinearono altresi’ che il contratto di mutuo doveva dirsi invalido in quanto concluso da tale (OMISSIS), agente nella qualita’ di procuratore speciale della Banca, senza che pero’ di tale procura risultasse traccia.

Dedussero inoltre che la volonta’ di (OMISSIS) al momento della stipula del mutuo, doveva considerarsi viziata per incapacita’ naturale – essendo affetto da gravi malattie che lo avrebbero condotto a morte di li’ a cinque mesi – o anche per dolo e violenza morale: allegarono a sostegno di tali affermazioni la condotta – oggetto di procedimento penale – della stessa (OMISSIS) che poco prima del decesso del padre degli attori, avvalendosi di una procura nulla, autenticata dal notaio (OMISSIS) di (OMISSIS), era riuscita a vendere tutti gli immobili siti in (OMISSIS) per 800 milioni, sottraendo altresi’ beni mobili per ulteriori 500 milioni; con ulteriore procura invalida, rogata dallo stesso notaio, il giorno prima della morte di (OMISSIS), la (OMISSIS) aveva venduto al marito, (OMISSIS), l’appartamento sottoposto ad ipoteca il quale poi era stato alienato a tale (OMISSIS).

Chiesero che, per le ragioni sopra descritte, tutti i convenuti fossero condannati a restituire in favore della massa ereditaria, la somma di lire 140 milioni e fossero condannati al risarcimento dei danni consistenti nella diminuzione del valore dell’appartamento ipotecato, nella perdita del reddito prodotto dallo stesso e nelle spese necessarie per la cancellazione dell’ipoteca.

Il Tribunale rigetto’ le domande.

Con la sentenza impugnata (depositata in data 24.7.2008) la Corte di appello di Roma – dichiarate inammissibili le domande proposte solo con il gravame – ha confermato la decisione del tribunale osservando che: a) l’intera condotta processuale e sostanziale della s.p.a. (OMISSIS) presupponeva la ratifica dell’operato del funzionario che aveva stipulato il mutuo (cio’ in relazione all’eccezione di carenza di poteri di costui); b) quanto alla carenza di legittimazione del (OMISSIS) a disporre di un immobile facente parte dell’impresa familiare (degli attori e della loro madre), nulla era emerso in primo grado e solo in appello erano state dedotte circostanze a conferma dell’assunto ma non risultava perche’ l’appartamento dovesse ritenersi acquistato con utili della preesistente impresa familiare; c) erano infondati gli assunti in merito alla simulazione dell’atto e alla nullita’ della donazione dissimulata, mancando la prova della partecipazione della banca all’accordo simulatorio ed essendo irrilevante (perche’ condotta successiva) l’accreditamento della somma sul conto della (OMISSIS); d) era infondata la domanda di annullamento per incapacita’ del (OMISSIS) (non provata) come quella di nullita’ per circonvenzione di incapace (stante la sentenza penale di assoluzione sebbene per l’esimente ex articolo 649 c.p.); e) la domanda di annullamento per violenza o dolo del pari era infondata essendo mancata la prova delle circostanze dedotte, essendo inidonei a tal fine i comportamenti successivi all’atto; f) erano inammissibili (perche’ non riproposte nelle conclusioni in primo grado) le richieste istruttorie, peraltro irrilevanti; g) infine erano infondate le dedotte nullita’ per l’alternarsi degli istruttori in primo grado.

1.1.- Contro la sentenza di appello (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione affidato a nove motivi.

Resiste con controricorso la s.p.a. (OMISSIS) mentre non hanno svolto difese gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS) nonche’ la s.p.a. (OMISSIS).

Nel termine di cui all’articolo 378 c.p.c., le parti hanno depositato memorie.

2.- Osserva preliminarmente la Corte che, in sede di memoria ex articolo 378 c.p.c., i ricorrenti hanno eccepito l’inammissibilita’ del controricorso – notificato il 20.5.2009 – deducendo che la procura alle liti e’ stata rilasciata dall’avv. (OMISSIS) quale Presidente del consiglio di amministrazione della (OMISSIS) nel mentre dalla visura camerale gia’ prodotta in atti (il 22.12.2014) emerge che a far tempo dal febbraio 2009 (tale e’ la data dell’iscrizione della modifica, come il Collegio ha potuto verificare) quella carica era rivestita da (OMISSIS).

Nel corso della discussione il difensore della banca nulla ha replicato in ordine a tale eccezione. Si’ che, anche in ragione delle modalita’ di rilascio, la procura speciale (contenuta in foglio spillato privo di data, inserito nel corpo dell’atto notificato), deve ritenersi nulla, in quanto non riferibile – alla stregua della documentazione prodotta dai ricorrenti – al legale rappresentante protempore della banca, con conseguente inammissibilita’ del controricorso.

2.1.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione di norme di diritto e formulano, ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c. – applicabile ratione temporis – i seguenti quesiti: “Atteso che la fattispecie incriminatrice della circonvenzione d’incapace prevista dall’articolo 643 c.p. – il cui scopo va ravvisato appunto nella tutela dell’integrita’ in se’ e per se’ considerata; nella tutela dell’autonomia privata e della libera esplicazione dell’attivita’ negoziale delle persone in stato di menomazione psichica – deve annoverarsi tra le norme imperative la cui violazione comporta ai sensi dell’articolo 1418 c.c., oltre alla sanzione penale anche la nullita’ del contratto concluso in spregio della medesima;

– il fatto che la stessa fattispecie prevista da tale articolo non sia stata concretamente punita in applicazione dell’articolo 649 c.p., fa scattare ugualmente – o non – la rilevabilita’ d’ufficio della nullita’ ex articolo 1418 c.c., delle azioni usurpative, anche in caso di inapplicabilita’ come nel caso di specie, di sanzione penale in forza dell’articolo 649 c.p.?

– Subordinatamente, e nella negativa, la nullita’ deve comunque ravvisarsi nel caso in cui la qualita’ di coniuge (alias di affine) e’ stata riconosciuta dai giudici penali per errore evidente ai fini dell’applicazione del beneficio di tale articolo 649 c.p.; ovvero in presenza di un contratto matrimoniale da dichiarare inefficace per impossibilita’ (giudizialmente accertata) di poter raggiungere gli scopi essenziali del matrimonio stesso (che erano e sono: l’assistenza permanente, oltre che la procreazione e l’educazione della prole, legate all’eta’?

– In via ulteriormente gradata, e nuovamente nella negativa l’accertamento della callidita’ nel dolo, e le altre motivazioni e strumentalizzazioni illecite constatate dai giudici penali alla pag. 11 di detta sentenza 1325/05 sono sufficienti a poter provare quale nozione di fatto ex articolo 105 c.p.c., l’esistenza di un vizio della volonta’ suscettibile a) di produrre comunque l’inefficacia, per altro verso, del contestato contratto di mutuo stesso; e se non altro nei confronti della parte che non ha ricevuto alcuna controprestazione?

b) di legittimare il diritto degli usurpati alla restituzione dell’indebito connessa al dolo?”.

2.2.- Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la nullita’ della sentenza e del procedimento nonche’ violazione di norme di diritto e formulano i seguenti quesiti: “a) se sia conforme al disposto dell’articolo 174 c.p.c. e dell’articolo 6 della Conv. Eur. Dir. Uomo (CEDU) che il giudice istruttore sostituisca a se’ altro G.I., e che comunque il Presidente possa disporre la sostituzione, senza specifica indicazione dell’assoluto impedimento o delle gravi esigenze di servizio e senza che il decreto sia comunicato alle parti; e se l’omessa comunicazione del decreto stesso non costituisca violazione anche dei diritto di difesa di cui al suddetto articolo 6”.

b) Se la fissazione del termine assegnato per note e repliche ex articolo 190 c.p.c., possa essere ulteriormente modificato, e addirittura oltre al limite dei rituali 60 + 20 giorni e deciso per giunta fuori udienza; Ovvero se cio’ non costituisca violazione del contraddittorio.

c) se sia conforme al diritto ed all’articolo CEDU che il giudice che si e’ pronunciato in 1 grado sia intervenuto anche nel giudizio di 2 grado.

d) Se la sentenza (priva dei requisiti di cui all’articolo 132 c.p.c., suddetti, e priva cioe’ delle conclusioni e della “concisa esposizione dello svolgimento del processo” sia idonea a rendere evidente l’iter logico seguito dal giudice per addivenire alla decisione.

e) Se sia conforme ai requisiti di cui all’articolo 132 c.p.c., che una sentenza – come quella di 1 grado n. 23993/01 (che risulti priva delle conclusioni e della “concisa esposizione dello svolgimento del processo, regolarmente contestati ex articoli 161 e 112 c.p.c.) debba o non debba esser considerata nulla, visto che siffatta carenza di certezza (in fatto) nelle premesse elude l’obbligo di poter verificare l’iter logico seguito dal giudice per la sua decisione”.

2.3.- Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano “a) insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio (falsus procurator sig. (OMISSIS)); b) omessa motivazione circa un fatto decisivo prospettato dalle parti e rilevabile d’ufficio (carenza di poteri dei rappresentanti in giudizio della banca); c) insufficiente motivazione e violazione di norme di diritto in ordine all’incapacita’ del (OMISSIS). Formula i seguenti quesiti ex articolo 366 bis c.p.c.:

a1) se sia conforme al diritto e, segnatamente, all’articolo 1399 c.c., che le ratifiche di un atto di natura reale (quale la concessione di un mutuo ipotecario) possano intervenire ai sensi di tale articolo con un semplice comportamento concludente (e cioe’ una condotta processuale e sostanziale che presupporrebbe la ratifica) anziche’ un’espressa manifestazione di volonta’ in forma solenne;

a2) se sia conforme a diritto e segnatamente all’articolo 1418 c.c., che le ratifiche di un atto di natura reale (quale la concessione di un mutuo ipotecario) possano intervenire ai sensi di tale articolo 1399 c.c., senza tener conto anche dell’articolo 1418 c.c.;

a3) se siffatte carenze siano entrambe o una sola di esse rilevabili d’ufficio;

b1) se sia conforme al diritto che le procure alle liti siano su foglio giustapposto e comunque non datato;

b2) se sia conforme al diritto che la sostituzione di un falsus procurator non contenga ratifica scritta ex articolo 1399 c.c., dell’operato del precedente falsus procurator alle liti.

2.4.- Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione di norme di diritto e formulano i seguenti quesiti: se e’ conforme al diritto:

a) che un notaio possa essersi recato al capezzale di un vecchio benestante (88enne e prossimo a morire): e non per fargli sottoscrivere un testamento, ma un mutuo addirittura decennale;

b) che il ricavato netto possa essere accreditato su un conto diverso da quello appartenente all’effettivo obbligato alla controprestazione, ma intestato a soggetto incapiente, insolvente, e palesemente preordinato a fini usurpativi ed in condizioni non compatibili con l’articolo 137 della Legge bancaria, mentre l’effettivo beneficiario del ricavato del mutuo, ed intestatario del conto, e’ stato qualificato in detta sentenza 1325/05 (p. 11) con termini che non danno adito a dubbi sulle sue effettive intenzioni usurpative (praticamente impossibili da ignorare tanto dalla banca quanto dal notaio);

c) che l’effettivo soggetto 88enne infermo, obbligato al pagamento di detto mutuo decennale, possa non ricevere di fatto alcuna controprestazione (dal contratto di mutuo a prestazioni corrispettive);

d) che tutto cio’ possa avvenire senza tener conto delle sue palesi condizioni, non solo di incapacita’ naturale ex articolo 428 c.c., anche di deficienza psichica nel senso dell’articolo 643 c.p., cosi’ come meglio emergenti da tre perizie medico-legali e dalla sentenza penale definitiva 1325/05 versate in atti”.

2.5.- Con il quinto, il sesto e il settimo motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione senza formulare la prescritta sintesi ex articolo 366 bis c.p.c..

2.6.- Con l’ottavo motivo i ricorrenti denunciano falsa applicazione dell’articolo 1399 c.c. e formulano il seguente quesito: “se sia conforme al diritto, e segnatamente all’articolo 1399 c.c., che le ratifiche di un atto di natura reale (quale la concessione di un mutuo ipotecario) possa intervenire ai sensi di tale articolo per un comportamento concludente (e cioe’ una condotta processuale e sostanziale presupponente la ratifica) anziche’ in forma scritta (e solenne)”.

Deducono, poi, insufficiente motivazione “dello stesso punto 3/a (articolo 360 c.p.c., n. 5)” perche’ la Corte d’appello avrebbe “apoditticamente affermato che la condotta della (OMISSIS) successiva all’assunto rilascio della procura (irregolare) fosse sufficiente a ratificare l’operato del falsus procurator”. La motivazione sarebbe insufficiente poiche’ non sono indicate le condotte concrete dalle quali dovrebbe derivare detta ratifica; e quindi non e’ giustificata la decisione.

(sul punto 3/b, p. 7, della sentenza):

Infine, denunciano la violazione dell’articolo 2697 c.c., comma 2 e articolo 112 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3) e formulano il quesito: “se sia conforme all’articolo 2697 c.c. e articolo 112 c.p.c., disattendere nella fattispecie l’esistenza di un’impresa familiare senza aver proceduto all’acquisizione delle prove richieste e articolate”.

Denunciano, ancora, violazione dell’articolo 1415 c.c. e formulano il quesito: “se in relazione al disposto dell’articolo 1415 c.c., sia legittimo escludere l’esistenza di un accordo simulatorio allorche’ con sentenza passata in giudicato siano stati accertati gli antecedenti di fatto dell’accordo stesso”.

2.7.- Con il nono motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’articolo 1418 c.c. e formulano il quesito:

“se, accertati i presupposti della fattispecie incriminatrice della circonvenzione d’incapace prevista dall’articolo 643 c.p., debba essere pronunciata ai sensi dell’articolo 1418, la nullita’ del contratto in caso di mutuo”.

3.1.- Il primo motivo e’ infondato.

Invero, con accertamento in fatto, sorretto da congrua e logica motivazione, la corte di merito ha evidenziato che, pur a fronte di una formula di proscioglimento formulata per l’applicazione di un’esimente (articolo 649 c.p.) in sede penale non era affatto emersa l’incapacita’ del (OMISSIS). I giudici del merito, infatti, hanno evidenziato che in sede penale il tribunale aveva ritenuto “non sufficienti le prove della incapacita’ del defunto (OMISSIS) al momento del rogito”. Talche’ il motivo – la’ dove non e’ inammissibile perche’ veicola censure in fatto non deducibili in sede di legittimita’ – e’ destituito di fondamento, pur prospettando una regola di diritto corretta (nullita’ del contratto stipulato per effetto di circonvenzione). Ne’ e’ fondata la censura che sottende l’erronea applicazione dell’articolo 649 c.p., in sede penale, perche’ in ogni caso la corte di merito ha escluso in concreto l’incapacita’ del (OMISSIS) (v. sentenza impugnata pag. 8 ss.) e, quanto all’ultimo profilo, la sussistenza di un comportamento doloso, se pure accertato, non potrebbe configurare la dedotta circonvenzione, una volta esclusa l’incapacita’.

3.2.- Il secondo motivo e’ infondato, nella parte in cui ripropone la questione della nullita’ della sentenza e del procedimento per l’avvenuta sostituzione degli istruttori, posto che, da un lato, la corte di merito ha correttamente applicato il principio per il quale l’inosservanza del principio della immutabilita’ del giudice istruttore, sancito dall’articolo 174 c.p.c., in difetto di una espressa sanzione di nullita’, costituisce una mera irregolarita’ di carattere interno che non incide sulla validita’ degli atti e non e’ causa di nullita’ del giudizio o della sentenza (Sez. 3, n. 7622/2010), dall’altro la dedotta incompatibilita’ di un magistrato componente del collegio di appello non risulta denunciata in sede di merito ne’ fatta oggetto di istanza di ricusazione.

Il quesito sub b), poi, si riferisce a questione che non risulta dedotta in sede di merito; il quesito sub c) e’ inammissibile perche’ generico mentre i quesiti sub d) ed e) si riferiscono alla sentenza di primo grado e non si riferiscono a censure dedotte in appello.

3.3.- Il terzo motivo e’ inammissibile perche’ il contratto concluso dal rappresentante senza potere non e’ nullo e neppure annullabile, ma soltanto inefficace nei confronti dello pseudo-rappresentato, fino all’eventuale ratifica di questo, e tale inefficacia (temporanea) e’ rilevabile unicamente su eccezione dello pseudo-rappresentato e non d’ufficio (Sez. 2, Sentenza n. 24133 del 24/10/2013).

Talche’ i ricorrenti sono privi di interesse a dedurre la mancata ratifica di un contratto puntualmente eseguito dal rappresentato.

D’altra parte, va ricordato che il negozio rappresentativo, compiuto dal rappresentante senza poteri non e’ invalido ne’ inefficace, ma semplicemente in itinere o in stato di pendenza, ovvero un negozio a formazione successiva soggettivamente complesso, in quanto la legge prevede tale negozio come autonoma fattispecie astratta e stabilisce, soltanto che esso e’ revocabile per mutuo dissenso prima della ratifica, la quale non ha valore di conferma di un negozio annullabile, essendo un negozio diretto ad immettere con effetto retroattivo, nella sfera giuridica dell’interessato, il risultato dell’attivita’ compiuta dal rappresentante senza poteri. La ratifica, nei limiti di forma voluti dal legislatore, non deve essere espressa sacramentalmente, ma solo in modo inequivoco, si’ da dimostrare la volonta’ del (dominus) di fare proprio l’atto compiuto in suo nome dal rappresentante senza poteri (Sez. 2, n. 25/1964).

3.4.- Il quarto motivo e’ inammissibile perche’ veicola censure in fatto non deducibili in sede di legittimita’, essendo esse dirette ad una diversa lettura del materiale probatorio, posto che la corte di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha accertato che al momento della stipula del contratto non sussisteva la dedotta incapacita’ del de cuius.

3.5.- Il quinto, il sesto e il settimo motivo sono inammissibili perche’ i ricorrenti hanno denunciato vizi di motivazione senza formulare la prescritta sintesi del fatto controverso ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c..

3.6.- L’ottavo motivo ripete le censure – gia’ evidenziate come inammissibili – relative alla ratifica del mutuo. Inoltre sia la censura relativa all’impresa familiare (questione che la corte di merito, con accertamento non censurato, ha evidenziato come proposta solo in appello) che quella relativa alla simulazione sono inammissibili per violazione dell’articolo 366 bis c.p.c., stante la genericita’ dei quesiti formulati.

3.7.- Quanto all’ultimo motivo, il quesito non fa che riprodurre la regola per la quale il contratto stipulato per effetto diretto della consumazione di un reato (nella specie, circonvenzione d’incapace, punito dall’articolo 643 c.p.) deve essere dichiarato nullo ai sensi dell’articolo 1418 c.c., per contrasto con norma imperativa, giacche’ va ravvisata una violazione di disposizioni di ordine pubblico in ragione delle esigenze di interesse collettivo sottese alla tutela penale, trascendenti quelle di mera salvaguardia patrimoniale dei singoli contraenti perseguite dalla disciplina sulla annullabilita’ dei contratti (Sez. 2, Sentenza n. 2860/2008). Sennonche’ la censura e’ inammissibile perche’ nella concreta fattispecie e’ stata esclusa, in fatto, la sussistenza della circonvenzione.

4.- Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.

Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di legittimita’, stante la rilevata inammissibilita’ del controricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta.

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