Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 17 febbraio 2015, n. 6878

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIOTTO Maria Cristina – Presidente
Dott. CAVALLO Aldo – Consigliere
Dott. BONITO Francesco M. – rel. Consigliere
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere
Dott. LA POSTA Lucia – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2033/2013 CORTE APPELLO di SALERNO, del 24/02/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Massimo Galli, che ha concluso per l’accoglimento della sentenza limitatamente al capo 1) e conferma nel resto;
Udito il difensore (OMISSIS) (Ndr: testo originale non comprensibile).
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Salerno, con sentenza del 24 febbraio 2014, confermava quella resa il 17 luglio 2013 dal GUP del Tribunale di Nocera Inferiore con la quale (OMISSIS) era stato condannato alla pena di un anno e due mesi di reclusione perche’ giudicato colpevole, applicata la continuazione, dei reati di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 75, e articolo 116 C.d.S., per avere, in quanto sottoposto a misura di prevenzione con obbligo di soggiorno ed in violazione delle relative prescrizioni, guidato una autovettura senza essere in possesso della necessaria patente di guida perche’ revocatagli. In (OMISSIS).
A sostegno della decisione la corte distrettuale, replicando alle ragioni difensive esposte con l’appello, richiamava gli accertamenti di polizia relativi alle condotte contestate e riteneva infondata la tesi esposta dal prevenuto circa l’intervenuta sospensione della misura di prevenzione in costanza della carcerazione cautelare dell’imputato e quanto alla sua buona fede per l’aspettativa di una nuova sottoposizione agli obblighi relativi dopo la carcerazione cautelare, buona fede indotta dal verbale redatto dai CC. di Nocera Inferiore il (OMISSIS) in occasione del ritiro della carta di permanenza mod. 228.
2. Ricorre per cassazione avverso la decisione detta l’imputato, assistito dal difensore di fiducia, denunciandone l’illegittimita’ per difetto di motivazione sul rilievo che il prevenuto, gia’ sottoposto a misura cautelare personale, in base all’inciso contenuto nel verbale innanzi richiamato (CC. di Nocera Inferiore in data (OMISSIS)) dove compare l’espressione, riferita al commissariato di P.S.: “….al termine della misura cautelare sottoporra’ nuovamente il predetto alla misura di prevenzione”, ha in buona fede ritenuto di non essere sottoposto ad alcuna misura dappoiche’ non ancora ripristinatagli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato per le ragioni, diverse da quelle difensive, qui di seguito precisate.
1.1 La sentenza impugnata.
Giova preliminarmente annotare che la giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimita’ e’ stata sin qui nel senso che, pure in caso di intervenuta carcerazione nel corso della misura, la decorrenza della sorveglianza speciale resta sospesa quale fatto automatico conseguente alla mera ricognizione dell’evento sopravvenuto, (Cass., Sez. 1, 19 settembre 2007, n. 37997, Cannizzo, rv. 237733) e che essa riprende a decorrere allo scadere della carcerazione, senza la necessita’ di una nuova notifica del decreto applicativo (cfr. Cass., Sez. 1 , 28/04/2010, n. 20265; Sez. 1 , 21 novembre 2007, n. 7783, Pellicane, rv. 239230; Sez. 1 , 22 gennaio 1997, Annarelli, rv. 207392; Sez. 1, 21 ottobre 2004, n. 49226, Medri, rv. 230321).
Analoga sospensione automatica ha sin qui riconosciuto questa corte di legittimita’, ai sensi della Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 11, comma 2, quando il titolo e’ definitivo, sicche’, come questa sezione ha gia’ avuto occasione di affermare, cfr. la sentenza 15 aprile 2004, Loccisano, rv. 230561, il termine di esecuzione della misura ricomincia a decorrere dal giorno in cui e’ stata scontata la pena (Cass., Sez. 1, 9 novembre 2007, n. 44998 rv. 238711, Guarnieri) giacche’ nella situazione data la misura di prevenzione non e’ dunque perenta.
Orbene, la corte territoriale, nel confermare con la sentenza in scrutinio la condanna pronunciata in prime cure, ha fatto puntuale applicazione, della lezione ermeneutica or ora sintetizzata, costantemente ribadita in sede di legittimita’ da quando su di essa si pronunciarono, favorevolmente, SS.UU. 25 marzo 1993, n. 6, e la stessa C. Cost., ordinanza n. 124 del 2004, che ne confermo’ la coerenza col dettato dell’articolo 3 Cost..
La corte distrettuale salernitana, infatti, considerata la vicenda dedotta in giudizio, ha osservato che l’imputato era stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, che successivamente, nel corso della misura, era stato sottoposto a carcerazione in forza di provvedimento cautelare, che la misura di prevenzione era rimasta sospesa in tale periodo per riprendere la sua efficacia immediatamente dopo la scarcerazione, che pertanto, al momento del controllo di polizia accertativo delle condotte contestate, il prevenuto era sottoposto a misura di prevenzione ed agli obblighi precettivi con essa imposti, che tanto integrava il reato tipizzato al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 75, e quello di cui all’articolo 116 C.d.S..
1.2 La sentenza della Corte costituzionale n. 291/2013.
Il quadro normativo di riferimento ha di recente ricevuto una significativa diversificazione con la sentenza della Corte Costituzionale 6 dicembre 2013, n. 191.
Ha con essa infatti il giudice delle leggi dichiarato la illegittimita’ costituzionale della Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 12, (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralita’), nella parte in cui non prevede che, nel caso in cui l’esecuzione di una misura di prevenzione personale resti sospesa a causa dello stato di detenzione per espiazione di pena della persona ad essa sottoposta, l’organo che ha adottato il provvedimento di applicazione debba valutare, anche d’ufficio, la persistenza della pericolosita’ sociale dell’interessato nel momento dell’esecuzione della misura.
In applicazione inoltre della Legge 11 marzo 1953, n. 87, articolo 27, la corte ha altresi’ dichiarato la illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 15, (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) nel quale la Legge n. 1423 del 1956, articolo 12, e’ stato sostanzialmente trasfuso.
Trattasi di pronuncia che la dottrina tradizionalmente qualifica di natura additiva giacche’ con essa non risulta espunta una statuizione normativa in contrasto con principi costituzionali, che viene invece adeguata ad una dimensione di coerenza costituzionale merce una sua integrazione, ovvero, per meglio dire, merce la eliminazione di un ostacolo che ne impediva l’espandersi secondo profili comunque gia’ contenuti nella norma (una integrazione della norma del tutto avulsa dal suo contenuto violerebbe la potesta’ legislativa del parlamento e trasformerebbe il giudice delle leggi in legislatore).
Ebbene, deve prendersi atto che il quadro normativo regolatore della fattispecie dedotta in giudizio e’ pertanto mutato e che la Legge n. 1423 del 1956, articolo 12, il quale anteriormente all’intervento del giudice delle leggi recitava “il tempo trascorso in custodia preventiva seguita da condanna o in espiazione di pena detentiva……. non e’ computato nella durata dell’obbligo di soggiorno”, dopo la pronuncia di costituzionalita’ e’ integrato nel senso che, dopo il tempo come innanzi trascorso, la medesima autorita’ che dispose la misura, ne deve valutare la persistente sua attualita’.
Di piu’, a completamento della disposizione relativa alla costituzionalita’ della norma, la corte ha altresi’ indicato all’interprete, eppertanto in primo luogo al giudice, una regola ermeneutica per la sua applicazione nel testo cosi’ come modellato dal suo intervento, rilevando che e’ rimessa alla interpretazione giurisprudenziale la motivata delimitazione del tempo che in concreto rendera’ necessaria la rivalutazione circa l’attualita’ dei requisiti richiesti per la misura di prevenzione, apparendo di tutta evidenza la illogicita’ di ritenere siffatta necessita’ in costanza di periodi di detenzione oggettivamente brevi, in quanto tali inidonei sia ad incidere sulla delibazione a suo tempo eseguita dal giudice della prevenzione, sia a consentire il maturarsi di conseguenze positive nell’opera di risocializzazione carceraria.
In conclusione della ampia motivazione, infatti, la sentenza in commento in tal guisa conclude: “E’ appena il caso di aggiungere che restera’ rimessa all’applicazione giudiziale l’individuazione delle ipotesi nelle quali la reiterazione della verifica della pericolosita’ sociale potra’ essere ragionevolmente omessa, a fronte della brevita’ del periodo di differimento dell’esecuzione della misura di prevenzione (si pensi al caso limite in cui la persona alla quale la misura e’ stata applicata si trovi a dover scontare solo pochi giorni di pena detentiva)”.
1.3 La decisione di legittimita’.
Il sostanziale mutamento, sopravvenuto, della disciplina penale regolatrice della concreta fattispecie data impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Ed invero la pronuncia di condanna e’ il risultato applicativo di una statuizione la quale, se interpretata nella formulazione indicata come costituzionalmente coerente dal giudice delle leggi, potrebbe portare alla esclusione della rilevanza penale della condotta accertata se ritenuto non efficace, al momento dell’accertamento delle condotte contestate, lo status di sottoposto a misura di prevenzione in quanto non rivalutata l’attualita’ della pericolosita’ a suo tempo ritenuta da parte del giudice che adotto’ il provvedimento di prevenzione.
Ne’, peraltro, puo’ in tal senso valutare la situazione di fatto in concreto determinatasi il Collegio per una eventuale decisione senza rinvio ai sensi dell’articolo 621 c.p.p., comma 1, lettera 1), giacche’ non risulta agli atti nella sua disponibilita’ la durata del periodo di sospensione della efficacia della misura per la consumata carcerazione del ricorrente ed in quanto la valutazione della decisivita’ di tale periodo ai fini della ricorrenza o meno della necessita’ di un nuovo esame circa l’attualita’ dello stato di pericolosita’ del sottoposto, integra giudizio di merito estraneo alla funzione giurisdizionale di questa Corte di legittimita’. Di qui pertanto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla corte distrettuale salernitana affinche’, in diversa composizione:
– accerti, in fatto, la collocazione temporale del periodo di carcerazione subito dall’imputato in costanza del provvedimento di prevenzione al quale era sottoposto;
– valuti se tale lasso temporale rende ragionevole l’omissione di una reiterazione della verifica della pericolosita’ sociale nel suo profilo di attualita’;
– articoli il sillogismo decisorio richiesto dal processo applicando, assunti i presupposti in fatto appena indicati, il seguente principio di diritto:
“In ipotesi di sottoposto a misura di prevenzione personale ai sensi della Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, articoli 3 e 4, ovvero Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159 articolo 4 e segg., il quale, successivamente all’adozione della misura, sia assoggettato a misura cautelare personale ovvero alla espiazione di pena detentiva per un apprezzabile periodo temporale potenzialmente idoneo ad incidere sullo stato di pericolosita’ in precedenza delibato, la misura stessa deve considerarsi sospesa nella sua efficacia fino a quando il giudice della prevenzione non ne valuti nuovamente l’attualita’ alla luce di quanto desumibile in favore del sottoposto dalla esperienza carcerazione patita”.
P.T.M.
la Corte, annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A) e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Salerno

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