Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 19 gennaio 2015, n. 744

Svolgimento del processo

1 – La Corte di appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l’impugnazione proposta dalla Soc. Coop. Edilizia a r.l. Altair nei confronti di M.S. , titolare dell’omonima impresa, avverso il lodo depositato in data 11 ottobre 2006, con il quale detta società era stata condannata, a titolo di corrispettivo di lavori eseguiti in adempimento di contratto di appalto avente ad oggetto il completamento di lavori in muratura, al pagamento della somma di Euro 188.424,60.
1.1 – Per quanto qui maggiormente rileva, la corte territoriale, affermata la natura rituale dell’arbitrato, ha rigettato l’eccezione di nullità del lodo sollevata per essere stato pronunciato oltre la scadenza del termine previsto per il suo deposito. In particolare, è stato rilevato che dagli atti del procedimento arbitrale, e in particolare dal verbale in data 11 luglio 2005, risultava che “le parti presenti, unitamente ai rispettivi difensori”, avevano dispensato il collegio “dal rispetto dei termini contrattuali e legali”, dichiarando altresì di voler beneficiare del periodo di sospensione feriale dei termini.
1.2 – Tale dispensa, di carattere assoluto, è stata considerata come valida manifestazione dell’autonomia negoziale delle parti, non inficiata dalla dedotta nullità per contrarietà all’ordine pubblico, in quanto il controllo della regolarità della sequenza procedimentale dell’arbitrato rimane affidato alle parti stesse e ai loro difensori, i quali dispongono, in piena discrezionalità, degli strumenti sollecitatori della definizione del procedimento.
1.3 – Sono stati rigettati gli ulteriori motivi di impugnazione, con compensazione delle spese processuali.
1.4 – Per la cassazione di tale decisione la società Altair propone ricorso, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria, cui il M. resiste con controricorso, interponendo ricorso incidentale, con unico motivo.

Motivi della decisione

2 – Con il ricorso principale, deducendosi violazione degli artt. 820 e 829 cod. proc. civ., si sostiene, con formulazione di idoneo quesito di diritto, che la Corte di appello avrebbe erroneamente affermato la validità della proroga “sine die” concessa agli arbitri, ritenendo, quindi, che l’eccezione di decadenza formulata dalla società Altair, con atto notificato in data 20 giugno 2006, non fosse stata efficacemente sollevata.
2.1 – Con il ricorso incidentale si contesta la compensazione delle spese processuali, deducendosi, in presenza della totale soccombenza della controparte, violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
3- Il ricorso principale è fondato.
Il rilievo consistente nella violazione del termine per l’emissione del lodo, correttamente denunciato in sede di impugnazione per essersi state adempiute le formalità prescritte dall’art. 821 cod. proc. civ., è pregiudicato dalla soluzione della questione inerente alla validità della proroga concessa dalla parti, come verbalizzato in data 11 luglio 2005, per l’adozione del lodo. La sentenza impugnata, richiamando il tenore letterale di tale verbale (“Le parti presenti, unitamente ai loro difensori, stante la prevedibile complessità istruttoria, autorizzano e dispensano il collegio dal rispetto dei termini contrattuali e legali per l’emissione del lodo; chiedono inoltre di beneficiare del periodo di sospensione feriale dei termini processuali..”), ha affermato che “si è trattato di una dispensa piena che le parti hanno voluto e che costituisce espressione della libertà di plasmare le forme di svolgimento dell’arbitrato”.
3.1 – Tale assunto non può essere condiviso.
In primo luogo deve richiamarsi il principio, già affermato da questa Corte, circa la natura indefettibile del termine nell’arbitrato, con la precisazione che, con riferimento a quello rituale, all’inerzia delle parti supplisce direttamente la legge, con l’art. 820 cod. proc. civ. (Cass., 21 gennaio 1999, n. 525; Cass., 28 luglio 1995, n. 8243, ove si afferma, tra l’altro, l’impossibilità di ammettere “che le parti siano vincolate alla definizione extragiudiziale della controversia – ed alla conseguente improponibilità della domanda giudiziale – per un tempo indefinito”).
3.2 – Il quadro di riferimento normativo delineato dall’art. 820 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis (ma la soluzione negativa del problema circa la possibilità del trasferimento agli arbitri del potere di proroga del termine appare compatibile anche con la vigente formulazione di detta norma), chiaramente relega in angusti limiti la possibilità per gli arbitri di prorogare il termine (“quando debbono essere assunti mezzi di prova o sia stato pronunciato lodo non definitivo”, e comunque “per una sola volta e per non più di centottanta giorni”).
3.3 – D’altra parte, come sostenuto anche da autorevole dottrina, la rilevata indefettibilità di un termine per la definizione del procedimento arbitrale (al quale normalmente si ricorre anche per ottenere una soluzione della controversia in tempi sensibilmente più brevi rispetto a quelli richiesti nell’ambito della giurisdizione ordinaria) comporta che l’affermazione, ripresa anche dalla corte territoriale, secondo cui il termine in questione è lasciato nella “piena disponibilità delle parti”, debba intendersi nel senso che le parti possono stabilire un termine diverso e più ampio rispetto a quello stabilito, ma non possono rinunciarvi del tutto, prorogando “sine die” la durata del procedimento arbitrale.
3.4 – Allo stesso modo, il trasferimento della facoltà agli arbitri di prorogare il termine, anche oltre il ristretto ambito sopra richiamato, in tanto può ritenersi valido, in quanto siano prefissati i limiti entro i quali la stessa possa essere esercitata. La delega agli arbitri di prorogare a loro piacimento, anche “ad libitum”, la durata del procedimento arbitrale – in quanto contrastante con la sopra evidenziata indefettibilità del termine stesso – deve considerarsi nulla, e, quindi, sostituita di diritto dalle previsioni normative normalmente intese a disciplinare la durata del procedimento arbitrale.
3.5 – Come emerge dalla stessa sequenza diacronica ricostruita nella decisione impugnata, anche tenuto conto di ogni possibile proroga legale, il termine per l’emanazione del lodo (essendosi il collegio arbitrale costituito il 5 maggio 2005), alla data in cui la società Altair aveva manifestato – con atto notificato il 20 giugno 2006 l’intenzione di far valere la decadenza degli arbitri, era abbondantemente scaduto.
4- Il lodo emesso nel successivo mese di ottobre deve, pertanto, ritenersi affetto di nullità.
Soccorre in proposito il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il lodo arbitrale emesso oltre il termine non è – benché nullo – emesso in carenza radicale di “potestas iudicandi” degli arbitri, atteso che, a norma dell’art. 821 cod. proc. civ., il decorso del termine per la decisione non può essere fatto valere come causa di nullità del lodo se la parte, prima della deliberazione di quest’ultimo, non abbia notificato alle altre parti e agli arbitri che intende far valere la decadenza, e la possibilità che, con il mancato adempimento di tale onere, la nullità del lodo sia sanata è incompatibile con l’esclusione radicale della “potestas iudicandi”; con la conseguenza che la declaratoria di nullità del lodo per tale causa non impedisce alla corte di appello il passaggio alla fase rescissoria ai sensi dell’art. 830, secondo comma, cod. proc. civ. (Cass., 24 febbraio 2006, n. 4207; Cass., 1 ottobre 2004, n. 19994).
5 – Si impone pertanto, in accoglimento del ricorso principale (rimanendo quello incidentale, attinente al regolamento delle spese processuali, completamente assorbito), la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Catania che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra indicati, provvedendo, altresì, in merito alle spese processuali inerenti al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione.

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