cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 20 settembre 2013, n. 21601

Fatto e diritto

Rilevato che:
1. Il (omissis) nasceva a (…) R.G.A. figlio di G..G. , cittadina svizzera, unita in matrimonio religioso, celebrato due anni prima, con il padre G..R. , cittadino italiano. La convivenza della G. e del R. è durata sino al (omissis) quando la G. si è trasferita in (omissis) con il figlio A. .
2. La Commissione tutoria regionale di Agno in Svizzera ha affidato il minore alla madre regolamentando il diritto di visita del padre.
3. Nel giugno del 2006, mentre A. si trovava presso il padre, e a seguito di una denuncia presentata dal R. di maltrattamenti del figlio subiti ad opera della madre, si apriva un procedimento ex art. 403 c.c..
cui seguiva il ricorso del P.M. ex artt. 333-336 c.c. e la pronuncia del Tribunale di Bologna che affidava il minore alla AUSL di Parma – distretto di Fidenza con collocamento presso il padre e la previsione di incontri in forma protetta con la madre nel quadro di un programma di osservazione psicologica del minore e della sua relazione con i genitori.
4. Nel luglio 2006 la sig.ra G. attivava mediante il ricorso all’autorità centrale un procedimento basato sulla convenzione dell’Aja del 1980 in materia di sottrazione internazionale di minori e sulla prospettazione della illecita sottrazione del figlio A. da parte del padre.
5. La domanda di cui al precedente punto, intesa a riottenere il ritorno del figlio in Svizzera;è stata respinta dal Tribunale per i minorenni con pronuncia del gennaio 2007 e dalla Corte di Cassazione con pronuncia del luglio 2007. La richiesta della G. è stata ritenuta incompatibile con il decreto del Tribunale di Bologna del 29 giugno 2006.
6. Nel frattempo è proseguita la procedura a protezione del minore con applicazione delle misure previste dall’art. 42 della legge 218/1995 e 9 della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961. Con la pronuncia della Corte di appello di Bologna del gennaio 2008 è stata confermata la competenza dell’autorità svizzera in considerazione della residenza abituale del minore in Svizzera al momento della apertura del procedimento ma è stata mantenuta aperta la procedura in Italia quanto alle decisioni provvisorie.
7. Nel maggio del 2009 G..R. ha proposto al Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna ricorso per la dichiarazione di mutamento della residenza abituale del minore a seguito dei provvedimenti adottati dall’autorità giurisdizionale italiana e ha chiesto che le modalità di visita da parte della madre si svolgessero in conformità alle indicazioni emergenti dagli accertamenti peritali disposti dall’autorità giurisdizionale elvetica. Il Tribunale per i minorenni adito si è pronunciato con decreto provvisorio del 7 maggio 2009 e in via definitiva con decreto del 21 maggio 2010 con il quale ha accertato il mutamento della residenza del minore e il riflesso sulla competenza giurisdizionale dell’autorità italiana. Il decreto è stato annullato dalla Corte di appello di Bologna e la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del R. (sentenza SS.UU. n. 16864/2011 del 5 luglio – 2 agosto 2011).
8. L’autorità giurisdizionale svizzera si era già pronunciata nel frattempo con sentenza del 23
luglio 2009, passata in giudicato il 27 agosto 2009, con la quale aveva disposto la reintegrazione della madre quale genitore affidatario e regolato il diritto di visita del padre.
9. G..G. , con ricorso del 23 febbraio 2011 al Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna, ha chiesto il riconoscimento in Italia, in forza della Convenzione di Lussemburgo del 20 maggio 1980 (resa esecutiva in Italia con legge n. 64/1994), della decisione della Commissione tutoria di Agno emessa il 23 luglio 2009 con conseguente ristabilimento dell’affidamento e rimpatrio del figlio A. . La G. ha reiterato l’istanza con riferimento alla Convenzione de L’Aja del 1961 in materia di competenza e legge applicabile ai procedimenti di protezione dei minori.
10. Il Dipartimento federale di Giustizia della Confederazione Elvetica ha proposto medesima istanza in data 16 marzo 2011.
11. Con sentenza dell’8 – 15 settembre il Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna ha respinto le istanze di G.G. e del Dipartimento federale di Giustizia ritenendo opponibile il motivo di rifiuto al rimpatrio del minore previsto dalla Convenzione di Lussemburgo all’articolo 10 p.1 lett. b) e cioè la non conformità all’interesse del minore (“se si è constatato che – a seguito del mutamento di circostanze – compreso il passare del tempo ma escluso il mero cambiamento di residenza del minore a seguito del trasferimento illegittimo gli effetti del provvedimento originario risultano palesemente non più conformi all’interesse del minore”).
12. Ricorre per cassazione G..G. affidandosi ad un unico motivo di ricorso (erronea applicazione e/o interpretazione dell’art. 9 della convenzione di Lussemburgo (Convenzione Europea. sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e sul ristabilimento dell’affidamento dei minori) aperta alla firma il 20 maggio 1980 e ratificata in Italia con legge n. 64/1994).
13. Si difende con controricorso, illustrato con memoria difensiva, G..R. .
Ritenuto che:
14. Il ricorso è inammissibile perché non è inteso a contrastare la specifica ratio decidendo della pronuncia del Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna ma a far rilevare la definitività dell’accertamento giudiziale italiano sulla giurisdizione e a richiedere l’automatica applicazione della Convenzione di Lussemburgo del 1980 per effetto di tale accertamento.
15. In tal modo il ricorso non impugna la decisione del tribunale minorile emiliano ma ripropone inanimi ss ibi lmen te una richiesta di applicazione della Convenzione senza contestare le ragioni che hanno portato il tribunale minorile a disattenderla.
16. In particolare il Tribunale per i minorenni ha escluso che la richiesta pronuncia dispositiva del rientro in Svizzera di R.G.A. potesse essere accolta in applicazione dell’art. 8 della Convenzione in ragione del difetto dei presupposti richiesti da tale norma (esclusività della cittadinanza straniera, abituale residenza in Svizzera al momento della presentazione della domanda finalizzata al rientro, presentazione dell’istanza non oltre sei mesi dal mancato rientro). Ha quindi escluso la possibilità di applicazione dell’art. 9 per la stessa ragione ostativa del decorso del termine di sei mesi dal mancato rientro senza che una richiesta all’autorità centrale fosse stata presentata. Infine ha escluso la possibilità di accogliere la richiesta di rientro del minore sulla base dell’art. 10 della Convenzione che prevede la possibilità del rigetto dell’istanza qualora gli effetti del provvedimento di affidamento, per il mutare delle circostanze, compreso il passare del tempo, ma escludendo il mero cambiamento di residenza del minore a seguito di trasferimento illegittimo, appaiano palesemente non più conformi all’interesse del minore.
17. Il Tribunale per i minorenni ha motivato compiutamente le ragioni per le quali ha ritenuto che il provvedimento di affidamento delle autorità svizzere non è più conforme all’interesse del minore. Il Tribunale ha fornito in particolare un quadro dettagliato delle ragioni che sconsigliano, a suo giudizio, il rientro del minore in Svizzera e il suo reinserimento nel contesto materno mediante ampi riferimenti alla imponente attività di osservazione di R.G.A. effettuata dai servizi sociali e dai consulenti che hanno analizzato la situazione del minore e la problematica relazione con la madre, negli anni successivi al 2006 e in quelli successivi alla pronuncia sull’affidamento resa dalla autorità elvetica competente nel 2009. Il Tribunale ha anche dato adeguato spazio all’ascolto, sia pure indiretto, del punto di vista del minore sul procedimento che è consistito nella radicale opposizione all’ipotesi del suo ritrasferimento in (…) presso la madre.
18. A fronte di questa chiara esposizione delle ragioni del decidere la ricorrente ha insistito, come si è detto, nel collegare la richiesta di rientro del minore alla definizione della controversia sulla giurisdizione e all’emanazione, da parte dell’autorità elvetica competente, del provvedimento di affidamento del 23 luglio 2009, laddove avrebbe dovuto contestare piuttosto l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione del 1980 operata dal Tribunale per i minorenni.
19. Per altro verso la ricorrente non contesta che il minore sia stato trattenuto legittimamente in Italia nel 2006 almeno sino alla conclusione della procedura cautelare mentre non contesta di aver proposto l’istanza, fondata sulla più volte citata Convenzione Europea del 1980, nel febbraio 2011, e cioè ben dopo il decorso del termine semestrale dalla citata pronuncia del 23 luglio 2009 cui la stessa ricorrente attribuisce l’effetto di aver reso illegittimo il protrarsi della permanenza in Italia del figlio A. . Ne deriva una palese contraddittorietà delle affermazioni difensive in tema di applicabilità e interpretazione dell’invocato art. 9 della Convenzione.
20. Nessuna contestazione, neanche sotto il profilo della motivazione, viene invece dedotta, con l’unico motivo di ricorso, all’applicazione e interpretazione dell’art. 10 della Convenzione, altrettanto determinante ai fini dell’adozione della decisione del Tribunale per i minorenni. Né tale può considerarsi la lunga esposizione in fatto che descrive in termini di abuso della giurisdizione la tutela cautelare apprestata in Italia a favore del piccolo A. . Tale esposizione non si concreta però in una specifica e puntuale censura alla motivazione della decisione impugnata e può tuttalpiù essere qualificata come una inammissibile richiesta di riedizione del giudizio di merito, che in ogni caso appare sfornita del requisito dell’autosufficienza quanto alla deduzione di elementi probatori che smentirebbero l’attendibilità del quadro valutativo desunto (e recepito) dal Tribunale per i minorenni dalla lettura degli accertamenti peritali e dei risultati dell’attività di osservazione e di ascolto del minore.
21. Va pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
22. La complessità, peculiarità e delicatezza della controversia giustificano la compensazione delle spese del giudizio di cassazione in uno con l’auspicio di una attenuazione della conflittualità dei genitori, che di certo non nuocerebbe allo sviluppo psichico ed emotivo di A..R.G. .

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.

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