cassazione 5

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 26 febbraio 2015, n. 8567

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto – Presidente
Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere
Dott. CAVALLO Aldo – Consigliere
Dott. LA POSTA Lucia – Consigliere
Dott. CENTONZE Alessandro – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 440/2014 CORTE APPELLO di PALERMO, del 07/05/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/02/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO CENTONZE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Galli Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RILEVATO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 30/04/2013 il Tribunale di Agrigento condannava (OMISSIS) alla pena di mesi quattro di arresto, concesse le attenuanti generiche, ritenendolo colpevole del reato di cui alla Legge 31 maggio 1965, n. 575, articolo 3 bis.
Si contestava, in particolare, all’imputato di non avere versato la cauzione di 1.000,00 euro, impostagli il 19/07/2010 dal Tribunale di Agrigento, in sede di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
Nella sentenza di primo grado la responsabilita’ penale dell’imputato veniva ritenuta dimostrata in quanto la prova fornita a proposito dell’impossibilita’ di adempiere al versamento della cauzione impostagli non poteva desumersi dalla produzione dell’attestazione ISEE – acronimo con cui viene denominato l’indicatore della situazione economica equivalente – ovvero dalla certificazione della sua situazione tributaria.
2. Avverso tale sentenza proponeva appello la difesa di fiducia di (OMISSIS) deducendo due motivi di ricorso.
Quale primo motivo si deduceva la mancata valutazione della prova documentale che era stata offerta dal (OMISSIS) in ordine alla sua impossibilita’ economica di adempiere al versamento della cauzione impostagli in sede di prevenzione.
Quale secondo motivo, subordinato al primo, ci si doleva dell’eccessivita’ della pena irrogata all’imputato, anche avuto riguardo alla non esaustivita’ dei criteri dosimetrici utilizzati per la quantificazione della sanzione applicata, alla quale conseguiva la necessita’ di adeguare la sanzione inflitta al modesto disvalore del fatto contestato.
3. Con sentenza emessa il 07/05/2014 la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza impugnata, condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali.
Nel merito delle doglianze sollevate con l’appello proposto dalla difesa del (OMISSIS), si ribadiva che la documentazione prodotta, consistente nell’attestazione ISEE dell’appellante, doveva ritenersi inidonea a giustificare il mancato pagamento della cauzione di 1.000,00 euro da parte del prevenuto, anche in considerazione del fatto che, in astratto, gli era concessa la possibilita’ di una rateizzazione del pagamento ed eventualmente la sua riduzione.
Tali percorsi procedurali non erano stati seguiti dal (OMISSIS), che non poteva nemmeno addurre a sua giustificazione la mancata conoscenza di tali possibilita’.
Si rilevava, peraltro, che l’appellante era un soggetto che aveva gravitato, per lungo tempo, nell’ambiente del traffico di sostanze stupefacenti, venendo ritenuto socialmente pericoloso e traendo da tali attivita’ delittuose il suo sostentamento economico.
Quanto al trattamento sanzionatorio irrogato all’appellante la pena irrogata al (OMISSIS) veniva ritenuta congrua rispetto alla gravita’ dei fatti delittuosi contestati, anche in considerazione del fatto che, in sede di quantificazione della sanzione considerata, erano gia’ state concesse all’appellante le attenuanti generiche.
Tali considerazioni processuali imponevano di confermare la sentenza appellata.
4. Avverso tale sentenza (OMISSIS) ricorreva per cassazione, a mezzo dell’avv. (OMISSIS), proponendo un unico motivo di ricorso, consistente nel ribadire la pertinenza probatoria della prova documentale prodotta in giudizio, non potendo fornire la prova della sua condizione di indigenza con modalita’ differenti da quelle concretamente seguite.
Si deduceva, in ogni caso, che, laddove la corte territoriale avesse ritenuto inadeguata la dimostrazione fornita dal ricorrente, avrebbe potuto attivare i poteri di integrazione probatoria cui all’articolo 507 c.p.p., investendo la guardia di finanza per il compimento delle verifiche necessarie a riscontrare le condizioni reddituali del (OMISSIS).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
Deve, in proposito, rilevarsi che la piu’ recente giurisprudenza, consolidatasi in tema di versamento della cauzione diretta ad assicurare l’osservanza delle prescrizioni relative alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, alla luce della sentenza della Corte costituzionale 19 giugno 1998, n. 218, ha affermato il principio di diritto secondo cui la Legge n. 575 del 1965, articolo 3 bis ha una funzione rafforzativa dell’obbligo connesso a questa fattispecie ed e’ soggetto alle regole ordinarie in tema di colpevolezza in materia penale (cfr. Sez. 1, n. 13575 del 06/02/2001, dep. 04/04/2001, Varriale, Rv. 218785).
Si consideri, in particolare, che la Corte costituzionale, in occasione dell’intervento che si e’ richiamato, rilevava l’erroneita’ dell’assunto interpretativo secondo cui la sanzione della Legge n. 575 del 1965, articolo 3 bis deve applicarsi anche alle omissioni incolpevoli, commesse da persone non abbienti. Se cosi’ fosse, si determinerebbe un’inammissibile responsabilita’ oggettiva, costituendo condizione di validita’ del provvedimento di sottoposizione alla cauzione la valutazione delle effettive condizioni economiche del soggetto passivo ed essendo consentito che, per comprovate necessita’ personali o familiari, l’imposizione della cauzione possa essere revocata.
Da tale inquadramento della fattispecie deriva che, costituendo la possibilita’ di adempimento un presupposto del reato contestato, la sua sussistenza, qualora l’imputato abbia dedotto l’impossibilita’ di versare la cauzione al momento della scadenza del termine per l’adempimento, deve essere verificata anche nel processo penale, indipendentemente “dalle verifiche compiute dal giudice della prevenzione al momento della determinazione della cauzione e dalla possibilita’ per l’interessato di chiedere, in ogni momento, in tutto o in parte, la revoca della cauzione” (cfr. Sez. 1, n. 34019 del 22/09/2006, dep. 11/10/2006, Ursino, Rv. 234861).
Ne discende che la configurazione del reato di cui alla Legge n. 575 del 1965, articolo 3 bis, presuppone quanto meno la colpa nell’imputato, con la conseguenza che la materiale impossibilita’ di provvedere al versamento della cauzione, causata da mancanza di disponibilita’ economica in capo al prevenuto comporta l’esenzione da responsabilita’, che deve essere concretamente riscontrata dal giudice, che non potra’ ricorrere a valutazioni meramente presuntive.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata, che ha considerato le censure proposte dall’appellante come infondate sul presupposto che al (OMISSIS) “era concessa la possibilita’ di chiedere la rateizzazione del pagamento della cauzione e, la’ dove impossibilitato a farlo, chiedere la riduzione della stessa, al fine di consentirgli l’esatto adempimento”, e’ fondata su un principio di diritto superato dalla giurisprudenza di legittimita’ che si e’ richiamata.
Ne’ puo’ assumere rilievo, in senso sfavorevole al ricorrente, la circostanza dedotta dalla corte territoriale, secondo cui l’appellante era un soggetto che aveva gravitato per lungo tempo nell’ambiente del traffico di sostanze stupefacenti, traendo da tali attivita’ delittuose il suo sostentamento economico, attesa la genericita’ di tale riferimento, che non conteneva alcuna indicazione ne’ in ordine al periodo al quale le attivita’ si riferirebbero ne’ agli elementi processuali su cui si fondano tali deduzioni. Sul punto, infatti, la corte territoriale contestava si limitava a rilevare genericamente: “Peraltro, il (OMISSIS) e’ soggetto che ha gravitato per lungo tempo nell’ambiente del traffico delle sostanze stupefacenti, e sotto tale profilo infatti e’ stato ritenuto socialmente pericoloso, in quanto dedito a traffici delittuosi dai quali traeva i mezzi di sostentamento”.
Ne discende conclusivamente che la corte territoriale ha eluso ogni verifica concreta, senza neppure richiamare analiticamente i contenuti del decreto impositivo dell’originaria misura di prevenzione, nell’ambito di una decisione tesa a confermare la decisione di primo grado, in violazione dei parametri ermeneutici elaborati da questa Corte (cfr. Sez. 1, n. 34128 del 04/07/2014, dep. 01/08/2014, Paraninfo, Rv. 260843).
2. Le ragioni che si sono esposte impongono l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo, la quale giudichera’ il (OMISSIS) tenendo conto dei principi che si sono richiamati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo

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