cassazione 5

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 29 gennaio 2015, n. 1725

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Presidente
Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21773/2007 proposto da:
FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore Dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A.;
– intimata –
sul ricorso 27591/2007 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. (OMISSIS) di ROMA – Rep. n. (OMISSIS) del 13.9.2007;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2890/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2014 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso (si riporta agli atti);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per, previa riunione dei ricorsi, il rigetto dei primi sei motivi del ricorso principale, accoglimento del settimo motivo, assorbito il ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La (OMISSIS) s.r.l. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la (OMISSIS) (in seguito, per brevita’, (OMISSIS)) s.p.a., esponendo che nel marzo del 1988 la convenuta, dopo aver revocato l’apertura di credito concessale in conto corrente ed averle intimato il pagamento del saldo debitore di circa 98 milioni delle vecchie lire, aveva illegittimamente segnalato alla Centrale Rischi della (OMISSIS) la sua posizione a sofferenza ed, altrettanto illegittimamente, aveva omesso di segnalare tempestivamente il suo integrale rientro dallo scoperto, in violazione della Legge n. 675 del 1996, e delle Istruzioni emanate dalla (OMISSIS) agli intermediari creditizi con la circolare n. 139/91. Tanto premesso, chiese la condanna della (OMISSIS) al risarcimento dei danni subiti, oltre che alla restituzione delle somme indebitamente percepite dalla banca a titolo di interessi anatocistici e di spese legali non documentate.
Le domande furono integralmente respinte dal giudice di primo grado.
L’appello proposto contro la decisione dalla societa’ – cui nel corso del giudizio subentro’ il Fallimento dell’ (OMISSIS), nel frattempo dichiarato – fu parzialmente accolto dalla Corte d’appello di Roma che, con una prima sentenza non definitiva, ribadi’ il giudizio di infondatezza dell’azione risarcitoria ma dichiaro’ (OMISSIS) tenuta a restituire all’appellante le somme incamerate nel decennio anteriore al 7.4.99 per interessi sugli interessi passivi capitalizzati e la condanno’ al pagamento di lire 1.605.705, oltre agli interessi dal 1.1.93 (data di notifica della citazione), a titolo di ripetizione di spese legali indebitamente percepite e – dopo avere rimesso la causa in istruttoria per l’espletamento di una ctu – con la sentenza definitiva quantifico’ gli interessi anatocistici in lire 5.684.355, condannando la banca al pagamento di tale ulteriore somma, anch’essa maggiorata degli interessi legali dal 10.1.93.
Il Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso per la cassazione delle sentenze, affidato a sette motivi, cui (OMISSIS) ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato per un motivo.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale e quello incidentale vano riuniti ai sensi dell’articolo 335 c.p.c..
1) Con il primo motivo, denunciando violazione della circolare della (OMISSIS) n. 139/91, il Fallimento lamenta che la corte territoriale abbia ritenuto legittima la segnalazione da parte di (OMISSIS) della posizione di sofferenza di (OMISSIS). Premette che, ai sensi del par. 5, cap. II sez. II, delle Istruzioni contenute nella predetta circolare, nella categoria “sofferenze” va ricondotta l’esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche se non accertata giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili… e che, come precisato dalla stessa (OMISSIS) e come riconosciuto (pur con qualche distinguo) anche dal giudice del merito, la nozione di stato di insolvenza cui fa riferimento la disposizione non differisce da quella delineata dalla L.F., articolo 5, e va riferita ad un’incapacita’ non transitoria di adempiere alle obbligazioni assunte. Sostiene quindi che, poiche’, sempre ai sensi di detta disposizione, l’appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non puo’ scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito, al momento della segnalazione (OMISSIS) non poteva essere ritenuta insolvente. Esclude, poi, che possa condividersi l’assunto della corte d’appello secondo cui sono situazioni “sostanzialmente equiparabili” allo stato di insolvenza quelle in cui si ravvisa una sensibile difficolta’ nella gestione e nel controllo dell’equilibrio economico-finanziario del soggetto che fanno temere la possibilita’, anche non immediata, di un futuro dissesto, pur se di intensita’ anche notevolmente inferiore o a pericolosita’ differita, rilevando in proposito che lo strumento della segnalazione deve essere azionato solo nel caso di un effettivo pericolo di insolvenza del cliente e non anche quando la sua incapacita’ di adempiere sia blanda. Sostiene che all’epoca della segnalazione (OMISSIS) versava, in realta’, in una situazione temporanea di obbiettiva difficolta’ prevedibilmente rimovibile in un congruo periodo di tempo, e dunque di mero “incaglio”, che il giudice avrebbe erroneamente equiparato a quella di insolvenza, laddove ha affermato che il rischio qualificabile come “sofferenza” non e’ escluso dalla circostanza che possa prevedersi una possibile rimozione della difficolta’ finanziaria (perche’ ad esempio la crisi appare transeunte o di non estrema gravita’). Deduce, infine, a conferma dell’illegittimita’ della segnalazione, che in pochi mesi (OMISSIS) estinse integralmente non solo il debito contratto nei confronti di (OMISSIS) ma anche quello, di ben maggiore consistenza, maturato nei confronti della (OMISSIS) e sottolinea come quest’ultimo istituto di credito, pur in possesso dei medesimi elementi documentali di cui disponeva (OMISSIS) (in particolare, della relazione sullo stato economico-finanziario di (OMISSIS) redatta, su incarico della stessa societa’, dall’analista (OMISSIS)) non ritenne di dover effettuare analoga segnalazione.
2) Col secondo motivo il ricorrente, denunciando vizio di motivazione della sentenza non definitiva impugnata, lamenta che la corte territoriale abbia fondato il proprio convincimento sul rilievo dirimente del mancato pagamento immediato del debito od, in alternativa, della mancata presentazione immediata di un piano di rientro, omettendo di considerare: che sino al momento della revoca dei fidi (OMISSIS) aveva sempre onorato le scadenze previste; che, in ogni caso, la societa’ aveva effettuato pagamenti parziali nei tre mesi intercorsi fra detta revoca e l’invio della segnalazione alla Centrale Rischi e che gia’ nell’aprile dell’98 aveva proposto a (OMISSIS) un piano di rientro; che nel giugno successivo aveva integralmente ripianato il debito, i motivi, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati e devono essere respinti.
3) Appare opportuno ricordare in premessa che il “Servizio per la centralizzazione dei rischi creditizi”, comunemente denominato Centrale Rischi, affidato alla (OMISSIS) – con delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) – nell’ambito dei suoi poteri di vigilanza ed ai sensi del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 53, comma 1, lettera b), articolo 67, comma 1, lettera b), e articolo 107, comma 2, (TUB – Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), costituisce uno strumento di ausilio per gli intermediari per la valutazione del merito creditizio della clientela e, in generale, per l’analisi e la gestione del relativo rischio, attraverso il quale si persegue l’obiettivo di accrescere la stabilita’ del sistema.
Tale servizio trova la sua regolamentazione nelle Istruzioni specificamente emanate dalla (OMISSIS) agli altri enti creditizi, trasfuse nella circolare n. 139/91 (e suoi successivi aggiornamenti), che, al fine del contenimento dei rischi derivanti dal cumulo dei fidi, prevedono un articolato sistema di segnalazioni mensili concernenti le posizioni dei soggetti che hanno ricevuto affidamenti.
Secondo le Istruzioni contenute nella circolare, ciascuna banca, qualora l’esposizione del cliente raggiunga o superi i limiti previsti da una delle categorie di rischio censite, e’ tenuta ad informare la (OMISSIS), la quale poi, con varie modalita’, pone le informazioni ricevute a disposizione dell’intero ceto bancario: in sostanza, attraverso lo scambio di informazioni, le banche che hanno concesso l’affidamento sono poste in grado di conoscere la posizione globale di rischio dell’affidato.
Fra le categorie di rischio censite, rispetto alle quali v’e’ obbligo di segnalazione alla Centrale Rischi, rientra quella delle “sofferenza”, cui, come gia’ precisato dal ricorrente, va ricondotta l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dalle aziende (articolo 5 comma 1, cap. II, sez. II delle Istruzioni).
Sempre secondo le Istruzioni l’appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’istituto segnalante della complessiva situazione finanziaria del cliente e non puo’ scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito (articolo 5 cit., comma II).
Sulla base del tenore testuale della disposizione resta dunque estraneo alla nozione di “sofferenza” l’inadempimento correlato ad una situazione di illiquidita’ contingente e non strutturale, non accompagnato, cioe’, da un oggettivo stato di difficolta’ a far fronte alle proprie obbligazioni. L’appostazione a sofferenza non richiede, pero’, una previsione di perdita del credito, e dunque, secondo quanto sostenuto in dottrina, ben puo’ sussistere anche qualora il patrimonio del debitore consenta ancora, allo stato e nel contesto della sua negativita’, margini di rientro (magari attraverso mezzi non del tutto “normali”, ovvero secondo una linea prospettica del futuro passaggio a pagamenti “irregolari”): cio’ che conta, in sostanza, e’ la chiara e documentabile emergenza che, al momento della segnalazione, il rientro non appaia sicuro o, quantomeno, altamente probabile e che pertanto si configuri un serio pericolo di insolvenza.
L’accostamento fra “stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente)” e “situazioni ad esso equiparabili” contenuto nella disposizione in esame convince ancor di piu’ che l’appostazione a “sofferenza” non comporta la necessita’ che la situazione del debitore coincida con quella propria dell’insolvenza fallimentare. Va dunque ribadito, in conformita’ quanto gia’ ripetutamente affermato da questa Corte, che ai fini della segnalazione e’ sufficiente una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzata come deficitaria, ovvero come grave (e non transitoria) difficolta’ economica, senza alcun riferimento ai concetti di incapienza o di definitiva irrecuperabilita’ del credito (in termini, Cass. n. 21428/07; cfr. inoltre Cass. nn. 7958/09, 23083/13).
Ad ulteriore conforto di tale conclusione, deve osservarsi che se la nozione di insolvenza rilevante ai sensi della ridetta disposizione si identificasse con quella contemplata dalla L.F., articolo 5, e se il debito potesse essere legittimamente appostato a sofferenza soltanto quando il cliente versa in stato di decozione, verrebbe meno la stessa utilita’ della segnalazione (posto che gli altri intermediari creditizi si troverebbero nell’impossibilita’ di attivarsi in tempo utile per cautelare la propria posizione); risulterebbe, inoltre, priva di contenuto sostanziale la previsione di un obbligo di segnalazione anche in presenza di “situazioni equiparabili” allo stato di insolvenza.
4) Nella memoria di replica depositata ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., il Fallimento ha sostenuto che ove la nozione di insolvenza ricavabile dall’articolo 5, comma I, capo II sez. Il delle Istruzioni di cui alla circolare n. 139/91 e succ. modd. non dovesse ritenersi coincidente (con) od equiparabile a quella di cui alla L.F., articolo 5, si porrebbe una questione di legittimita’ costituzionale della norma, che, non contenendo un’univoca definizione delle posizioni di sofferenza che rendono legittima la segnalazione alla Centrale Rischi, lascerebbe agli intermediari creditizi margini di valutazione cosi’ ampi da generare incertezza sulla sua applicazione, in violazione degli articoli 2, 41, e 47 Cost..
La questione di legittimita’ costituzionale sollevata e’ inammissibile, ai sensi dell’articolo 134 Cost., e Legge n. 87 del 1953, articolo 23, attesa la natura di fonte normativa secondaria delle disposizioni a carattere generale, in materia di contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, emanate dalla (OMISSIS), in conformita’ delle deliberazioni assunte dal CICR, in osservanza del disposto dell’articolo 53, comma 1, lettera b) del TUB. Va, per completezza, escluso che la norma secondaria censurata possa essere ritenuta illegittima, e possa essere in conseguenza disapplicata, per il fatto che non contiene un’esatta definizione della nozione di insolvenza (e delle situazioni ad essa equiparabili) rilevante ai fini della segnalazione della “sofferenza”: la nozione non e’ infatti riconducibile a parametri economici predefiniti, univocamente valevoli per ogni fattispecie ed e’ dunque inevitabile che, in materia, sia dato agli intermediari creditizi un certo margine di discrezionalita’ che, tuttavia, non puo’ sconfinare nell’arbitrio, dovendo comunque la valutazione essere fondata su dati oggettivi dai quali sia evincibile la concreta sussistenza del rischio segnalato.
Cio’ che rileva, pertanto, e’ che detta valutazione sia compiuta nel pieno rispetto delle regole dettate dalla (OMISSIS) che, proprio al fine di evitare abusi od errori, per un verso richiedono agli intermediari (cap. I sez. I delle Istruzioni) senso di responsabilita’ e massima attenzione all’osservanza dei termini di segnalazione, completezza nelle informazioni, correttezza nell’imputazione dei rischi (in altre parole, l’uso della specifica diligenza richiesta agli operatori economici professionali) e, per l’altro, impongono loro di tener conto della complessiva situazione finanziaria del cliente e non del solo rapporto negoziale dal quale e’ derivata l’esposizione.
5) Le considerazioni sin qui svolte conducono al rilievo della piena correttezza dell’assunto della corte territoriale secondo cui la definizione di insolvenza delineata dalla norma in esame e’ da considerarsi autonoma rispetto a quella di cui alla L.F., articolo 5, in ragione tanto della sua adozione da parte di soggetti (il CICR e la Banca centrale) deputati al governo dell’economia e nell’ambito di una fonte normativa secondaria di natura prettamente tecnico-finanziaria, quanto, e, soprattutto, della funzione squisitamente preventiva del servizio fornito dalla Centrale Rischi, che ha senso solo se le segnalazioni intervengono in una fase in cui gli operatori possono ancora predisporre piani di rientro o procedimenti di ristrutturazione creditizia e/o di risanamento finanziario capaci di condurre il cliente al recupero dell’equilibrio economico – patrimoniale, consentendogli di onorare le obbligazioni assunte, o, comunque, di diminuire al massimo il rischio creditizio.
Sulla scorta di tali premesse, la corte del merito ha poi esattamente ritenuto che la nozione di “stato di insolvenza e situazioni sostanzialmente equiparabili” ricavabile dalle Istruzioni ricomprenda le posizioni che, pur non potendo qualificarsi di totale incapacita’ economica, denotano una sensibile difficolta’ nella gestione e nel controllo dell’equilibrio economico – finanziario del soggetto e fanno temere la possibilita’, anche non immediata, di un futuro dissesto (ovvero situazioni assimilabili all’insolvenza di cui alla L.F., articolo 5, ma di intensita’ anche notevolmente inferiore od a “pericolosita’ differita”) ed, altrettanto esattamente, ha affermato (pur se avvalendosi di esempi inappropriati) che la previsione di una possibile rimozione della difficolta’ riscontrata non esclude che il rischio sia qualificabile come “sofferenza”, atteso che la relativa valutazione deve pur sempre fare riferimento alla capacita’ del cliente di adempiere le proprie obbligazioni con regolarita’ e senza anomalie.
6) Non ricorrono, infine, i denunciati vizi di motivazione del capo della pronuncia impugnata, posto che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il riscontro della legittimita’ della segnalazione effettuata da (OMISSIS) e’ stato operato dal giudice d’appello principalmente sulla scorta della relazione (in possesso della banca) avente ad oggetto l’analisi dei bilanci di (OMISSIS) che era stata redatta, su incarico della stessa societa’, dalla (OMISSIS) e dalla quale emergeva la situazione di estrema vulnerabilita’ finanziaria della debitrice, gia’ manifestatasi negli esercizi 1995-96, ma sensibilmente peggiorata nel corso dell’esercizio 1997, in cui si era per la prima volta registrato un calo dei ricavi cosi’ sensibile da far prevedere una perdita di gestione di circa 400 milioni di lire (pari al doppio del patrimonio netto contabile). Il giudice dei merito ha inoltre rilevato che, secondo la societa’ di consulenza finanziaria, il deficit di bilancio rendeva “improrogabile11 un intervento di ristrutturazione; che (OMISSIS) aveva raggiunto, e talvolta superato, tutte le soglie di credito accordatele dalle banche; che anche la (OMISSIS) (pur non segnalando l’esposizione a sofferenza) aveva revocato i fidi; che non era neppure in contestazione la legittimita’ del recesso di (OMISSIS) dall’affidamento concesso. Risulta pertanto del tutto logica e coerente la conclusione secondo cui la valutazione negativa compiuta dalla banca, oltre che in tali dati, trovava piena giustificazione anche nella mancanza (nei mesi immediatamente successivi alla revoca del fido) di pagamenti parziali e di proposte di rientro programmato dal debito.
Non puo’, d’altro canto, rimproverarsi alla corte capitolina di non aver tenuto conto delle circostanze di segno opposto allegate in ricorso dal Fallimento (di cui non e’ stata illustrata la decisivita’ e che, per il vero, fatta eccezione per l’ultima, non risultano neppure essere state dedotte in grado d’appello) in quanto, come costantemente affermato da questa Corte, il giudice del merito puo’ fondare il proprio convincimento sui soli elementi probatori che ritiene rilevanti per la decisione e non e’ obbligato a prendere in esame e a disattendere tutte le contrarie risultanze processuali, a condizione che risulti logicamente giustificato il valore preminente accordato agli elementi da lui utilizzati (cfr, da ultimo e fra moltissime, Cass. nn. 13485/014, 8129/014, 25608/013).
7) Con il terzo motivo il Fallimento lamenta che la corte territoriale abbia ritenuta tempestiva la segnalazione di parziale rientro dallo scoperto, effettuata da (OMISSIS) solo nel luglio del ‘98 ancorche’ (OMISSIS) avesse eseguito sin dal 29 maggio un versamento a mezzo assegni di 40 milioni di lire: sostiene che il giudice d’appello, nell’affermare che il versamento era accreditabile solo a partire dal 2 giugno, avrebbe erroneamente tenuto conto del saldo per valuta del conto corrente, anziche’ di quello contabile. Rileva, sotto altro profilo, che altri pagamenti parziali, sebbene di minore entita’, erano intervenuti anche in precedenza senza che la banca avesse provveduto a rettificare il valore della segnalazione.
Nella sua prima parte il motivo e’ infondato.
Secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, formatasi in tema di revocazione di rimesse bancarie, il versamento annotato in conto deve ritenersi avvenuto allorche’ la somma accreditata viene posta nell’effettiva disponibilita’ del correntista. Al fine della verifica della data di esecuzione del pagamento occorre percio’ far riferimento al criterio del c.d. “saldo disponibile”, che non coincide necessariamente ne’ con quello contabile (che riflette le registrazioni in ordine puramente cronologico) ne’ con quello per valuta (che e’ effetto del posizionamento delle partite unicamente in base alla data di maturazione degli interessi).
Nel caso di versamenti eseguiti in conto a mezzo assegni bancari, in cui il beneficiario non puo’, all’evidenza, disporre delle somme portate dai titoli fino a che questi non vengano pagati dalla banca trattarla, deve tuttavia presumersi la coincidenza del saldo disponibile con quello per valuta, salvo prova contraria che gli assegni siano stati incassati in una data antecedente a quella di annotazione della decorrenza degli interessi sulla somma accreditata (cfr., fra molte, Cass. nn. 16608/010, 6903/010, 4762/07, 13143/02, 462/98).
In mancanza di tale prova, che avrebbe dovuto essere fornita dall’odierno ricorrente, la corte del merito ha dunque correttamente ritenuto che il pagamento parziale di 40 milioni di lire, effettuato da (OMISSIS) a mezzo assegni tratti il 29 maggio del ‘98, dovesse ritenersi avvenuto solo il successivo 2 giugno, data di decorrenza della valuta sull’importo accreditato, e che pertanto la (OMISSIS) lo avesse tempestivamente segnalato alla (OMISSIS), entro il termine (25 giorno del mese successivo) prescritto dalle Istruzioni (articolo 3 cpv. sez. 2 ), unitamente al pagamento dell’intero residuo debito, eseguito il 19.6.98, come risultava provato dal fatto che nell’agosto di quell’anno la Centrale Rischi non registrava piu’ la sofferenza. Va escluso poi che (OMISSIS) fosse tenuta a segnalare il pagamento entro il mese di giugno: il dovere degli operatori “di provvedere comunque alle segnalazioni con la massima tempestivita’”, previsto dal III comma dell’articolo 3 cit., deve infatti intendersi riferito alla diversa ipotesi, in esso contemplata, in cui si verifichino difficolta’ che non consentano di rispettare il termine ordinario indicato.
Nella sua seconda parte il motivo va invece dichiarato inammissibile, in quanto si fonda su circostanze (pagamenti parziali del debito asseritamente eseguiti nell’aprile e nel maggio del ‘98, non segnalati dalla (OMISSIS)) che non risultano essere state allegate nel corso del giudizio di merito.
8) Resta assorbito il quarto motivo di ricorso, nel quale, sul presupposto dell’illegittimita’ del comportamento della (OMISSIS) ed in via subordinata all’accoglimento di uno dei precedenti motivi, si deduce che anche la domanda risarcitoria svolta ai sensi della Legge n. 675 del 1996, articolo 18, avrebbe dovuto essere accolta.
9) Con il quinto motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’articolo 1283 c.c., articolo 112 c.p.c. e ss., articoli 184 bis 196 e 198 c.p.c., censura il capo della sentenza definitiva che, nel condannare la (OMISSIS) alla ripetizione degli interessi anatocistici, li ha quantificati nell’ammontare determinato dal ctu ed assume che la corte del merito ha erroneamente recepito le conclusioni del tecnico incaricato, che avrebbe operato il calcolo in misura parziale e tecnicamente errata, conteggiando due sole annualita’ invece delle dieci richieste e senza rilevare l’illegittima applicazione del tasso convenzionale e della relativa capitalizzazione anche successivamente al recesso di (OMISSIS) dal contratto di conto corrente.
Il motivo, che si fonda su di un elaborato che non risulta specificamente allegato al ricorso, che non riproduce le parti rilevanti della ctu dalle quali dovrebbero emergere gli errori contestati e che neppure riporta le critiche che il ricorrente ha mosso all’indagine in sede di giudizio d’appello, va dichiarato inammissibile per difetto dei requisiti richiesti dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6.
10) Ad identica conclusione deve giungersi in relazione al sesto ed al settimo motivo di ricorso, con i quali il Fallimento lamenta, rispettivamente, che la corte del merito non abbia riconosciuto la rivalutazione monetaria sulla somma liquidata a titolo di ripetizione delle spese legali indebitamente pretese da (OMISSIS) e che non abbia pronunciato sulla richiesta di liquidazione delle spese di lite in favore del procuratore antistatario di (OMISSIS) in bonis: il ricorrente, infatti, non ha indicato in quali specifici atti processuali (citazione, appello, verbali del giudizio di primo e di secondo grado) sarebbero state avanzate la domanda di condanna della banca al pagamento della rivalutazione monetaria (che non e’ stata esaminata dal giudice d’appello, il quale ha respinto la diversa pretesa dell’appellante di corresponsione degli interessi al tasso bancario) e la richiesta di liquidazione delle spese in favore del difensore, ne’ ha prodotto tali atti, o il fascicolo di parte che li conteneva, unitamente al ricorso, in tal modo contravvenendo anche al disposto dell’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4.
Il ricorso va, in conclusione, integralmente respinto, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato di (OMISSIS).
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge.

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