Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 4 dicembre 2014, n. 25663

Svolgimento del processo

l. La Corte d’appello di Napoli ha respinto l’impugnazione principale proposta dal sig. G.M. e quella incidentale della signora I.S. avverso la sentenza del Tribunale di Avellino con la quale era stata: a) accolta la domanda della I. per la pronuncia della separazione personale con addebito al marito, il G. , la cui opposta domanda era stata respinta; b) disposto l’affidamento condiviso dei due figli, con la loro residenza privilegia presso la madre, alla quale veniva assegnata la casa coniugale; c) fissato un assegno di mantenimento per i figli, a carico del G. , in Euro 400,00 mensili (oltre al 50% delle spese straordinarie) e, in favore della moglie, in Euro 100,00.
2. Secondo la Corte territoriale, andavano condivise le argomentazioni del primo giudice, perché pienamente corrispondenti e coerenti con il contenuto dell’istruttoria svolta nel giudizio di primo grado. In particolare, il giudice distrettuale, premesso che dalle testimonianze dei parenti della I. , considerati testi attendibili, era emerso il comportamento violento e fedigrafo del G. , nonché il suo allontanamento dalla residenza coniugale; comparato il comportamento dei coniugi; concludeva affermando che la responsabilità del fallimento dell’unione matrimoniale andava imputata esclusivamente al marito.
In ordine all’assegno di mantenimento dei figli e del coniuge, la Corte territoriale, affermava che l’appellante aveva dimostrato di avere la capacità economica e reddituale per versare l’assegno di mantenimento posto a suo carico.
3. Avverso tale decisione il sig. G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a otto motivi, illustrati anche con memoria, ex art. 378 c.p.c..
4. Il Coniuge intimato non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1.1. Con il primo mezzo di ricorso (Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 116 c.p.c.: art. 360, 1 co., n. 3, 1 co., c.p.c.) il ricorrente, intendendo censurare le conclusioni raggiunte dai giudici di appello in ordine all’addebito della separazione personale, lamenta che il giudice distrettuale avrebbe trascurato il fatto che le deposizioni dei parenti del coniuge erano consistite in testimonianze de relato.
Sarebbe stato, pertanto, specificamente disatteso il principio generale dell’onere della prova, di cui all’art. 2697 c.c., in ordine ai fatti posti a base dell’addebito della separazione coniugale.
1.2. Con il secondo (Omessa motivazione, sotto il profilo della motivazione apparente su un punto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.) il ricorrente, in relazione alle medesime circostanze esposte nel primo motivo, si duole del fatto che il giudice di appello non abbia fornito i necessari riscontri alle affermazioni di attendibilità dei testimoni, particolarmente quelle del padre e della madre della intimata.
1.3. Con il terzo (Difetto di motivazione per contraddittorietà ed illogicità manifesta su un punto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.) il ricorrente, in relazione alle medesime circostanze esposte nel primo motivo, si duole del fatto che il ragionamento del giudice di appello, in quanto privo di riscontri alle affermazioni di attendibilità dei testimoni, particolarmente di quelle relative alle dichiarazioni del padre e della madre della intimata, se non a quelle dei nipoti, all’epoca solo bambini di nove e sei anni, si presenterebbe come contraddittorio ed illogico.
1.4. Con il quarto (Difetto di motivazione per contraddittorietà ed illogicità manifesta su un punto controverso e decisivo del giudizio circa l’addebito della separazione, ex art. 360 n. 5 c.p.c.) il ricorrente, in relazione alle medesime circostanze esposte nel primo motivo, si duole del fatto che il ragionamento del giudice di appello, in ordine all’addebito della separazione, avrebbe affermato la sola incidenza causale dell’allontanamento del G. , per aver stretto un altro legame sentimentale in costanza di matrimonio. Un tale accertamento, basato sulle sole affermazioni del padre e della madre dell’intimata, e dai riscontri costituiti dalle dichiarazioni de auditu dei nipoti, all’epoca di nove e sei anni, si presenterebbe come contraddittorio ed illogico.
1.5. Con il quinto mezzo di ricorso (Violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 151 c.c. in relazione all’art. 116 c.p.c.: art. 360, 1 co., n. 3, 1 co., c.p.c.) il ricorrente, intendendo censurare le conclusioni raggiunte dai giudici di appello in ordine all’addebito della separazione personale, lamenta che la corte distrettuale abbia omesso di verificare se le violazioni dei doveri coniugali ascritte al G. abbiano avuto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale ovvero se si era determinata una situazione di preesistente ed oggettiva intollerabilità della convivenza tra i due coniugi.
1.6. Con il sesto (Difetto di motivazione per insufficienza – se non carenza – manifesta su un punto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.) il ricorrente, in relazione alle medesime circostanze esposte nel quinto motivo, lamenta che il giudice di appello non abbia fornito una motivazione sufficiente in ordine alla pregressa situazione di intolleranza della vita coniugale: un fatto decisivo per il giudizio.
1.7. Con il settimo (Illogicità e contraddittorietà manifesta su un punto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.) il ricorrente, in relazione alle medesime circostanze esposte nel quinto motivo, si duole del fatto che, ove si consideri esaminata la questione dell’intollerabilità pregressa della vita coniugale, la sua motivazione presenti i vizi logici di cui in epigrafe, con particolare riferimento ad un episodio di vita che avrebbe visto litigare i due coniugi ed il fratello della I. .
1.8. Con l’ottavo ed ultimo mezzo di ricorso (Violazione e falsa applicazione degli artt. 155 e 156 c.c.: art. 360, 1 co., n. 3, 1 co., c.p.c.; Illogicità e contraddittorietà manifesta su un punto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.) il ricorrente, intendendo censurare le disposizioni patrimoniali impartite dai giudici di merito, lamenta che non siano stati tenuti in considerazione alcuni fatti rappresentati al giudice di primo grado (mancanza della qualità di socio lavoratore, affitto di un immobile; costo delle utenze domestiche) e che non sia stata valutata l’intera posizione patrimoniale, venuta meno proprio in ragione della separazione personale.
2. Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere disatteso.
3.1. Con riferimento al primo motivo di ricorso, va premesso che questa Corte, con specifico riferimento a controversie relative all’addebito della separazione personale ha già avuto modo di affermare (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2844 del 1971) il principio di diritto secondo cui, nelle cause per separazione personale dei coniugi -in cui ciascuno di essi muove all’altro addebiti integranti gli estremi della separazione per colpa l’indagine testimoniale, sia nel momento dell’acquisizione delle deposizioni, sia in quello finale della loro valutazione in un contesto globale, è particolarmente delicata ed il giudice, pur tenendo in debito conto i rapporti di parentela, dipendenza etc., che possono spingere i terzi ad una scarsa obiettività, deve considerare le deposizioni di tutti e giudicare della scarsa attendibilità di un teste non apoditticamente, in base al solo rapporto che lo lega alla parte che lo ha indotto, ma secondo la verosimiglianza o meno, delle circostanze affermate e la conferma che queste possono trovare o meno nelle deposizioni di altri testi.
3.1.1. Pur non contestando tale principio, il ricorrente ha sostenuto l’inattendibilità dei testi escussi in ragione del fatto che si sarebbe trattato di testimonianze de relato actoris. Egli, a tale proposito, riporta specifici brani della sentenza di primo grado dai quali risulterebbe proprio tale mancanza di valore probatorio.
3.1.2. Orbene, in disparte l’inefficacia di tali critiche, perché non espresse riguardo alla sentenza di appello, ma a quella di primo grado (peraltro confermata sul punto), questa Corte deve richiamare il principio di diritto espresso in subiecta materia (Sez. 1, Sentenza n. 11844 del 2006) secondo cui la deposizione de relato ex parte actoris, se riguardata di per sé sola, non ha alcun valore probatorio, nemmeno indiziario; può tuttavia assurgere a valido elemento di prova quando sia suffragata da circostanze oggettive e soggettive ad essa intrinseche o da risultanze probatorie acquisite al processo che concorrano a confortarne la credibilità.
3.1.3. Orbene, dagli stessi stralci testuali riportati dal ricorrente emerge, icto oculi, che ciascun brano contiene, oltre a circostanze riferite dalla attrice, anche fatti omogenei registrati direttamente alla presenza dai menzionati testimoni (p. 8 del ricorso per cassazione: “in mia presenza offendeva la figlia”; “continuava anche in mia presenza”) o narrati da altri testimoni (in particolare, dai figli, per quanto minori: p. 9 del ricorso).
3.1.4. Il motivo si palesa, pertanto, del tutto infondato.
4. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, contenente l’esposizione del vizio motivazionale, nella forma della motivazione apparente, in ordine al giudizio di attendibilità dei genitori della I. , testi assunti nella fase di merito, richiamato quanto già esposto ai paragrafi precedenti, va qui solo ricordato che le dette deposizioni, riportate per stralcio nel primo motivo e richiamate per relationem nel secondo (a p. 10 del ricorso per cassazione), si riferiscono anche a testimonianze de visu, come tali non bisognose degli invocati riscontri (cfr. p. 3.1.3.).
5. Anche il terzo motivo di ricorso, si riferisce al giudizio di attendibilità dei genitori della I. , testi escussi nella fase di merito, e richiama quanto già esposto ai paragrafi precedenti circa l’assenza di riscontri alle dichiarazioni raccolte in primo grado che, come si è già detto, si riferiscono anche a testimonianze de visu, recanti narrazioni di fatti direttamente percepiti dal dichiarante, come tali non solo non bisognose degli invocati riscontri (cfr. p. 3.1.3.) ma anche valorizzate con giudizio né indeterminato, né illogico o contraddittorio.
6. Con riferimento al quarto motivo di ricorso, contenente l’esposizione del vizio motivazionale, nella forma della motivazione contraddittoria o illogica, in ordine al giudizio di addebito della separazione, va precisato che il ragionamento del giudice distrettuale non ha avuto ad oggetto soltanto la relazione extraconiugale (riscontrata, in modo poco attendibile, dalle dichiarazioni dei figli minori), ma un complessivo giudizio comparativo fra le condotte dei due coniugi, che ha compreso sia l’esistenza di condotte violente ed aggressive del G. (p. 9) sia il fatto dell’allontanamento dello stesso dalla casa coniugale (per la sopravvenienza di un “altro legame sentimentale”).
6.1. A tale ultimo proposito, come più volte ha affermato questa stessa sezione (da ultima, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4540 del 2011): “L’allontanamento dalla residenza familiare, ove attuato unilateralmente dal coniuge, cioè senza il consenso dell’altro coniuge, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale ed è conseguentemente causa di addebitamento della separazione”.
Tanto (non contestato dal ricorrente) basta a far ritenere ultroneo ogni altro profilo in ordine alla causale dell’allontanamento coniugale ed alla motivazione in ordine alla prova dell’affermata relazione extraconiugale.
7. Con riferimento al quinto motivo di ricorso, contenente l’esposizione dell’esistenza di una violazione di legge (con riferimento agli artt. 143 e 151 c.c.), ovvero di una falsa applicazione di tali disposizioni, in ordine al giudizio di addebito della separazione, per il presunto mancato esame della ipotizzata intollerabilità della convivenza tra i due coniugi, ancor prima dell’allontanamento del G. dalla casa coniugale e dalla non ascrivibilità di tale contegno al suo autore, a causa del fallimento del rapporto coniugale, il motivo si rivela inammissibile poiché, con esso, si tace del tutto sul se, come, quando e dove la questione, ora posta avanti a questo Collegio, sia già stata avanzata avanti al giudice distrettuale.
Ciò tanto più in quanto la sentenza di appello ha concluso il suo giudizio dissolvendo ogni dubbio sul fatto che “la responsabilità del fallimento della unione matrimoniale va imputata esclusivamente al G. ”, con ciò approdando, almeno implicitamente, ad un giudizio affermativo sull’esistenza di un rapporto di causalità tra la violazione dei doveri coniugali da parte del G. e la crisi coniugale, accertata in sede giudiziale.
8. Anche il sesto motivo di ricorso, si riferisce al giudizio sull’addebito della separazione ed al presunto mancato esame della ipotizzata intollerabilità della convivenza tra i due coniugi, ancor prima dell’allontanamento del G. dalla casa coniugale, nonché alla non ascrivibilità allo stesso di tale contegno, a causa del fallimento del rapporto coniugale.
Ma, anche per tale motivo, valgono le considerazioni fatte ai paragrafi precedenti sicché anche tale doglianza è del tutto inammissibile.
9. Il settimo motivo di ricorso, al pari del precedente, si disvela inammissibile, non avendo esso il benché minimo requisito di autosufficienza: non solo sul se, come, quando e dove tale questione sia stata prospettata al giudice distrettuale ma, anche, su quale sia il luogo motivazionale della sentenza impugnata oggetto di censura.
10. L’ottavo ed ultimo motivo è doppiamente inammissibile in quanto, da un lato, pecca per difetto di autosufficienza, con riferimento alla mancata indicazione del se, come, quando e dove, quelle considerazione (esposte anche come censure motivazionali) siano state avanzate nel corso del giudizio di appello e, da un altro, perché compie una non corretta mescolanza tra critiche motivazionali e presunte violazioni di diritto. A tale ultimo proposito, questa stessa sezione, con la sentenza n. 19443 del 2011, ha statuito che, nel ricorso per cassazione, “è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma”.
11. In conclusione il ricorso, rivelandosi complessivamente infondato, deve essere respinto, senza che occorra provvedere sulle spese di lite, per non avere, la parte intimata, svolto difese nella presente fase del giudizio, mentre a carico del ricorrente va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 d.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

Respinge il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ricorso principale, a norma del comma I-bis, dello stesso articolo 13.
Dispone che, ai sensi dell’art.52 D. Lgs. n.198 del 2003, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

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