cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 5 febbraio 2016, n. 2320

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore p.t. rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elett. dom. in (OMISSIS), come da procura a margine dell’atto;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona del curatore fallimentare;

(OMISSIS) s.r.l.;

(OMISSIS) s.r.l.;

(OMISSIS) s.p.a.;

(OMISSIS) s.r.l.;

(OMISSIS) s.p.a.;

(OMISSIS) s.p.a.;

(OMISSIS) s.r.l.;

(OMISSIS);

– intimati –

per la cassazione della sentenza App. Ancona 20.6.2009, n. 419/09 R.G. 362/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 19 gennaio 2015 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. SALVATO Luigi che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Il PROCESSO

(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione impugna la sentenza App. Ancona n. 419/09 del 20.6.2009 con cui veniva rigettato il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del proprio fallimento, pronunciata da Trib. Macerata 1.4.2008, in pari data al decreto di inammissibilita’ L.F., ex articolo 162 della domanda di concordato preventivo con cessione dei beni ivi proposta.

Ritenne la corte d’appello che: a) alla societa’ era stato assicurato in prime cure il diritto di difesa mediante concessione di un “termine per note”, avendo il tribunale registrato la presenza ad una prima udienza della debitrice insieme ai suoi legali, con possibile cognizione anche diretta del parere negativo, gia’ agli atti, espresso dal P.M. sulla proposta di concordato; b) sulle istanze di fallimento pendenti, da considerarsi solo temporaneamente improcedibili, la debitrice era stata appositamente sentita in altra udienza e dunque pure su di esse il tribunale doveva, come correttamente adempiuto, pronunciarsi; c) il controllo rimesso al tribunale, oltre che sulla regolarita’ della procedura, si era condivisibilmente esteso alla fattibilita’ del piano, inteso come

concreta idoneita’ della proposta a realizzare le varie ipotesi di cui alla L.F., articolo 160 , concludendo per l’impossibilita’ di soddisfare i creditori chirografari con una “percentuale di un qualche rilievo” per la criticita’ di alcuni crediti verso terzi; d) la cessazione di ogni attivita’, l’accertata insufficienza dell’attivo disponibile a far fronte al passivo “neanche in relazione alle percentuali concordatarie”, l’esclusione dell’accesso al credito a loro volta integravano una corretta motivazione dello stato d’insolvenza. Il ricorso e’ affidato a tre motivi.

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, quanto alla L.F., articoli 160 – 162 , avendo erroneamente il tribunale omesso di sentire nuovamente il debitore, dopo che lo stesso aveva apportato integrazioni al piano nel termine dato per note dopo una prima audizione.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione di legge quanto alla L.F., articoli 162 e 168, essendo stata confermata la sentenza di fallimento nonostante essa fosse retta da istanze di fallimento divenute definitivamente improcedibili dopo la domanda di ammissione al concordato preventivo o comunque tali da riprendere la propria attualita’ solo a seguito di nuovo impulso dei presentatori delle stesse.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione della L.F., articoli 160, 161 e 162 avendo la corte d’appello errato nel riscontro dei poteri di apprezzamento nel merito del tribunale quanto alla fattibilita’ del piano, oltre lo stretto controllo di legalita’ della procedura.

1. Il primo motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato. Dalla pronuncia impugnata risulta, senza contestazione della circostanza, che la societa’ venne convocata sia sulle istanze di fallimento, sia sulla domanda di concordato, con concessione di un termine – da essa sollecitato – per il deposito di eventuale “nota informativa ed integrativa del ricorso al concordato preventivo”, cui segui’ la produzione di “memoria integrativa e ulteriore documentatone”. La parte, nell’invocare un generico principio di necessaria ulteriore audizione, da per scontato che, profittando del predetto termine, essa avrebbe modificato la proposta, fatto in se’ privo di qualsiasi dimostrazione ed anzi escluso dal tenore descrittivo di quanto avvenuto, ad opera della corte d’appello. Ne’ il ricorrente ha riportato meglio, mediante almeno una sintesi della pretesa modifica rispetto alla proposta originaria, il contenuto di tale integrazione, incorrendo dunque in un evidente limite di autosufficienza dell’impugnazione, che non permette in limine a questa Corte di apprezzarne la stessa rilevanza. In ogni caso, va ribadito l’indirizzo di legittimita’ per cui anche l’audizione del debitore, prevista dalla L.F., articolo 162, comma 2 non e’ necessaria quando l’istanza di ammissione al concordato preventivo si inserisca nell’ambito di un procedimento prefallimentare in cui il debitore sia gia’ stato sentito in relazione alla sua proposta con possibilita’ di svolgere le proprie difese, in quanto il suddetto obbligo e’ funzionale a consentire al medesimo, in ispecie ove la proposta di concordato costituisca un autonomo procedimento, senza previe pendenze, di illustrarla e di svolgere le proprie difese. Ne consegue che, al fine del rispetto del suddetto obbligo, non e’ necessaria neppure la preventiva contestazione delle eventuali ragioni di inammissibilita’ del concordato, restando nella discrezionalita’ del tribunale indicare le eventuali insufficienze del piano o della documentazione (Cass. 13083/2013). Si tratta di principio che, a maggior ragione, trova applicazione nella fattispecie in cui invero una audizione ad hoc sul ricorso di concordato vi era gia’ stata, oltre che una sulle istanze di fallimento, non sussistendo un diritto del debitore ad una nuova audizione sulle proprie note integrative, con le quali egli, nel fornire i chiarimenti richiesti, assolve ad un adempimento di difesa nel suo interesse, ponendo la discrezionale concessione giudiziale del termine sulla stessa parte proponente l’onere dimostrare la sussistenza dei presupposti per l’ammissibilita’ della procedura concordatizia.

2. Il secondo motivo e’ infondato. La sentenza di fallimento appare essere stata pronunciata nel pieno rispetto del principio, ora precisato da Cass. s.u. 9935/2015, per cui la pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, ai sensi della L.F., articolo 161, comma 6 impedisce solo temporaneamente la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dalla L.F., articoli 162, 173, 179 e 180 , ma non rende improcedibile il procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del P.M., ne’ ne consente la sospensione, ben potendo lo stesso essere istruito e concludersi con un decreto di rigetto e, si aggiunge, sfociare nella dichiarazione di fallimento, senza necessita’ di reiterazione di alcun nuovo impulso da parte degli originari istanti (ove non ne sia dimostrata la rinuncia alle domande, nella specie esclusa), formalita’ del tutto incompatibile sia con il carattere unitario del procedimento, sia con l’esigenza di definizione celere delle domande, momentaneamente improcedibili al sopraggiungere di quella di concordato.

3. Il terzo motivo e’ infondato. La censura, invero, del tutto genericamente ascrive al giudice di merito un controllo sulla proposta di concordato inammissibilmente spinto sino ad una valutazione di convenienza, invece omettendo di rilevare che con chiarezza la sentenza impugnata ha dato conto di un’impossibilita’ della societa’ debitrice di conseguire gli obiettivi rappresentati per l’ammissione alla procedura, in questo senso intendendo la fattibilita’, esclusa in concreto, come impossibilita’ di soddisfare i creditori in una percentuale di qualche rilievo. La decisione e’ dunque del tutto conforme al principio, che qui va ribadito, per cui in tema di concordato preventivo, la fattibilita’ del piano e’ un presupposto di ammissibilita’ della proposta sul quale, pertanto, il giudice deve pronunciarsi esercitando un sindacato che consiste nella verifica diretta del presupposto stesso, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista (cosi’ gia’ Cass. s.u. 1521/2013). Tuttavia, mentre il sindacato del giudice sulla fattibilita’ giuridica, intesa come verifica della non incompatibilita’ del piano con norme inderogabili, non incontra particolari limiti, il controllo sulla fattibilita’ economica, intesa come realizzabilita’ nei fatti del medesimo, puo’ essere svolto solo nei limiti nella verifica della sussistenza o meno di un’assoluta, manifesta inettitudine del piano presentato dal debitore a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalita’ indicate dal proponente per superare la crisi mediante una sia pur minimale soddisfazione dei creditori chirografari in un tempo ragionevole, fermo, ovviamente, il controllo della completezza e correttezza dei dati informativi forniti dal debitore ai creditori, con la proposta di concordato e i documenti allegati, ai fini della consapevole espressione del loro voto (Cass. 11497/2014).

Il ricorso va dunque rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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