Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza del 31 ottobre 2012, n. 18708

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, con cui era stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario tra il sig. C.R. e la sig.ra M.L.P. , era stato affidato al padre il figlio minore della coppia ed era stata respinta la domanda di assegno della ex moglie, ha accolto quest’ultima domanda e disposto la corresponsione di un assegno di Euro 150,00 mensili a carico dell’ex marito. Ha motivato facendo riferimento al grave stato di salute della signora e comparando le condizioni economiche degli ex coniugi. Risultava infatti che l’ex marito aveva un reddito di Euro 1.500,00 mensili, viveva con i genitori, cui corrispondeva Euro 400,00 mensili per l’ospitalità, e doveva mantenere i due figli conviventi, mentre la figlia maggiore, che lavorava come commessa, aveva un reddito di Euro 800,00 mensili; la ex moglie invece aveva un reddito di Euro 700,00 mensili, beneficiava di aiuti da parte dell’ASL e godeva “di una casa di abitazione nella sua disponibilità per la quale non risulta che ella debba corrispondere alcuna somma a titolo di corrispettivo per il godimento”.
La sig.ra P. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi di censura, cui l’intimato ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno anche presentato memorie.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 5, comma sesto, l. 1 dicembre 1970, n. 898, si lamenta che la Corte d’appello, nel determinare l’importo dell’assegno a favore della ricorrente, abbia illegittimamente tenuto conto anche degli “aiuti” che questa riceveva dalla ASL e della disponibilità gratuita della casa di abitazione, di proprietà della sorella; mentre la solidarietà di terzi non è idonea ad attenuare l’obbligo primario di mantenimento gravante sul coniuge.
1.1. – Sulla questione della rilevanza delle elargizioni di terzi – normalmente i familiari – nel giudizio sul riconoscimento del diritto all’assegno di separazione o di divorzio e nella determinazione del suo ammontare, con particolare riguardo alle elargizioni ricevute dal coniuge avente diritto all’assegno, questa Corte ha assunto, dopo iniziali aperture, un orientamento decisamente negativo (cfr. Cass. 11224/2003, 6200/2009, in tema di separazione, Cass. 4617/1998, 7601/2011, in tema di divorzio, nonché, di recente, con riguardo alle elargizioni ricevute invece dal coniuge obbligato all’assegno, Cass. 10380/2012), che fa leva sul carattere liberale e non obbligatorio di tali elargizioni, cui non corrisponde un diritto – e perciò un reddito – del ricevente.
Posto, dunque, che solo delle elargizioni liberali non deve tenersi conto, era onere della ricorrente – a fronte dell’invero generico riferimento della Corte d’appello agli “aiuti” della ASL e alla disponibilità gratuita della casa di abitazione – precisare, quanto ai primi, in cosa esattamente consistessero e a che titolo le fossero corrisposti; quanto alla seconda, quale fosse il titolo della disponibilità gratuita e, soprattutto, se consistesse in una liberalità della sorella (asserita proprietaria), considerato anche che controparte assume, invece, che quella disponibilità derivava dall’essere la ricorrente usufruttuaria dell’immobile.
Il ricorso, però, è in proposito non meno generico della sentenza, e dunque la censura è inammissibile.
2. – Con il secondo motivo, denunciando violazione di norme di diritto, si lamenta che la Corte d’appello non abbia anticipato la decorrenza dell’assegno alla data della domanda di divorzio, ai sensi dell’art. 4, comma decimo, l. n. 898 del 1970 (ora comma tredicesimo a seguito della novella di cui all’art. 23 ibis d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv., con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80), in considerazione della situazione di particolare indigenza della ricorrente, con conseguente violazione anche dei diritti fondamentali di cui all’art. 2 Cost., della dignità della persona e del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost..

2.1. – Il motivo non può essere accolto.

Quello di anticipare la decorrenza dell’assegno alla data della domanda è un potere discrezionale del giudice, che dunque non è tenuto a disporre sempre tale anticipazione. Né la legge prevede che sia tenuto a disporla sulla semplice constatazione della particolare indigenza dell’avente diritto; egli, invece, deve evidentemente procedere a una valutazione complessiva delle circostanze del caso, non ultime le condizioni economiche della parte obbligata e le sue esigenze di vita libera e dignitosa, sicché non è profilabile alcuna violazione di diritti fondamentali o del principio di uguaglianza.
Ciò priva di fondamento la censura di violazione di legge articolata dalla ricorrente; la quale inoltre si è astenuta dal formulare una censura di vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza di ragioni che avrebbero invece imposto l’esercizio del potere in questione.
3. – Il ricorso va in conclusione respinto.
È equo, in considerazione della natura e delle circostanze della controversia, compensare fra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate fra le parti le spese processuali.

Depositata in Cancelleria il 31.10.2012

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