Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 2 settembre 2016, n. 17511

Legittima la condanna all’intermediario che – grazie a un’informazione privilegiata – sia riuscito a effettuare un investimento di tipo evidentemente speculativo

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 2 settembre 2016, n. 17511

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente
Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 813-2012 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), come da procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
CONSOB – COMMISSIONE NAZIONALE PER LA SOCIETA’ E LA BORSA, (OMISSIS), in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), come da procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA
– intimata –
avverso la sentenza n. 3248/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 27/06/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/11/2015 dal Consigliere Ippolisto Parziale;
udito l’Avvocato (OMISSIS) e l’avvocato (OMISSIS), che si riportano agli atti e alle conclusioni assunte e alle memorie depositate;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che conclude per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La sig.ra (OMISSIS) proponeva opposizione, dinnanzi alla Corte d’appello di Milano, avverso la Delib. 4 agosto 2009, n. 16990 della Commissione Nazionale per le Societa’ e la Borsa – CONSOB, notificata in data 20.08.2009 (plico ritirato in tale data), con la quale le era stata inflitta la sanzione pecuniaria di Euro 310.000,00 (Decreto Legislativo n. 58 del 1998, art 187 bis) e la sanzione amministrativa accessoria della perdita temporanea dei requisiti di onorabilita’ per gli esponenti aziendali cd i partecipanti al capitale dei soggetti abilitati, delle societa’ di gestione del mercato, nonche’ per i revisori e i promotori finanziari e, per gli esponenti aziendali di societa’ quotate, dell’incapacita’ temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo di societa’ quotate e di societa’ appartenenti al medesimo gruppo di societa’ quotate (Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 187 quater) per un periodo di mesi dodici. Alla sig.ra (OMISSIS) era stato ascritto l’illecito di cui al Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 187-bis, comma 4, per aver disposto in data 18 gennaio 2006 l’acquisto di 35.000 azioni (OMISSIS), pari ad un controvalore di Euro 840.812,00, per conto degli OICR MS Italian Equities, Primavera Trading Azioni Italia Nextra Rendita, utilizzando l’informazione privilegiata, acquisita dal sig. (OMISSIS) (all’epoca dei fatti Salesperson presso la succursale di (OMISSIS) di (OMISSIS)), relativa all’imminente pubblicazione da parte di (OMISSIS) di una ricerca sul titolo (OMISSIS) elaborata da (OMISSIS), contenente una raccomandazione Inty ed un net price significativamente superiore ai prezzi di mercato.
2. A fondamento del ricorso in opposizione la sig.ra (OMISSIS) deduceva diversi motivi e, in particolare: a) la mancanza di prove circa la ricezione e la lettura del messaggio asseritamente inviato da (OMISSIS) in data 18 gennaio 2006, nonche’ circa il contenuto del medesimo; b) insussistenza del carattere privilegiato del messaggio; c) assenza di nesso causale tra informazione privilegiata e operazioni contestate; d) assenza dell’elemento soggettivo; e) mancato rispetto del termine stabilito dalla L. n. 689 del 1981, articolo 14 (gg. 90) per la contestazione della violazione; f) mancato rispetto da parte della Consob del termine massimo per la conclusione del procedimento stabilito dalla Delib. Consob n. 12697 del 2000, come successivamente modificato. Inoltre, la ricorrente affermava di versare in una condizione di ignoranza incolpevole circa del fatto ed infine lamentava la eccessiva e ingiustificata gravosita’ delle sanzioni applicate.
3. Con sentenza del 23.11.2010 la Corte d’Appello di Milano rigettava il ricorso.
3.1 – La Corte d’Appello di Milano riteneva erronea l’indicazione della data del 17.04.2007 come il momento in cui si sarebbe completato il quadro probatorio a suo carico, ed altrettanto errata la fissazione del termine iniziale (per il computo del termine indicato dalla L. n. 689 del 1981, articolo 14) alla data del 23.04.2008, data delle audizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), evidenziando come anche dopo tale data vi fossero state ulteriori acquisizioni informative. Infatti, secondo la Corte territoriale, la CONSOB avrebbe correttamente ritenuto di trovarsi di fronte non gia’ ad una serie di condotte autonomamente da vari soggetti, bensi’ al cospetto di un “fenomeno” in se’ unitario costituito e caratterizzato dalla diffusione della notizia della imminente pubblicazione del c.d. “studio (OMISSIS)” effettuata da (OMISSIS) nei confronti di circa 20 soggetti tramite sms e di circa 6 soggetti eseguita il giorno precedente via mail. Percio’ il termine di cui sopra andava fatto decorrere dall’esaurimento della complessiva attivita’ istruttoria svolta dalla CONSOB, e cioe’ dal 1 agosto 2008, data della “Relazione per il Funzionario generale”. Secondo la Corte d’Appello, tenuto conto che le contestazioni erano state notificate alla ricorrente in data 14 agosto 2008 (data di spedizione), il termine di novanta giorni per le contestazioni, previsto dalla L. n. 689 del 1981, articolo 14 e decorrente dall’accertamento delle violazioni, risultava rispettato.
3.2 – 12 Corte territoriale riteneva rispettato il termine di 360 giorni per la conclusione del procedimento sanzionatorio (stabilito dalla delibera Consoli n. 12697/2000 – Regolamento di attuazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 2, comma 2 e 4) in quanto esso non andava riferito alla notifica del provvedimento finale, bensi’ alla sua adozione, avvenuta il 4 agosto 2009. La notifica riguardava la fase dell’integrazione dell’efficacia del provvedimento, e, in definitiva, della riscossione della sanzione pecuniaria attraverso l’emanazione dell’ordinanza-ingiunzione che poteva intervenire entro il termine di prescrizione quinquennale previsto dalla L. n. 689 del 1981, articolo 2.
3.3 – La circostanza dell’invio del messaggio telefonico da parte del sig. (OMISSIS) risultava da dichiarazioni espresse ed inequivocabili rese da quest’ultimo nel corso di una formale audizione, debitamente verbalizzata e confermata dai tabulati (OMISSIS) acquisiti agli atti.
3.4 – Quanto alla contestata natura di informazione privilegiata attribuita allo “Studio (OMISSIS)”, la Corte d’Appello di Milano riteneva che il privilegio informativo si fosse concretizzato nella conoscenza di un complesso di circostanze fattuali ravvisabili nella tempistica della pubblicazione della ricerca sul titolo (OMISSIS); nella individuazione in essa di un “target price” notevolmente superiore al prezzo di mercato; nella qualita’ di intermediario cui lo studio era riconducibile, ossia (OMISSIS), uno dei maggiori broker internazionali; della idoneita’ dei suddetti fatti a influenzare in modo sensibile il prezzo degli strumenti finanziari oggetto di ricerca. Inoltre la Corte, facendo rinvio alle indicazioni fornite dal CESR (Committee of European Seallaties Regulators) evidenziava che l’informazione relativa all’imminente pubblicazione di una ricerca dovesse essere ritenuta un tipico esempio di informazione privilegiata rientrante nella definizione data sia dalla normativa comunitaria (articolo 1 della direttiva 2003/6/CE), sia dall’attuale articolo 181, comma 1, TUF, e proprio l’abuso della conoscenza anticipata di tale fatto naturalistico, comprovato dalle operazioni compiute dalla sig.ra (OMISSIS) sui titoli (OMISSIS), era stato correttamente sanzionato dalla CONSOB.
3.5 – La Corte locale non accoglieva le doglianze della sig.ra (OMISSIS) nella parte in cui evidenziava anomalie del caso concreto rispetto alla fattispecie astratta. Doveva ritenersi integrata la fattispecie contemplata dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 187 bis, comma 4, essendo venuta in possesso di una informazione privilegiata, per averla ottenuta dal sig. (OMISSIS), e avendo acquistato, il 18 gennaio 2006, 35.000 azioni (OMISSIS) proprio utilizzando abusivamente di tale informazione.
3.6 – La Corte riteneva poi infondato il motivo di ricorso con cui la sig.ra (OMISSIS) adduceva di versare in una situazione di ignoranza incolpevole della illiceita’ del fatto: difettavano gli elementi costitutivi della ignoranza incolpevole, ossia l’induzione in errore da parte di terzi (non ovviabile con ordinaria diligenza e prudenza), e la non rimproverabilita’ della condotta all’agente. Secondo la Corte locale, invece, la ricorrente era ben consapevole di infrangere un precetto normativo.
3.7 – infine, la Corte di appello rigettava il motivo di ricorso afferente la eccessiva e non giustificata gravosita’ delle sanzioni applicate. La CONSOB aveva applicato una sanzione amministrativa pecuniaria di 310.000,00, ben al di sotto del massimo edittale di 15.000.000,00 di Euro e molto piu’ prossima al minimo di centomila Euro; mentre la misura della sanzione amministrativa accessoria, era stata disposta nei suoi confronti nella misura di 12 mesi, ben al di sotto del massimo edittale previsto dalla norma in tre anni. D’altra parte, la CONSOB nell’irrogazione della sanzione aveva fatto applicazione dei criteri generali di cui alla L. n. 689 del 1981, articolo 11 ossia quelli della gravita’ obiettiva della violazione accertata, desunta sia dall’entita’ delle risorse investite per effettuare gli acquisti, abusando dell’informazione privilegiata, sia dall’entita’ dei saldi cumulati e della gravita’ soggettiva della condotta della sig.ra (OMISSIS), la quale, in virtu’ della professione svolta, doveva ritenersi perfettamente consapevole della natura di informazione privilegiata attribuibile alla notizia dell’imminente pubblicazione di uno studio.
4. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione la sig.ra (OMISSIS), articolando sette motivi di gravame. Resiste con controricorso la Commissione Nazionale di vigilanza sulle Societa’ quotate in Borsa. Le parti hanno depositato memorie. La ricorrente con la memoria propone nuove argomentazioni con riguardo alla gravosita’ delle sanzioni in relazione a bis supervenievs e avanza questione di costituzionalita’.

RAGIONI DELLA DECISIONE

A – Il ricorso e’ infondato e va rigettato per quanto di seguito si chiarisce con riguardo a ciascun motivo.
Le questioni sollevate con la memoria verranno affrontate a conclusione dell’esame dei motivi.
Prima di esporre i motivi del ricorso, la ricorrente rileva come la Corte di appello abbia, nella sua motivazione e a fondamento della sua decisione, richiamato fatti ascritti al signor (OMISSIS) (che ha presentato autonomo ricorso rubricato al n. 808 del 2012 e deciso nella stessa pubblica udienza, ndr). La stessa ricorrente conclude le sue considerazioni (vedi pag. 7 del ricorso) affermando di non voler chiedere “ne’ la nullita’ della sentenza, ne’ la sua revocazione”, intendendo invece evidenziare “come la decisione impugnata si basi… su dati di fatto nonche’ argomentazioni costellate di vizi logici e contraddizioni…”. Di tali specifiche indicazioni e argomentazioni si terra’ quindi conto nell’ambito dell’analisi dei singoli motivi di ricorso.
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la “violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 181, comma 1 nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla nozione di “informazione privilegiata””. Dopo aver richiamato le contestazioni a lei mosse, la ricorrente precisa di aver “contestato la riconducibilita’ nella nozione di “informazione privilegiata” della notizia circa la imminente pubblicazione di una ricerca di un annualita’”, posto che le era stata contestata “solo ed esclusivamente l’informazione relativa al fatto in se’ imminente pubblicazione” di uno studio elaborato dal signor (OMISSIS) sul titolo (OMISSIS), avente un target price nettamente superiore al valore di mercato”. Aveva, quindi, evidenziato che “alla data del 18 (gennaio 2006, vale a dire quando la dott.ssa (OMISSIS) avrebbe ricevuto l’informazione privilegiata, il (OMISSIS) non aveva ancora avuto accesso ad alcuna informazione riservata inerente (OMISSIS), e la bozza del suo studio era dunque stata elaborata sulla base delle sole informazioni accessibili al pubblico”. La Corte di appello ha, quindi, errato nel ritenere tale informazione come informazione privilegiata, non tenendo conto della sua specificita’ e non motivando adeguatamente sul punto.
La ricorrente evidenzia che dall’esame della stessa direttiva 2003/6/CE, richiamata dalla Corte d’Appello di Milano, le ricerche e gli studi non basati su dati riservati non sarebbero in nessun caso qualificabili come informazioni privilegiate. Alla luce di cio’ appare irragionevole l’interpretazione adottata nella sentenza impugnata, nella misura in cui condurrebbe alla conseguenza che, pur non costituendo rivelazione di informazione privilegiata l’invio dell’intero testo di uno studio avente le predette caratteristiche, integrerebbe invece la rivelazione di informazione privilegiata la comunicazione dell’imminente uscita dello studio medesimo. Viceversa, la normativa comunitaria pare escludere che costituisca abuso di informazione privilegiata la condotta di chi, prima che uno studio venga pubblicato, e sempre che lo studio non si basi su informazioni di carattere privilegiato, utilizzi il contenuto di tale studio per effettuare determinate operazioni. Nel caso di specie, lo Studio (OMISSIS) e’ stato redatto sulla base di informazioni non riservate, per cui se un’informazione e’ gia’ pubblica non sarebbe nemmeno in astratto possibile contestare la rivelazione a terzi della notizia stessa ovvero l’effettuazione di operazioni sulla base di essa.
La sentenza, dunque, incorre nella violazione di legge, per aver fornito un’erronea interpretazione del Decreto Legislativo 24 febbraio 1958, n. 58, articolo 181, comma 1 e articolo 187-bis, comma 4 con particolare riferimento alla nozione di “informazione privilegiata”. Secondo la ricorrente la Corte locale ha optato per una lettura ritenuta irragionevolmente ampia, perche’ idonea a ricomprendere nella nozione di informazione privilegiata la notizia circa l’imminente pubblicazione di uno studio. La riconducibilita’ nella nozione di “informazione privilegiata” di tale specifica notizia non pare prevista da alcuna norma, ne’ e’ stata affermata in alcun precedente giurisprudenziale o in alcun provvedimento Consob.
Infine, sempre secondo la ricorrente, appare errato il richiamo al parere espresso dal CESR, in primis perche’ posteriore ai fatti contestati, ed inoltre perche’ non ha alcun valore vincolante per gli Stati membri, ne’ tantomeno per i loro cittadini. Inoltre, sul punto la motivazione della sentenza impugnata risulta carente, insufficiente e contraddittoria, in quanto la Corte d’Appello di Milano si era appiattita sulle argomentazioni adottate nella delibera CONSOB, omettendo di motivare in ordine ai rilievi formulati nel ricorso in opposizione, in particolare non tenendo conto dei documenti ivi citati: parere espresso nel gennaio 2007 da (OMISSIS) e (OMISSIS), che proponeva una interpretazione esattamente opposta a quella accolta dalla Corte d’Appello di Milano, nonche’ una lettera trasmessa da (OMISSIS) al CESR in data 1 febbraio 2007 dalla quale si evince che il parere del CESR del 2002 lascia intendere che l’informazione circa l’imminente pubblicazione di uno studio puo’ costituire informazione privilegiata solo nel caso in cui lo studio medesimo provenga da una societa’ di rating.
Tale omissione costituisce carenza motivazionale, considerando che in entrambi i documenti vi sono due autorevoli interpretazioni contrarie a quella poi accolta dalla Corte d’Appello di Milano.
1.1 – Il motivo, pur ammissibile, e’ infondato.
1.1.1 – Il motivo e’ ammissibile, perche’ contrariamente a quanto osservato dalla Consob, fatto che un singolo motivo sia articolalo in piu’ profili di doglianta, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce di per se’, ragione dell’inammissibilita’ dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso, che la sua formulazione permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente enumerati”. in tal senso il Collegio condivide il costante orientamento di questa Corte appena riportato e di recente riaffermato da Cass. Civ. S.U. 2015 n. 9100. Le argomentazioni esposte nelle censure avanzate sono sufficienti per escludere la sanzione di inammissibilita’.
1.1.2 – Le censure articolate col primo motivo sono pero’ infondate. La Corte di appello ha chiarito perche’ nel caso in questione era integrato, nel comportamento della ricorrente, l’uso di informazioni privilegiate, tali ritenendo quelle fornite ad un numero ristretto di destinatari con SMS in via anticipata rispetto alla pubblicazione dello studio (OMISSIS). Il tenore del messaggio (“Finalmente ci siamo Lo studio su (OMISSIS) sta per uscire con un target price di circa 40 Euro) non lascia alcun dubbio al riguardo posto che fa si’ riferimento ad uno studio pur in astratto conoscibile, ma fino a quel momento non ancora reso pubblico, facendo anche espressamente riferimento al target price. Quest’ultimo elemento di conoscenza, unitamente all’anticipazione sulla pubblicazione, rende l’informazione privilegiata e decisiva per il buon fine delle operazioni che poi sarebbero state avviate.
Tanto basta ai fini di escludere la violazione di legge contestata e il vizio di motivazione, risultando citiamo appena esposto al punto precedente dal complesso della articolata motivazione della Corte locale, priva dei vizi logici denunciati. Ne’ sussiste vizio di motivazione per la mancata valutazione dei vari pareri espressi al riguardo da altri soggetti, non essendo tenuto il giudice di merito a rispondere a tutte le argomentazioni difensive, ma soltanto a fornire, come ha fatto, una chiara motivazione della decisione adottata.
2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la “violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 187-bis, comma 4 e della L. n. 689 del 1981, articolo 3 nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine all’elemento soggettivo della fattispecie”.
L’articolo 187-bis richiede la dimostrazione che l’utilizzatore dell’informazione fosse a conoscenza, o avrebbe potuto essere, in base a norme di ordinaria diligenza, del suo carattere privilegiato.
Tuttavia, secondo la ricorrente, depongono in senso contrario: a) le modalita’ di comunicazione utilizzate dal sig. (OMISSIS), inidonee ad allenare la ricorrente circa il carattere illecito della comunicazione medesima; b) la circostanza che l’informazione non avesse ad oggetto una notizia palesemente idonea ad influenzare il prezzo dei titoli; c) il ruolo svolto da (OMISSIS) nella societa’, quale semplice sales manager, quindi persona non ordinariamente al corrente di informazioni riservate. Queste circostanze dimostrano la buona fede della ricorrente nell’interpretare le indicazioni ricevute come una semplice attivita’ di consulenza, facendo propendere per l’esclusione dell’elemento soggettivo dell’abuso di informazione privilegiata, non essendovi alcuna prova circa la consapevolezza del carattere privilegiato dell’informazione e la volonta’ di operare sfruttando tale illecita notizia. Per altro verso la sentenza impugnata e’ viziata dall’erronea applicazione del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 187-bis laddove qualifica come informazione privilegiata la notizia dell’imminente pubblicazione di uno studio quantunque sul punto non esistessero norme nazionali o sovranazionali che la qualificassero come tale. La corte d’appello di Milano ha giustificato il proprio convincimento facendo riferimento a prescrizioni di matrice sovranazionale che tuttavia non vengono indicate. La motivazione addotta e’ insufficiente, oltre che contraddittoria, rispetto ad altre pronunce adottate dallo stesso organo giudicante in casi analoghi nei quali invece si e’ evidenziata l’incertezza della nozione di informazione privilegiata.
2.1 – Il motivo e’ infondato, anche se ammissibile.
2.1.1 – E’ ammissibile per quanto gia’ esposto al punto 1.1.1, cui si rinvia.
2.1.2 – E’ infondato perche’ l’informazione trasmessa via SMS non contiene alcuna valutazione autonoma da parte del mittente, e, quindi, non puo’ ritenersi una consulenza di quest’ultimo, posto che invece, come detto, si faceva riferimento nel messaggio allo studio (OMISSIS), evidentemente ritenuto particolarmente qualificato nello specifico settore, tanto da influenzare le scelte degli operatori. La Corte locale ha poi correttamente ritenuto che, con riguardo alla qualificazione professionale della ricorrente, si dovesse escludere che la stessa potesse non comprendere la natura dell’informazione, da considerarsi privilegiata perche’ indirizzata a pochi soggetti e perche’ avente un chiaro riferimento ai limiti operativi e ai vantaggi che si sarebbe potuto ricavare da operazioni tempestivamente effettuate, come e’ stato nel caso di specie.
3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione del principio di tassativita’ e determinatezza nonche’ del principio di irretroattivita’: violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Rileva la ricorrente che, secondo la giurisprudenza, alle sanzioni amministrative devono applicarsi i principi generali in materia di diritto punitivo ricavabili dall’articolo 25 Cost., comma 2, e dell’articolo 2 c.p.. Pertanto, l’individuazione della nozione di informazione privilegiata deve rispettare i principi di determinatezza, precisione e tassativita’ quali corollari del principio di legalita’. La nozione di informazione privilegiata fatta propria dalla corte d’appello di Milano nella sentenza impugnata viola tali principi. Infatti, nell’interpretazione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 181 e articolo 187 bis, comma 4 la corte d’appello di Milano opera una eterointegrazione da parte di altre disposizioni di matrice comunitaria: tuttavia il Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 187 bis non e’ qualificabile come “norma in bianco”, in quanto l’articolo 181 medesimo testo di legge gia’ contiene la nozione di “informazione privilegiata”, e inoltre le “fonti” sovranazionali cui fa riferimento la Consob (vale a dire i documenti emessi dal CESR nel 2002 e nel 2007) non sono fonti normative in senso tecnico, bensi’ meri pareri. L’integrazione di una norma punitiva attraverso il richiamo ad un atto esterno al nostro ordinamento senza valore vincolante non pare rispettare i principi di determinatezza, precisione e tassativita’ nella misura in cui non avrebbe consentito alla ricorrente di comprendete il confine tra il lecito e l’illecito.
3.1 – Il motivo e’ inammissibile perche’ nuovo, non risultando proposto nei termini indicati nel giudizio avanti la Corte di appello.
comunque, infondato. Va rilevato, in primo luogo, che questa Corte ha gia’ piu’ volte avuto occasione di affermare che in materia di sanzioni amministrative, il principio di tipicita’ e di riserva di legge fissato dalla L. n. 689 del 1981, articolo 1 impedisce che l’illecito amministrativo e la relativa sanzione siano introdotti direttamente da fonti normative secondarie, ma non esclude che i precetti della legge, sufficientemente individuati, siano eterointegrati da norme regolamentari, in virtu’ della particolare tecnicita’ della dimensione in cui le fonti secondarie sono destinate ad operare.
Nel caso specifico, in ogni caso, la Corte locale ha si’ richiamato la direttiva Ce, ma ha anche affermato che la stessa norma del TUF, applicata, e’ sufficientemente determinata e precisa, includendo non solo le notizie relative a fatti interni (c.d. corporate information), ma anche quelle “non direttamente promananti dalla sfera del soggetto emittente (ovvero non direttamente ad esso soggetto altererai e, dunque, insuscettibili di formare oggetto dell’obbligo di divulgazione di cui al citato Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 114) e pur tuttavia idonea ad influenzare il corso di strumenti finanziari quotati (generalmente indicata come market information)” (cfr. sentenza). In definitiva, correttamente e condivisibilmente, la Corte locale ha affermato che “l’informazione relativa all’imminente pubblicazione di una ricerca e’ un tipico esempio di informazione privilegiata rientrante nella definizione data sia dalla normativa comunitaria (articolo 1 della direttiva 2003/6/CE), sia dall’attuale articolo 181, comma 1 TUF (un’informazione di carattere preciso, che non e’ stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o piu’ emittenti o uno o piu’ strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari)”.
4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine al nesso causale ma il presunto possesso dell’informazione e le operazioni contestate”.
La configurazione dell’illecito di `abuso di informazioni privilegiate” richiede anche la dimostrazione del nesso di causalita’ tra la ricezione dell’informazione e l’effettuazione delle operazioni incriminate. A tal proposito, emergono dall’esame della fattispecie concreta taluni clementi che smentiscono la sussistenza del nesso di causalita’. In primo luogo, l’utilizzo di una modalita’ d’acquisto frazionata lungo tutta la giornata non appare confacente alla situazione di chi abbia ricevuto un’informazione privilegiata sull’imminente pubblicazione di uno studio ed intenda sfruttarla illecitamente, in quanto in una condizione del genere ci sarebbe da attendersi una maggiore celerita’ al fine di sfruttare il vantaggio indebitamente conseguito. Inoltre, la stessa Consob ha ammesso la possibilita’ che la ricorrente abbia effettuato degli acquisti sulla base di un modello di analisi tecnica che ha dichiarato di aver utilizzato. Dunque, le motivazioni addotte dall’organismo di vigilanza nell’irrogazione della sanzione appaiono incongrue laddove ammettono la possibilita’ che la ricorrente abbia seguito le indicazioni provenienti dal modello per effettuare gli acquisti e tuttavia non escludono che abbia sfruttato anche l’informazione privilegiata. In piu’, gli acquisti contestati alla ricorrente sono in linea con le operazioni precedentemente e successivamente effettuate sul titolo (OMISSIS), e di valore irrisorio in assoluto, ne’ si puo’ negare che faccia parte della normale strategia di chi opera nel settore finanziario vendere dopo pochi giorni dall’acquisto quando un titolo ha un’impennata improvvisa.
Risulta ancora contraddittoria la ricostruzione operata dalla Consob laddove lascia intendere che la ricorrente avrebbe commesso un illecito gravissimo non ottenendone, tuttavia, un profitto personale, ma solo un vantaggio, peraltro di scarso rilievo, per i fondi da lei gestiti.
Ed infine, merita di essere evidenziata la discrepanza tra la relazione istruttoria dell’Ufficio Insider Trading che evidenziava come mancasse la prova che la ricorrente avesse effettuato l’operazione utilizzando l’informazione asseritamente privilegiata, e la Delib. CONSOB n. 16990 che opta per l’irrogazione delle sanzioni senza motivare in ordine alle ragioni che hanno indotto a ribaltare la relazione istruttoria. Sulle menzionate circostanze ha del tutto sorvolato la sentenza impugnata, appalesandosi carente, insufficiente e contraddittoria dal punto di vista motivazionale circa la sussistenza del nesso causale tra il possesso della presunta informazione privilegiata e le operazioni contestate.
4.1 – Non sussiste il lamentato vizio di motivazione, sotto vari profili, posto che la Corte locale sul punto ha ampiamente motivato, dando adeguato conto delle circostanze valutate e del loro coordinamento logico ai fini della argomentata conclusione raggiunta. La censura si sostanzia in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello operato dal giudice di merito, cui e’ istituzionalmente devoluta la valutazione degli elementi probatori, cosi’ prospettando, inammissibilmente, a questa Corte la necessita’ del loro riesame.
5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla presunta ricezione del messaggio”.
L’abuso dell’informazione privilegiata richiede necessariamente il previo possesso dell’informazione, per cui la dimostrazione della ricezione e della lettura del sms e’ necessaria per la contestazione a carico della ricorrente. Tale circostanza e’ stata ritenuta provata nella Delib. n. 161990, e conseguentemente nell’impugnata sentenza, sulla base della sola testimonianza del signor (OMISSIS) innanzi alla Consob. Tuttavia, le dichiarazioni di quest’ultimo, pur avvalorate dai tabulati (OMISSIS), al piu’ possono dimostrare l’avvenuto invio del messaggio, ma non la sua ricezione e lettura ne’ tanto meno il contenuto, rispetto al quale ci si affida alla sola memoria del sig. (OMISSIS) che, secondo la Consob avrebbe ricordato correttamente l’esatto contenuto di un messaggio da lui inviato un anno e tre mesi addietro. Inoltre, pare inverosimile che la ricorrente, dopo aver ricevuto una informazione privilegiata che era intenzionata a sfruttare, non abbia contattato il sig. (OMISSIS) per avere maggiori delucidazioni, nonostante l’oscurita’ del messaggio di testo (“Finalmente ci siamo Lo studio su (OMISSIS) sta per uscire con un target price di circa 40 Euro).
5.1 – Anche il presente motivo e’ infondato per le stesse ragioni esposte sub 4.1.
6. Con il sesto motivo di ricorso si deduce la “violazione e/o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, articolo 14 nella parte in cui impone un termine di 90 giorni per la notifica della contestazione” nonche’ la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”.
Il dies a quo del termine di 90 giorni per la contestazione andrebbe individuato nella data del 17 aprile 2007, allorquando risulta definitivamente completato il quadro indiziario raccolto nei confronti della ricorrente. Osserva la ricorrente che, coerentemente con l’insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, per il decorso del termine bisogna fare riferimento al momento in cui la Consob ha avuto a disposizione tutti gli dementi per decidere non alla data in cui e’ stata depositata la relazione di indagine (ossia I’l agosto 2008). Quindi, il termine per la contestazione ha iniziato il suo decorso dal 17 aprile 2007, momento in cui risultava consolidato il quadro indiziario nei confronti della ricorrente, considerato che non risulta alcuna attivita’ istruttoria successiva riguardante la posizione della medesima. Ne consegue la violazione del termine di 90 giorni per la contestazione, considerato che il provvedimento e’ stato adottato in data 18 agosto 2008. Risulta, quindi, erronea la motivazione adottata dalla Corte d’Appello di Milano, secondo la quale il termine non sarebbe stato violato in quanto le varie condotte ascritte a soggetti diversi costituirebbero un fenomeno unitario, per cui il termine previsto dalla L. n. 689 del 1981, articolo 14 andava fatto decorrere dalla chiusura dell’istruttoria con il deposito della relazione di indagine. Viceversa, per individuare il dies a quo del predetto termine, occorre determinare il momento dell’accertamento dell’illecito commesso dalla ricorrente, vale a dire il momento in cui si completa il quadro probatorio nei suoi confronti. Tale completamento avviene quando si colloca l’ultimo atto di indagine che abbia un qualche legame con la condotta contestata alla ricorrente, ossia l’audizione del sig. (OMISSIS), avvenuta in data 17 aprile 2007. Nelle successive audizioni di (OMISSIS), responsabile dell’ufficio Investor Relation and Corporate Development di (OMISSIS) e di (OMISSIS), Investor Relator di (OMISSIS), non e’ stato chiesto nulla di inerente alla posizione della ricorrente, per cui sono da ritenersi irrilevanti rispetto al computo del termine per la contestazione degli addebiti alla ricorrente.
6.1 – Anche tale motivo e’ infondato. Nel caso in questione era necessario svolgere un’indagine ispettiva accurata ed estesa a tutti coloro che, sotto vari profili e con varie responsabilita’, avevano agito nella attuale vicenda sulla base del messaggio telefonico, che preannunciava l’imminente pubblicazione dello studio (OMISSIS) con il relativo prezzo. La circostanza che parte della istruttoria svolta, ancorche’ successiva alla audizione (OMISSIS), non avesse portato in concreto elementi con riguardo alla posizione della ricorrente e’ circostanza apprezzabile nel suo contenuto solo ex post, e non ex ante, sicche’ solo al’esito del completamento di tutta l’istruttoria svolta potevano risultare chiare tutte le diverse posizioni, cosi’ determinandosi l’inizio del decorso del termine.
7. Con il settimo motivo si deduce la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine all’entita’ della sanzione applicata e alla sussistenza del dolo”. Le sanzioni (sanzione pecuniaria di Euro 310.000 e sanzione amministrativa accessoria della perdita dei requisiti di onorabilita’ nonche’ dell’incapacita’ temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controlli) nell’ambito di societa’ quotate e di societa’ appartenenti al medesimo gruppo di societa’ quotate per il periodo di un anno) sono state applicate in misura ben al di sopra del minimo edittale cd appaiono sproporzionate rispetto alla fattispecie concreta. La Consob non ha tenuto conto della quantita’ limitata di azioni acquistate, dell’assenza di profitto personale in capo alla ricorrente, del fatto che quest’ultima non ha mai chiesto alcunche’ all’ (OMISSIS) circa lo studio (OMISSIS)”, dimostrando disinteresse delle informazioni da questi fornite di sua spontanea iniziativa.
Inoltre, viene dato per provato il carattere doloso della condotta della ricorrente, in base alla mera considerazione della professionalita’ e dell’esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari dedotta dalle mansioni aziendali svolte. Tuttavia sul punto la motivazione della corte d’appello di Milano risulta carente nella misura in cui fonda la prova del dolo sul solo richiamo alla professione svolta dal ricorrente, e illogica laddove, per contro, evidenzia l’esistenza di un lungo dibattito ancora in corso tra gli esperti del settore circa la nozione di “informazione privilegiata”, mentre alla ricorrente si impura la consapevolezza della propria condotta abusiva e quindi della asserita natura di informazione privilegiata attribuita al messaggio di testo inviato dall’ (OMISSIS).
7.1 – Anche l’ultimo motivo e’ infondato. La Consob ha invece valutato specificamente tutte le circostanze relative alla posizione della ricorrente, valutando anche il suo comportamento in relazione alla sua qualificazione professionale, graduando di conseguenze le sanzioni.
B. Le argomentazioni contenute nella memoria con riguardo alle sanzioni e la questione di costituzionalita’.
1. In sede di memoria la ricorrente richiama la normativa piu’ favorevole, quanto al regime sanzionatorio, introdotta dal Decreto Legislativo n. 72 del 2015; ne chiede l’applicazione e, in subordine, prospetta la seguente questione di costituzionalita’ “il Decreto Legislativo n. 72 del 2015, articolo 6 – nella parte in cui prevede che alle violazioni al TUF commesse prima della data di entrata in vigore delle disposizioni adottate dalla Consob continuano ad applicarsi le sanzioni ben piu’ afflittive vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto stesso – sia da considerarsi costituzionalmente illegittimo per violazione dell’articolo 3 Cost. sotto i profili di ragionevolezza ed uguaglianza; nonche’ dell’articolo 117 Cost., comma 1 in relazione all’articolo 7 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali firmata a Roma il 4 novembre del 1950; all’articolo 15 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottalo a New York il 16 dicembre 1966; ed all’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000”.
2. Si tratta di questione ammissibile, perche’ attiene a ius superveniens. La questione e’ pero’ infondata per quanto di seguito si chiarisce.
3. La ricorrente ritiene che sia in suo favore applicabile il principio del favor rei, dovendosi conformare l’ordinamento interno a una nozione piu’ ampia e autonoma della cd. “materia penale”, cosi’ da adeguarsi alle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo (d’ora innanzi Cedu) ai fini delle conseguenze sanzionatorie delle condotte qualificate come illecite dai singoli ordinamenti.
4. L’assunto e’ infondato.
4.1 – In primo luogo, occorre osservare che la norma richiamata dai ricorrenti non e’ applicabile al caso di specie, posto che l’apposita disposizione transitoria (contenuta nel Decreto Legislativo n. 72 del 2015, articolo 6, comma 2), ha chiarito che le modifiche apportate alla parte 5 del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, si applicano alle violazioni commesse dopo l’entrata in vigore delle disposizioni adottate dalla Consob e dalla (OMISSIS) secondo le rispettive competenze ai sensi dell’articolo 196-bis citato D.Lgs.. Alle violazioni commesse prima della data di entrata in vigore delle disposizioni adottate dalla Consob e dalla (OMISSIS) continuano ad applicarsi le norme della parte 5 del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, vigenti prima della data di entrata in vigore del citato Decreto Legislativo n. 72 del 2015. Ne’ rileva, per quanto di seguito si chiarisce, l’avvenuta entrata in vigore della Delib. Consob recante modifiche al Regolamento, adottata in attuazione di tale normativa (Delib. Consob del 24 febbraio 2016, in GU del 7 marzo 2016). La pubblicazione di tale Delib., avvenuta in data successiva alla deliberazione in camera di Consiglio della presente decisione (20 novembre 2015), ma in data anteriore alla sua pubblicazione, ha solo reso necessaria la riconvocazione del Collegio, avvenuta in data 27 maggio 2016, per tener conto di tale ulteriore normativa sopravvenuta.
4.2 – Ritiene il Collegio che risulta decisivo, per la valutazione della questione, il consolidato, e condiviso, principio, affermato da questa Corte (v. Sez. un. n. 14374-12; n. 15314-10; n. 28159-08), secondo cui non si estende alla materia delle sanzioni amministrative il principio dell’applicazione immediata della legge piu’ favorevole (cd. favor rei). Ne’ puo’ portare a diversa conclusione l’esame dei principi affermati dalla CEDU nella sentenza 4-3-2014 (causa Grande Stevens c. Italia), richiamata dalla difesa dei ricorrenti. Il Collegio, al riguardo, condivide pienamente quanto gia’ affermato dalla sentenza n. 4114 del 2016 di questa Corte. Si trascrive di seguito la motivazione di tale decisione, integralmente condivisa. “La citata decisione ha trattato il tema del ne bis in idem e del diritto a un equo processo, assumendo che il sistema legislativo italiano in materia di abusi di mercato, cosi’ come realizzato dall’articolo 185 Tuf, quanto alla fattispecie penale, e all’articolo 187-ter, quanto all’illecito amministrativo, potrebbe porre dubbi di coerenza rispetto ai predetti due fondamentali principi sanciti dalla Convenzione: il diritto ad un equo processo, articolo 6 par. 1, e il diritto a non essere giudicati o puniti due volte per lo stesso fatto, articolo 4 del Protocollo n. 7. E’ stato;mero affermato che, dopo le sanzioni comminate dalla Consob, l’avvio di un processo penale sugli stessi fatti viola il fondamentale principio del ne bis in idem, secondo cui non si puo’ essere giudicati due volte per lo stesso fatto. Sembra abbastanza evidente che cio’ che costituisce ambito specifico di intervento della Corte europea e’ il riferimento alle regole del “giusto processo”, da applicare anche al procedimento sanzionatorio che preveda conseguenze patrimoniali rilevanti; in tal limitato senso, dunque, quel procedimento sanzionatorio e’ considerato suscettibile di rientrare in un concetto lato di “materia penale”. Il che tuttavia non puo’ legittimare, di per se’, (estensione in ogni campo dei principi propri della materia penale ai diversi principi invece propri della materia degli illeciti amministrativi. La norma di diritto interno, su cui parte ricorrente vorrebbe far rifluire il principio penalistico di applicazione immediata, anche rispetto a fatti pregressi, di norme piu’ favorevoli al reo, e’ l’articolo 191 T.u.F, ed e’ norma sostanziale contemplante un mero illecito amministrativo. Donde, in mancanza di espressa disposizione di legge, resta immune dai riflessi di principi dettati in materia di norme penali sostanziali, posto che un concetto della “natura penale” di una disposizione di diritto interno sarebbe esso in stridente relazione di incompatibilita’ col sistema costituzionale italiano, in cui la nozione di illecito penale e’ astretta dal ctiterio di legalita’ formale (articolo 25, comma 1). In altre parole, i principi convenzionali declinati dalla citata sentenza Grande Stevens vanno considerati nell’ottica del giusto processo, ma non possono portare a ritenere sempre sostanzialmente penale una disposizione qualificata come amministrativa dall’ordinamento interno”.
4.3 – Di qui la ritenuta infondatezza della questione proposta e la non rilevanza della dedotta questione di costituzionalita’.
C. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *