Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 4 agosto 2016, n. 16321

Sommario

In presenza di una convenzione sui criteri di ripartizione delle spese condominiali, predisposta dal venditore-costruttore ed accettata dagli acquirenti nei singoli contratti di vendita, puo’ sostenersi l’applicabilita’ delle norme del Codice del consumo, e quindi valutarsi la pattuizione alla luce del complessivo programma obbligatorio, secondo i profili del “significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” e della “buona fede”, ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206, articolo 33, comma 1, (ovvero dell’articolo 1469 bis c.c., ratione temporis).

I criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall’articolo 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione puo’ essere contenuta sia nel regolamento condominiale (che percio’ si definisce “di natura contrattuale”), ovvero in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimita’, o col consenso di tutti i condomini.

La natura delle disposizioni contenute nell’articolo 1118 c.c., comma 1 e articolo 1123 c.c. non preclude, infatti, l’adozione di discipline convenzionali che differenzino tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di gestione del condominio, attribuendo gli stessi in proporzione maggiore o minore rispetto a quella scaturente dalla rispettiva quota individuale di proprieta’. In assenza di limiti posti dall’articolo 1123 c.c., la deroga convenzionale ai criteri codicistici di ripartizione delle spese condominiali puo’ arrivare a dividere in quote uguali tra i condomini gli oneri generali e di manutenzione delle parti comuni, e finanche a prevedere l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime.

Non opera, del resto, in materia di condominio negli edifici, nulla di simile all’articolo 2265 c.c. (divieto del patto leonino), trovando questa norma la sua rado nella posizione che un socio assume nell’ambito societario e nella necessita’ che lo stesso partecipi al rischio patrimoniale d’impresa, ovvero nell’essenziale scopo lucrativo che viene perseguito tramite una attivita’ imprenditoriale, scopo del tutto estraneo alla situazione di mero godimento di beni comuni, tipica del condominio di edifici.

Mentre, allora, la deliberazione che approva le tabelle millesimali, non ponendosi come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, non deve essere approvata con il consenso unanime dei condomini, rivela, viceversa, natura contrattuale la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella “diversa convenzione”, di cui all’articolo 1123 c.c., comma 1. La sostanza di tale “diversa convenzione” e’, pertanto, quella di una dichiarazione negoziale, espressione di autonomia privata.

Problema ulteriore e’ quello dell’efficacia reale, ovvero dell’opponibilita’ anche nei confronti dei successori dei condomini originari dell’eventuale clausola regolamentare con cui un’unita’ immobiliare venga esonerata, in tutto o in parte, dalle spese, in o deroga a quanto discenderebbe dalla meccanica applicazione dei criteri di cui all’articolo 1123 c.c.

Viene, pertanto, imposta, a pena di radicale nullita’ l’approvazione di tutti i condomini per le delibere dell’assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall’articolo 1123 c.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento “contrattuale”

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 4 agosto 2016, n. 16321

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6841-2015 proposto da:
CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SRL;
– intimati –
avverso la sentenza n. 507/2014 della CORTE D’APPELLO SEZ DIST. DI SASSARI, depositata il 12/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO LUIGI, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 14 novembre 2011, la (OMISSIS) S.r.l. conveniva davanti al Tribunale di Tempio Pausania – Sezione distaccata di Olbia – il Condominio (OMISSIS), impugnando la deliberazione dell’assemblea dei condomini del 18 agosto 2011, con la quale era stata modificata la clausola del regolamento condominiale (articolo 3, rubricata “Deroga temporale”). Tale clausola regolamentare disponeva:
“premesso:
che i singoli garages del complesso autorimessa di proprieta’ della (OMISSIS) s.r.l. sono destinati alla vendita;
che dette unita’ non usufruiscono di tutti questi servizi di cui gode il Complesso Autorimessa e che sostanzialmente rappresentano il 75% (settantacinquepercento) dei costi sui bilancio di gestione;
resta espressamente ed essenzialmente stabilito che le spese condominiali poste a carico della soc. (OMISSIS) s.r.l., relativamente alle unita’ immobiliari ancora invendute, non potranno essere superiori al 25% (venticinquepercento) di quelle poste a carico e calcolate per i singoli garage di proprieta’ dei singoli condomini. Il restante 75% (settantacinquepercento) verra’ ovviamente suddiviso fra tutti i millesimi delle unita’ immobiliari gia’ vendute e di proprieta’ dei singoli condomini”.
L’attrice (OMISSIS) S.r.l. deduceva che tale clausola, in quanto contenuta in un regolamento “contrattuale”, era suscettibile di modifica solo con il consenso dell’unanimita’ dei condomini, nella specie mancante, con conseguente nullita’ o annullabilita’ della deliberazione dell’assemblea del 18 agosto 2011, nonche’ della deliberazione di approvazione del bilancio.
Il Condominio (OMISSIS) si costituiva e domandava in via riconvenzionale di dichiarare la nullita’ e l’inefficacia della clausola contenuta nel regolamento di condominio.
(OMISSIS) e (OMISSIS) S.r.l. intervenivano nel giudizio a sostegno delle ragioni del Condominio.
11 Tribunale di Tempio Pausania – Sezione distaccata di Olbia -, con sentenza n. 177/2013 del 10 aprile 2013, rigettava l’impugnativa proposta da (OMISSIS) S.r.l. Esponeva il Tribunale che la clausola sub articolo 3 del Regolamento condominiale, limitandosi a disciplinare la ripartizione delle spese, avesse natura regolamentare, sicche’ poteva essere modificata anche in difetto dell’unanimita’.
Proponeva appello la (OMISSIS) S.r.l., affermando la natura contrattuale del regolamento condominiale, in quanto predisposto dalla comune venditrice ed accettato dai singoli condomini nell’atto di acquisto, di tal che per modificare le sue clausole sarebbe occorsa la volonta’ unanime del partecipanti.
Gli appellati Condominio (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) S.r.l. chiedevano il rigetto dell’impugnazione principale e proponevano appello incidentale subordinato, insistendo per la nullita’ o inefficacia della clausola regolamentare, in forza dell’articolo 1355 c.p.c..
La Corte d’Appello di Sassari, con sentenza n. 507/2014 del 12 dicembre 2014, accoglieva l’appello principale ed annullava la deliberazione assembleare nella parte in cui essa modificava l’articolo 3 del cap. 4 del Regolamento condominiale, nonche’ sui punti relativi al bilancio La Corte di Sassari qualificava la clausola che limitava al 25% le spese condominiali poste a carico della (OMISSIS) s.r.l., per le unita’ immobiliari ancora invendute, come “diversa convenzione” di ripartizione delle spese, ai sensi dell’articolo 1123 c.c., modificabile, pertanto, solo con il consenso unanime di tutti i condomini. Ai fini della vincolativita’ del regolamento, la Corte di merito osservava come risultasse prodotto il primo contratto di vendita del 26 agosto 1987, nel quale l’acquirente conferiva mandato alla societa’ venditrice “di predispone un regolamento secondo le condizioni e le clausole di cui al menzionato “Capitolato di patti e condizioni”, recando tale Capitolato la specifica previsione della clausola sulle spese poi inserita nel regolamento condominiale.
Il Regolamento, continuano i giudici dell’appello, risultava registrato e trascritto nel 1997 e nessun titolo anteriore a tale anno e sprovvisto del richiamo alla clausola spese era stato prodotto. Relativamente agli altri motivi addotti dal Condominio (OMISSIS) per contrastare l’impugnazione, la Corte di Sassari evidenziava come la violazione delle norme del Codice del consumo fosse stata prospettata per la prima volta soltanto in sede di appello, e che, comunque, nemmeno fosse stato dedotto che gli acquirenti dei garages avessero proceduto alla stipula dei contratti di vendita per scopi estranei all’attivita’ imprenditoriale svolta.
Non pertinente appariva alla Corte di merito, inoltre, il richiamo all’articolo 1355 c.c., in quanto la mancata vendita dei garages configurerebbe non una condizione, per giunta meramente potestativa, quanto un termine di efficacia della clausola. Ne’ contrasto alcuno sussisterebbe fra l’articolo 1123 c.c. e la clausola in oggetto, essendo la stessa norma a prevedere la possibilita’ di sua deroga.
Avverso questa sentenza, il Condominio (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in sei motivi, cui resiste con controricorso la (OMISSIS) S.r.l., mentre sono rimasti intimati senza svolgere attivita’ difensiva (OMISSIS) e la (OMISSIS) S.r.l. Il Condominio (OMISSIS) e la (OMISSIS) S.r.l. hanno presentato memorie ai sensi dell’articolo 378 c.p.c. rispettivamente in data 9 giugno 2016 e 30 giugno 2016.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso del Condominio (OMISSIS) deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 1138 c.c., avversando la natura contrattuale del regolamento condominiale in questione, invece ravvisata dalla Corte d’Appello. Si assume che il regolamento fosse stato trascritto soltanto nel 1997, mentre il primo atto di vendita risaliva al 26 agosto 1987, epoca in cui il regolamento, quindi, non esisteva, e non era possibile per gli acquirenti conoscerne il contenuto. Da cio’ l’inopponibilita’ della clausola sulla ripartizione delle spese a coloro che avessero acquistato le unita’ immobiliari prima della redazione del regolamento.
Il secondo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c., in quanto, una volta dedotto che alcune autorimesse erano state vendute prima della redazione del regolamento, spettava alla controparte, che aveva affermato la natura contrattuale del regolamento, la prova del suo assunto.
Il terzo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 111 Cost. (carente ed erronea motivazione) e dell’articolo 112 c.p.c. (mancata corrispondenza fra chiesto e pronunciato), nonche’ violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 3, e, ancora, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio relativo alla vessatorieta’ della clausola contestata. Cio’ in quanto la Corte di Sassari avrebbe omesso di considerare l’eccezione circa la vessatorieta’ della clausola contenuta nell’articolo 3 del Regolamento, ritenendola non proposta nel giudizio di primo grado, la’ dove tale eccezione di violazione del Codice del Consumo e conseguente domanda di nullita’ o inefficacia della clausola erano state dal Condominio formulate gia’ nella comparsa di costituzione davanti al Tribunale del 14 gennaio 2012, e quindi riproposte nella comparsa cd costituzione in appello del 9 novembre 2013 e nelle conclusioni dell’appello incidentale subordinato.
Il quarto motivo sostiene la violazione e falsa applicazione degli articoli 1136 e 1138 c.c., in quanto la clausola in questione poteva essere modificata con la maggioranza prevista dall’articolo 1136 c.c., comma 2, poiche’ attinente all’uso e al godimento delle parti comuni e all’organizzazione e al funzionamento delle parti condominiali o, comunque, alla ripartizione delle spese.
Il quinto motivo allega la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1355 c.c., in quanto la Corte di Sassari avrebbe trascurato che la clausola in questione rimetteva al mero arbitrio della (OMISSIS) S.r.l. la sua contribuzione alle spese condominiali, cosi’ integrando una condizione meramente potestativa, da ritenere nulla.
Il sesto motivo di ricorso, infine, denuncia, in via subordinata per il caso di rigetto dei precedenti motivi, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 111 Cost., nonche’ l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio, non essendo state ammesse le prove richieste dal ricorrente per provare che la societa’ usufruiva dei servizi condominiali per le unita’ invendute.
2. I primi cinque motivi di ricorso, per la loro connessione logica, vanno esaminati congiuntamente sulla base di una comune premessa di indagine.
I criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall’articolo 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione puo’ essere contenuta sia nel regolamento condominiale (che percio’ si definisce “di natura contrattuale”), ovvero in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimita’, o col consenso di tutti i condomini (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 641 del 17/01/2003). La natura delle disposizioni contenute nell’articolo 1118 c.c., comma 1 e articolo 1123 c.c. non preclude, infatti, l’adozione di discipline convenzionali che differenzino tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di gestione del condominio, attribuendo gli stessi in proporzione maggiore o minore rispetto a quella scaturente dalla rispettiva quota individuale di proprieta’. In assenza di limiti posti dall’articolo 1123 c.c., la deroga convenzionale ai criteri codicistici di ripartizione delle spese condominiali puo’ arrivare a dividere in quote uguali tra i condomini gli oneri generali e di manutenzione delle parti comuni, e finanche a prevedere l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5975 del 25/03/2004; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6844 del 16/12/1988). Non opera, del resto, in materia di condominio negli edifici, nulla di simile all’articolo 2265 c.c. (divieto del patto leonino), trovando questa norma la sua rado nella posizione che un socio assume nell’ambito societario e nella necessita’ che lo stesso partecipi al rischio patrimoniale d’impresa, ovvero nell’essenziale scopo lucrativo che viene perseguito tramite una attivita’ imprenditoriale, scopo del tutto estraneo alla situazione di mero godimento di beni comuni, tipica del condominio di edifici.
Come autorevolmente spiegato da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18477 del 09/08/2010, mentre, allora, la deliberazione che approva le tabelle millesimali, non ponendosi come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, non deve essere approvata con il consenso unanime dei condomini, rivela, viceversa, natura contrattuale la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella “diversa convenzione”, di cui all’articolo 1123 c.c., comma 1. La sostanza di tale “diversa convenzione” e’, pertanto, quella di una dichiarazione negoziale, espressione di autonomia privata.
Problema ulteriore e’ quello dell’efficacia reale, ovvero dell’opponibilita’ anche nei confronti dei successori dei condomini originari dell’eventuale clausola regolamentare con cui un’unita’ immobiliare venga esonerata, in tutto o in parte, dalle spese, in o
deroga a quanto discenderebbe dalla meccanica applicazione dei criteri di cui all’articolo 1123 c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7353 del 09/08/1996; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6844 del 16/12/1988; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7039 del 23/12/1988).
Viene, pertanto, imposta, a pena di radicale nullita’ l’approvazione di tutti i condomini per le delibere dell’assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall’articolo 1123 c.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento “contrattuale” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6714 del 19/03/2010; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17101 del 27/07/2006; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 126 del 08/01/2000).
Nella specie, deve allora condividersi la decisione della Corte d’Appello di Sassari, per cui e’ affetta da nullita’ la Delib. 18 agosto 2011 dell’assemblea del Condominio (OMISSIS), con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modificavano i criteri di riparto delle spese stabiliti dall’articolo 3 (Deroga temporale) del Regolamento per la prestazione di servizi nell’interesse comune, relativamente alle unita’ immobiliari ancora invendute.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso, in particolare, sostengono che il regolamento di condominio, recante la clausola di “Deroga temporale” nella ripartizione delle spese, era stato trascritto nel 1997, mentre il primo atto di vendita di un’unita’ immobiliare dall’originario unico proprietario ad altri soggetti, e dunque la costituzione del condominio, erano risalenti al 26 agosto 1987, spettando alla (OMISSIS) s.r.l. dar prova dell’opponibilita’ di detto regolamento.
In effetti, questa Corte ha piu’ volte affermato che l’obbligo dell’acquirente, previsto nel contratto di compravendita di un’unita’ immobiliare di un fabbricato, di rispettare il regolamento di condominio da predisporsi in futuro a cura del costruttore non puo’ valere come approvazione di un regolamento allo stato inesistente, poiche’ e’ solo il concreto richiamo nel singolo atto d’acquisto ad un determinato regolamento che consente di considerare quest’ultimo come facente parte, “per relationem”, di tale atto (Sez. 2, Sentenza n. 5657 del 20/03/2015; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3104 del 16/02/2005). La Corte d’Appello di Sassari, tuttavia, non ha affatto affermato che i condomini, che avevano acquistato le rispettive unita’ immobiliari nel Condominio (OMISSIS) prima del 1997, si fossero contrattualmente obbligati a rispettare un regolamento ancora non esistente, dando sul punto una “delega in bianco” alla costruttrice-venditrice di redigere un qualunque regolamento. I giudici del merito, piuttosto, hanno evidenziato come l’atto costitutivo del condominio, ovvero il primo contratto di frazionamento del 26 agosto 1987, prevedeva, si, un mandato alla societa’ venditrice “di predispone un regolamento secondo le condizioni e le clausole di cui al menzionato Capitolato di patti e condizioni”, ma tale Capitolato gia’ conteneva il riferimento alla clausola sul limite di contribuzione alle spese in favore della venditrice, sicche’ il richiamo al Capitolato, preesistente, consentiva di considerare la pattuizione di ripartizione delle spese come inserita “per relationem” nel titolo d’acquisto. Questa ratio decidendi, logica e del tutto sufficiente a sostenere argomentativamente la pronuncia resa, non e’ stata specificamente impugnata dal Condominio ricorrente.
E’ poi infondato il quarto motivo che, al fine di sostenere la modificabilita’ a maggioranza della clausola di cui all’articolo 3 del Regolamento, ne nega la natura “contrattuale”, giacche’, secondo quanto gia’ affermato, la possibile deroga ai criteri normativi di proporzionalita’ dettati dall’articolo 1123 c.c. suppone indispensabilmente una “convenzione”, ovvero un’espressione non della regola della collegialita’ e del principio maggioritario, ma dell’autonomia negoziale.
Discorso diverso deve farsi per il terzo ed il quinto motivo di ricorso. Il terzo motivo lamenta la mancata pronuncia della Corte di Sassari sulla domanda di declaratoria di nullita’ o inefficacia della clausola contenuta nell’articolo 3 del Regolamento per violazione dell’articolo 1469 bis c.c., e ss., ratione temporis applicabili. Il quinto motivo sostiene la nullita’ della stessa clausola del Regolamento per contrasto con l’articolo 1355 c.c., in quanto contenente una condizione meramente potestativa.
Si consideri come il presente giudizio sia stato promosso nei confronti del Condominio (OMISSIS), in persona del suo amministratore, con riguardo alla resistenza rispetto alla domanda della (OMISSIS) S.r.l., volta all’annullamento della delibera assembleare del 18 agosto 2011, ai sensi dell’articolo 1131 c.c., comma 1 e articolo 1130 c.c., n. 1). Oggetto di queste censure e’ invece la nullita’ o l’inefficacia della convenzionale relativa alla ripartizione delle spese, contenuta nel regolamento di condominio, che si assume accettato dai partecipanti e che sia stato, nella specie, pure trascritto, azione che, di regola, supporrebbe una domanda esperibile da o nei confronti (non del condominio, ma) di tutti i condomini, in quanto partecipi al vincolo negoziale che si assume viziato (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2605 del 03/08/1972; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12342 del 29/11/1995).
Riguardo alla prima questione, va tuttavia osservato come sia stato piu’ volte affermato che, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’articolo 111 Cost., comma 2, nonche’ di una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 384 c.p.c., pur ove sia verificata l’omessa pronuncia su una domanda o su un’eccezione da parte del giudice d’appello, la Corte di cassazione puo’ evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata ed esaminare il merito del ricorso, allorquando la suddetta domanda o eccezione sia infondata, essendo in tal caso inutile il ritorno della causa in fase di merito (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2313 del 01/02/2010).
Ora, in presenza di una convenzione sui criteri di ripartizione delle spese condominiali, predisposta dal venditore-costruttore ed accettata dagli acquirenti nei singoli contratti di vendita, puo’ sostenersi l’applicabilita’ delle norme del Codice del consumo, e quindi valutarsi la pattuizione alla luce del complessivo programma obbligatorio, secondo i profili del “significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” e della “buona fede”, ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206, articolo 33, comma 1, (ovvero dell’articolo 1469 bis c.c., ratione temporis). Questo sempre che si ritenesse che il Regolamento del Condominio (OMISSIS) si fosse formato soltanto all’epoca della sua trascrizione (26 marzo 1997), e non gia’ precedentemente (ovvero sin dalla costituzione del condominio stesso nel 1987), in quanto le disposizioni sostanziali di cui all’articolo 1469 bis c.c. e ss., introdotte dalla L. 6 febbraio 1996, n. 52, articolo 25, non si applicano ai contratti stipulati prima della loro entrata in vigore, in virtu’ del principio generale di irretroattivita’ della legge (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15871 del 06/07/2010).
In verita’, la Corte d’Appello, pur avendo ritenuto tardivamente introdotta la questione della tutela consumeristica, ha poi motivato sull’infondatezza della stessa, osservando come non fosse stato neppure dedotto che gli acquirenti dei garages avessero proceduto alla stipula dei contratti di vendita per scopi estranei all’attivita’ imprenditoriale svolta. Su tale ratio decidendi il ricorrente non esprime specifica censura. E’ evidente che, ai fini dell’applicabilita’ delle norme di cui (attualmente) al Codice del consumo, possono venire in rilievo le sole convenzioni di ripartizione delle spese condominiali predisposte dal costruttore, o dall’originario unico proprietario dell’edificio condominiale, in quanto oggettivamente ricollegabili all’esercizio dell’attivita’ imprenditoriale o professionale da quello svolta; e sempre che il condomino acquirente dell’unita’ immobiliare di proprieta’ esclusiva, dovendo rivestire lo status di consumatore, agisca per soddisfare esigenze di natura personale, non legate allo svolgimento di attivita’ a sua volta imprenditoriale o professionale. Peraltro, la disciplina delle clausole vessatorie potrebbe risultare pertinente unicamente con riguardo a convenzioni che introducano vincoli di destinazione di natura reale incidenti in via diretta sulla consistenza della proprieta’ condominiale e della frazione di proprieta’ esclusiva oggetto dei rispettivi programmi negoziali sinallagmatici di compravendita, determinando contrattualmente le modalita’ di utilizzazione del bene ceduto. Solo questa tipologia di convenzioni condominiali potrebbe, infatti, rientrare nella categoria protetta dei contratti di acquisto di beni a scopo di consumo, realizzando una funzione economica unitaria rispetto alla prestazione di dare assunta dal venditore, nonche’ strumentale al soddisfacimento delle esigenze di consumo proprie dell’acquirente.
Del pari insuperata e’ la ragione esposta dalla Corte di merito che ha interpretato che la mancata alienazione degli immobili ancora in proprieta’ della costruttrice valesse, nell’economia del programma pattizio, non come condizione ma come termine di efficacia.
3. Le esposte considerazioni rendono evidente pure l’infondatezza del sesto motivo di ricorso, circa la mancata ammissione delle prove richieste dal ricorrente per provare che la societa’ usufruiva dei servizi condominiali per le unita’ immobiliari invendute.
Innanzitutto, tale motivo e’ introdotto come violazione dell’articolo 111 Cost. e come omesso esame di un fatto decisivo, mentre la violazione delle norme costituzionali non puo’ essere direttamente prospettata a motivo di doglianza ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ne’ la mancata ammissione di mezzi di prova da parte del giudice di merito da’ luogo ad un vizio di motivazione (nella specie, pure soggetto al regime conseguente alla modifica introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134), ma deve essere denunciata come error in procedendo, e quindi prospettando la violazione delle regole processuali che disciplinano la predetta attivita’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3708 del 17/02/2014). Per di piu’, il ricorrente, pur denunciando l’esistenza di un vizio della sentenza correlato al rifiuto opposto dalla Corte di merito di dare ingresso ai mezzi di prova, non adempie all’onere ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso le deduzioni istruttorie che assume disattese, ma si limita a far rinvio per relationem a scritti difensivi depositati nei precedenti gradi di giudizio. Per quanto sintetizzate in ricorso, emerge pure netta la non decisivita’ di tali disattese deduzioni istruttorie, non trovando affatto giustificazione causale la clausola di cui all’articolo 3 del Regolamento nella non fruizione dei servizi condominiali da parte delle unita’ immobiliari invendute di proprieta’ (OMISSIS) S.r.l..
4. Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese processuali del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo in favore della sola controricorrente (OMISSIS) S.r.l., non avendo svolto attivita’ difensiva (OMISSIS) e la (OMISSIS) S.r.l..
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Condominio (OMISSIS) a rimborsare alla controricorrente (OMISSIS) S.r.l. le spese processuali sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

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