Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza  12 novembre 2013, n. 25423

Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione in data 16 aprile 1996, la s.r.l. COVIP propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Avezzano, avente ad oggetto il pagamento in favore della s.p.a. Sorgente Santa Croce del saldo di alcune partite di acqua minerale vendute da quest’ultima alla COVIP, la quale le aveva poi rivendute all’estero.
L’opponente espose di aver concluso con la Santa Croce un contratto con il quale si era convenuto che questa le avrebbe venduto acqua minerale confezionata in bottiglie di vetro su cui avrebbe applicato una etichetta realizzata dalla stessa COVIP, che aveva fatto presente che detta merce era destinata a clienti inglesi o statunitensi; che, effettuata la consegna dei primi containers di merce, il cliente americano aveva lamentato che alcuni cartoni contenenti le bottiglie si fossero rotti durante il trasporto e che alcune bottiglie si fossero a loro volta infrante e l’acqua avesse bagnato i cartoni vicini danneggiandoli e provocando lo scollamento delle etichette, sicché essa aveva dovuto ristorare il danno subito dall’acquirente americano. Dedusse l’opponente che anche le successive spedizioni avevano presentato i medesimi difetti – nonostante la Santa Croce avesse riconosciuto il vizio assicurando che le successive spedizioni ne sarebbero state immuni – con la conseguenza della interruzione del rapporto da parte del cliente americano. Espose ancora l’opponente che, a seguito di nuove riunioni, in esito alle quali si era convenuto che la COVIP avrebbe eseguito un controllo della merce in partenza, erano stati effettuati nuovi ordini, ma che anche la relativa merce era risultata invendibile, sicché essa aveva deciso di interrompere il rapporto. Pertanto la COVIP chiese la revoca del decreto ingiuntivo ed, in via riconvenzionale, il risarcimento del danno subito.
La Santa Croce chiese il rigetto della opposizione assumendo che la vendita era stata pattuita con la clausola “franco partenza”, e che, a seguito del mancato pagamento, era stata essa stessa ad interrompere le forniture. Aggiunse di avere inutilmente consigliato alla COVIP di stivare a mano i cartoni all’interno dei containers, in modo da evitare che si creassero interstizi, e che, nonostante gli accorgimenti adottati da essa stessa, che pure non vi sarebbe stata tenuta, parte della merce era arrivata danneggiata a causa degli urti subiti dal container durante il trasporto.
2. – La opposizione fu respinta.
Avverso tale decisione propose gravame la COVIP.
3. – La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza depositata il 18 gennaio 2007, rigettò il gravame. Per quanto ancora rileva nella presente sede, il giudice di secondo grado dichiarò inammissibile in quanto nuova la domanda di accertamento di una presunta responsabilità extracontrattuale dell’appellata, cui la citazione introduttiva non faceva alcun riferimento, e respinse la richiesta della società appellante di ammissione dell’interrogatorio formale dell’appellata, per non avere la COVIP, in sede di precisazione delle conclusioni, reiterato la richiesta, rivolta al primo giudice con la citazione, ma non ribadita all’udienza di cui all’art. 184 cod.proc.civ., e perciò ritenuta dal Tribunale implicitamente rinunziata.
Nel merito, rilevò la Corte di merito che la vendita era stata pattuita con la clausola “franco partenza”, per cui il venditore non era tenuto a garantire che la merce arrivasse integra, ma solo che tale requisito presentasse al momento della consegna al vettore. Quindi, osservò il giudice di secondo grado che il vettore non aveva mai sollevato riserve in relazione all’imballaggio del carico che gli veniva di volta in volta consegnato, che comunque la Sorgente Santa Croce si era adoperata al fine di evitare che i cartoni si muovessero durante il trasporto, e che i danni lamentati dalla COVIP erano riconducibili al trasporto, piuttosto che a vizi intrinseci dell’imballaggio o di stivaggio. Era, poi, rimasta priva di prova la ulteriore doglianza secondo la quale alcune bottiglie sarebbero state etichettate in modo errato, nel senso di indicare acqua liscia mentre il contenuto delle bottiglie consisteva in acqua gassata, o viceversa.
In definitiva, ritenne il giudice di secondo grado che tutti i danni lamentati dall’appellante fossero riconducibili a responsabilità del vettore.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la COVIP affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso la Sorgente Santa Croce s.p.a..

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di ricorso si lamenta omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, consistente nel mancato esame di documenti idonei a fornire la prova di fatti costitutivi e modificativi del rapporto giuridico in contestazione, rappresentati dai vizi di confezionamento, stivaggio e imballaggio della merce. Si denuncia altresì la omessa motivazione in ordine alla pretermissione dell’esame delle deposizioni testimoniali e delle produzioni fotografiche dell’opponente, nonostante la decisività delle stesse.
2. – La doglianza risulta inammissibile ai sensi dell’art. 366-bis cod.proc.civ., applicabile, nella specie, ratione temporis.
La proposizione della doglianza non è, infatti, accompagnata, come richiesto dalla citata disposizione nella consolidata interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di questa Corte, dalla formulazione del momento di sintesi originale ed autosufficiente della violazione lamentata, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (v., ex plurimis, Cass., S.U., sentt. n. 11652 e n. 16528 del 2008; Sez. Lav., sent. n. 4556 del 2009; Sez. III, ord. n. 27680 del 2009; Sez. V., sent. n. 24255 del 2011).
3. – Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1510, secondo comma, cod.civ., in relazione alle obbligazioni e alla responsabilità del venditore di cose mobili. Premesso che dall’esame dei documenti di trasporto non risultava apposta alcuna clausola “franco partenza”, essendo, al contrario, emerso che il vettore aveva formulato espressa riserva, ponendo a carico del venditore tutti i vizi e difetti di imballaggio anche successivamente alla consegna al vettore, si sottolinea che comunque in capo al venditore sussiste l’obbligo di garantire la qualità della merce, così come le modalità della messa in circolazione della stessa in forza della normativa comunitaria recepita con il D.P.R. n. 224 del 1988 e della Convenzione di Vienna.
La illustrazione della doglianza si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: a) “Nella vendita di cose mobili con ricorso allo strumento del contratto di trasporto internazionale, la normativa comunitaria recepita con il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 224, oltre quella contenuta nella Convenzione di Vienna, comunque vigenti nell’ordinamento interno, integrano la disciplina posta dall’autonomia privata? E se la vincolano con quali limiti quest’ultima può derogarvi?”; b) “Nella vendita internazionale di cose mobili, il venditore, in presenza o meno di patto o uso contrario, allorquando il vettore abbia accettato il carico con riserva sulla quantità, qualità e condizioni della merce, è liberato dalla responsabilità verso il compratore dei vizi dei beni compravenduti attinenti alla qualità e tipo richiesti dal contratto o non disposti e imballati secondo la comune diligenza, per effetto della semplice consegna al vettore?”.
4. – Il motivo è immeritevole di accoglimento.
4.1. – Deve, anzitutto, rilevarsi in proposito che il D.P.R. n. 224 del 1988, recante “Attuazione della direttiva CEE numero 85/374 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, ai sensi dell’art. 15 della L. 16 aprile 1987, n. 183”, invocato dalla ricorrente – peraltro ormai abrogato dall’art. 146 del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), e sostituito dagli artt. 114-127 dello stesso decreto – disciplina la responsabilità del produttore per i prodotti che presentano difetti di sicurezza originati da vizi di fabbricazione o di funzionamento, escludendola nelle ipotesi in cui “il difetto che ha cagionato il danno non esisteva quando il produttore ha messo il prodotto in circolazione” (art. 6), intendendosi per “messa in circolazione” anche la “consegna al vettore o allo spedizioniere per l’invio all’acquirente o all’utilizzatore” (art. 7).
4.2. – Con riferimento, poi, alla seconda parte del quesito, attinente ad una pretesa responsabilità della Sorgente Santa Croce, posto che risulta accertato nella fase di merito, con apprezzamento insindacabile nella presente sede, che la vendita di cui si tratta era stata pattuita con la clausola “franco partenza”, deve inferirsene che la venditrice non era tenuta a garantire che la merce giungesse integra a destinazione, bensì solo a rispondere della integrità della stessa al momento della consegna al vettore. Donde corretto risulta il richiamo alla disciplina di cui al richiamato art. 1510, secondo comma, cod.civ..
A fronte della ricostruzione motivatamente operata dal giudice di merito, la censura della ricorrente appare all’evidenza volta sostanzialmente a conseguire una rivalutazione – inammissibile in sede di legittimità – del materiale probatorio tale da condurre alla esclusione della avvenuta apposizione al contratto che ne occupa della clausola “franco partenza”, con conseguente attribuzione alla società venditrice della responsabilità per i riscontrati danni alla merce verificatisi durante il trasporto.
5. – Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1693, secondo comma, cod.civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ritiene non superata la presunzione semplice di cui alla norma invocata – che fa derivare la inesistenza di vizi apparenti di imballaggio dall’accettazione senza riserve da parte del vettore delle cose da trasportare – che, al contrario, sarebbe stata superata dalla prova scritta, non esaminata, come già denunciato con il motivo sub 1, costituita dalle lettere di vettura, recanti la esplicita riserva in relazione all’imballaggio o allo stoccaggio del carico che gli veniva consegnato, e che renderebbero altresì censurabile l’affermazione della responsabilità del vettore.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: “La presunzione iuris tantum contenuta nell’art. 1693, secondo comma, cod.civ. può essere vinta da un attento esame del complessivo comportamento delle parti da cui si desuma che il compratore non intendeva in alcun modo liberare il venditore dalla responsabilità per i vizi delle cose, compresi quelli dell’imballaggio?”; “Nel contratto di compravendita internazionale di cose mobili, la consegna della merce il vettore trasferisce sul compratore il solo rischio del perimento o danneggiamento dei beni per fatto del vettore od anche la responsabilità del venditore per vizi sulle caratteristiche, condizioni, qualità e quantità della merce ivi compresi quelli riferibili a negligenza sulle modalità di stivaggio, imballaggio e caricamento riconducibili a colpa dello stesso venditore, tenuto conto della natura delle cose e del difetto di conformità?”.
6. – La censura non coglie nel segno.
In realtà, la interpretazione delle lettere di vettura offerta dalla ricorrente, che ravvisa in esse una riserva del vettore sull’imballaggio o lo stoccaggio della merce consegnata dalla Sorgente Santa Croce si contrappone a quella fornita dal giudice di secondo grado, che espressamente ha escluso che mai una tale riserva sia stata sollevata, e che, comunque, attraverso una articolata e puntigliosa motivazione, che si sottrae a censure sul piano logico-giuridico, ha ricondotto al trasporto, piuttosto che a vizi intrinseci dell’imballaggio o stivaggio del prodotto all’interno dei containers, i danni lamentati dalla COVIP.
La Corte di merito ha, infatti, ragionevolmente attribuito la rottura dei cartoni e delle bottiglie al movimento impresso ai containers durante il trasporto per mare, e soprattutto nel corso delle operazioni di carico e scarico degli stessi dagli autocarri e dalla nave, cui sono conseguito l’urto tra i cartoni e lo sfregamento delle bottiglie tra loro, ed il relativo danneggiamento, con scollamento delle rispettive etichette.
7. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del presente giudizio, che, in applicazione del criterio della soccombenza. Devono essere poste a carico della ricorrente, vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.

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