Cassazione 13

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II

SENTENZA 12 novembre 2015, n. 23133

Ritenuto in fatto

Con atto di citazione in opposizione a precetto ai sensi dell’articolo 615 c.p.c. notificato il 12 febbraio 2008, la Boggia & C. spa si opponeva al precetto notificato da R.A. unitamente al decreto di liquidazione emesso dal Tribunale di Chiavari il 30 dicembre 2005 con il quale era stato riconosciuto a quest’ultima, per l’attività di consulenza tecnica resa nel procedimento r.g. n. 1071/04, l’importo di Euro 1.200,00, oltre accessori di legge, posto provvisoriamente a carico solidale delle parti ; la società attrice esponeva che la Ctu aveva chiesto il pagamento del dovuto per la quota di 1/2 ad essa società; essa esponente aveva versato l’importo di 1/3, in quanto le parti coinvolte nel giudizio erano tre;in seguito la consulente aveva domandato ad essa opponente il pagamento dell’intero importo; la causa nell’ambito della quale la R. aveva prestato la propria opera, era stata definita con sentenza che aveva posto in via definitiva le spese di consulenza per 4/5 a carico di Ra.Ad. e per la restante parte, in misura eguale, a carico delle altre parti; con successivo precetto del 18 dicembre 2007 la R. aveva domandato all’opponente il pagamento di Euro 1.302,72, di cui Euro 800,00 relativi alla parte del suo compenso che non era stata corrisposta (dalle altre parti). Poste tali premesse aveva proposto opposizione, sostenendo che la successiva sentenza aveva privato di efficacia il primo decreto di liquidazione, sostituendolo con un differente riparto delle spese di Ctu fra le parti; in via subordinata aveva chiesto che fosse dichiarato il suo diritto di regresso e/o manleva nei confronti di Ra.Ad. , con sua condanna a restituirle quanto pagato.
Instaurato il contraddittorio, si costituiva R.A. , la quale domandava il rigetto dell’opposizione e la condanna della controparte ai sensi dell’art. 96 c.p.c..
Il Giudice di Pace di Chiavari accoglieva, con sentenza n. 431 del 2009, l’opposizione, condannando R.A. a rifondere le spese di lite.
In virtù di rituale appello il Tribunale di Chiavari, nella resistenza della società appellata, respingeva l’impugnazione e, per l’effetto, confermava la pronuncia del Giudice di Pace, sul presupposto che il riparto delle spese di Ctu in questione fosse ormai regolato dalla successiva sentenza del Tribunale.
Avverso l’indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione R.A. , articolato su un motivo, cui ha resistito la Boggia & C. spa con controricorso, presentando, altresì, ricorso incidentale condizionato ai sensi dell’art. 371 c.p.c.

Motivi della decisione

I – Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione della società controricorrente secondo la quale il ricorso sarebbe inammissibile perché si limiterebbe a contestare l’interpretazione di una disposizione di legge ad opera del giudice di merito, senza allegare norme o principi a sostegno della propria tesi; di contro si rileva che la ricorrente ha ben chiarito le ragioni a fondamento della sua doglianza, tanto da avere riportato nel ricorso la disposizione di cui ha contestato l’interpretazione ad opera del Tribunale di Chiavari, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione e di merito che assume ad essa favorevole e le parti della sentenza impugnata ritenute non conformi a tale giurisprudenza, oltre ad una critica dell’arresto in questione fondata sulla valutazione di disposizioni di legge pertinenti alla materia del contendere.

II – Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 168 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115., assumendo che il Tribunale di Chiavari avrebbe errato nel ritenere che, avendo la sentenza pronunciata all’esito del giudizio condannato una delle parti a sostenere le spese di consulenza tecnica, si sarebbe verificata la revoca implicita del precedente decreto di liquidazione e la sostituzione di questa al decreto quale titolo in favore dell’ausiliare.

II.a – Il mezzo è infondato.

II.a.1 – L’attuale e consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione è nel senso di affermare che, poiché la consulenza tecnica d’ufficio rappresenta non un mezzo di prova in senso proprio, ma un ausilio per il giudice e, quindi, un atto necessario del processo che l’ausiliare pone in essere nell’interesse generale della giustizia e comune delle parti in virtù di un mandato neutrale, il regime del pagamento delle spettanze del medesimo prescinde dalla ripartizione dell’onere delle spese tra le parti contenuto in sentenza, che avviene sulla base del principio della soccombenza e, concernendo unicamente il rapporto fra dette parti, non è opponibile all’ausiliario (Cass., Sez. 2, n. 23586 del 15 settembre 2008, Rv. 605201; Cass., Sez. 1, n. 22962 del 7 dicembre 2004, Rv. 578471; Cass., Sez. 1, n. 6199 dell’8 luglio 1996, Rv. 498416; Cass., Sez. 1, n. 573 del 2 marzo 1973, Rv. 362639): tale orientamento ha ormai definitivamente superato quello difforme menzionato dalla società resistente e seguito dal Tribunale di Chiavari, espresso, da ultimo, dalla pronuncia della III Sezione della Suprema Corte di Cassazione n. 12110 del 19 agosto 2003, Rv. 565941.

II.a.2 – Da ciò consegue che le parti sono solidalmente responsabili del pagamento delle relative competenze anche dopo che la controversia, durante la quale il consulente ha espletato il suo incarico, sia stata decisa con sentenza, sia definitiva sia non ancora passata in giudicato, a prescindere dalla ripartizione di dette spese nella stessa stabilita e, quindi, altresì, ove tale ripartizione sia difforme da quella in precedenza adottata con il decreto di liquidazione emesso dal giudice: unica eccezione a tale principio si rinviene nella emissione di un provvedimento incidentale di revoca o modifica del suddetto decreto prima della emissione della sentenza a regolazione definitiva delle competenze dell’ausiliario (Cass., Sez. 6 – 3, n. 25179 dell’8 novembre 2013; Cass. Sez. 6-3 n. 23522 del 5 novembre 2014), atteso che, in tal caso, rimane intatto il diritto del consulente, a’ sensi dell’art. 170 d.P.R. 115/2002, di proporre opposizione a tale modifica, facoltà che invece non sussiste una volta emessa la decisione definitiva, rispetto alla quale detto ausiliare perde qualunque legittimazione processuale ad interloquire sul quantum e sul quomodo di realizzazione del proprio credito. Tale impostazione comporta che se la parte incisa dall’azione esecutiva del consulente proponga opposizione all’esecuzione – come avvenuto nella fattispecie – facendo valere la, nel frattempo intervenuta, sentenza di merito (che per avventura vada ad incidere oggettivamente o relativamente ai soggetti onerati, sulla precedente liquidazione esecutiva ex lege) detta pronuncia non si pone come fatto incidente sul diritto di credito già sorto come neppure sulla identificazione dei soggetti onerati.

Conclusivamente, la provvisorietà del decreto di liquidazione in esame comporta che la sua efficacia esecutiva concerne la parte nello stesso indicata come obbligata e nella misura stabilita dal detto provvedimento, nel senso che l’ausiliario, finché la controversia non sia decisa con una sentenza che statuisca pure sulle spese di lite, è tenuto a proporre prima la sua domanda nei confronti del soggetto ivi menzionato (nella misura indicata in decreto) e, solo ove questi resti inadempiente, può agire nei confronti degli altri.

Una volta che la controversia sia stata risolta con sentenza che pronunci sulle spese, il perito dell’ufficio può fare valere le sue ragioni, invece, direttamente nei confronti di ogni parte in virtù della loro responsabilità solidale, indipendentemente dalla definitiva ripartizione dell’onere delle spese stabilita dal giudice.

Diversa essendo la funzione del decreto di liquidazione e della statuizione delle spese di consulenza contenute in sentenza (attratte dalla disciplina della soccombenza, tranne casi di specie, quali quelle relative al progetto divisionale, da porsi a carico comunque della massa), neppure può condividersi l’ulteriore affermazione del giudice di secondo grado secondo la quale, in tal modo, non sarebbe rispettata la regola per cui la parte vittoriosa non può essere condannata al pagamento delle spese: infatti, questa, ove abbia corrisposto l’onorario del consulente, può rivalersi nei confronti del soccombente.

III – Il ricorso è, quindi, fondato, sicché la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla stessa corte territoriale, in diversa composizione, pure per la regolazione delle spese del presente giudizio, affinché decida la causa applicando il seguente principio di diritto:

‘qualora il consulente tecnico d’ufficio non abbia ricevuto il proprio compenso dalle parti a ciò obbligate a seguito dell’emissione di decreto provvisorio di liquidazione, ed abbia inutilmente chiesto il dovuto ai soggetti indicati nel decreto di liquidazione provvisoria delle sue spettanze, secondo le percentuali ivi stabilite, le parti sono solidalmente obbligate a corrisponderlo a prescindere dalla diversa ripartizione delle medesime spese stabilita nella sentenza che ha definito la controversia’.

III.a – Il Tribunale di Chiavari si pronuncerà, altresì, sulla domanda proposta dalla società resistente nei confronti di Ra.Ad. ed oggetto del suo ricorso incidentale, di cui si apprezza non tanto la natura impugnatoria della decisione di appello quanto la funzione di riproporre la domanda di regresso, assorbita dal rigetto dell’impugnazione avversaria.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Chiavari, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

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