cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 14 luglio 2015, n. 14697

Ritenuto in fatto

1. – È impugnata la sentenza della Corte d’appello di Genova, depositata il 14 febbraio 2009, che ha accolto l’appello proposto da N.A. avverso la sentenza del Tribunale di Genova, e nei confronti del Condominio via (omissis) .
1.1. – Il condomino N.A. aveva agito contro il Condominio per l’annullamento della delibera 7 luglio 1994, nella parte in cui – per quanto ancora di interesse – recava l’approvazione dell’esecuzione di un intervento di ristrutturazione dell’ascensore, essendo stata adottata con la partecipazione dei soli condomini proprietari degli appartamenti situati dal primo all’ultimo piano dell’edificio, con esclusione dei proprietari del piano ammezzato e dei negozi.
Il Condominio aveva contestato la domanda, evidenziando che l’ascensore era sempre stato al servizio dei soli appartamenti situati al di sopra del piano ammezzato, ed apparteneva soltanto ai proprietari dei predetti immobili.
1.2. – Il Tribunale aveva rigettato la domanda.
2. – Proposto appello dal sig. N. , cui resisteva il Condominio, la Corte territoriale ribaltava la decisione sul rilievo che l’intervento in oggetto non riguardava semplicemente la manutenzione degli ascensori – ciò che avrebbe giustificato l’intervento dei soli condomini che ne usufruivano – ma era finalizzato alla conservazione della cosa comune e quindi doveva essere approvato con la partecipazione di tutti i condomini.
2.1. – La Corte d’appello richiamava la giurisprudenza di legittimità in tema di riparto delle spese di manutenzione e delle scale, da effettuarsi secondo la regola posta dall’art. 1124 cod. civ., applicabile analogicamente all’ascensore, stante l’identità di ratio.
3. – Ricorrono per la cassazione della sentenza d’appello i condomini B.A. , C.P. , P.M. , Pe.Gi. , la SEMEA società semplice, L.L. , S.G. e la GEA s.r.l., sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso N.A. .

Considerato in diritto

1. — Preliminarmente si deve affermare la regolarità dell’avviso di udienza effettuato nella cancelleria di questa Corte dopo che, dalla relazione di notifica dell’avviso presso il domicilio eletto, era risultato l’avvenuto decesso del domiciliatario (ex plurimis, Cass., Sez. U., sentenza n. 13908 del 2011).
1.1. – Ancora in via preliminare, si deve rilevare che gli odierni ricorrenti hanno proposto il ricorso sulla base della legittimazione autonoma, spettante a ciascun condomino, ad impugnare la sentenza sfavorevole al Condominio in luogo dell’amministratore rimasto inerte (ex plurimis, Cass., sez. 2^, sentenza n. 12588 del 2002; sez. 3^, sentenza n. 10717 del 2011), ma non hanno notificato il ricorso al Condominio di via (omissis) , che ha resistito in entrambi i gradi di merito all’azione proposta dal condomino N. . Si porrebbe, quindi, la necessità di disporre la notifica del ricorso all’amministratore del Condominio, allo scopo di rendere oppo-nibile la decisione a tutti i condomini.
Tuttavia, in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida”, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. (Cass., Sez. U., sentenza n. 9936 del 2014), si ritiene di e-saminare direttamente i motivi di merito, suscettibili di assicurare la sollecita definizione del giudizio, evitando inutile dispendio di energie processuali.
2. – Il ricorso è infondato.
2.1. – Con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1104, 1105 e 1124 cod. civ..
Si assume che la Corte d’appello avrebbe dato atto che la proprietà dell’ascensore è dei soli condomini che utilizzano l’impianto, per poi, contraddittoriamente, ritenere necessaria la partecipazione di tutti i condomini alla deliberazione dei lavori di sostituzione dello stesso.
In ossequio al disposto di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, è formulato il seguente quesito di diritto: “[se,] qualora un impianto sito in un condominio (nel caso di specie un ascensore) sia di proprietà solo di alcuni condomini, è solo a questi ultimi che competono tutte le decisioni in merito a tale impianto, cosi come le relative spese, applicandosi in tal caso la normativa sulla comunione (artt. 1104, 1105 e ss. cod. civ.)”.
2. – Con il secondo motivo è dedotta violazione dell’art. 1117 cod. civ..
Si assume l’erroneità della decisione della Corte d’appello anche nella prospettiva dell’applicazione delle norme in materia di condominio. Posto, infatti, che l’art. 1117, n. 3), cod. civ. indica l’ascensore tra i beni comuni in quanto destinati all’uso comune, nel caso di specie tale uso non era stato dimostrato dalla parte sulla quale gravava l’onere probatorio.
A corredo del motivo, è formulato il seguente quesito di diritto: “[se,] i beni indicati al n. 3) dell’art. 1117 cod. civ. devono intendersi comuni a tutti i condomini solo in quanto e a condizione che siano all’effettivo servizio di tutte le unità immobiliari di cui si compone il condominio, con inversione dell’onere della prova sul punto rispetto ai beni elencati ai nn. 1) e 2) di detta norma”.
3. – Con il terzo motivo è dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1123 e 1124 cod. civ..
Si assume, infine, l’erronea applicazione dei principi in tema di riparto delle spese di manutenzione e ricostruzione del bene comune, che deve seguire l’effettivo utilizzo del bene.
A corredo del motivo, è formulato il seguente quesito di diritto: “[se] le opere di conservazione delle scale e, ragionando per analogia, dell’ascensore, devono essere deliberate e pagate dai soli condomini cui servono, come dispone l’art. 1124 cod. civ. o da tutti i condomini”.
4. — Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente perché sotto profili diversi e gradati hanno ad oggetto la medesima questione della partecipazione di tutti i condomini all’assemblea convocata per deliberare in ordine all’intervento di sostituzione dell’ascensore condominiale, sono all’evidenza infondate.
4.1. – La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui la proprietà dell’ascensore è comune a tutti i condomini, salvo titolo diverso, e che il criterio di ripartizione delle relative spese contenuto nell’art. 1124 cod. civ. non incide sul regime di proprietà.
4.2. – Non hanno costituito oggetto di esame da parte della Corte d’appello né la questione dell’esistenza o non, nel caso di specie, di una deroga convenzionale alla disciplina legale, e quindi anche alla c.d. presunzione di proprietà comune, sancita dall’art. 1117 cod. civ., né la questione della destinazione effettiva del bene, con le necessarie implicazioni, in termini di accertamento di fatto (l’ascensore, come le scale, serve a raggiungere parti dell’edificio che possono essere comuni in proprietà individuale), e la sentenza d’appello non è censurata per omesso esame delle predette questioni.
4.3. – In questa prospettiva si deve leggere il richiamo conclusivo operato dal giudice d’appello alla sentenza di questa Corte n. 4975 [rectius n. 5975] del 2004, in tema di criteri di riparto delle spese riguardanti la manutenzione, ricostruzione e installazione dell’ascensore.
4.3.1. – La pronuncia citata, dopo aver ribadito che la disciplina contenuta negli artt. 1123-1125 cod. civ., sul riparto delle spese inerenti ai beni comuni, è suscettibile di deroga con atto negoziale, e, quindi, anche con il regolamento condominiale che abbia natura contrattuale, ha affermato che “deve ritenersi legittima non solo una convenzione che ripartisca tali spese tra i condomini in misura diversa da quella legale, ma anche quella che preveda l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime. In quest’ultima ipotesi, nel caso cioè in cui una clausola del regolamento condominiale stabilisca in favore di taluni condomini l’esenzione totale dall’onere di contribuire a qualsiasi tipo di spese (comprese quelle di conservazione), in ordine a una determinata cosa comune (come ad es. l’ascensore), si ha il superamento nei riguardi della suddetta categoria di condomini della presunzione di comproprietà su quella parte del fabbricato”.
4.3.2. – In assenza di siffatta previsione contrattuale, la proprietà comune del bene impone la partecipazione di tutti i condomini alle decisioni che concernono detto bene.
5. – Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per e-sborsi, oltre accessori di legge.

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