cassazione 5

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 15 ottobre 2014, n. 21857


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Presidente
Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3663-2009 proposto da:

(OMISSIS) e (OMISSIS) S.n.c. di (OMISSIS), (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.n.c, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente, domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1766/2007 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 20/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2014 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore della resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. – E’ impugnata la sentenza della Corte d’appello di Venezia, depositata il 20 dicembre 2007, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Padova – sezione distaccata di Cittadella, di rigetto delle domande proposte da (OMISSIS), in proprio e in qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) s. n. c. di (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS).
1.1. – Nel 2000 (OMISSIS) aveva agito, nella duplice indicata qualita’, deducendo di avere costituito nel 1993 la (OMISSIS) s.r.l., alla quale aveva ceduto un ramo d’azienda, e concesso in locazione il capannone di proprieta’ della (OMISSIS) snc. In seguito, per fare fronte agli impegni assunti nell’ambito di un concordato stragiudiziale, il complesso immobiliare era stato venduto alla (OMISSIS) s.n.c, al prezzo di lire 500 milioni.
Nel contratto preliminare che aveva preceduto il trasferimento della proprieta’, le parti avevano concordato la stipula di un nuovo contratto di locazione a partire dal (OMISSIS), ma la (OMISSIS) snc di (OMISSIS) si era resa inadempiente a tale obbligazione.
Su tali premesse, gli attori avevano chiesto la risoluzione del contratto preliminare e del successivo contratto di vendita, datato (OMISSIS), e in subordine la rescissione del medesimo contratto.
1.2. – Si era costituita la societa’ (OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS) ed aveva eccepito la carenza di legittimazione e di interesse ad agire degli attori, nonche’ la prescrizione dell’azione di rescissione, contestandone comunque i presupposti.
1.3. – Il Tribunale aveva rigettato le domande e condannato gli attori alle spese di lite.
Proponevano appello (OMISSIS) e la (OMISSIS) snc di (OMISSIS); resisteva la (OMISSIS) snc.
2. – La Corte d’appello rigettava il gravame, osservando che gli appellanti lamentavano che il rogito notarile del (OMISSIS) non aveva esaurito le obbligazioni assunte dall’acquirente (OMISSIS) snc nel contratto preliminare, non avendo stipulato la locazione a favore di (OMISSIS) srl, ma che in realta’, come correttamente ritenuto dal Tribunale, non sussisteva alcun inadempimento di (OMISSIS) snc, giacche’ il contratto definitivo era frutto dell’autonomia negoziale delle stesse parti, che avevano scelto di non riprodurre, nel contratto definitivo, l’identico contenuto del preliminare.
In particolare, secondo la Corte distrettuale, si doveva ritenere che la costituzione, nel contratto definitivo, del diritto di usufrutto triennale (in luogo della locazione) rappresentasse la volonta’ definitiva dei contraenti.
La Corte d’appello rilevava inoltre che, con precedente pronuncia del Tribunale di Padova, confermata dalla stessa Corte distrettuale, (OMISSIS) srl era stata condannata alla restituzione dell’immobile di proprieta’ di (OMISSIS) snc alla scadenza dell’usufrutto triennale, e nell’occasione era gia’ stato affermato l’assorbimento del preliminare nel definitivo.
Quanto alla domanda di rescissione del contratto definitivo, l’appellata aveva riproposto l’eccezione di prescrizione, mentre non vi era prova di alcun pregiudizio subito dagli appellanti.
3. – Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso (OMISSIS), anche in qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) s. n. c., sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.n.c..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Si deve preliminarmente esaminare l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso, formulata dalla societa’ resistente, sul rilievo che la procura speciale non risulterebbe rilasciata singolarmente da ciascuno dei ricorrenti, e cioe’ da (OMISSIS) e dalla societa’ (OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS)
1.1. – L’eccezione e’ priva di fondamento.
Nella procura posta a margine del ricorso, (OMISSIS) ha conferito mandato alle liti intendendo agire sia in proprio, sia in qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) snc di (OMISSIS), come del resto era avvenuto nei gradi di merito del giudizio.
1.2. – Il ricorso e’ dunque ammissibile e, nel merito, infondato.
2. – Con il primo motivo di ricorso e’ dedotto vizio di motivazione – in assunto omessa, insufficiente e contraddittoria – su fatto controverso e decisivo, rappresentato dalla ricostruzione dell’accordo raggiunto dalle parti.
Si contesta, in particolare, la mancata indicazione da parte della Corte d’appello dei criteri ermeneutici adoperati, l’insufficienza del percorso logico seguito per ricostruire la volonta’ negoziale e la contraddittorieta’ delle affermazioni riguardanti il significato economico della costituzione dell’usufrutto triennale a favore di (OMISSIS) srl, anziche’ della locazione.
2.1. – La doglianza e’ inammissibile per plurime ragioni.
2.1.1. – Risulta ultroneo il quesito di diritto a fronte di censure che attengono alla motivazione della sentenza d’appello, mentre e’ carente il quesito di fatto o momento di sintesi, con conseguente inammissibilita’ del motivo di ricorso ex plurimis, Cass., sez. 5A, sentenza n. 24255 del 2011).
2.1.2. – Il motivo e’ inoltre carente sotto il profilo dell’autosufficienza.
I ricorrenti non trascrivono le clausole, del contratto preliminare e del contratto definitivo, delle quali lamentano l’incongrua valutazione da parte del giudice d’appello, precludendo in tal modo il controllo sulla motivazione della sentenza impugnata.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’interpretazione della volonta’ delle parti in relazione al contenuto di un contratto o di una qualsiasi clausola contrattuale importa indagini e valutazioni di fatto affidate al potere discrezionale del giudice del merito, non sindacabili in sede di legittimita’ ove non risultino violati i canoni normativi di ermeneutica contrattuale e non sussista un vizio nell’attivita’ svolta dal giudice di merito, tale da influire sulla logicita’, congruita’ e completezza della motivazione. Peraltro, quando il ricorrente per cassazione censuri l’erronea interpretazione di clausole contrattuali da parte del giudice del merito, per il principio di autosufficienza del ricorso, ha l’onere di trascriverle integralmente perche’ al giudice di legittimita’ e’ precluso l’esame degli atti per verificare la rilevanza e la fondatezza della censurala (ex plurimis, Cass., sez. 3A, sentenza n. 2560 del 2007).
3. – Con il secondo motivo e’ dedotta violazione e falsa applicazione di norme di legge, in relazione ai principi che regolano la causa del contratto definitivo e il rapporto tra contratto preliminare e definitivo.
Senza specificazione delle norme asseritamente violate, si contesta che la Corte d’appello avrebbe fatto applicazione della tesi estrema, secondo cui il contratto preliminare e’ assorbito dal definitivo, laddove la duplicita’ di causa che connota il contratto definitivo porta ad escludere sia la totale dipendenza, sia l’assoluta autonomia del contratto definitivo dal preliminare.
I ricorrenti evidenziano quindi che, nel caso di specie, il contratto definitivo non aveva esaurito gli obblighi a contrarre, poiche’ in esso manca la riproduzione della clausola n. 6 del preliminare.
In ossequio al disposto di cui all’articolo 366-bis cod. proc. civ., sono formulati i seguenti quesiti di diritto: se la mancata riproduzione nel contratto definitivo di una clausola di rilevante peso economico esaurisca gli obblighi assunti tra le parti con il contratto preliminare in cui la clausola era contenuta; se la clausola contrattuale presente nel contratto preliminare non richiamata, ne’ emendata, ne’ sostituita nel contratto definitivo, che fornisce pero’ una maggiore ragionevolezza economica all’operazione in se’, ed un piu’ equo contemperamento degli interessi, possa intendersi assorbita nel contratto definitivo per il solo fatto della modifica qualitativa nello stesso di un’altra clausola, e se la mancata pronuncia da parte del giudice d’appello in ordine alla richiesta di ammissione di istanze istruttorie tempestivamente formulate in primo grado e riproposte in grado di appello costituisca motivo di annullamento della sentenza.
3.1. – La doglianza e’ in parte inammissibile e in parte infondata.
3.1.1. – Come gia’ detto nell’esame del primo motivo, la prospettazione dei ricorrenti e’ carente di autosufficienza, in quanto il ricorso non contiene la trascrizione delle clausole contrattuali di cui si assume l’erronea valutazione da parte della Corte distrettuale.
3.1.2. – Analoga considerazione vale per la lamentata mancata ammissione di istanze istruttorie, che non risultano trascritte nel ricorso e dunque non possono essere valutate sotto il profilo della decisivita’, anche a prescindere dall’ammissibilita’ della censura prospettata ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
3.1.3. – Si deve inoltre rilevare che i primi due quesiti di diritto non chiariscono se le norme asseritamente violate dalla Corte distrettuale siano quelle che disciplinano l’interpretazione dei contratti o quelle che attengono alla causa del negozio giuridico, o, ancora, l’articolo 1351 c.c. e segg., di modo che la censura risulta indeterminata.
3.1.4. – E infine, come si evince dalla lettura degli stessi quesiti, i ricorrenti danno per presupposte circostanze – quali il particolare rilievo economico della locazione, ovvero la sua incidenza determinante sulla ragionevolezza complessiva dell’operazione realizzata dalle parti – che non risultano provate.
4. – Con il terzo motivo e’ dedotta violazione e falsa applicazione di norme di legge in relazione alla individuazione del momento dal quale decorre il termine di prescrizione dell’azione di rescissione del contratto e della relativa eccezione.
Si assume che, nel caso di specie, tale termine non decorresse dalla conclusione del contratto, bensi’ dal momento in cui (OMISSIS) ha avuto contezza del rifiuto della controparte di dare attuazione a quanto previsto nella clausola n. 6 del contratto preliminare, e cio’ sarebbe avvenuto solo a seguito dell’invio della diffida ad adempiere, nel mese di ottobre 1999.
In ossequio al disposto di cui all’articolo 366-bis cod. proc. civ., e’ formulato il seguente quesito di diritto: se il termine ultimo a partire dal quale far decorrere la prescrizione dell’azione e dell’eccezione di rescissione debba coincidere strettamente con il momento perfettivo del contratto oppure possa venire, viceversa, ad evidenza il momento sostanziale in cui il soggetto danneggiato abbia scibile determinazione della lesione ultra dimidium subita.
4.1. – La doglianza e’ inammissibile.
La questione della decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di rescissione non risulta sottoposta alla Corte d’appello. Quest’ultima infatti ha esaminato la diversa questione riguardante la mancata coltivazione, da parte dell’appellata, dell’eccezione di prescrizione dell’azione di rescissione, e l’ha decisa in senso sfavorevole agli appellanti, ritenendo che l’eccezione fosse stata riproposta.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, e’ onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inanimissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto (Cass., sez. 1A, sentenza n. 23675 del 2013).
5. – Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in complessivi euro 3.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetario e accessori di legge.

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