Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza  16 febbraio 2015, n. 3042

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 20.3.2003, Se.Gi. conveniva in giudizio avanti il G.d.P. di Roma, S.L. deducendo di avere acquistato da quest’ultimo, in data 10.4.2002, un’autovettura usata, immatricolata nel 1996, per il prezzo di Euro 8.000,00 e che subito dopo il ritiro del veicolo, lo stesso si era arrestato per un’avaria all’alternatore; pertanto chiedeva la condanna del convenuto alla riduzione del prezzo di vendita della vettura ed al conseguente risarcimento del danno.
Si costituiva il S. , contestando la domanda attrice e respingeva ogni addebito, sostenendo che, prima di vendere l’auto in questione, l’aveva fatta revisionare dalla casa madre che l’aveva sottoposto ai controlli ed alle sostituzioni del caso.
L’adito Giudice di Pace, con sentenza n. 28573/04, riteneva che la rottura dell’alternatore costituiva vizio occulto come tale risarcibile; rigettava la domanda di riduzione del prezzo, in quanto “eliminato il vizio, l’auto aveva riacquistato il valore pattuito”; accoglieva la domanda di risarcimento del danno, condannando il venditore al pagamento di una somma pari alle spese da lui sostenute per il ripristino dell’inconveniente lamentato.
La sentenza veniva appellata dal S. evidenziando come non gli poteva essere imputata alcuna responsabilità per le denunciate avaria all’alternatore, evento, certo imprevedibile.
L’adito Tribunale di Roma, con sentenza n. 7636/2008, depos. in 10.04.2008, rigettava l’appello, condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado. Ribadiva la corte capitolina che il difetto in questione (alternatore bruciato) costituiva un vizio non facilmente riconoscibile e tale da rendere il bene inidoneo all’uso, per il quale era prevista la garanzia ex art. 1490 e ss. c.p.c., atteso che il venditore non aveva provato di aver ignorato senza sua colpa l’esistenza del vizio stesso.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre il S. sulla base di 4 mezzi; resiste con controricorso il Se. .

Motivi della decisione

1 – Con il 1 motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell1 art. 329, 346 c.p.c. e 1490 c.c. “Contrasto tra giudicato e la norma relativa alle azioni edili”.
Osserva l’esponente che il giudice di pace aveva rigettato la domanda di riduzione del prezzo accogliendo però quella di risarcimento danno. E poiché il Se. non aveva svolto alcun appello incidentale sul punto, il rigetto dell’azione estimatoria era passato in giudicato; il rigetto della azione di riduzione presupponeva l’inesistenza del vizio o quanto meno il mancato accertamento in sede processuale dell’esistenza del vizio dedotto in lite; il tribunale quindi non poteva rigettare l’appello, confermando la sentenza di primo grado, pur in presenza di un rigetto dell’azione redibitoria.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto:
“se in caso di passaggio in giudicato del capo della sentenza che rigetta l’azione estimatoria, può esser esaminato dal giudice d’appello la domanda risarcitoria ex art. 1494 c.c., con un autonomo esame sia della sussistenza del vizio che della colpa del venditore”.
La doglianza è infondata, oltre che nuova.
Non esiste invero alcuna pregiudizialità, atteso che il GdP ha respinto la
domanda di riduzione del prezzo, non perché non era ravvisabile il denunciato vizio, ma solo perché Io stesso era stato eliminato, per cui “l’auto riacquista il suo valore” e quindi in tal senso riteneva non sussistente il minor valore della cosa compravenduta tale da dover statuire sulla riduzione del prezzo (ciò che poi nella sostanza ha fatto con la condanna al pagamento di una somma di danaro).
La questione inoltre si presente nuova ed è come tale inammissibile.
I motivi del ricorso per cassazione – ha statuito questa S.C. – devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. Sentenza n. 2140 del 31/01/2006).
2 – Con il 2^ motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell1 art. 1494 c.c.; “colpa del venditore nell’azione edile”.
Lamenta il mancato esame da parte del tribunale della fatture del 9.4.2002 (giorno prima della consegna della vettura) al Se. , da cui risultavano eseguiti una serie di controlli a tutta la vettura e la sostituzione di alcune parti e o materiali di consumo.
Quesito di diritto: “se l’essenza della colpa, idonea ad escludere la responsabilità ex art. 1494 c.p.c. possa essere utilmente dimostrata dal ricorso ad un’attività professionale specializzata di un soggetto terzo, che controlla il bene evidenziando con documento l’assenza di vizi”.
Il motivo è affetto da diversi profili d’inammissibilità: si tratta di una questione di merito, non è conforme ai criteri di autosufficienza (non indicando in modo specifico il contenuto di tale documento); d’altra parte il mezzo in esame doveva essere formulato ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c. e come tale doveva essere munito di indicazione del fatto controverso.
3 – Con il 3^ motivo gli esponenti denunciano la violazione dell’art. 1494 c.c. (riconoscibilità del vizio in caso di rottura di mezzi elettronici).
Quesito di diritto: se la disciplina delle azioni edili ed in particolare dell’azione risarcitoria ex art. 1494 c.c., sia applicabile anche per quei componenti, come quelli elettronici, che per loro natura non danno segni premonitori di rottura; disciplina che verrebbe così trasformata in forma di responsabilità oggettiva”.
4 – Con il 4^ motivo infine l’esponente denuncia il vizio di motivazione e valutazione delle circostanze di prova: le circostanze di fatto ammesse dal venditore non si riferivano certo ad un’ammissione della preventiva conoscenza dell’esistenza del vizio, né della volontà di occultarlo, ma al contrario riconducono il guasto in un ambito talmente fumoso, che neppure il personale specializzato della casa produttrice del veicolo riesce ad individuarne la causa con precisione.
Quesito di diritto.
“se sia idonea a fiondare la condanna ex art. 1494 c.c., il punto di colpa del venditore, l’ammissione delle circostanze di fatto che non comprovono, né l’esistenza, del preteso vizio, né la sua preventiva conoscenza da parte del venditore, né conseguentemente, il suo colposo occultamento”.
I due ultimi motivi possono essere congiuntamente trattati in quanto strettamente connessi.
Intanto introducono questioni di merito involgendo l’interpretazione delle emergenze istruttorie da parte del giudice;non sono conformi ai canoni di autosufficienza del ricorso.
Peraltro, con riferimento all’ipotesi in esame, ai fini del risarcimento del danno spettante ai compratore per i vizi della cosa venduta, l’art. 1494 c.c. pone una presunzione a carico del venditore di conoscenza di detti vizi, anche se occulti, per cui l’obbligo della garanzia è escluso soltanto se il venditore fornisca la prova liberatoria di avere ignorato senza sua colpa i vizi medesimi (Cass. n. 13593 del 21/07/2004; Sez. 2, n. 18125 del 26/07/2013).
Ne deriva quindi che mentre sull’acquirente incombe l’onere della prova, oltreché della tempestività della denuncia, anche dell1 esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate, il venditore deve offrire la prova liberatoria (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13695 del 12/06/2007). Nella fattispecie il tribunale, ha in sostanza ritenuto con motivazione corretta che tale prova non era stata offerta dall’acquirente o comunque che essa non fosse sufficiente ad escludere la sua responsabilità.
Il ricorso dev’essere dunque rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 1000,00 per onorario ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie.

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