CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 2 ottobre 2014, n. 40827

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IANNELLI Enzo – Presidente
Dott. CASUCCI Giuliano – Consigliere
Dott. MACCHIA Alberto – Consigliere
Dott. RAGO Geppino – Consigliere
Dott. ALMA Marco Mari – est. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza n. 515-P/14 in data 11/6/2014 del Tribunale di Reggio Calabria in funzione di giudice del riesame;
visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. GALLI Massimo, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso relativamente alle questioni inerenti l’applicazione dell’articolo 96 cod. proc. pen. con annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata;

udito il difensore dell’imputato, Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 11/6/2014 il Tribunale di Reggio Calabria ha dichiarato inammissibile l’istanza di riesame presentata nell’interesse di (OMISSIS), latitante, avverso l’ordinanza in data 24/4/2014 del Giudice per le indagini preliminari della stessa citta’ con la quale era stata disposta nei confronti dello stesso la misura cautelare personale della custodia in carcere in relazione al reato di cui all’articolo 81 c.p., comma 2 e articolo 110 cod. pen., Legge n. 356 del 1992, articolo 12 quinquies e Legge n. 203 del 1991, articolo 7.
Come si evince dall’ordinanza impugnata, la decisione dei giudici territoriali risulta legata al ritenuto mancato rispetto delle modalita’ di legge per la nomina del difensore ex articolo 96 c.p.p., comma 2, e di conferimento allo stesso dell’incarico per la proposizione dell’impugnazione ex articolo 571 c.p.p., comma 3.
In particolare, al momento della decisione che in questa sede ci occupa, risultava presente agli atti una dichiarazione di nomina pervenuta dall’estero alla Procura della Repubblica, provvista di sottoscrizione e senza indicazione di data. Cio’ secondo il Tribunale non e’ stato ritenuto sufficiente a garantire l’effettiva provenienza dell’atto dall’indagato, con la conseguenza che al momento della presentazione dell’istanza di riesame non poteva ritenersi sussistente il titolo formale del difensore all’impugnazione. Da cio’ ne e’ conseguita l’indicata declaratoria di inammissibilita’ dell’istanza di riesame.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’indagato, deducendo:
1. Violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera b) ed e) in relazione all’articolo 96 c.p.p., comma 2.
Evidenzia, al riguardo, il ricorrente, indicando alcune decisioni sui punto gia’ assunte da questa Corte Suprema, che una parte della giurisprudenza di legittimita’ riguardante l’articolo 96 codice di rito penale ha manifestato rigore non tanto alla pedissequa osservanza della forma quanto, piuttosto, alla sussistenza effettiva di una dichiarazione di nomina la cui provenienza sia certa. In tale ambito e’ stata ritenuta valida la nomina trasmessa a mezzo telefax cosi’ come quella che pur non essendo espressa risulti per facta concludentia, cio’ in omaggio ai principio del favor defensionis in relazione al quale il concetto di “dichiarazione” e’ stato interpretato estensivamente come “manifestazione di volonta’”.
Ne consegue, osserva la difesa del ricorrente, che nelle modalita’ utilizzate nel caso in esame appariva chiara l’espressa volonta’ del ricorrente di essere assistito dai difensori indicati nell’atto di nomina, anticipato a mezzo E-mail e depositato dai difensori in cancelleria nonche’ spedito alla Procura della Repubblica da parte del ricorrente.
2. Violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera b) ed e) in relazione al combinato disposto ex articolo 24 Cost. e articolo 96 cod. proc. pen..
Evidenzia, al riguardo, il ricorrente, anche in questo caso richiamando alcune pronunce di questa Corte Suprema, che il contenuto dell’articolo 96 cod. proc. pen. non e’ inderogabile ma tipicamente ordinatorio e regolamentare suscettibile, quindi, di un’interpretazione ampia ed elastica in bonam partem. In sostanza, le regole in esso contenute debbono essere intese ab substantiam per quanto riguarda gli obblighi che ne conseguono (es. notifiche ed avvisi) a carico dell’Autorita’ Giudiziaria mentre sono richieste esclusivamente ad probationem tantum per quanto attiene alla verifica dell’espressione della volonta’ dell’imputato e per quanto attiene al rapporto fiduciario tra difensore e difeso con la conseguenza che l’atto di nomina puo’ essere desunto per facta concludentia.
Una interpretazione della norma che pone ostacoli all’effettivo intervento nel processo della persona designata dall’imputato alla sua difesa si pone quindi in contrasto con il disposto dell’articolo 24 Cost..
3. Violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione agli articoli 96 e 177 c.p.p. e articolo 178 c.p.p., lettera C.
Evidenzia, al riguardo, il ricorrente che le norme in esame, in caso di incertezza, devono essere interpretate in bonam partem e che, seppure non sia sufficiente a ritenere perfezionato l’iter di nomina dalla mera dichiarazione di un difensore che si proclama di fiducia, pur tuttavia, in presenza di altri elementi, come quelli esistenti nel caso di specie, deve farsi prevalere un’interpretazione “positiva” pur in mancanza della nomina formale.
In ogni caso, il mancato rispetto delle modalita’ per la nomina del difensore indicate dall’articolo 96 cod. proc. pen. non comporta alcuna nullita’ non essendo le stesse rientranti nella casistica di cui agli articoli 177 e 178 cod. proc. pen. con la conseguenza che il Tribunale avrebbe errato nel momento in cui dalla presunta irregolarita’ del mezzo attraverso il quale la nomina e’ stata fatta pervenire all’Autorita’ procedente ha fatto derivare una nullita’ non individuata dalla legge la cui sanzione e’ consistita nell’inammissibilita’ del gravame.
4. Violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all’articolo 309 c.p.p., commi 5 e 10.
Lamenta, al riguardo, il ricorrente che il Pubblico Ministero non avrebbe trasmesso al Tribunale del riesame i due documenti distintamente pervenuti alla Procura della Repubblica uno proveniente dai difensori e l’altro direttamente dal ricorrente sui quali ha, poi, in sede di udienza formulato la richiesta di inammissibilita’ del gravame, di talche’ non sarebbe stato consentito alle parti ed al Tribunale di avere contezza del mezzo attraverso il quale l’atto di nomina era pervenuto all’Autorita’ procedente, della provenienza esatta, dell’identita’ del mittente, con cio’ inducendo in errore il Giudicante in ordine alla declaratoria di inammissibilita’.
Evidenzia sul punto il ricorrente che il Tribunale a pag. 3 dell’ordinanza impugnata ha dato conto di aver provveduto ad esaminare la documentazione trasmessa ed ha lamentato che agli atti risultava solamente un atto di nomina privo di busta. Il Pubblico Ministero solo successivamente ad una sospensione dell’udienza ha rinvenuto la busta con il codice identificativo ed a firma (OMISSIS) proveniente da (OMISSIS) mentre non ha provveduto al deposito dell’atto di nomina depositato dalla difesa nella sua Segreteria il 13/5/2014 (allegato al ricorso). Con cio’ sarebbe incorso nella violazione dell’articolo 309 cod. proc. pen., comma 5 con conseguente applicabilita’ della sanzione processuale prevista dal comma 10 di quest’ultima disposizione di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Giova, innanzitutto, chiarire nel dettaglio ed in fatto le vicende riguardanti l’iter del mandato defensionale in questione sulla base anche di quanto emerge dal ricorso presentato nell’interesse dell’indagato e che in questa sede ci occupa nonche’ gli ulteriori immediati sviluppi procedimentali.
L’indagato (OMISSIS) mentre si trovava a (OMISSIS) apprendeva di essere destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria.
Lo stesso indagato – asseritamente dopo avere concordato con i difensori le modalita’ di nomina – procedeva ad inviare all’Ufficio del Pubblico Ministero procedente a mezzo di corriere DHL (che richiede per la spedizione la firma del mittente e dell’operatore ricevente il plico consegnato per l’invio) l’originale dell’atto di nomina.
Nel contempo inviava ai difensori a mezzo E-mail (mittente “(OMISSIS)” e riceventi (OMISSIS)” e “(OMISSIS)”) copia l’atto di nomina che veniva dall’avv. (OMISSIS) depositato nella segreteria del Pubblico Ministero procedente in data 13/5/2014.
In data 3/6/2014 veniva depositata presso il Tribunale del riesame di Reggio Calabria istanza ex articolo 309 cod. proc. pen. a firma dei difensori Avv. (OMISSIS) ed Avv. (OMISSIS).
Come detto, all’udienza del 11/6/2014 il Tribunale dichiarava l’inammissibilita’ dell’istanza in relazione al sopra meglio specificato problema di validita’ della nomina defensionale de qua con conseguente effetto sulla legittimazione della difesa dell’indagato di presentare il gravame.
2. I primi tre motivi di ricorso, sopra nel dettaglio illustrati, appaiono meritevoli di trattazione unitaria, investendo, seppure sotto diversi profili, la medesima problematica giuridica.
Appare peraltro doverosa un’immediata precisazione al fine di sgombrare il campo da possibili equivoci che potrebbero essere ingenerati dal contenuto che potremmo definire “onnicomprensivo” del ricorso che in questa sede ci occupa e che e’ caratterizzato dalla citazione di numerosi precedenti giurisprudenziali di questa Corte Suprema: non e’ qui in discussione la volonta’ di un soggetto di conferire mandato ai propri difensori (il tenore dell’atto di nomina nel caso in esame e’ assolutamente chiaro e consente di individuare con precisione sia il procedimento al quale si riferisce, sia i termini del mandato defensionale conferito e, del resto, neppure il Tribunale risulta avere posto in dubbio la volonta’ del sottoscrittore dello stesso), quanto piuttosto la problematica concerne le modalita’ di effettuazione di una nomina defensionale che sia in grado di garantire la certa identificazione dei soggetto autore della stessa. E’ questo – e solo questo – il punto sul quale si e’ fondata la decisione del Tribunale di Reggio Calabria e sul quale si incardina la materia del contendere, il che sgombra il campo da tutta una serie di ultronee, quanto inconferenti, citazioni giurisprudenziali legate all’interpretazione dell’atto dalle quali possa desumersi l’esistenza – intesa come volonta’ del soggetto – di procedere alla nomina. Del resto non a caso il nostro legislatore ha collocato in disposizioni differenti l’aspetto formale della nomina e della sua presentazione (articolo 96 cod. proc. pen.) necessaria per l’individuazione del soggetto chiamato a svolgere l’ordinario mandato defensionale da quello dei poteri conferiti con la stessa – o con atto successivo – per il compimento di specifici atti, come e’ il caso di cui all’articolo 571 cod. proc. pen. per la proposizione delle impugnazioni.
Alla luce di quanto detto bisogna quindi domandarsi se le formalita’ per la nomina del difensore di fiducia, nell’ottica di garantire la certa individuazione del soggetto che procede alla nomina stessa, siano tassative ovvero siano derogabili mediante attivita’ che possano essere considerate equipollenti a quelle indicate nel dettato normativo di cui all’articolo 96 cod. proc. pen..
Come e’ noto – e come correttamente evidenziato anche dal ricorrente – la giurisprudenza di questa Corte Suprema si e’ rivelata piuttosto oscillante sul punto.
Infatti secondo un orientamento che potremmo definire piu’ “formalista” inizialmente sostenuto da Cass. Sez. 5, sent. n. 8700 del 17/6/1992, dep. 4/8/ 1992, Rv. 191619, per la quale “nel nostro ordinamento processuale la nomina del difensore di fiducia richiede una formale manifestazione di volonta’, sicche’ non e’ neppure prospettabile una prova presuntiva del conferimento dell’incarico desunta da comportamenti taciti delle parti” si era poi aggiunta Cass., Sez. 1, sent. 4165 del 14/10/1993, dep. 2/11/1993, Rv. 196717, che aveva anche osservato che “la nomina del difensore di fiducia, per l’importanza che l’atto assume in ordine alla salvaguardia dell’inviolabile diritto di difesa spettante all’imputato e all’indagato, e’ atto formale per la cui validita’ processuale e’ necessaria l’osservanza delle forme e modalita’ di cui all’articolo 96 c.p.p., commi 2 e 3 (dichiarazione resa all’autorita’ procedente, consegnata a detta autorita’ dal difensore, trasmessa con raccomandata, fatta da prossimo congiunto nell’ipotesi di persona sottoposta a restrizione personale che non vi abbia personalmente provveduto) e che non ammette equipollenti”. Detto principio e’ stato, inoltre, affermato anche da Cass. Sez. 1, sent. n. 3771 del 31/5/1996, dep. 21/6/1996, Rv. 205371 secondo la quale “Le formalita’ previste dall’articolo 96 cod. proc. pen. per la nomina del difensore di fiducia, tenuto conto della quantita’ e della rilevanza dei diritti e delle facolta’ derivanti per legge dal mandato difensivo, nonche’ dell’incidenza che il loro esercizio ha sullo svolgimento dell’intero procedimento, non ammettono equipollenti”. Nel medesimo senso, piu’ recentemente, Cass. Sez. 1, sent. n. 11268 del 2/3/2007, dep. 15/3/2007, Rv. 236162; Sez. 6, sent. n. 15311 del 14/03/2007, dep. 17/04/2007, Rv. 236683 (secondo la quale “La nomina di difensore effettuata a mezzo telegramma con sottoscrizione priva di autenticazione non realizza l’effetto processuale previsto dall’articolo 96 cod. proc. pen., con la conseguenza che il ricorso proposto da difensore cosi’ nominato e’ inammissibile) e Sez. 1, sent. n. 35127 del 19/04/2011, dep. 28/09/2011, Rv. 250783. In senso opposto si colloca un orientamento che potremmo definire piu’ “permissivo” secondo il quale “e’ valida la nomina del difensore di fiducia, pur se non effettuata con il puntuale rispetto delle formalita’ indicate dall’articolo 96 cod. proc. pen., in presenza di elementi inequivoci dai quali la nomina possa desumersi per “facta conciudentia”. (Nella specie, la Corte ha ritenuto valida la nomina per telegramma, depositata presso la Procura delle Repubblica da un avvocato che ha poi proposto appello cautelare ex articolo 310 cod. proc. pen.) (Cass. Sez. 6, sent. n. 16114 del 20/04/2012, dep. 27/04/2012, Rv. 252575; in senso conforme anche Sez. 2, sent. n. 15740 del 22/02/2011, dep. 20/04/2011, Rv. 249938) cio’ in quanto, si e’ rilevato, in tema di formalita’ per la nomina del difensore, i comportamenti concludenti idonei a documentare la riferibilita’ della nomina all’imputato costituiscono elementi sintomatici dell’esistenza di un rapporto fiduciario tra lo stesso imputato e colui il quale ha svolto di fatto le funzioni di difensore, in quanto la norma di cui all’articolo 96 c.p.p., non e’ una norma inderogabile ma tipicamente ordinatoria e regolamentare, suscettibile, quindi, di una interpretazione ampia ed elastica in “bonam partem”.
Ritiene l’odierno Collegio di aderire a questo secondo orientamento anche alla luce delle considerazioni che seguono.
L’articolo 96 cod. proc. pen. prevede al secondo comma tre distinte possibilita’ di effettuazione della nomina del difensore di fiducia:
a) mediante dichiarazione resa all’autorita’ procedente;
b) mediante dichiarazione consegnata alla stessa per tramite del difensore;
c) mediante dichiarazione trasmessa con raccomandata.
Orbene, se, come detto, la specifica funzione delle modalita’ indicate non e’ solo quella di esplicitare la volonta’ del soggetto di conferire il mandato defensionale ma anche quella di attribuire certezza all’individuazione dell’autore dell’atto, certamente tale fine viene realizzato attraverso le modalita’ di nomina di cui ai superiori punti a) e b) in quanto nel primo caso e’ il soggetto stesso che viene identificato al momento in cui rende la dichiarazione e ne secondo caso, il fatto che l’atto di nomina sia consegnato all’autorita’ procedente da parte del difensore di fiducia, lascia intendere l’esistenza di un pregresso contatto personale tra il difensore e l’assistito.
Maggiormente problematico sotto il profilo che in questa sede ci occupa e’ il caso della nomina del difensore trasmessa con raccomandata.
Sul punto deve, infatti, essere ricordato che secondo un orientamento gia’ espresso da questa Corte Suprema e condiviso anche dall’odierno Collegio, “la nomina de difensore di fiducia, fatta dall’imputato con dichiarazione scritta nelle forme indicate dalla legge processuale, non necessita dell’autenticazione della sottoscrizione ad opera del difensore o di altri (Cass. Sez. 3, sent. n. 234 del 09/11/2006, dep. 10/01/2007, Rv. 235963) e cio’ neanche se l’atto viene trasmesso con raccomandata (Cass. Sez. 5, sent. n. 1623 del 07/06/1995, dep. 19/06/1995, Rv. 201799; Sez. 1, sent. n. 5461 del 18/12/2001, dep. 11/02/2002, Rv. 220829).
Viene allora legittimamente da domandarsi quale garanzia offre circa la provenienza da parte di un determinato soggetto la lettera raccomandata che contiene un atto di nomina con sottoscrizione non autenticata e, per l’effetto, se con l’evoluzione dei tempi siano sopravvenute altre modalita’ di trasmissione di documenti che siano quantomeno equiparabili alla stessa per le garanzie offerte con riguardo all’individuazione del mittente e del luogo di provenienza, oltre che del destinatario.
L’articolo 6.1 delle condizioni generali di contratto indicate da Poste Italiane con riguardo alle lettere raccomandate si limita a prevedere che “il Cliente deve presentare l’invio in busta chiusa con l’indicazione dell’indirizzo del mittente e del destinatario, corredato dal modulo di accettazione … proprio del Servizio, che deve essere compilato e sottoscritto anche per accettazione delle presenti Condizioni Generali di Contratto, di cui forma parte integrante”. Non e’, quindi, prevista l’identificazione del “cliente” (che puo’ anche essere soggetto diverso dal “mittente”) che si presenta allo sportello per compiere l’operazione. Il Decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) nulla stabilisce circa l’obbligo di identificazione del mittente di una raccomandata e, a sua volta, il Decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1982, n. 655, articolo 29 (Approvazione del regolamento di esecuzione dei libri 1 e 2 del codice postale e delle telecomunicazioni) con riguardo agli elementi relativi al mittente si limita a stabilire che “Su qualsiasi oggetto di corrispondenza, oltre all’indirizzo del destinatario, possono essere apposte l’indicazione del mittente e del suo recapito – con relativo numero di codice di avviamento postale e la data di spedizione”. Ne consegue – e la pratica quotidiana lo dimostra – che una lettera raccomandata eventualmente contenente un atto di nomina di difensore di fiducia (con sottoscrizione non autenticata) puo’ essere spedita da chiunque e che gli unici elementi ricavabili dalla stessa sono, nei tempi moderni, la tracciabilita’ della spedizione e l’avvenuto recapito al destinatario.
Orbene non si vede quale differenza vi sia e soprattutto quali maggiori garanzie circa la provenienza soggettiva fornisce una lettera raccomandata rispetto ad una spedizione di una missiva effettuata per corriere espresso che, come il caso che in questa sede ci occupa, richiede la sottoscrizione da parte del mittente (anche in questo caso e’ piu’ corretto parlare di “cliente”) del plico e consente la tracciabilita’ anche informatica della spedizione e del suo recapito. Ne’ si potra’ sostenere a contrario che poiche’ la raccomandata – ancor oggi utilizzata per il compimento di altri atti di valenza processuale quali la notificazione di atti – viene consegnata dal fattorino postale, che in considerazione della natura particolare di pubblica funzione certificatrice che a lui compete nell’espletamento delle mansioni di consegna della corrispondenza e dei plichi, e’ pubblico ufficiale (cfr. Cass. Sez. 5, sent. n. 4562 del 13/02/1985, dep. 10/05/1985, Rv. 169145) – anche se tale qualifica e’ divenuta oggi discutibile a seguito dell’intervenuta trasformazione dell’Ente (OMISSIS) in societa’ di capitali – mentre il recapito di una missiva spedita attraverso corriere espresso (quale e’ (OMISSIS)) avviene ad opera di un dipendente di una societa’ privata la raccomandata fornisce piu’ garanzie, cio’ in quanto, alla luce di quanto sopra evidenziato, tali garanzie riguarderanno semmai la certificazione del recapito ma non certo l’identificazione del mittente.
In sostanza una norma come quella di cui all’articolo 96 cod. proc. pen., comma 2 appare scontare il peso del tempo e ben puo’ essere interpretata in senso estensivo tenendo conto delle nuove e sempre piu’ diffuse modalita’ di spedizione delle comunicazioni e dell’esigenza di garantire quel favor defensionis al quale ci indirizza anche il dettato della nostra Carta Costituzionale.
Alle luce di quanto si e’ detto, ritiene l’odierno Collegio, che ben si possa ritenere valida una nomina di difensore di fiducia effettuata con modalita’ di spedizione di una missiva che siano del tutto equiparabili a quelle dell’invio di una raccomandata, soprattutto allorquando, come e’ avvenuto nel caso di specie, il tutto sia confortato da ulteriori elementi (parallela spedizione ai difensori a mezzo di posta elettronica di copia del documento originale inviato all’autorita’ procedente a mezzo di corriere espresso, successiva produzione da parte dei difensori alla stessa autorita’ procedente sia dell’atto di nomina ricevuto dal cliente che di copia de messaggio di posta elettronica di accompagnamento, effettivo esercizio da parte dei difensori di attivita’ rientranti nel mandato professionale loro conferito e mancato disconoscimento da parte dell’indagato del mandato stesso).
Per dovere di completezza si deve solo aggiungere che al fine di legittimare i difensori alla proposizione del ricorso avverso il provvedimento cautelare non era necessario il conferimento agli stessi da parte del latitante (OMISSIS) di una procura speciale con sottoscrizione autenticata in quanto, come questa Corte Suprema ha gia’ avuto modo di chiarire, “il difensore del latitante o dell’evaso e’ titolare di un ampio potere di rappresentanza che lo legittima all’espletamento di atti che in genere l’ordinamento riserva personalmente all’imputato; cio’ allo scopo di evitare che il concreto esercizio del diritto di difesa soffra limitazioni nel caso di latitanza o di evasione del suo titolare. Pertanto, poiche’ il latitante o l’evaso possono trovarsi addirittura nella condizione di ignorare la esistenza di sentenza a loro carico o di decreto che dispone il giudizio, ovvero possono essere all’oscuro – anche per le difficolta’ ed i pericoli che comportano frequenti contatti con il difensore – della pendenza di procedimento a loro carico, deve ritenersi che, a differenza di quanto avviene per il contumace, il difensore, pur non munito di specifica procura ai sensi dell’articolo 571 c.p.p., comma 3, possa proporre impugnazione (Cass. Sez. 5, sent. n. 9945 del 22/12/1998, dep. 05/08/1999, Rv. 213969).
I primi tre motivi di ricorso (oggetto di trattazione congiunta) presentati nell’interesse dell’indagato (OMISSIS) sono pertanto da ritenersi fondati e per l’effetto si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con restituzione degli atti al Tribunale di Reggio Calabria per l’ulteriore seguito.
3. Il quarto motivo di ricorso relativo all’eccepita perdita di efficacia della misura cautelare in atto per effetto della mancata trasmissione da parte del Pubblico Ministero al Tribunale del riesame nei termini di cui all’articolo 309 c.p.p., comma 5, dell’atto di nomina dei difensori di fiducia depositato il 13/5/2014 nella segreteria della Procura della Repubblica e’, invece, manifestamente infondato in quanto, come questa Corte Suprema ha gia’ avuto reiteratamente modo di chiarire, con un assunto condiviso anche dall’odierno Collegio, “in tema di riesame delle misure cautelari personali, l’accertamento sulla completezza della trasmissione degli atti ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., commi 5 e 10, spetta solo al giudice di merito. Ne consegue che la Corte di cassazione puo’ dichiarare l’inefficacia della misura solo se la questione sia stata dedotta ed il relativo contraddittorio sia stato instaurato dinanzi al giudice di merito” (Cass. Sez. 6, sent. n. 45911 del 26/09/2011, dep. 09/12/2011, Rv. 251181; Sez. 4, sent. n. 287 del 29/01/1999, dep. 14/07/1999, Rv. 214880), cosa che, di fatto, nel caso in esame non risulta avvenuta non avendo la difesa, che pur era stata messa nella condizione di esaminare gli atti e di constatarne eventuali carenze, sollevato la specifica questione ed essendosi semplicemente limitata a dare atto (cfr. fg. 1 – retro – del verbale di udienza) che la nomina risulta “dalla posta (OMISSIS) proveniente da (OMISSIS) e dalla copia inviata al difensore via E-mail e prodotta anch’essa unitamente alla stampa dell’E-mail prodotta dalla sua posta elettronica”.
Tra l’altro, e’ appena il caso di ricordare che, in relazione al disposto dell’articolo 309 cod. proc. pen., comma 5 “l’obbligo di trasmettere al tribunale del riesame gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini non si estende a quegli atti o documenti che siano gia’ nella disponibilita’ della difesa, con possibilita’, quindi, per quest’ultima, di utilizzarli e produrli con la richiesta di riesame o nel corso della successiva udienza” (Cass. Sez. 3, sent. n. 2916 del 10/12/2009, dep. 22/01/2010, Rv. 245906) come e’, per l’appunto, il caso della nomina che si lamenta non essere stata depositata dal Pubblico Ministero ma che la difesa ha, poi, allegato al ricorso che in questa sede ci occupa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alla rilevata violazione dell’articolo 96 c.p.p., comma 2, e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Reggio Calabria per l’ulteriore corso. Rigetta nel resto.

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