Cassazione 12

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 21 dicembre 2015, n. 50169

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio – Presidente

Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Consigliere

Dott. RAGO Geppino – Consigliere

Dott. VERGA Giovanna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il tribunale di Sondrio, contro

l’ordinanza pronunciata in data 26/02/2015 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sondrio nei confronti di: (OMISSIS) nato il (OMISSIS);

Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;

udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Geppino Rago;

udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fulvio Baldi che ha concluso per l’annullamento con rinvio.

FATTO

1. In data (OMISSIS), a seguito di una perquisizione domiciliare a carico di (OMISSIS), veniva sottoposto a sequestro un frammento di sarcofago egizio risalente al VIII-VI sec. A.C..

Il (OMISSIS), veniva, quindi, indagato per i seguenti reati: a) Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articoli 10 e 176, per essersi impossessato del suddetto sarcofago costituente bene culturale ex articolo 10, Decreto Legislativo cit. ed appartenente allo Stato ai sensi dell’articolo 91, Decreto Legislativo cit.; b) articolo 648 c.p., per avere ricevuto il suddetto sarcofago provento di contrabbando in quanto proveniente dalla Spagna ed introdotto in Italia in violazione delle leggi doganali; c) del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, articolo 282, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972; reati tutti commessi in luogo ignoto ed in data anteriore al 01/12/2012.

Proposta dal (OMISSIS) istanza di restituzione, il Pubblico Ministero la respingeva.

A seguito di opposizione proposta dal (OMISSIS), il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Sondrio, con ordinanza del 26/02/2015, l’accoglieva ed ordinava il dissequestro e la restituzione al (OMISSIS) del suddetto manufatto, sostenendo che non sussisteva alcun nesso di pertinenzialita’ tra il manufatto ed i reati per cui si procedeva, perche’:

a) esso, di provenienza spagnola, veniva esposto con possibilita’ di vendita alla Fiera della Cultura tenutasi in Basilea dal 14 al 20-10-2000 (cfr. esiti rogatoria all’Autorita’ spagnola);

b) il bene non trovava riscontro tra le opere d’arte da ricercare censite nella banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti (cfr. nota del Ministero per i beni culturali del 30.4.2013);

c) non risultava effettuata la dichiarazione dell’interesse culturale di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articoli 12 e 13, ma solo avviato un procedimento amministrativo per una eventuale dichiarazione in tal senso (cfr. nota del Ministero dei beni e delle attivita’ culturali del 11-2-2015, prot. n. 1318);

d) le indicate risultanze costituivano, dunque, positivo riscontro alla documentazione offerta in produzione dalla difesa, in particolare all’attestazione di vendita del manufatto de quo effettuata da tale (OMISSIS) al (OMISSIS) in data 21-3-2002 (foglio 113), a nulla rilevando che il (OMISSIS) non risulti titolare di ditta individuale, societa’ e partita (OMISSIS) (cfr. informativa della Guardia di Finanza del 26-1-2015);

e) non apparivano oggettivamente configurabili, neppure sotto il profilo del fumus, i reati ipotizzati dalla pubblica accusa, che, peraltro, in relazione alla data di ricezione del bene da parte del (OMISSIS), risulterebbero ormai prescritti.

2. Contro la suddetta ordinanza, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:

2.1. il giudice per le indagini preliminari si era basato sull’acritico recepimento di due documenti dell’indagato sulla cui attendibilita’ ed autenticita’ vi erano molti dubbi;

2.2. dalla rogatoria effettuata in Spagna risultava che il presunto venditore originale (tale (OMISSIS)) era sottoposto ad un procedimento penale relativamente al commercio di opere d’arte. La rogatoria, inoltre, non aveva dato alcuna certezza sulla data di vendita del manufatto egizio e nonostante la cessione all’estero del bene la stessa e’ da considerarsi illegale in quanto non e’ mai stata comunicata all’Autorita’ spagnola;

2.3. non poteva affermarsi che il bene in questione era stato esportato legittimamente in Svizzera perche’ non esisteva alcun documento attestante l’importazione in Italia: “Il Gip quindi non ha considerato che non si ha alcuna certezza di chi abbia importato in Italia il sarcofago o come esso sia stato importato in quanto non e’ stata presentata nessuna denuncia all’Ufficio esportazione/importazione, e pertanto l’affermazione del Gip sulla non configurabilita’ dei reati appare del tutto destituita di fondamento”;

2.4. la vendita non poteva essere stata effettuata legittimamente in quanto nessuna notifica era stata fatta alla Sopraintendenza al fine di eventualmente esercitare la prelazione;

2.5. “Unico elemento che puo’ fornire una data certa sul possesso da parte di (OMISSIS) del sarcofago e’ la missiva dell’anno 2010 (09 aprile 2010) quando (OMISSIS) comunica all’avv. (OMISSIS) che il sarcofago e’ disponibile presso il suo negozio (missiva fornita in prova) terminus post quem, termine dopo il quale (OMISSIS) entra realmente in possesso del bene. Dunque solo dal 2010 si puo’ provare il possesso del bene da parte del (OMISSIS) e dunque e’ solo da quel momento che puo’ essere fatta decorrere il termine prescrizionale per il reato di ricettazione il quale dunque atteso il termine di otto anni minimo non e’ allo stato interamente decorso”;

2.6. “Infine, circa la sussistenza allo stato del reato cui al testo unico 42/2004 deve evidenziarsi che la perizia, in atti del fascicolo, effettuata in data 21 marzo 2013 dal perito incaricato (OMISSIS) vale quale dichiarazione di interesse archeologico del bene “sarcofago” ai sensi del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 10, comma 3, lettera A, sottoponendolo quindi a tutti i vincoli di legge previsti”.

DIRITTO

1. In punto di diritto, vanno precisati due principi:

a) L’ordinanza del G.i.p., che a norma dell’articolo 263 c.p.p., comma 5, provvede sull’opposizione degli interessati avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle “cose” in sequestro o di rilascio di copie autentiche di documenti, e’ ricorribile per cassazione per tutti i motivi indicati dall’articolo 606 c.p.p., comma 1: SSUU 9857/2008 Rv. 242290; quindi, il ricorso del Pubblico Ministero deve ritenersi ammissibile;

b) “In tema di sequestro probatorio, con l’opposizione avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle cose sequestrate sono deducibili esclusivamente censure relative alla necessita’ di mantenere il vincolo a fini di prova e non anche alla opportunita’ o legittimita’ del sequestro, che possono essere fatte valere con la richiesta di riesame”: ex plurimis Cass. 24959/2014 Rv. 264059.

Infatti, a norma dell’articolo 262 c.p.p., le cose sono restituite a chi ne abbia diritto “quando non e’ necessario mantenere il sequestro a fini di prova”: di conseguenza, non puo’ il giudice per le indagini preliminari ordinare il dissequestro per motivi che attengono alla legittimita’ del provvedimento genetico, in quanto la competenza a decidere la fondatezza del fumus del reato contestato e’ riservata in via esclusiva al Tribunale del riesame.

2. Tanto premesso, posto che il procedimento che ha ad oggetto la richiesta di dissequestro di un bene sottoposto a sequestro probatorio, deve vertere solo ed esclusivamente sulla necessita’ di mantenere il vincolo a fini di prova e non anche alla opportunita’ o legittimita’ del sequestro, il primo punto che occorre esaminare e’ se il giudice per le indagini preliminari si sia ad esso attenuto.

In realta’, come appare del tutto evidente dalla motivazione dell’ordinanza che si e’ testualmente riportata, il giudice per le indagini preliminari, nonostante abbia premesso di aderire al suddetto principio di diritto, di fatto, poi, ha ritenuto l’insussistenza del nesso di pertinenzialita’ fra il bene sequestrato ed i reati per cui si procede, non perche’ fosse venuta meno la necessita’ di mantenere il vincolo a fini di prova, ma perche’, a suo giudizio, in pratica, i reati contestati, o erano insussistenti o, comunque, si erano prescritti.

Con la suddetta motivazione, quindi, il giudice per le indagini preliminari, esorbitando dai limitati poteri che la legge gli concede nell’ambito del procedimento di restituzione, si e’, di fatto, appropriato dei poteri del Tribunale del Riesame (valutazione nel merito della opportunita’ o legittimita’ del sequestro) disponendo il dissequestro per motivi del tutto eccentrici e diversi da quelli solo consentitigli, ossia, ex combinato disposto degli articoli 262 e 263 c.p.p., solo ed esclusivamente quelli limitati a valutare se sia o meno necessario mantenere il sequestro a fini di prova dei reati contestati sui quali, in questa ristretta fase, non ha alcun potere di valutarne la fondatezza perche’ tale profilo puo’ essere sottoposto dall’indagato solo al Tribunale del Riesame e solo da questo organo puo’ essere vagliato.

L’ordinanza, pertanto, dev’essere annullata e gli atti nuovamente trasmessi al giudice per le indagini preliminari che, nella nuova decisione, si uniformera’ al seguente principio di diritto: “In tema di sequestro probatorio, con l’opposizione avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle cose sequestrate, sono deducibili esclusivamente censure relative alla necessita’ di mantenere il vincolo a fini di prova, ex articolo 262 c.p.p., e non anche alla opportunita’ o legittimita’ del sequestro, che possono essere fatte valere con la richiesta di riesame: di conseguenza, non puo’ il giudice per le indagini preliminari ordinare il dissequestro per motivi che attengono alla legittimita’ del provvedimento genetico, in quanto la competenza a decidere la fondatezza del fumus del reato contestato e’ riservata in via esclusiva al Tribunale del riesame”.

P.Q.M.

ANNULLA l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Sondrio per il corso ulteriore.

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