Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 24 novembre 2015, n. 23925

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere

Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11573 -2011 R.G. proposto da:

(OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – (OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – (OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – (OMISSIS) (gia’ ” (OMISSIS)”) – c.f. (OMISSIS) – in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato (OMISSIS) li rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso.

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – rappresentato e difeso in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso dall’avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

e

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

Avverso la sentenza n. 559/2010 della corte d’appello di Venezia;

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 22 ottobre 2015 dal consigliere dott. Luigi Abete;

Udito l’avvocato (OMISSIS) per i ricorrenti, Udito l’avvocato (OMISSIS) per il controricorrente;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 8.9.1999 (OMISSIS) citava a comparire innanzi al tribunale di Belluno la ” (OMISSIS)”, i soci illimitatamente responsabili (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), nonche’ le sorelle (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il fratello (OMISSIS).

Esponeva che era comproprietario, a seguito e per effetto della successione ereditaria di ambedue i genitori, unitamente alle sorelle ed al fratello, di una porzione di fabbricato in (OMISSIS); che con atto a rogito notar (OMISSIS) del 10.5.1999 le sorelle ed il fratello avevano alienato le rispettive quote di 1/5, ovvero la complessiva quota dei 4/5 dell’immobile, alla ” (OMISSIS)” s.n.c. in persona dei soci (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS); che, “quale partecipante alla comunione ereditaria, i fratelli prima di cedere le loro quote a soggetti terzi, avrebbero dovuto notificargli la proposta di vendita e porlo nelle condizioni di esercitare la prelazione ex articolo 732 c.c.” (cosi’ ricorso, pag. 3); che tuttavia a tanto non avevano provveduto.

Chiedeva che “venisse accertata e dichiarata la sussistenza delle condizioni per l’esercizio del retratto successorio, ai sensi dell’articolo 732 c.c., con riguardo alla porzione di immobile ceduta alla societa’ (OMISSIS) s.n.c., e che, per l’effetto, venisse disposto il trasferimento a suo favore della proprieta’ della quota di 40/50 (…), alle medesime condizioni e prezzo indicati nell’atto di compravendita” (cosi’ ricorso, pagg. 3-4).

Si costituivano la ” (OMISSIS)” s.n.c. nonche’ i soci (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS).

Tra l’altro, instavano nel merito per il rigetto dell’avversa domanda ed, in via riconvenzionale, in ipotesi di suo accoglimento, per la condanna dell’attore al pagamento del prezzo con gli interessi e al rimborso delle spese notarili.

Si costituivano (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Tra l’altro, instavano nel merito del pari per il rigetto della domanda formulata dal fratello.

Con sentenza n. 559/2004 il tribunale adito dichiarava inammissibile e comunque rigettava la domanda dell’attore e lo condannava a rimborsare alle controparti le spese di lite.

Interponeva appello (OMISSIS).

Resistevano la ” (OMISSIS)” s.n.c. ed i soci collettivisti; esperivano altresi’ appello incidentale condizionato ai fini della condanna dell’attore al pagamento del prezzo con gli interessi e al rimborso delle spese notarili in ipotesi di accoglimento del gravame principale.

Resistevano (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Con sentenza n. 559/2010 la corte d’appello di Venezia accoglieva parzialmente il gravame principale e, per l’effetto, accertava e dava atto della sussistenza delle condizioni per l’esercizio del diritto di prelazione e riscatto ex articolo 732 c.c. da parte di (OMISSIS) e quindi trasferiva al medesimo appellante principale la quota ideale di 40/50 della piena proprieta’ del fabbricato in (OMISSIS) alle stesse condizioni ed allo stesso prezzo indicati nel rogito per notar (OMISSIS) del 10.5.1999; condannava gli appellati ” (OMISSIS)” s.n.c. ed i soci collettivisti a rimborsare all’appellante principale le spese del doppio grado; condannava l’appellante principale a rimborsare ad (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) le spese del grado.

Esplicitava la corte distrettuale che era pacifico tra le parti ed inoltre emergeva dalla documentazione agli atti che il fabbricato in (OMISSIS) rappresentava “la quasi totalita’ dell’asse ereditario, ove si escludano taluni terreni agricoli ed un fabbricato rurale del valore stimato di allora un milione di lire” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 19); che era “erronea (…) dunque la valutazione del primo giudice circa la vendita pregressa di meta’ del patrimonio ereditario, stante che l’unico bene uscito dalla comunione era quello di infimo valore sopra descritto” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 19).

Esplicitava che, pertanto, si era nel caso di specie verificata esattamente l’ipotesi di cui all’articolo 732 c.c., ovvero che “i coeredi venditori si erano disfatti della loro intera quota ereditaria a favore di terzo estraneo, immettendolo nella loro identica situazione giuridica, con effetto immediato traslativo e non meramente obbligatorio, tanto che gli (OMISSIS) da subito occuparono i locali loro venduti” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 21).

Esplicitava, in particolare, che deponevano quali indizi in tal senso non solo la circostanza per cui il fabbricato in (OMISSIS) costituiva l’unico bene dell’asse ereditario, ma, inoltre, quali ulteriori circostanze, l'”immissione immediata nel possesso del bene dell’acquirente, prima del pagamento del prezzo e con rinunzi a all’ipoteca legale; la rinuncia dell’acquirente ad eventuali eccezioni volte a rifiutare o ritardare il saldo; l’immissione dell’acquirente nelle comproprieta’ condominiali, in necessaria quota comune col retraente; la rinuncia alla garanzia per evizione e infine le trattative intercorse anche col coerede per la vendita ed in genere il disinteresse manifestato dagli alienanti rispetto alla sorte della comunione post vendita” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 22).

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso ” (OMISSIS)” (gia’ ” (OMISSIS)”) nonche’ i soci collettivisti (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS); ne hanno chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.

(OMISSIS) ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimita’.

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto difese.

(OMISSIS) ha depositato altresi’ memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti deducono “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3) in relazione all’articolo 732 c.c. e agli articoli 2697 e 2727 c.c.. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5)” (cosi’ ricorso, pag. 10).

Premettono che nella pregresse fasi di merito avevano dedotto, e comprovato merce’ allegazione della denunzia di successione di (OMISSIS), che il compendio immobiliare relitto dai genitori dei germani (OMISSIS) era ben piu’ consistente; che con distinti atti di disposizione per notar (OMISSIS) risalenti al 1992 i coeredi (OMISSIS) avevano gia’ alienato alcuni cespiti ereditari; che a seguito di tali atti di disposizione erano residuati il fabbricato in (OMISSIS), di cui al rogito per notar (OMISSIS) del 10.5.1999, e taluni altri cespiti dagli eredi (OMISSIS) poi ceduti a terzi con atto per notar (OMISSIS) in data 28.6.2004; che, dunque, “i beni trasferiti per la quota di 40/50 alla societa’ (OMISSIS) non erano affatto gli unici cespiti sui quali sussisteva la comunione ereditaria” (cosi’ ricorso, pag. 14);

che i beni oggetto del rogito del 10.5.1999 erano stati individuati e descritti “senza nulla aggiungere con riguardo agli altri beni in comunione ereditaria, o con riferimento ad eventuali pesi e/o passivita’ ereditarie ed alla loro ripartizione” (cosi’ ricorso, pag. 14).

Adducono, quindi, che la corte distrettuale ha omesso “di considerare che i beni indicati nell’atto (…) del 10.05.1999 non costituivano gli unici beni ereditari in comunione tra le parti” (cosi’ ricorso, pag. 14); che, al contempo, la corte “afferma, in maniera apodittica, che il bene in questione aveva un valore tale da rappresentare la “quasi totalita’” dell’asse ereditario” (cosi’ ricorso, pag. 14); che, invero, “non esiste, agli atti di causa, una valutazione di stima degli immobili e/o della massa ereditaria” (cosi’ ricorso, pag. 15); che “erra, inoltre, la Corte veneziana neh” individuare una presunzione (semplice) a favore del retraente, nel senso che il trasferimento contestato sarebbe qualificabile come cessione di quota ereditaria, salva la prova contraria (…) che consenta (…) di escludere che l’intento dei contraenti fosse quello di introdurre un terzo soggetto nella comunione” (cosi’ ricorso, pag. 15).

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo del giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5)” (cosi’ ricorso, pag. 16).

Premettono che nella pregresse fasi di merito avevano “segnalato come nell’atto (…) (OMISSIS) in data 10.05.1999 (…) le parti stipulanti non avessero fatto alcun riferimento alla massa ereditaria, ad eventuali passivita’ ereditarie, ecc, ma solamente ai singoli beni individuati e descritti” (cosi’ ricorso, pag. 17); che “l’effettiva volonta’ delle parti (…) non era, dunque, quella di far subentrare l’acquirente (…) nella comunione ereditaria, ma solamente quella di cedere i diritti dei coeredi alienanti sui cespiti oggetto di causa” (cosi’ ricorso, pag. 17); che, del resto, la stipula del rogito era stata preceduta da una fase di trattative anche con (OMISSIS), il quale aveva incaricato “un proprio tecnico di fiducia per acquisire una valutazione di stima del solo bene immobile in (OMISSIS) (…) e non, invece, una valutazione di stima piu’ ampia, relativa alla quota ereditaria dei fratelli” (cosi’ ricorso, pag. 17).

Adducono, percio’, che ha “errato, la Corte territoriale, nel “ricostruire” la volonta’ negoziale delle parti in relazione all’atto notarile in data 10.05.1999, pervenendo alla conclusione che l’intento fosse quello di trasferire una quota ereditaria” (cosi’ ricorso, pag. 20); che “anche sotto questo profilo (…) gravava sul (OMISSIS) l’onere della prova relativo ai presupposti di applicabilita’ della prelazione e del retratto (…), onere rimasto del tutto insoddisfatto” (cosi’ ricorso, pag. 20).

Si giustifica la disamina congiunta di ambedue i motivi di ricorso.

I motivi invero sono strettamente connessi.

Entrambe le ragioni di censura in ogni caso sono destituite di fondamento.

Si rimarca in primo luogo che la comunione iure heriditatis tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (siccome del resto riconoscono gli stessi ricorrenti: cfr. ricorso, pag. 13) perdurava senz’altro allorche’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ebbero, con l’atto per notar (OMISSIS) del 10.5.1999, ad alienare le rispettive quote ideali, di 1/5 ciascuno, della proprieta’ intera del fabbricato in (OMISSIS) alla ” (OMISSIS)”.

Vero e’ che dalla comunione ereditaria erano fuoriusciti i beni venduti a rogito notar (OMISSIS) in data 18.4.1992, tuttavia siffatta circostanza non esclude che la comunione iure successionis permanesse sui residui cespiti ai (OMISSIS) pervenuti a seguito e per effetto della morte di ambedue i comuni genitori.

Si rimarca in secondo luogo che deve reputarsi senza dubbio corretta l’affermazione della corte di merito secondo cui il fabbricato in (OMISSIS) integrasse la quasi totalita’ del valore dell’asse ereditario residuo.

Al riguardo, in particolare, si rimarca quanto segue.

Per un verso, l’affermazione della corte distrettuale secondo cui “la quota di 40/50 oggetto di alienazione risulta valutata in allora 250 milioni di lire” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 19), e’ stata censura dai ricorrenti in maniera del tutto generica, con la prospettazione per nulla specifica secondo cui “non esiste, agli atti di causa, una valutazione di stima degli immobili e/o della massa ereditaria” (cosi’ ricorso, pag. 15).

Per altro verso, nessun elemento dai ricorrenti risulta offerto onde consentire il riscontro dell’incidenza, rispetto al valore complessivo dell’asse ereditario residuo alla data del 10.5.1999, dei cespiti dagli eredi (OMISSIS) poi alienati a terzi, in data 26.8.2004, con atto per notar (OMISSIS). E cio’, si badi, tanto piu’ che il controricorrente ha addotto che “i ricorrenti non hanno mai contestato che (…) i due residui terreni agricoli (mappali 889 e 901 f. 42) di complessivi mq 260 erano invece di insignificante valore in quanto posti in zona di vincolo cimiteriale (vedasi perizia geom. (OMISSIS) con allegate mappe e certificato destinazione urbanistica(…)” (cosi’ controricorso, pag. 5).

Su tale scorta vi e’ certamente margine perche’ si reiteri l’insegnamento di questa Corte di legittimita’ in virtu’ del quale, se un erede aliena ad un estraneo la quota indivisa dell’unico cespite ereditario, si presume l’alienazione della sua corrispondente quota, intesa come porzione ideale dell’universum ius defuncti, e percio’ il coerede puo’ esercitare il retratto successorio (articolo 732 c.c.), salvo che il retrattato dimostri, in base ad elementi concreti della fattispecie ed instrinseci al contratto (volonta’ delle parti, scopo perseguito, consistenza del patrimonio ereditario e raffronto con l’entita’ dei beni venduti), con esclusione del comportamento del retraente, estraneo al contratto medesimo, che, invece, la vendita ha ad oggetto un bene a se’ stante (cfr. Cass. 28.10.2010, n. 22086; Cass. 9.4.1997, n. 3049; Cass. 12.4.1983, n. 2574).

In questo quadro si rappresenta innanzitutto che evidentemente non meritano alcun seguito gli assunti dei ricorrenti secondo cui, “in ogni caso, con riguardo al fatto concreto, non puo’ operare alcuna presunzione, non sussistendo alcuna pluralita’ di indizi “gravi, precisi e concordanti” (cosi’ ricorso, pag. 15) e secondo cui “spetta al riscattante offrire la prova (…) che il negozio stipulato dai coeredi col terzo integri i presupposti per l’esercizio della prelazione ereditaria e/o del retratto” (cosi’ ricorso, pag. 15).

In questo quadro si rappresenta comunque che l’ulteriore assunto dei ricorrenti, secondo cui “ha dunque errato la Corte territoriale nel “ricostruire” la volonta’ negoziale delle parti in relazione all’atto notarile in data 10.05.1999, pervenendo alla conclusione che l’intento fosse quello di trasferire una quota ereditaria” (cosi’ ricorso, pag. 20), si risolve evidentemente in una quaestio ermeneutica del rogito per notar (OMISSIS).

Alla luce di tal ultimo rilievo vanno conseguentemente ribaditi gli insegnamenti di questo Giudice del diritto a tenor dei quali l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attivita’ riservata al giudice di merito ed e’ censurabile in sede di legittimita’ soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioe’ tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131). Ed a tenor dei quali, ancora, ne’ la censura ex n. 3) ne’ la censura ex n. 5), articolo 360 c.p.c., comma 1 possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimita’, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni (plausibili), non e’ consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimita’ del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

Ebbene, nel segno delle enunciate indicazioni nomofilattiche l’interpretazione patrocinata dalla corte distrettuale e’ in loto inappuntabile, giacche’, da un canto, non si prospetta in spregio ad alcun criterio ermeneutico legale, giacche’, dall’altro, risulta sorretta da motivazione esaustiva, congrua e logica.

D’altronde, va debitamente sottolineato che la corte veneziana, pur al di la’ della presunzione relativa desumibile dalla circostanza per cui il valore del fabbricato in (OMISSIS) di fatto esauriva il valore dell’asse ereditario, ha provveduto – siccome si e’ in precedenza esposto – ad individuare e indicare analiticamente le ulteriori circostanze alla cui stregua reputare che (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avessero inteso alienare la quota ereditaria ad essi spettante.

Il rigetto del ricorso giustifica la condanna in solido dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’.

La liquidazione segue come da dispositivo.

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto difese.

Nonostante il rigetto del ricorso, pertanto, nessuna statuizione nei loro confronti va assunta in ordine alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente (OMISSIS) le spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano in euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge.

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