Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema CORTE DI CASSAZIONE

sezione II

sentenza 25 marzo 2014, n. 13916

Ritenuto in fatto

 1. Con sentenza in data 21.6.2012, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano del 10.5.2010, dichiarava prescritto il reato di truffa pluriaggravata, ascritto a B.M. , confermando nel resto e condannando l’imputato al pagamento delle spese in favore della parte civile.

1.1 Il caso riguarda una condotta truffaldina protrattasi dal 1995 al luglio del 2003, che ha visto impegnato B.M. , dapprima come praticante presso lo studio legale milanese dell’Avv. Fulvio P. ed in seguito, quando l’avvocato ha mutato il proprio assetto professionale, nello studio legale associato degli avvocati P. – Bu. — K. – T. , in una lunghissima attività truffaldina a danno dei professionisti per i quali lavorava. Secondo quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale, B. , svolgendo l’attività professionale – pur non avendone mai conseguito il titolo di avvocato – all’interno dei due studi legali predetti, era riuscito ad intascare, nel corso di diversi anni, ingenti somme di denaro provenienti da procedure esecutive immobiliari instaurate da Italfondiario, cliente dell’avvocato P. , ed affidate per la trattazione ai due studi su menzionati. Avverso tale sentenza ricorre il difensore dell’imputato, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo:

a) La violazione ed erronea applicazione in relazione all’art. 606 comma primo lett. b) c.p.p. – degli artt. 81 cpv., 158 comma primo, 640, c.p.. La pronuncia della Corte d’Appello sulla prescrizione del reato è errata perché, essendo stato contestato il reato di cui agli artt.640, 61 n.7 e 11, 81 cpv. c.p., si è inteso individuare una pluralità di fatti ciascuno integrante il reato di truffa all’interno di un unico disegno criminoso, tuttavia distinti per quanto riguarda la decorrenza del termine di prescrizione, stante la modifica legislativa che ha eliminato nel testo dell’art. 158 comma primo codice penale la disposizione secondo cui tale termine decorre dalla cessazione della continuazione.

b) La violazione ed erronea applicazione in relazione all’art.606 comma primo lett. e) c.p.p. per la mancanza di motivazione del rigetto della richiesta di assoluzione dell’imputato, anche ai sensi dell’art. 530 comma secondo c.p.p., in ordine ai due episodi denominati ‘(OMISSIS) ‘ e ‘(OMISSIS) ‘.

c) violazione ed erronea applicazione in relazione all’art. 606 comma primo lett. e) c.p.p. per la mancata motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma primo lett. e) c.p.p. circa il rigetto del motivo d’appello con il quale é stata chiesta l’esclusione della condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile ‘Studio Legale Associato P. – Bu. – K. – T. ‘ e circa l’esclusione della provvisionale a tale parte assegnata.

 Considerato in diritto

 2. Il ricorso non è fondato.

2.1 Riguardo al primo motivo, va precisato che i giudici di merito, di entrambi i gradi, hanno ritenuto che la condotta illecita del B. , quale emerge dalla puntuale descrizione dei testi, avvalorata dal contenuto dei documenti bancari, ed in particolare dalle articolate ed ingegnose modalità attuate per sottrarre il denaro senza essere scoperto costituiscono gli ‘artifici e dei raggiri’ che hanno indotto in errore le parti civili che proprio in ragione della particolare natura del raggiro, per anni, non hanno minimamente sospettato della illecita conduzione delle pratiche ed hanno inconsapevolmente subito il depauperamento delle loro spettanze perché le pratiche erano nella totale disponibilità del B. , che poteva operare autonomamente e senza onere di rendicontazione.

2.2 I giudici del merito hanno perciò ritenuto,quanto al momento consumativo del reato di truffa di cui al capo A), che ‘la valutazione e la individuazione degli ‘artifici e raggiri’ posti in essere dal B. non può fermarsi e limitarsi al periodo di manomissione delle singole pratiche ed esaurire, con queste sole, le conseguenze del comportamento illecito. In realtà, è emerso, relativamente a tale capo di imputazione, che il prevenuto ha creato un vero e proprio ‘marchingegno continuativo’ – costituito dall’intreccio di diverse pratiche e dall’utilizzo del denaro destinato ad alcune di esse da far valere su altre posizioni, per celare momentaneamente l’inganno – i cui effetti, oltremodo dannosi soprattutto dal punto di vista patrimoniale per le persone offese, si sono attestati nel periodo successivo al luglio del 2003, vale a dire a partire dal momento in cui unitamente ad esponenti dell’Italfondiario, si è pervenuti ad una quantificazione dell’ammanco ‘e, quindi, del danno per le costituite parti civili STUDIO LEGALE ed avvocati in proprio. Solo a partire dal luglio del 2003, quindi, e divenuta definitiva la ‘potenziale’ lesione del patrimonio della parte offesa; solo con l’impegno all’esborso – poi effettivo – da parte delle costituite parti civili si e verificata la c.d. ‘deminutio patrimonii’ del soggetto passivo e quindi, la consumazione delle diverse truffe contestate al capo A), poste in essere, lo si ripete attraverso tutta una serie di atti concatenati tra loro che non è possibile considerare singolarmente, ma che hanno consentito la finale locupletazione (cfr pagg.7-8 del provv.imp.).

2.2 La Corte territoriale ha,dal canto suo affermato, a conferma di quanto ritenuto in prime cure che: ‘La realtà è che B. ha saputo congegnare un programma a vasto raggio, forte però di una circostanza indiscussa, ovvero la cieca fiducia di P. nei suoi confronti. Giocando su questo fattore, ha costruito con meticolosità il suo piano, individuando nella gestione delle pratiche Italfondiario un sistema che gli consentisse di riversare nei conti a lui riferibili somme che non gli spettavano. Evitava pertanto di riporre i singoli fascicoli relativi alle pratiche nelle c.d. ‘sacche’ nominative e aveva imparato a farle risultare ‘archiviate’ nel sistema informatico; aveva convinto la cancelleria delle esecuzioni immobiliari del Tribunale di Sondrio (circostanza mai smentita) a far intestare gli assegni o i bonifici del ‘saldo prezzo’ derivante dalla vendita dell’immobile pignorato non Italfondiario all’avv. P. o allo ‘Studio Legale P. ‘. A questo punto il piano architettato prevedeva gli importi venissero versati sui due conti correnti dell’avv. P. e venivano prelevati dal B. attraverso il riempimento di moduli per richieste di assegni circolari secondo le modalità sopra ben scritte e non contestate dall’interessato. Stesso percorso degli assegni veniva verificato quando la somma destinata dal piano di riparto a Italfondiario veniva pagata, attraverso mandati di pagamento intestati dalla cancelleria delle esecuzioni immobiliari del Tribunale di Sondrio all’avv. P. . Altro sistema era stato architettato dal B. per il ‘comparto’ ‘transazioni’ e per la ed rinuncia agli esecutivi. Sul punto si richiama l’esauriente motivazione del Tribunale. Nessuna contestazione o nessun elemento a difesa ha mai ritenuto di muovere o portare l’interessato. Quanto al momento consumativo della truffe di cui al capo A) — indicato dal P.M. ‘in epoca successiva al luglio del 2003’ deve osservarsi che la valutazione e la individuazione degli ‘artifici e raggiri’ posti in essere dal B. non può fermarsi e limitarsi al periodo di manomissione delle singole pratiche ed esaurire, con queste sole, le conseguenze del comportamento illecito. Quanto alla prescrizione, il Tribunale ha colto nel segno individuando nell’attività posta in essere dai B. quello che ha definito un ‘marchingegno’ continuativo: l’inestricabile intreccio di posizioni e pratiche diverse e contestualmente il dirottare il denaro di pertinenza di alcune su altre posizioni, ha fatto sì che l’attività truffaldina non venisse scoperta per un lunghissimo arco temporale. La decurtazione del patrimonio delle persone offese è incontestabilmente avvenuta in un periodo successivo al luglio del 2003, data nella quale a seguito di un difficile e lungo lavoro condotto insieme a funzionario dell’Italfondiario, all’esito del quale è diventata concreta ed esigibile quella che fino a quel punto era stata solo una ‘potenziale’ lesione del patrimonio della parte offesa.’ (pag.19).

2.3 È, pertanto, evidente che i giudici del merito, sulla base dei fatti ricostruiti, hanno colto nella condotta del B. un aspetto del tutto peculiare, il protrarsi nel tempo della condotta e degli effetti tipici della stessa in termini di danno, indotti dalla rilevante incisività dell’azione decettiva. Azione che, che seppur agita in solitudine, ha coinvolto molteplici soggetti e mezzi, sfruttando i sistemi organizzativi e gli ignari compartecipi,in un crescendo adattivo dell’originaria ideazione alle esigenze contingenti, in modo che il fattore temporale, era stato dall’imputato consapevolmente programmato, anche in ragione del nascondimento dell’illecito, come funzione quantitativamente necessaria ad incrementare il profitto e, valutata dai giudici indispensabile, a paramentrare l’antagonista danno.

2.4 A parere di questo Collegio, proprio la presenza di una quantità di tempo come elemento necessario alla realizzazione di quella specifica ideazione criminosa, assimila il delitto in esame alla figura dottrinaria e giurisprudenziale del reato c.d. a consumazione prolungata o, con più felice denominazione perché più consona all’essenza del fenomeno, a condotta frazionata, con ciò volendosi individuare quella particolare fattispecie criminosa, in cui la condotta è destinata, per come è stata ideata, necessariamente a protrarsi nel tempo, anche con soluzione di continuo, prima che il reato,strutturandosi in tutti i suoi elementi,si consumi. (per le diverse fattispecie giurisprudenziali: sent. n. 9343 del 2010 Rv. 249809; sent. n. sent. n. 26553/2007 rv. 237169; sent. n. 11026/2005, rv. 231157; sent. n. 26256/2007 rv. 237299; sent. n. 4300/1997 rv. 208886; sent. n. 17036/2009, rv. 243959).

2.5 È del tutto evidente che in tale figura, frutto della costruzione dottrinaria, subito recepita dalla giurisprudenza per la sua rilevanza contemporanea, il tempo assume un ruolo tra gli elementi caratterizzanti e il delitto di truffa, per la sua struttura composita che si articola in plurimi elementi,tutti ugualmente necessari alla perfezione della fattispecie tipo (artifici – raggiri – induzione in errore – profitto -danno), si presta di buon grado, nella realtà, ad atteggiarsi come reato a condotta frazionata cioè come fatto illecito caratterizzato da un evento che continua a prodursi nel tempo, con soluzione di continuità ma sorretto dalla medesima originaria ideazione, sicché per le specifiche modalità con cui la condotta criminosa si conforma alla realizzazione del progetto criminoso e si attua, necessita di protrarsi nel tempo. Cosa che, peraltro, non vuoi dire il trasfigurarsi dell’essenza stessa del reato, ma solo che la condotta viene caratterizzata dal protendersi nel tempo, in ragione della specifica ideazione che la sorregge, inglobando tutti gli episodi che, singolarmente, non sono stati ideati per esaurire,nella realtà fenomenica,la totalità degli elementi che compongono il progetto truffaldino.

2.6 Così stando le cose, questo Collegio ritiene che a ragione l’ipotesi di truffa qui in esame, se anche gli artifici e raggiri e induzione in errore sono la risultante di una molteplicità di atti, frutto della ripetizione di omologhe condotte lesive, debba inquadrarsi nell’ambito dei delitti a ‘condotta frazionata’: come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale le singole ed autonome azioni, pur costituenti altrettante condotte truffaldine, si devono apprezzare e valutare come singoli momenti di un’unica azione lesiva, concepita e sorretta da unitaria volizione, e che correttamente sia stato individuato il momento della consumazione del reato al venir meno di tutti gli effetti della condotta decettiva diretta al nascondimento dell’illecito, in stretta correlazione con il reale configurarsi dell’elemento bifronte profitto-danno.

2.7 Il primo motivo di ricorso, che sostiene essersi trattato di una reato continuato, prescritto già prima della pronuncia del Tribunale, va rigettato.

2.8 Manifestamente infondato è il secondo motivo. Rileva infatti,come precisa lo stesso ricorrente, che la Corte, nel pronunciare estinto per intervenuta prescrizione il reato ha fatto rinvio alle motivazione del giudizio di prime cure, avendo di quel giudizio valutato, giustificato e condiviso l’essenza; condividendo in altri termini, il giudizio di colpevolezza non ravvisando evidenze univoche per assolvere. Questa Corte, ha già affermato,con decisione che questo Collegio condivide e intende far propria che ‘in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di ‘constatazione’, ossia di percezione ‘ictu oculi’, che a quello di ‘apprezzamento’ e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento’. (SS.UU. n.35490/2009 rv 24274).

2.9 Anche il terzo motivo è manifestamente infondato. Anche a voler prescindere dalla palese infondatezza dell’affermazione della carenza di motivazione, perché sia il Tribunale che la Corte d’appello hanno compiutamente risposto alla deduzione che viene qui riproposta, rimane il fatto che la Corte ha compiutamente affrontato la questione relativa alla legittimazione dello studio professionale a stare in giudizio citando una sentenza di questa Corte che è espressione di una giurisprudenza non controversa (vedi anche Cass.civ. n.6994 del 2007; cass. Civ. n. 10942 del 1993) a nulla rilevando, riguardo al diritto di stare in giudizio, la pretesa mancata iscrizione all’albo professionale che ha diversa funzione di garanzia, con riguardo all’attività professionale svolta.

2.10 Il ricorso,per i motivi che precedono, deve essere rigettato: al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio alle parti civili che ne hanno fatto richiesta, come da dispositivo.

 P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione in favore delle parti civili costituite delle spese del presente grado di giudizio che liquida in Euro 4000,00, per compensi, oltre accessori di legge.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *