Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 9 dicembre 2015, n. 24852

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere

Dott. ORICCIO Antonio – Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14384/2011 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.r.l. p.iva (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente, domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1620/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/11/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore dei ricorrenti, che si riporta agli scritti difensivi in atti;

udito l’Avvocato (OMISSIS), che ha depositato dichiarazione dell’identita’ del legale rappresentante della Soc. (OMISSIS) ed ha chiesto l’accoglimento delle difese in atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. – La (OMISSIS) s.r.l. convenne in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare che essa attrice (quale promittente venditore) aveva stipulato con i convenuti (quali promissari acquirenti), avente ad oggetto un villino sito nel comune di (OMISSIS).

2. – Il Tribunale di Roma accolse la domanda attorea e dispose il trasferimento della proprieta’ dell’immobile dalla societa’ attrice ai convenuti, subordinandolo al pagamento in favore della (OMISSIS) – a saldo del prezzo – della somma di euro 102.373,50 (da maggiorare con gli interessi legali), da eseguirsi entro quattro mesi dal passaggio in giudicato della sentenza; respinse le domande riconvenzionali proposte dal convenuti.

3. – Sul gravame proposto dai convenuti, la Corte di Appello di Roma confermo’ la sentenza di primo grado.

4. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di cinque motivi.

Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.r.l..

Le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 cod. proc. civ..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilita’ del controricorso, proposta dai ricorrenti nella memoria difensiva, per non essere stati indicati – nella procura speciale in calce all’atto – il nome e il cognome del soggetto firmatario; trattasi di eccezione infondata, in quanto – contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti – la detta procura risulta sottoscritta da ” (OMISSIS) n.q.”, che, dalla sentenza impugnata, risulta essere l’amministratore unico e legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l..

2. – Col ricorso si formulano le seguenti censure.

2.1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla conclusione della Corte territoriale circa la mancata prova che gli abusi edilizi relativi al primo piano della palazzina fossero stati realizzati dalla (OMISSIS), piuttosto che dai promissari acquirenti. Secondo i ricorrenti, i giudici di merito non avrebbero tenuto conto delle risultante della consulenza tecnica di ufficio e degli altri accertamenti tecnici eseguiti.

La censura e’ inammissibile.

I ricorrenti censurano la valutazione delle prove acquisite da parte dei giudici di merito e le conclusioni cui essi sono pervenuti nel ritenere non provato che gli abusi edilizi riscontrati nell’immobile (e consistiti nella trasformazione della soffitta in vani abitabili) fossero precedenti alla stipula del preliminare e fossero siano ascrivibili alla societa’ promittente venditrice.

E tuttavia, in conformita’ alla costante giurisprudenza di questa Corte, va ribadito che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimita’ non il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo la facolta’ di controllare – sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale – le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale soltanto spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di valutarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere – tra le complessive risultanze del processo – quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad essi sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvi i casi, tassativamente previsti dalla legge, in cui la valutazione delle prove e’ sottratta alla discrezionalita’ del giudice: c.d. prove legali). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorieta’ della medesima, puo’ legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 2357 del 07/02/2004, Rv. 569961; Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011 Rv. 620709; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230).

Nella specie, i giudici di merito hanno chiarito, con dovizia di argomenti, le ragioni della loro decisione (spiegando, tra l’altro, che nella planimetria acclusa al preliminare si precisava che il primo piano non avrebbe avuto destinazione abitativa ed aveva un’altezza di “Hm. 2,2-soffitta” e che l’immobile fu consegnato dopo appena due mesi dalla stipula del preliminare); non si ritiene, peraltro – per ovvi motivi – di riportare qui integralmente tutte le suddette argomentazioni, sembrando sufficiente al Collegio far rilevare che le stesse non sono ne’ illogiche ne’ insufficienti; e che, anzi, l’estensore della sentenza ha esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la decisione adottata.

Riducendosi la censura mossa dal ricorrente a doglianze relative al merito della valutazione delle prove, la stessa risulta inammissibile.

2.2. – Col secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 2932 cod. civ., per avere la Corte territoriale disposto il trasferimento della proprieta’ dell’immobile privo di regolarita’ urbanistica.

La doglianza non e’ fondata.

Va premesso che la nullita’ prevista dall’articolo 40 della legge n. 47 del 1985 – derivando semplicemente dalla mancata indicazione nell’atto, da parte dell’alienante, degli estremi della concessione (ad edificare o in sanatoria) – rappresenta, al pari di quella contemplata dal precedente articolo 17, una nullita’ formale, riconducibile – nel sistema generale dell’invalidita’ – al l’articolo 1418 c.c., u.c., in quanto la legge speciale eleva a requisito formale del contratto la presenza in esso di alcune dichiarazioni, la cui assenza comporta di per se’ la nullita’ dell’atto, a prescindere cioe’ dalla regolarita’ dell’immobile che ne costituisce l’oggetto (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 8147 del 15/06/2000, Rv. 537619).

In questa prospettiva, questa Corte suprema ha affermato la Legge 28 febbraio 1985, n. 47, articoli 17 e 40 comminano la nullita’ degli atti tra vivi con i quali vengano trasferiti diritti reali su immobili ove essi non contengano la dichiarazione degli estremi della concessione edilizia dell’immobile oggetto di compravendita, ovvero degli estremi della domanda di concessione in sanatoria, sanzionando specificamente la sola violazione di un obbligo formale, imposto al venditore al fine di porre l’acquirente di un immobile in condizione di conoscere le condizioni del bene acquistato e di effettuare gli accertamenti sulla regolarita’ del bene stesso attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e quella risultante dalla concessione edilizia, ovvero dalla domanda di concessione in sanatoria. Pertanto nessuna invalidita’ deriva al contratto dalla difformita’ della realizzazione edilizia rispetto alla licenza o alla concessione e, in generale, dal difetto di regolarita’ sostanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche (Sez. 2, Sentenza n. 26970 del 07/12/2005, Rv. 586080).

Piu’ in particolare, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi della Legge 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 40, non puo’ essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex articolo 2932 cod. civ. non solo qualora l’immobile sia stato costruito senza licenza o concessione edilizia (e manchi la prescritta documentazione alternativa: concessione in sanatoria o domanda di condono corredata della prova dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione), ma anche quando l’immobile sia caratterizzato da totale difformita’ della concessione e manchi la sanatoria. Nel caso in cui, invece, l’immobile, munito di regolare concessione e di permesso di abitabilita’, non annullati ne’ revocati, abbia un vizio di regolarita’ urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformita’ rispetto alla concessione (nella specie, per la presenza di un aumento, non consistente, della volumetria fuori terra realizzata, non risolventesi in un organismo integralmente diverso o autonomamente utilizzabile), non sussiste alcuna preclusione all’emanazione della sentenza costitutiva, perche’ il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo ed e’, pertanto, illegittimo il rifiuto del promittente venditore (nella specie, a sua volta acquirente dello stesso immobile in base a precedente rogito notarile) di dare corso alla stipulazione del definitivo, sollecitata dal promissario acquirente (Sez. 2, Sentenza n. 20258 del 18/09/2009, Rv. 609669; v. anche Sez. 2, Sentenza n. 8081 del 07/04/2014, Rv. 630399, secondo cui, ai sensi dell’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, l’irregolarita’ urbanistica che non oltrepassa la soglia della parziale difformita’ dalla concessione – come, nella specie, la presenza di scala esterna – non impedisce l’emanazione della sentenza ex articolo 2932 cod. civ., perche’ il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo).

Alla stregua dei richiamati principi, la previsione della nullita’ – e corrispondentemente, la preclusione all’emanazione della sentenza costitutiva – non e’ applicabile nel caso di specie, in quanto si tratta di immobile costruito sulla base di regolare concessione edilizia, nel quale sono stati eseguite alcune modifiche interne non autorizzate, che non ne hanno mutato per nulla la volumetria.

In ogni caso, poi, si tratta di opere che sono state regolarizzate prima dell’emanazione della sentenza costitutiva dell’effetto traslativo della proprieta’ dell’immobile, essendo intervenuta concessione in sanatoria; ed e’ pacifico che qualora, successivamente al contratto preliminare, intervenga la concessione in sanatoria di eventuali abusi edilizi, rimane esclusa la sanzione della nullita’ per il successivo contratto definitivo di vendita (Sez. 2, Sentenza n. 9849 del 24/04/2007, Rv. 596976).

2.3. – Col terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1490 – 1492 cod. civ., con riferimento al rigetto della domanda di riduzione del prezzo in relazione alle difformita’ edilizie riscontrate, costituenti vizi della cosa venduta. Con il quarto e il quinto motivo di ricorso, si deduce infine la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1440 – 1460 – 1494 – 2043 cod. civ., con riferimento al rigetto della domanda con la quale i convenuti avevano chiesto la condanna dell’attrice al risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta.

Trattasi di censure che rimangono assorbite nel rigetto del primo motivo di ricorso, avendo i giudici di merito ritenuto non provato che gli abusi edilizi siano ascrivibili alla (OMISSIS), cosicche’ non possono logicamente trovare accoglimento le domande riconvenzionali dei promissari acquirenti.

3. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 3.200,00 (tremiladuecento), di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

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