Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 9 giugno 2015, n. 11907

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Presidente

Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27168-2009 proposto da:

(OMISSIS) SRL (OMISSIS), IN PERSONA DELL’AMM.RE UNICO, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) C.F.(OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), QUALI EREDI DI (OMISSIS) E (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS), NELLA LORO QUALITA’ DI EREDI DI (OMISSIS);

– intimate –

avverso la sentenza n. 5176/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/04/2015 dal Consigliere Dott. NUZZO LAURENZA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.r.l. (OMISSIS), in persona dell’amministratore unico,conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), chiedendo l’annullamento per dolo del contratto 25.1.1994, con cui la societa’ attrice aveva acquistato dal dante causa dei convenuti, (OMISSIS), l’azienda sita in (OMISSIS), avente ad oggetto l’attivita’ di produzione e vendita di tappezzeria, per il corrispettivo di lire 120.000.000, interamente corrisposto.

L’attrice chiedeva, inoltre, il risarcimento dei danni pari, quanto meno, al prezzo pagato ed alle spese di ristrutturazione sopportate.

Assumeva che il (OMISSIS) era inadempiente:

a) per non aver rispettato l’impegno di “volturare”, a nome di essa attrice, l’autorizzazione rilasciata dal Comune di Roma che aveva disposto la cessazione dell’attivita’ per la diversita’( vendita di tappezzerie) da quella per cui originariamente era stata rilasciata la licenza e per la inidoneita’ dei locali in quanto accatastati ad uso magazzino;

b) per aver assicurato che i proprietari dei locali avrebbero acconsentito a prorogare il contratto di affitto la cui scadenza era prevista al 1 aprile 1994; era stata, invece,intimata la disdetta del contratto di locazione, con conseguente rilascio dell’immobile al 13 giugno 1996;

c) per non aver adempiuto all’impegno di trasmettere l’elenco- clienti ed aver iniziato un’attivita’ in concorrenza con quella svolta nell’azienda ceduta.

I (OMISSIS) si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto della domanda; chiamavano in causa (OMISSIS) e (OMISSIS), per essere da loro garantiti in relazione alla dedotta inidoneita’ dei locali di cui i chiamati stessi erano proprietari.

Il Tribunale adito, con sentenza pubblicata il 23.4.2003, respingeva le domande dell’attrice per difetto di prova sulla condotta dolosa del (OMISSIS), condannando la s.r.l. (OMISSIS) al pagamento delle spese di lite sostenute dai (OMISSIS) e compensandole nei confronti dei chiamati in causa. Avverso tale decisione la (OMISSIS) s.r.l. proponeva appello cui resistevano i (OMISSIS)- (OMISSIS).

Con sentenza depositata in data 11.12.2008 la Corte d’Appello di Roma respingeva l’appello, condannando la societa’ appellante al pagamento delle spese del grado sostenute da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); compensava le spese medesime tra i (OMISSIS) – (OMISSIS), da un lato, e (OMISSIS) e (OMISSIS) dall’altro.

Osservava la Corte territoriale che la societa’ (OMISSIS) non aveva censurato la statuizione del primo giudice, laddove aveva affermato che la mancata voltura dell’autorizzazione amministrativa e l’attivita’ concorrenziale del (OMISSIS) avrebbero potuto essere valutate in termini di inadempimento e non gia’ come fatti incidenti sulla formazione della volonta’ negoziale, ai fini della configurazione del dolo ex articolo 1439 c.c.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la (OMISSIS) s.r.l., formulando cinque motivi.

Resistono con controricorso e memoria, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

La ricorrente deduce:

1) violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’articolo 112 c.p.c., posto che il giudice di appello aveva omesso di statuire sulla inidoneita’ dei locali oggetto del contratto di cessione di azienda, al fine dell’esercizio dell’attivita’ aziendale, inidoneita’ costituente il presupposto della comunicazione ai locatori del contratto stesso. La censura si conclude con il quesito: “dica la Corte di Cassazione se la decisione della Corte d’Appello integri violazione dell’articolo 112 c.p.c. relativamente al motivo correlato alla inidoneita’ dei locali di cui e’ stata ignorata la sussistenza”;

2) violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, per falsa applicazione dell’articolo 1453 e.e,correlata alla violazione dell’articolo 1439 c.c. e dell’articolo 1346 c.c.; la sentenza impugnata aveva ravvisato la finalita’ della domanda proposta dalla (OMISSIS) nell’annullamento del contratto per dolo, ai sensi dell’articolo 1439 c.c., non tenendo conto dei vizi connaturati alla volonta’ negoziale che oggettivamente investivano “la qualita’ dell’immobile con particolare riferimento alla illiceita’ dell’oggetto”. Sul punto viene sottoposto al Collegio il quesito di diritto: “dica la Corte di Cassazione se l’inidoneita’ dei locali in un negozio concernente la cessione di azienda ai fini dell’esercizio di una determinata attivita’, integri la violazione dell’articolo 1346 c.c. a cagione dell’illiceita’ dell’oggetto”;

3) violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’articolo 1439 c.c., nonche’ violazione dell’articolo 360 c.c., n. 5, per contraddittoria motivazione, per avere la Corte di merito affermato che la mancata voltura dell’autorizzazione amministrativa e l’attivita’ concorrenziale del (OMISSIS) avrebbero potuto, al piu’, essere valutate “in termini di i-nadempimento( di obbligazioni eventualmente assunte) e non gia’ di fatti incidenti sulla formazione della volonta’ negoziale”, non considerando che il dolo era costituito dalla inidoneita’ dei locali e, quindi, dell’oggetto, ex articolo 1436 c.c..

A conclusione della doglianza e’ formulato il quesito: “Dica la Corte di Cassazione se il far apparire come certa la voltura dell’autorizzazione amministrativa, dissimulando la contraria realta’ sottostante, si risolva nella falsa rappresentazione della realta’ inducente in errore, come tale riconducibile al dolo ex articolo 1439 c.c. e non affatto all’inadempienza che viceversa postula il negozio perfezionato nei suoi elementi costitutivi”;

4)violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, per insufficiente motivazione, avendo il Giudice di Appello ritenuto che il netto rifiuto dei locatori alla cessione del contratto di affitto sarebbe stato motivato non solo da questioni involgenti il rapporto con il conduttore ma anche dalla scarsa affidabilita’ dell’ (OMISSIS) s.r.l,, costituitasi appena quattro giorni prima della sentenza dichiarativa di fallimento di altra consimile societa’- s.r.l. (OMISSIS)”, cosi’ facendo riferimento ad una circostanza esulante dal giudizio.

A conclusione della censura e’ formulato il quesito: “dica la Corte di Cassazione se non debba considerarsi insufficiente la motivazione che sia inidonea a giustificare la decisione, posto che la societa’ (OMISSIS) non aveva nulla a che fare con la societa’ (OMISSIS), trattandosi di persone giuridiche che sono distinte e percio’ diverse l’una dall’altra”;

5)omessa motivazione su un punto decisivo della causa e violazione dell’articolo 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di statuire sulla nullita’ del contratto in questione sotto il profilo del combinato disposto degli articoli 1418, 1325 e 1346 c.c. e,cioe’, per difetto di causa del contratto ed illiceita’ dell’oggetto;

Al riguardo si sottopone alla Corte il quesito: “Dica la Corte di Cassazione se l’omissione della motivazione che investe un punto decisivo della causa, costituisca violazione dell’articolo 112 c.c.”.

Rileva preliminarmente il Collegio che l’eccezione d’inammissibilita’ del ricorso, per difetto del requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, come richiesto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, e’ infondata; la ricorrente ha, infatti, riportato, nel ricorso la esposizione dei fatti come esposta nella sentenza impugnata, sufficiente ad illustrare la vicenda processuale e le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento delle rispettive posizioni delle parti, cosi’ da rendere comprensibile il significato e la portata delle critiche sottoposte al vaglio di questa Corte.

Passando all’esame dei motivi di ricorso va evidenziato che essi fanno riferimento comune al valore o alle qualita’ del bene oggetto del negozio di cessione, ma non attingono la “ratio decidendi” della decisione, incentrata sul fatto che, quand’anche si ritenessero provati i fatti addotti da parte attrice, tutte le circostanze dalla stessa denunciate, a giustificazione della domanda, non costituivano prova del dolo lamentatola integravano vari inadempimenti o mancanza di qualita’ o inidoneita’ del bene venduto che non potevano, quindi, legittimare l’azione proposta. Il quesito sulla dedotta inidoneita’ dei locali aziendali e’, pertanto, inconferente rispetto alle ragioni della decisione, del tutto condivisibili da questa Corte, posto che il dolo, ai sensi dell’articolo 1439 c.c., determina l’annullamento del contratto allorche’ i raggiri usati da una parte abbiano determinato la volonta’ a contrarre del ” deceptus”, avendo in lui ingenerato una rappresentazione alterata della realta’, cosi’ provocando un errore essenziale ex articolo 1429 c.c.; il mendacio deve, cioe’, essere accompagnato da astuzie e malizie idonee, in concreto, a sorprendere una persona di normale dili-genza(Cass. n. 257/91), giacche’ l’affidamento non puo’ ricevere tutela giuridica se fondato sulla negligenza. Va aggiunto che la valutazione in concreto dei pretesi raggiri e la loro idoneita’ a trarre altri in inganno si risolve in un giudizio di fatto che, ove sorretta da adeguata motivazione, come nella specie, sfugge al sindacato di legittimita’(Cass. n. 2479/07).

Alla stregua di quanto osservato il ricorso va rigettato.

Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in euro 5.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

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