Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza del 9 novembre 2012, n. 19533

Ritenuto in fatto

1. – Accogliendo la domanda proposta da B.M.P. in Be. e T.G. in B. , proprietarie di un’autorimessa al piano interrato del condominio (…) , il Tribunale di Piacenza, con sentenza in data 23 luglio 2002 resa nel contraddittorio con il condominio, ha annullato le delibere condominiali e revocato il decreto ingiuntivo con il quale era stata ripartita ai sensi del secondo comma dell’art. 1123 cod. civ., cioè in proporzione all’utilità tratta da ciascun condomino, ed erano stati ad esse prevalentemente addebitati gli importi imposti dal Comune di Piacenza al condominio a titolo di occupazione di suolo pubblico e di canone ricognitorio in relazione ad un’intercapedine, originariamente di proprietà del costruttore dell’immobile e poi acquistata dal Comune di Piacenza, collegata al marciapiede da grate, del pari di proprietà comunale.
A tale conclusione il primo giudice è pervenuto in ragione dell’illegittimità dell’atto impositivo del Comune (”questo giudice ritiene la somma non dovuta posto che il titolo a monte è illegittimo e come tale va disapplicato conseguendo che il condominio non è tenuto al pagamento della somma e quindi, anche se ha pagato, non può ripetere pro quota dal singolo condomino né utilizzando i criteri di cui al primo comma né utilizzando i criteri di cui al secondo comma dell’art. 1123?).
2. – La Corte d’appello di Bologna, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 16 maggio 2006, ha rigettato il gravame principale del condominio e, per l’effetto, ha annullato le delibere impugnate nella parte concernente l’attribuzione in via esclusiva alla B. e alla G. (e ad altra proprietaria del sotterraneo) degli oneri tributari relativi all’intercapedine, disponendo che gli stessi vengano distribuiti in proporzione della proprietà di tutti i condomini e, in accoglimento della proposta opposizione, ha revocato il decreto ingiuntivo opposto; inoltre, accogliendo l’impugnazione in via incidentale della B. e della G. , ha condannato il condominio alla restituzione di quanto corrisposto da costoro in eccedenza rispetto al criterio di ripartizione in proporzione della proprietà di ciascuno ed in esecuzione delle delibere impugnate e del decreto ingiuntivo opposto.
La Corte territoriale ha appunto rilevato che l’imposizione comunale sull’intercapedine (utilizzata sia dai proprietari dei piani interrati per aerazione e luce, sia da quelli delle varie unità immobiliari dell’intero stabile, che usufruiscono dei collettori delle fogne ivi collocati e di tutte le altre condutture, dai cavi dell’elettricità a quelli per la telefonia fissa e mobile) va ripartita, in mancanza di regolamento condominiale, in base al primo comma dell’art. 1123 cod. civ.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il condominio ha proposto ricorso, con atto notificato il 2 novembre 2006, sulla base di due motivi.
Le intimate hanno resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative in prossimità dell’udienza pubblica.

Considerato in diritto

1. – Preliminarmente, in ordine al rilievo, posto in via dubitativa dal pubblico ministero, circa la necessità per l’amministratore del condominio ricorrente di munirsi, anche in via di sanatoria, della delibera autorizzativa dell’assemblea a proporre ricorso, il Collegio rileva che riscuotere i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea è compito precipuo affidato dall’art. 1130 cod. civ. (e dall’art. 63 disp. att. cod. civ.) all’amministratore, il quale pertanto è senz’altro abilitato ad agire e a resistere nei pertinenti giudizi, senza che occorra quell’apposita autorizzazione dell’assemblea, che è richiesta dall’art. 1131 cod. civ. soltanto per le liti attive e passive che esorbitino dalle incombenze proprie dell’amministratore stesso (cfr. Cass., Sez. Un., 6 agosto 2010, n. 18331; Cass., Sez. II, 25 ottobre 2010, n. 21841; Cass., Sez. II, 18 settembre 2012, n. 15638).
2. – Con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 324, 329 e 346 cod. proc. civ., perché la Corte d’appello si sarebbe pronunciata sulla domanda formulata dalla B. e dalla G. in primo grado (l’addebito ai condomini della tassa in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà), e non esaminata (in quanto assorbita dall’accoglimento della domanda principale, con cui era stata chiesta la declaratoria di illegittimità del tributo), benché detta domanda non fosse stata riproposta ritualmente nel giudizio di appello, e su di essa si fosse dunque formato il giudicato interno.
2.1. – Il motivo è fondato.
Risulta dagli atti di causa – ai quali è possibile accedere, essendo denunciato un error in procedendo – che le attrici hanno proposto, dinanzi al Tribunale di Piacenza, una domanda principale ed una domanda subordinata: la prima, diretta a far dichiarare che il tributo di occupazione di suolo pubblico ed il canone ricognitorio non sono dovuti al Comune di Piacenza; la seconda, volta ad ottenere che la tassa ed il canone siano addebitati a tutti i condomini in proporzione ai rispettivi millesimi.
Il Tribunale ha accolto la domanda principale, affermando che “nulla può chiedere il Comune né al condominio né all’attrice”, che “le cartelle impositive sono illegittime, e come tali, quantomeno, a disapplicarsi dall’AGO” e, ancora, che la somma richiesta in via monitoria non è dovuta “posto che il titolo a monte è illegittimo e come tale va disapplicato conseguendo che il condominio non è tenuto al pagamento della somma”.
Il primo giudice ha, implicitamente, dichiarato assorbita la domanda incidentale.
Ora, per costante giurisprudenza di questa Corte, la parte integralmente vittoriosa in primo grado, qualora abbia in detto grado proposto, oltre alla domanda principale integralmente accolta, anche una domanda subordinata superata dall’accoglimento della domanda principale, è tenuta, in caso di appello della controparte, a riprodurre la relativa questione al giudice d’appello, e tale riproposizione può ritenersi rituale ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. solo se la relativa domanda è proposta con chiarezza e precisione sufficienti a renderla inequivocamente intellegibile per la controparte ed il giudicante (Cass., Sez. III, 19 luglio 2005, n. 15223; Cass., Sez. II, 14 dicembre 2005, n. 27570; Cass., Sez. II, 11 maggio 2009, n. 10796; Cass., Sez. lav., 25 novembre 2010, n. 23925).
Tale riproposizione non è avvenuta nella specie.
È vero che le convenute in appello, sin dalla comparsa di costituzione e risposta, si sono difese non solo chiedendo il rigetto dell’appello e insistendo per la non debenza del tributo e del canone da parte del condominio, ma anche ribadendo, subordinatamente, “la deduzione svolta in primo grado, secondo la quale, eventualmente, alle appellate dovrebbe essere addebitata solo una quota dei tributi e della tassa pretesa, in proporzione ai vantaggi che possono derivarne alle stesse”.
Ma ciò non, è quanto le condomine avevano domandato in primo grado. Dinanzi al Tribunale, infatti, la B. e la G. avevano chiesto, in via subordinata, l’applicazione del criterio di cui all’art. 1123, primo comma, cod. civ. (ripartizione delle spese in funzione dei millesimi), mentre il riparto in funzione dei vantaggi – evocato nella comparsa di costituzione e risposta in appello – è quello previsto dal secondo comma dell’art. 1123 cod. civ., che, appunto, prevede la ripartizione delle spese in funzione dell’utilità che il condomino può ricavare dalla cosa o dal servizio, quando lo stesso è destinato ad essere goduto dai singoli condomini in misura diversa.
Soltanto nella comparsa conclusionale le appellate hanno esplicitato in maniera chiara il thema decidendum, riproponendo le ragioni di annullamento delle delibere che avevano formato oggetto della richiesta subordinata avanzata in primo grado: ma detta esplicitazione non può essere presa in considerazione, perché tardiva, essendo avvenuta oltre il limite temporale dell’udienza di precisazione delle conclusioni.
Poiché, dunque, le appellate non hanno tempestivamente riproposto la domanda subordinata non esaminata dal Tribunale, la Corte territoriale non poteva pronunciare su di essa.
Avendolo fatto, è incorsa nel denunciato vizio di violazione del giudicato interno.
3. – L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo mezzo, con cui si denuncia violazione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. per o-messo esame di un punto decisivo della controversia, con conseguente motivazione illogica, insufficiente e contraddittoria, sul rilievo che la Corte del merito non avrebbe considerato che l’oggetto del tributo non è l’intercapedine, ma le griglie poste sul marciapiede (bene comunale) sovrastante l’intercapedine, sicché, ai fini della scelta del criterio di ripartizione, non sarebbero rilevanti i benefici forniti dalle aperture sul marciapiede oggetto del tributo, goduti dalle sole proprietà poste al piano seminterrato.
4. – La sentenza impugnata è cassata.
La causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.
Il giudice del rinvio – senza pronunciare sulla domanda subordinata delle appellate (essendo questa preclusa dalla mancata riproposizione) e, quindi, prescindendo dai criteri di riparto tra i condomini del tributo – valuterà se la sentenza di primo grado debba o meno essere confermata in relazione al profilo della legittimità o no del tributo imposto dal Comune al condominio; ed a tal fine terrà conto della sopravvenuta sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 25 gennaio 2007, n. 1611, la quale ha rigettato il ricorso del Comune di Piacenza contro il condominio (OMISSIS) con cui ci si doleva dell’intervenuto annullamento, da parte della commissione tributaria, del rigetto dell’istanza del condominio di rimborso di quanto pagato dallo stesso per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche per gli anni 2000 e 2001.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.

Depositata in Cancelleria il 09.11.2012

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