Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 28 marzo 2017, n. 7884

La polizza fideiussoria di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, stipulata al fine di garantire, in favore dell’Amministrazione finanziaria, la restituzione delle somme da questa indebitamente versate ai contribuenti in sede di procedura di rimborso anticipato dell’IVA, costituisce un contratto autonomo di garanzia la cui durata e’ normalmente collegata con i tempi di accertamento dell’imposta. Ne consegue che, ove una norma di legge, sopravvenuta rispetto alla data di stipulazione del contratto, proroghi i termini di accertamento dell’imposta in favore dell’Amministrazione finanziaria, tale proroga non si riflette anche sulla durata del relativo contratto di garanzia, a meno che lo stesso non contenga una diversa previsione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

sentenza 28 marzo 2017, n. 7884

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18989/2014 proposto da:

(OMISSIS) SPA, in persona dell’amministratore delegato, Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore Centrale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 176/2014 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO, depositata il 11/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/01/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del 2 motivo, assorbito il 1 motivo.

FATTI DI CAUSA

1. La (OMISSIS) s.p.a. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Taranto, l’Agenzia delle entrate e – sulla premessa di essersi costituita garante del Consorzio (OMISSIS) per l’anticipo del rimborso dell’IVA ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 38-bis – chiese che la convenuta fosse condannata al pagamento della somma di Euro 376.960,74 da essa attrice in precedenza versata, e tanto in considerazione del fatto che la polizza fideiussoria era da considerare scaduta.

Si costitui’ in giudizio l’Agenzia delle entrate chiedendo il rigetto della domanda, sul rilievo che la durata della garanzia era da ritenere collegata a quella dell’accertamento tributario, i cui termini erano stati prorogati di due anni dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 10.

Il Tribunale accolse la domanda e condanno’ la convenuta al pagamento della somma richiesta, con il carico delle spese di giudizio.

2. La pronuncia e’ stata appellata dall’Agenzia delle entrate e la Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, con sentenza dell’11 aprile 2014 ha accolto l’impugnazione e, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda della (OMISSIS), condannandola al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale che la funzione della polizza non era quella di “sostituire e garantire il versamento dell’imposta, ma di rimettere le parti nella posizione anteriore al rimborso”, determinando uno spostamento patrimoniale in favore del contribuente destinato ad operare solo provvisoriamente. Nella vicenda in questione erano ravvisabili due rapporti: uno tra il contribuente e il fisco avente ad oggetto l’obbligazione tributaria e un altro tra il fisco e il fideiussore, fondato sulla polizza in oggetto, il che precludeva al garante “di sottrarsi all’adempimento richiesto dalla amministrazione finanziaria eccependo vicende inerenti al rapporto tributario”. In altri termini, ha osservato la Corte di merito, con il contratto in questione viene ad essere trasferito a carico dell’assicuratore, che ne assume il peso trattandosi di un’attivita’ professionalmente svolta, l’onere di verificare la sussistenza delle condizioni per il rimborso tributario.

Poiche’, quindi, la finalita’ della garanzia e’ quella di “assicurare all’Agenzia delle entrate il pronto e sicuro recupero” di quanto risulti indebitamente rimborsato, doveva affermarsi che “la comune volonta’ dei contraenti fosse quella di mantenere in vita la garanzia per tutto il periodo di tempo che la legge concedeva all’Agenzia delle entrate per effettuare i suoi accertamenti”, in linea con quanto stabilito dall’articolo 38-bis sopra indicato.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Lecce propone ricorso la (OMISSIS) s.p.a. con atto affidato a due motivi.

Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 10.

Osserva la societa’ ricorrente che la causa trae origine dalla polizza fideiussoria che il Consorzio (OMISSIS) aveva stipulato per poter ottenere l’anticipo del credito IVA relativo all’anno 2001. La sentenza impugnata, benche’ tale polizza, emessa il 15 marzo 2002, fosse destinata a scadere il 10 gennaio 2007 e l’Agenzia l’avesse escussa solo il 20 dicembre 2007, ha ritenuto che la medesima fosse da ritenere valida ed operativa, per il fatto che l’articolo 10 suindicato ha prorogato per due anni il termine concesso all’Amministrazione finanziaria per eseguire gli accertamenti sulla congruita’ del rimborso.

Secondo la ricorrente, tale norma non si applicherebbe al rapporto tributario qui in discussione, e cio’ per una serie di ragioni analiticamente indicate.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione delle norme in tema di interpretazione dei contratti e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis.

Rileva la societa’ ricorrente – dopo aver riportato nel corpo del ricorso il testo del contratto di fideiussione in questione – che tale contratto prevedeva una scadenza al 10 gennaio 2007 e che la garanzia aveva validita’ a decorrere dalla data di esecuzione del rimborso IVA e fino al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (nella specie, 31 dicembre 2006). La Corte d’appello, quindi, nell’affermare che era volonta’ delle parti che la garanzia durasse fino a quando l’Amministrazione fiscale era in potere di svolgere i propri accertamenti, avrebbe leso l’articolo 1362 c.c., perche’ non si sarebbe preoccupata di esaminare il tenore letterale del contratto. La presunta finalita’ della polizza, alla quale la Corte d’appello si richiama, non potrebbe avere nella specie alcuna possibilita’ di essere fatta valere, posto che il criterio principale di interpretazione del contratto non puo’ recedere rispetto a criteri secondari. La garanzia in questione, pur connessa ad un adempimento tributario, rimarrebbe comunque fondata sul contratto e sulle regole del diritto privato.

3. Ritiene la Corte che ragioni di economia processuale impongano di esaminare il ricorso cominciando dal secondo motivo, il quale e’ fondato.

3.1. Com’e’ noto, la polizza fideiussoria di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, il cui testo ha subito numerose modifiche negli anni, “e’ uno degli strumenti per il finanziamento del cosiddetto conto fiscale, il quale e’ a sua volta una particolare modalita’ di regolazione dei rapporti debitori e creditori di natura tributaria”. Tale disposizione, allo scopo di assicurare celerita’ nell’erogazione del rimborso, prevede che l’amministrazione sia “obbligata a posporre i controlli – notoriamente lunghi e farraginosi – ad un tempo successivo e ad accontentarsi, per procedere al rimborso stesso, della semplice richiesta del contribuente, purche’ corredata da alcuni minimi requisiti formali e da quello, invero determinante, della prestazione di una garanzia per il caso di non spettanza del rimborso eventualmente corrisposto” (cosi’ la sentenza 10 gennaio 2012, n. 65, di questa Corte). Ora, la finalita’ della polizza fideiussoria qui in esame e’ quella di “garantire all’Amministrazione finanziaria l’immediato recupero di eventuali rimborsi che, in occasione di un successivo approfondito esame della relativa richiesta, appunto istituzionalmente posposto, risultino in tutto o in parte non dovuti: con obbligo della societa’ di assicurazione di versare le somme richieste dall’ufficio fiscale, a meno che non vi abbia gia’ provveduto il contribuente” (cosi’ ancora la citata sentenza).

E’ proprio in considerazione della particolare natura di detta polizza che la giurisprudenza di questa Corte ha gia’ da molti anni riconosciuto che simile contratto configura un contratto autonomo di garanzia che, diversamente dal modello della fideiussione, e’ connotato dalla non accessorieta’ dell’obbligazione di garanzia rispetto a quella principale (cosi’ le Sezioni Unite con le sentenze 1 giugno 1992, n. 6607, e 15 ottobre 1998, n. 10188, nonche’, piu’ di recente, la Sezione Quinta con la sentenza 1 ottobre 2015, n. 19609). Da tale impostazione e’ stata tratta l’ulteriore conclusione che l’autonomia dell’obbligazione del garante fa si’ che, qualora al contribuente che abbia ottenuto il rimborso sia successivamente notificato avviso di rettifica che esclude il relativo diritto ed al garante venga domandata la restituzione delle somme rimborsate, questi non possa rifiutare l’adempimento in base al rilievo che l’imposta si sia caducata o sia estinta anche per condono, consentendogli tale evento soltanto di ripetere quanto versato ove l’obbligazione tributaria risulti effettivamente estinta (sentenza 15 marzo 2004, n. 5239).

3.2. Tanto premesso in ordine ai precedenti giurisprudenziali in argomento, giova osservare, innanzitutto, che la Corte d’appello di Taranto ha deciso la causa odierna utilizzando una serie di argomenti di cui alla sentenza n. 65 del 2012 di questa Corte, come risulta dall’espresso richiamo contenuto in motivazione e dalla sostanziale trascrizione di una serie di passaggi di quella pronuncia; in particolare, e’ palese il riferimento a quel precedente la’ dove la Corte d’appello ha osservato che il sistema di cui all’articolo 38-bis cit. trasferisce il rischio della non spettanza del rimborso dall’amministrazione finanziaria all’assicuratore, “il quale lo assume del resto professionalmente e quindi dietro corrispettivo e consapevolmente”.

Il Collegio ritiene di dover chiarire come il precedente di cui alla sentenza n. 65 del 2012, al quale si intende prestare piena e convinta adesione, sia stato impropriamente richiamato dalla Corte di merito, posto che il problema oggi in esame e’ del tutto diverso. In quell’occasione, infatti, si trattava di stabilire quali effetti avesse sul rapporto di garanzia “l’inesistenza del soggetto che dovrebbe essere titolare del credito al rimborso fiscale”; e la citata sentenza, richiamando i principi del contratto autonomo di garanzia, ha concluso nel senso che detta inesistenza non costituiva una circostanza della quale il garante potesse giovarsi, dal momento che il garante aveva, “nell’esercizio della sua attivita’ professionale e liberamente valutando il relativo rischio, assicurato alle amministrazioni finanziarie che, in relazione a determinati rimborsi che fossero poi effettivamente erogati, essa avrebbe provveduto a corrisponderne l’importo, per il caso che – e per la parte in cui – essi fossero risultati non dovuti, a prescindere da ogni altra questione”.

3.3. La questione sulla quale la Corte e’ chiamata oggi a pronunciarsi, invece, e’ ben diversa: si tratta, in sostanza, di stabilire se la L. n. 289 del 2002, articolo 10, prorogando di due anni il termine previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 57 per l’accertamento ai fini dell’IVA, possa o meno riverberare i suoi effetti anche sul contratto di garanzia esistente tra le parti in causa. Ragionando in termini piu’ ampi, si tratta di decidere quali riflessi assuma una norma di legge – che, come nella specie, ha ampliato i termini dell’accertamento tributario – sul contratto di garanzia col quale un soggetto assicuratore si e’ impegnato a garantire all’amministrazione finanziaria la restituzione delle somme anticipate al contribuente a titolo di rimborso dell’IVA che siano poi risultate non dovute; cioe’ di decidere se il carattere autonomo del contratto di garanzia in questione comporti anche che il dilatarsi dei tempi posti all’Amministrazione per i propri accertamenti possa tradursi in una conseguente dilatazione della validita’ temporale dell’obbligazione di garanzia.

E’ da rilevare che la sentenza qui impugnata ha precisato come nel caso specifico dovesse ritenersi che “la comune volonta’ dei contraenti fosse quella di mantenere in vita la garanzia per tutto il periodo di tempo che la legge concedeva all’Agenzia delle entrate per effettuare i suoi accertamenti”. Ed e’ proprio contro tale ricostruzione della volonta’ delle parti che si appunta una delle argomentazioni del motivo di ricorso qui in esame. In effetti, la Corte tarantina non ha in alcun modo dato conto delle ragioni di tale passaggio logico, mentre la societa’ ricorrente ha riportato nel ricorso, trascrivendole ed allegando fotocopia, le condizioni della polizza fideiussoria esistente tra le parti, dalla cui lettura risulta senza possibilita’ di dubbio che la garanzia aveva una ben precisa durata temporale che andava a scadere il 10 gennaio 2007. E’ appena il caso di osservare, del resto, che tale durata era perfettamente in armonia con il regime dei rimborsi IVA e dei relativi accertamenti tributari; trattandosi, infatti, di una polizza di garanzia stipulata in relazione alla dichiarazione presentata per l’anno 2001, alla luce del testo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 57 allora vigente, gli eventuali avvisi di accertamento dovevano essere notificati “entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui era stata presentata la dichiarazione”, cioe’ entro il 31 dicembre 2006, termine prorogato consensualmente dalle parti per ulteriori dieci giorni (cioe’ fino al 10 gennaio 2007).

Oltre a siffatta violazione dei criteri ermeneutici del contratto, la Corte d’appello e’ incorsa in un’altra un’evidente violazione di legge. La polizza fideiussoria di garanzia dei rimborsi IVA, infatti, si fonda pur sempre su di un contratto, cioe’ un atto di autonomia privata; cio’ comporta che, in assenza di un’esplicita previsione contrattuale che colleghi la durata della garanzia ai termini fissati dalla legge per l’accertamento tributario, l’obbligazione del garante non puo’ che rimanere fissata nei termini consensualmente definiti; e simile deroga non sembra presente nel caso di specie, ne’ la sentenza ne ha indicato l’eventuale esistenza.

3.4. Questa Corte, infine, non puo’ fare a meno di compiere le seguenti ulteriori considerazioni.

La prima e’ che, tenendo presente i tempi fisiologici (e a volte patologici) degli accertamenti tributari, non e’ pensabile che si costruisca un’obbligazione di garanzia che comincia a decorrere in un dato momento ed e’ destinata a durare per un tempo imprecisato. La seconda e’ che nel caso di specie il protrarsi della garanzia in conseguenza dell’allungamento di due anni dei tempi dell’accertamento tributario dovrebbe trarre il proprio fondamento – nell’assunto dell’Agenzia delle entrate recepito dalla Corte d’appello con la sentenza qui impugnata – da una norma di legge sopravvenuta alla stipulazione del contratto (appunto, la L. n. 289 del 2002, articolo 10); per di piu’, poiche’ il beneficiario della garanzia e’ l’amministrazione finanziaria, si perverrebbe all’assurdo risultato di consentire, in sostanza, ad una delle parti contraenti di protrarre unilateralmente ed a proprio vantaggio la durata dell’obbligazione di garanzia, in totale spregio del contratto e del principio, solennemente affermato nell’articolo 1372 cod. civ., secondo cui quest’ultimo “ha forza di legge tra le parti”.

Deve pertanto concludersi nel senso che il dilatarsi dei tempi posti all’Amministrazione per i propri accertamenti non puo’ tradursi, in assenza di una previsione contrattuale, in una conseguente dilatazione della validita’ temporale dell’obbligazione di garanzia.

4. In conclusione, e’ accolto il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del primo.

La sentenza impugnata e’ cassata e il giudizio e’ rinviato alla Corte d’appello di Lecce la quale decidera’ attenendosi al seguente principio di diritto:

“La polizza fideiussoria di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, stipulata al fine di garantire, in favore dell’Amministrazione finanziaria, la restituzione delle somme da questa indebitamente versate ai contribuenti in sede di procedura di rimborso anticipato dell’IVA, costituisce un contratto autonomo di garanzia la cui durata e’ normalmente collegata con i tempi di accertamento dell’imposta. Ne consegue che, ove una norma di legge, sopravvenuta rispetto alla data di stipulazione del contratto, proroghi i termini di accertamento dell’imposta in favore dell’Amministrazione finanziaria, tale proroga non si riflette anche sulla durata del relativo contratto di garanzia, a meno che lo stesso non contenga una diversa previsione”.

Al giudice di rinvio e’ demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

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