SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

Sentenza  14 novembre 2011, n. 41451

Considerato in fatto e diritto

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Genova, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il decreto di sequestro preventivo di un’area e di manufatti emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 17.11.2010 nei confronti di O.C. , indagato dei reati: a) di cui all’art. 44 lett. c) del DPR n. 380/2001; b) di cui agli art. 110 c.p. e 181, commi 1 e 1 bis, del d.lgs. n. 42/2004; c) di cui all’art. 256, comma 4, del d.lgs. 152/2006; d) di cui all’art. 483 c.p.. I reati di cui all’imputazione sono stati ascritti all’O. per avere, tra l’altro, posto in essere in località (omissis) , zona sottoposta a vincolo paesaggistico – ambientale, interventi in assenza di un valido permesso di costruire ovvero in difformità della concessione edilizia e successivi provvedimenti di proroga, consistiti nel collocamento di baraccamenti, costituiti da tettoie e container destinati a ospitare cabine da spiaggia e attrezzature relative ad attività balneari, nella pavimentazione in rilevato cementizio di un’area di 500 mq., nella realizzazione di un deposito di rifiuti propri e provenienti da terzi costituiti da residui di attività di demolizioni edilizie, nonché per avere effettuato l’abbancamento e lo spandimento sul suolo di tali rifiuti in assenza dei test di cessione.
Il Tribunale del riesame, preso atto che l’O. era munito di concessione edilizia n. (omissis) , di successivo permesso di costruire n. 92 del 18.10.2004 e di ulteriori atti di proroga per la sistemazione di un’area ad uso agricolo mediante la realizzazione di terrazzamenti e riporti, effettuando i riempimenti con terreno vegetale proveniente da terra da scavo, ha affermato la sussistenza del fumus dei reati oggetto di indagine, in sintesi, ravvisando la illegittimità dei successivi atti di proroga de] permesso di costruire per assoluta carenza di motivazione in ordine alle ragioni giustificatrici dei provvedimenti, nonché la totale difformità degli interventi rispetto agli stessi provvedimenti autorizzatoli, con riferimento alla realizzazione di opere non previste, alla utilizzazione per la sistemazione dell’area di rifiuti provenienti da demolizioni edilizie, senza che fosse stato eseguito il test di cessione, anche in violazione delle prescrizioni di cui alla autorizzazione per la gestione di rifiuti mediante procedura semplificata.
L’ordinanza ha altresì affermato l’esistenza delle esigenze cautelari che hanno giustificato la misura in considerazione del pericolo di prosecuzione delle attività illecite.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato, che la denuncia per violazione di legge e carenza assoluta di motivazione.
Con sette mezzi di annullamento il ricorrente denuncia:
1) Violazione ed errata applicazione degli art. 10, 15 e 20 del DPR n. 380/2001 e 34, comma 5, della legge della Regione Liguria n. 16/2008.
Premesso che il decreto che ha disposto la misura cautelare aveva configurato quali atti di proroga tutti i provvedimenti successivi alla concessione edilizia n. (omissis) , mentre l’impugnata ordinanza ha ritenuta illegittima solo l’attività successiva alla scadenza del permesso di costruire n. (omissis) , per illegittimità dei successivi atti di proroga, si denuncia l’erronea qualificazione, come atto di proroga, del permesso di costruire in variante n. (omissis) . Si deduce, in sintesi, che detto provvedimento è pienamente conforme alle disposizioni di legge citate, trattandosi dell’approvazione di un autonomo progetto, da qualificarsi, quindi, come nuovo titolo edilizio.
2) Violazione ed errata applicazione dell’art. 15, comma 3, del DPR n. 380/2001 e 34, comma 6, della legge della Regione Liguria n. 16/2008.
Con il mezzo di annullamento si ribadisce la piena legittimità ai sensi delle disposizioni citate della emanazione del permesso di costruire per la prosecuzione delle opere anche dopo la scadenza del termine previsto dall’originario provvedimento abilitativo.
3) Violazione ed errata applicazione degli art. 4 e 5 della L. n. 2248/1865 ali. E, art. 97, comma 2, e 103, comma 1, della Costituzione, della L. n. 241/1990.
Si deduce, in sintesi, che il giudice ordinario non può disapplicare i provvedimenti amministrativi ed, in particolare, il permesso di costruire in considerazione di vizi di motivazione del provvedimento, costituendo peraltro il rilascio del permesso di costruire un atto dovuto.
Si osserva in proposito che secondo l’attuale indirizzo interpretativo di questa Corte la disapplicazione può conseguire solo all’accertamento della illegittimità sostanziale dell’atto per contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici.
4) Violazione dell’art. 44 lett. c) del DPR n. 380/2001 e carenza assoluta di motivazione.
Si sostiene che dinanzi al Tribunale del riesame era stata dedotta la natura precaria della installazione di cinque container nell’area, in quanto funzionali all’attività del cantiere, ma l’ordinanza ha totalmente omesso di motivare sul punto. Si deduce inoltre che i descritti manufatti e la realizzazione della piattaforma non giustificano il sequestro di un’area di 22.000 mq.
5) Violazione di legge con riferimento alla disapplicazione della DIA del 10.5.2007. Omessa vantazione della persistenza del periculum con riferimento alla sopravvenuta sanatoria di cui al permesso di costruire n. (…).
Premesso che con la citata denuncia di inizio attività si comunicava al Comune di (…) l’utilizzazione di detriti per le operazioni di riempimento, si deduce la illegittimità della disapplicazione di tale provvedimento autorizzatorio in quanto fondata solo su ritenuti vizi di motivazione ovvero carenza dei necessari requisiti formali. Si deduce inoltre che per l’attività posta in essere era intervenuta la sanatoria costituita dal permesso di costruire n. (omissis) , che, a differenza del precedente permesso n. (…), non ha più richiesto l’uso esclusivo di terreno vegetale per attività di riempimento e, quindi, non conteneva il divieto di far uso di detriti. Si deduce anche che a seguito degli accertamenti eseguiti è risultato che i detriti utilizzati corrispondono solo a circa il 9 per cento del totale del materiale impiegato.
6) Carenza di motivazione con riferimento alla violazione in materia di rifiuti.
Si denuncia l’omesso esame della documentazione prodotta con riferimento alle violazioni contestate in materia di rifiuti ed, in particolare, la comunicazione relativa all’intenzione del ricorrente di effettuare attività RIO fin dal 2004; altra documentazione dalla quale emergeva l’erroneità del dato relativo all’abbancamento di detriti ed alla esecuzione di un test di cessione sui detriti abbancati nel 2007.
7) Irrilevanza della lettera della Provincia di Genova per giustificare la misura.
Si osserva che nella impugnata ordinanza viene anche citata una comunicazione della Provincia di Genova afferente ai fatti di cui alla contestazione e se ne deduce la assoluta irrilevanza, trattandosi solo di una presa d’atto dell’esito delle indagini eseguite dal NOE.
I primi due motivi di ricorso sono fondati.
Ai sensi dell’art. 15, comma 2, del DPR n. 380/2001 la proroga del permesso di costruire, che può essere disposta (“per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso”) e per le ragioni indicate nell’ultima parte del predetto comma: (“esclusivamente in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive….”), riguarda la mera esecuzione dei lavori già approvati e non implica alcun controllo sulla legittimità complessiva del progetto di intervento edilizio, che non può essere modificato nel suo contenuto con l’atto di proroga.
Ben diverso è il permesso di costruire rilasciato ai sensi dell’art. 15, comma 3, del DPR n. 380/2001 per consentire il completamento delle opere, nell’ipotesi di mancata ultimazione dell’intervento edilizio nei termini stabiliti dall’originario permesso di costruire ovvero nel termine eventualmente prorogato.
È evidente, infatti, che, salva l’ipotesi di lavori realizzabili in base a denuncia di inizio attività, si tratta di un provvedimento adottato a seguito della integrale rivalutazione del progetto dell’opera e della sua conformità agli strumenti urbanistici, mentre è in re ipsa che il nuovo permesso di costruire può prevedere sia la mera assegnazione di un nuovo termine per la prosecuzione dei lavori, consentendo il completamento delle opere non ancora realizzate, sia apportare modifiche al progetto originario.
Nella sostanza la differenza tra i due provvedimenti è data dal fatto che il primo è fondato solo sulla valutazione delle ragioni che giustificano la prosecuzione dei lavori, secondo la previsione dell’art. 15, comma 2, del DPR n. 380/2001, senza che venga sottoposto ad esame il permesso di costruire già rilasciato.
Specificazione delle ragioni che costituisce il fondamento della legittimità del provvedimento e, pertanto, la loro mancata enunciazione è sindacabile dal giudice ordinario.
Nel secondo caso sono irrilevanti le ragioni per le quali i lavori non sono stati completati nel termine all’uopo previsto, mentre è necessaria la rivalutazione del progetto nella sua globalità, secondo il procedimento disciplinato dall’art. 20 del DPR n. 380/2001, con il rilascio di un nuovo permesso di costruire, che può anche limitarsi a confermare quello precedente.
Peraltro, non appare coerente con la logica del sistema e le esigenze di governo e tutela del territorio la previsione che la decadenza del permesso di costruire impedisca qualsiasi ulteriore intervento, tra essi compresa la mera prosecuzione delle opere già iniziate.
Orbene, emerge dal provvedimento impugnato che la misura cautelare risulta essere stata adottata precipuamente in considerazione della illegittimità globale dell’intervento, in quanto fondato su un atto di proroga del permesso di costruire n. (omissis) ritenuto illegittimo, mentre non è stata valutata la configurabilità del permesso di costruire n. 31 del 2009 quale autonomo provvedimento emesso dalla pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 15, comma 3, del DPR n. 380/2001 (il cui disposto corrisponde sostanzialmente a quello dell’art. 34, comma 6, della legge della Regione Liguria n. 16/2008), sicché occorre un nuovo esame di tale provvedimento alla luce degli enunciati principi di diritto e mediante il controllo del procedimento seguito per la sua approvazione.
Il terzo motivo di ricorso è evidentemente assorbito dall’accoglimento dei primi due, così come può affermarsi in generale per i successivi, richiedendosi ai giudici del riesame una rivalutazione complessiva della vicenda.
Per completezza di esame va comunque osservato che il quarto motivo di gravame è, in ogni caso, infondato con riferimento alla nozione di precarietà dell’opera, che è stata correttamente applicata dai giudici di merito, considerato che l’uso dei container non risultava affatto connesso alle esigenze di cantiere, ma destinato a soddisfare altre esigenze durevoli nel tempo.
Anche con riferimento alla DIA, fatto salvo l’effetto eventualmente sanante del permesso di costruire n. (omissis) , i giudici di merito ne hanno correttamente affermata la illegittimità per avere introdotto una variante essenziale all’originario permesso di costruire (punto che non ha formato oggetto di censura), sicché detta variante doveva essere approvata a sua volta mediante permesso di costruire.
Il penultimo e l’ultimo motivo riguardano l’accertamento di merito, che dovrà necessariamente far seguito al riesame della vicenda in punto di diritto.
L’ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata per un nuovo esame che tenga conto dei principi di diritto affermati in materia di proroga del permesso di costruire e di rilascio di un nuovo permesso per il completamento delle opere.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Genova.

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