cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza  20 giugno 2014, n. 14084

Svolgimento del processo

1. Con citazione del 2 aprile 1998 G.T. , nella veste di assicurata danneggiata da un furto con scasso della cassaforte interna alla villa isolata sita in (omissis) , furto avvenuto la notte del (omissis) , convenne dinanzi al Tribunale di FIRENZE la Società Metronotte s.r.l. E ne chiese la condanna al pagamento del premio assicurato in relazione alla perdita dei preziosi custoditi nella cassaforte, per oltre 93 milioni di lire. La società si costituiva e deduceva che per la clausola 8 del contratto il furto non era garantito, mentre era dovuta una penale nel caso di negligenza del personale;
chiamava in causa le ASSICURAZIONI GENERALI per esserne garantita.
L’assicuratrice si costituiva e contestava la chiamata in garanzia ma poi sosteneva le ragioni della assicurata.
2. Il Tribunale di FIRENZE, con sentenza 1 marzo 2004 rigettava la domanda della G. E la domanda di garanzia verso le ASSICURAZIONI Generali e poneva le spese di lite a carico della attrice.
3. Contro la decisione proponeva appello la G. Chiedendone la riforma e lo accoglimento delle pretese in relazione allo inadempimento della SECURITAS.
Resistevano le controparti.
4. La CORTE DI APPELLO con sentenza del 11 luglio 2007 ha riformato la decisione del tribunale accogliendo l’appello ed ha condannato la SECURITAS a pagare, a titolo di inadempimento contrattuale, la somma di Euro 22,278,67 oltre interessi legali dalla domanda; ha condannato le Assicurazioni generali a tenere indenne la Securitas per gli obblighi di pagamento verso la G. ; ha posto a carico delle Securitas le spese dei due gradi da pagare alla G. ; ha compensato le spese tra Securitas e Generali.
5. Contro la decisione ricorre SECURITAS METRONOTTE deducendo venti motivi di gravame; resiste la G. Chiedendone il rigetto per inammissibilità o infondatezza. Non resistono Assicurazioni Generali.

Motivi della decisione

6. Il ricorso, soggetto ratione temporis al regime dei quesiti, non merita accoglimento malgrado il numero dei quesiti, che frammentano il fatto storico dannoso al fine di contrastare la ampia e analitica motivazione data dalla CORTE di appello, che invece ha constatato la gravità dell’inadempimento e la condotta negligente ed incauta della società che tempestivamente allarmata non è stata in grado di predisporre un servizio adeguato di pronto intervento, e convenuta in giudizio si è difesa strenuamente oltre i limiti della buona fede contrattuale, dapprima negando la operatività della garanzia a mezzo di clausola nulla, quindi negando un evidente ritardo e la inefficienza della sicurezza affidata ad unico attonito vigilante che teme la presenza di un pacifico san bernardo, ed infine negando persino al esistenza dei danni contro ogni evidenza. Predispone infine una difesa che è tutta in punto di fatto, con inappropriati inserimenti documentali, significa considerare il ricorso di cassazione come un terzo riesame del merito, ovviamente non consentito neppure quando si deduce un travisamento dei fatti, e non un rimedio revocatorio.
PER COMPLETEZZA espositiva si offre una sintesi dei venti motivi, ed a seguire una confutazione per argomenti e per selezione dei motivi all’evidenza inammissibili o privi di specificità o di congruità.
Nel PRIMO MOTIVO si deduce – da pag 26 – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dal ritardato intervento a seguito della segnalazione di allarme. Si contesta in particolare che l’intervento sia avvenuto entro venti minuti dalla segnalazione dello allarme nella centrale operativa, e che sia esatta la indicazione del ricevimento di tale allarme alle ore 21,19, mentre la ricezione sarebbe avvenuta alle 21,23 come da tabulato inserito a pag. 28.
Nel SECONDO MOTIVO A PAG.29 si insiste nel vizio della motivazione, omessa insufficiente e contraddittoria su altro fatto decisivo relativo al tempo necessario alla guardia giurata per recarsi sul posto, sul rilievo che il BIGLIETTO di intervento a ff 31 reca la ricezione di allarme alle ore 2,39 con intervento effettuato dalla guardia giurata che sottoscrive la certificazione, affermando di avere effettuato solo un controllo esterno per motivo di cane libero. A pag 32 si legge che la CENTRALE operativa inviava immediatamente sul posto la guardia B.B. che firma il certificato ed assume che la stessa giungeva sul posto un quarto d’ora più tardi.
NEL TERZO MOTIVO si censura ancora il vizio della motivazione, secondo la formula omnicomprensiva di omissione, insufficienza e contraddizione, in relazione all’onere della prova del ritardo, sul rilievo che la centrale operativa opera in PRATO mentre la villetta isolata è nel COMUNE di (omissis) essendo nel testo una fotocopia incompleta del contratto mancante delle clausole contrattuali e senza alcuna indicazione delle modalità di intervento.
NEL QUARTO MOTIVO finalmente si deduce l’error in iudicando in relazione allo art.360 n.3 per violazione dello art.2697 cc e si pone a ff 38 il seguente quesito: “dica la CORTE se il ritardato inadempimento in una azione per il risarcimento del danno è un fatto costitutivo del diritto fatto valere in giudizio e come tale debba essere provato dalla parte che agisce in giudizio” dove il quesito è astratto in relazione alle prove esaminate e considerate dal giudice del riesame.
NEL QUINTO MOTIVO si deduce error in procedendo in relazione agli artt. 360 n.4 e 116 c.p.c. in relazione al prudente apprezzamento delle prove, e si pone il seguente quesito: “dica la CORTE se costituisca prudente apprezzamento ritenere dimostrata la tardività o la tempestività di un intervento senza conoscere e valutare i tempi necessari per adempiere una determinata obbligazione” dove non risulta precisato che l’intervento, per sua natura era di urgenza e presupponeva la circolazione dei mezzi di sorveglianza sui luoghi da sorvegliare, e che i tempi ed i mezzi necessari dovevano essere predisposti per impedire o prevenire il fatto dannoso, la entrata nella villa, la effrazione della finestra, lo scassinamento della cassaforte, e la neutralizzazione di un san bernardo.
NEL SESTO MOTIVO si deduce l’error in iudicando avendo la CORTE DI APPELLO ragionato in via di presunzioni. IL QUESITO A FF 39 recita -. “Viola lo art. 2727 il giudice che da un fatto ignoto costituente la premessa logica maggiore, quale la distanza tra i due luoghi, fa derivare conseguenze e valutazioni sui tempi necessari per percorrere la distanza?
DOVE manca la specificazione del fatto ignoto, che è invece noto ed attiene allo obbligo di sorveglianza del bene da proteggere, una villa isolata, e pertanto la valutazione del circuito di emergenza e protezione è ben nota al sorvegliante ed alla sua centrale di allarme. IL FATTO noto è l’inadempimento dell’obbligo di protezione, e la prova dell’inadempimento è altrettanto nota e si evidenzia dalla effrazione della villa e dallo scassinamento della cassaforte ad allarme in atto.
NEL SETTIMO MOTIVO si deduce insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto decisivo, ai sensi dello art. 360 n. 5 c.p.c. che viene indicato nella circostanza da ritenersi pacifica che il vigilante intervenuto non possedeva le chiavi per entrare nella villa e che la presenza di un grosso cane poneva in pericolo la sua incolumità. Dal controllo esterno non era possibile ravvisare la forzatura di serrature né la presenza di estranei.
NELLO OTTAVO MOTIVO si deduce nuovamente il vizio cumulativo della motivazione su un fatto decisivo costituito dalle presunte tracce che la guardia avrebbe dovuto rilevare entrando nel giardino della villa ovvero scavalcando il muretto. SI deduce che la parte attrice nel richiedere la prova del furto dei preziosi prelevati dalla cassaforte, non aveva posto in evidenza le tracce della effrazione.
NEL NONO MOTIVO si deduce ancora cumulativamente il vizio della motivazione in ordine alla prova del danno, con riferimento alla esistenza dei beni sottratti, alla titolarità degli stessi ed alla prova del valore.
QUI si sostiene che le dichiarazioni rese dai gioiellieri e riprodotte in fotocopia allegata al ricorso alle pag 5o e 51 non offrono alcuna certezza sul valore e la proprietà.
NEL DECIMO MOTIVO si deduce l’error in iudicando per la violazione dello art. 2699 c. civile ed a ff 53 si pone alla CORTE il seguente quesito di diritto: “dica la CORTE se è possibile attribuire valore di prova legale tipica per la dimostrazione di contratti di compravendita a documento che non possiedono i requisiti dell’atto pubblico e della scrittura privata e nei quali non siano indicati né la data dello acquisto, né del prezzo di vendita né siano dettagliatamente descritti i beni oggetto della compravendita”.
NELL’UNDICESIMO MOTIVO si deduce nullità del procedimento per violazione dello art. 116 c.p.c. e si pone il seguente quesito: “dica la Corte se costituisce prudente apprezzamento delle prove fondare una decisione sulla avvenuta compravendita di beni per un valore di oltre 90 milioni di lire su documenti privi di valore di prova legale tipica, qualificandoli come prova adeguata sua della proprietà dei beni che del loro valore”.
NEL DODICESIMO MOTIVO si deduce ancora cumulativamente il vizio della motivazione su fatto decisivo, in relazione ai documento 9 e 10 in cui i venditori Oscar CERBAI e Franco NERI dichiarano di avere venduto al prezzo indicato, per complessive lire 93.137.520 i gioielli elencati.
NEL TREDICESIMO MOTIVO si deduce ancora cumulativamente in vizio della motivazione su fatto decisivo, in punto di illogica motivazione sulla proprietà dei gioielli, sul rilievo che quale che fosse il regime dei beni tra i coniugi in ogni caso la signora G. li avrebbe ricevuti in grazioso dono.
NEL QUATTORDICESIMO MOTIVO si deduce error in procedendo per la violazione dell’art.345 c.p.c. sul rilievo che la parte attrice non aveva depositato in appello l’atto di separazione dei beni, e si pone il seguente quesito a ff 61: “dica la CORTE se viola l’art. 345 c.p.c. il giudice di appello che ammette una produzione documentale, che era nella disponibilità della parte fin dal primo grado del giudizio, che non è stata tempestivamente prodotta per causa imputabile alla parte e che non è stata ritenuta indispensabile ai fini della decisione”.
Nel QUINDICESIMO MOTIVO si deduce omessa ed illogica motivazione su fatto decisivo, art. 300 n. 5, in relazione al nesso eziologico, che è stato accertato dai giudici di appello e in relazione allo inadempimento e in relazione alla prova del danno. QUI SI SOSTIENE erronea la affermazione della CORTE DI APPELLO che considera come inerte la condotta della guardia giurata che sopraggiunge sul posto ma non entra nel giardino né scavalca il muretto per la presenza del san bernardo.
NEL SEDICESIMO MOTIVO si deduce ancora error in iudicando in relazione all’art. 2697 c.c. e si pone a ff 64 il seguente quesito: “dica la Corte se in caso di azione risarcitoria per responsabilità contrattuale, il nesso di causalità tra la condotta dedotta come inadempiente e il danno è un fatto costitutivo del diritto azionato e come tale debba essere dimostrato da chi agisce in giudizio e se in mancanza di tale dimostrazione la domanda debba essere respinta”.
NEL DICIASSETTESIMO MOTIVO si deduce error in procedendo per violazione dei principi stabiliti dagli artt. 112, 183 u.c. e 345 c.p.c. ed a ff.66 si propongono ben tre quesiti:
a. dica la Corte se viola i principi stabiliti dagli artt. 112 e o 345 cpc il giudice del gravame che non dichiari inammissibili fatti non dedotti nel primo grado del giudizio nei termini stabiliti dagli artt. 112,183 u.c. e 345 c.p.c. fondando su di essi la propria decisione;
b. dica la CORTE se viola in particolare il principio della necessaria corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, il giudice che consente in sede di gravame la modifica dei fatti adottati a sostegno della domanda, fondando su di essi la propria decisione;
c. dica inoltre se viola il principio del carattere devolutivo dell’appello il giudice del gravame che introduca ed esamini nuovi fatti, estendendo su di essi l’indagine e se ciò comporti alterazione dei termini della controversia e conseguente violazione del principio del doppio grado di giurisdizione.
Nel DICIOTTESIMO MOTIVO si deduce contraddittoria e insufficiente motivazione su fatto decisivo. La tesi è che la CORTE DI APPELLO interpreta la causa del contratto come obbligazione di risultato, AL FINE DI SVENTARE UN TENTATIVO DI FURTO E DI IMPEDIRLO. Ma si sostiene, che tale interpretazione è illogica e contraddittoria.
Nel DICIANNOVESIMO MOTIVO si deduce ancora insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo in relazione alla interpretazione della clausola 9 del contratto, che il tribunale considera valida e la corte di appello nulla, in quanto prevede un esonero di responsabilità per dolo o colpa grave.
NEL VENTESIMO MOTIVO si deduce error in procedendo per la violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. ed a ff 70 si formula il seguente quesito: “Viola il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato o comunque il conseguente principio del doppio grado di giurisdizione, il giudice del gravame che dichiari la nullità di una clausola per ragioni non dedotte dalla parte attrice e comunque non dedotte nel primo grado del giudizio?”.
7. CONFUTAZIONE IN DIRITTO.
Dovendo dare un ordine logico giuridico alla congerie dei motivi, gli stessi vengono raggruppati nei seguenti sottoparagrafi.
7.1. profilo interpretativo pregiudiziale e devolutum. ESAME dei motivi 19 e 20.
7.2.profilo della imputabilità della responsabilità e dello inadempimento. ESAME dei motivi da 1 ad 8.
7.3.profili di diritto in relazione alla contestazione della prova del danno. ESAME dei motivi da 9 a 14.
7.4.profili di causalità giuridica. ESAME DEI MOTIVI 15,16 e 18.
7.5. PROFILI DI EXTRAPETIZIONE. ESAME del motivo 17.
7.6 CONCLUSIONI E CONDANNA ALLE SPESE.
7.1. PROFILO interpretativo pregiudiziale e devolutum.
Il motivo 19 che prospetta motivazione contraddittoria o insufficiente è collegato al successivo 20 che prospetta invece un error in procedendo per ultrapetizione.
Il motivo che deduce il deficit motivazionale non è conforme alla regola posta dallo art. 366 bis che esige la chiara indicazione del fatto controverso ed il momento del quesito di fatto coerente con il tema decidendi ed il devolutum in appello. Vedi sul punto CASS 23 dicembre 2009 n. 27162 e 18 marzo 2011 n. 6288.
La motivazione data dalla CORTE non è insufficiente ma congrua, avendo considerato il contratto nella sua struttura e causa tipica che ha per oggetto la prestazione di garanzia di un intervento pronto, non appena la centrale riceva il segnale di allarme che attesta la presenza di intrusi nei locali protetti, qui una villa isolata e con un basso muretto di recinzione.
INOLTRE non si comprende la contraddizione se non si deduce il fatto impeditivo del pronto ed organizzato intervento. IL MOTIVO risulta pertanto inammissibile.
IL SUCCESSIVO motivo 20 DEDUCENDO la ultrapetizione sostiene che la CORTE non aveva il potere di espungere dal contratto, che veniva conservato nella sua funzione tipica o causa di prestazione di vigilanza e sicurezza, una clausola nulla perché contraria all’ordine pubblico ovvero alla regola dell’art.1229 del codice civile. Il relativo quesito è tuttavia incongruo rispetto al devolutum. Sin dalla prima difesa la SECURITAS si avvale della clausola 9 per offrire alla derubata un obolo consistente nella quota di mensilità. La disputa sulla validità della clausola ha avuto seguito in appello ed ora in cassazione, ma nessuna extrapetizione risulta verificata, e la nullità per violazione di norma imperativa e per la contraddizione tra la causa lecita e la clausola illecita, era verificabile anche di ufficio da parte della CORTE.
Infondato e inammissibile il ventesimo motivo.
NE SEGUE che tra le parti la res certa negoziale consiste nel contratto in essere, da cui si deve espungere in quanto nulla e non applicabile, la clausola 9.
7.2 PROFILO DELLA IMPUTABILITÀ DELLA RESPONSABILITÀ E DELLO INADEMPIMENTO. Esame dei motivi da 1 ad 8.
La CORTE di appello, attraverso il riesame del contesto probatorio, accerta che la parte attrice, in abbonamento con la vigilanza, ha dato la prova dello inadempimento della prestazione di garanzia, in relazione al mancato controllo ed all’inefficiente o ritardato intervento operativo a seguito dell’allarme registrato presso la SECURTAS. Tale prova doveva pertanto essere contrastata, ai sensi dello art. 1218 c.c. dal debitore della prestazione, dimostrando la tempestività dello intervento e la idoneità dei mezzi messi a disposizione per prevenire o per vigilare in relazione alla certa presenza degli scassinatori nella villa isolata e protetta da un bravo cane SAN bernardo.
I PRIMI otto motivi tendono ad una ricostruzione fattuale diversa da quella accuratamente motivata dalla CORTE e vengono prospettati come vizio della motivazione, il primo, il secondo, il terzo, il settimo e l’ottavo, mentre il quarto, il sesto ed il settimo propongono quesiti di diritto incongrui.
I MOTIVI che propongono vizi della motivazione sono incongrui in quanto non deducono il fatto giustificativo del ritardo o della mancata vigilanza, ma si limitano a sostenere che il vigilante rapidamente raggiunse la villa, da solo, ma si limitò ad una osservazione esterna, non avendo allertato le forze dell’ordine ed osservò il cane che, per la sua stazza, gli impediva di scavalcare il muretto.
I MOTIVI di diritto sono altrettanto incongrui.
NEL QUARTO MOTIVO si sostiene contro la legge del contratto, che il derubato aveva l’onere di provare il fatto costitutivo.
DIMENTICA il ricorrente che la prova deriva dall’allarme in atto che segnala la presenza in villa di esperti scassinatori, e dunque è stata accertata obbiettivamente al punto che introduce nel motivo i tabulati con la registrazione.
NEL quinto motivo, erroneamente prospettato come error in procedendo, si deduce la errata valutazione del ritardo.
L’INAMMISSIBILITÀ DERIVA dalla mancanza del motivo di sintesi e dalla mancanza di decisività, se è vero quanto il vigilante certifica rilasciando il tagliando di accesso e intervento di inerzia.
IL sesto motivo è inammissibile nella sua formula di censura, ed in vero non si tratta di considerare le prove come presuntive, dato che si tratta invece di prove oggettive, registrate, e di prove de visu, descritte sommariamente dal vigilante negligente ma prudentissimo.
IN CONCLUSIONE I PRIMI OTTO MOTIVI non rispettano le regole di approccio considerate nello art.366 bis del codice di rito.
7.3. PROFILI DIRETTI ALLA CONTESTAZIONE DELLA PROVA DEL DANNO.
ESAME DEI MOTIVI 9, 10, 11, 12, 13, 14.
Quanto ai motivi 9,12,13 che deducono cumulativamente il vizio della motivazione in relazione alla prova che i gioielli sottratti, come descritti dal gioielliere, appartenessero alla proprietaria della villa,che li custodiva nella cassaforte, e che erano stati acquistati e donati dal marito, si osserva che la inammissibilità deriva e dalla mancanza del quesito di fatto e dalla cumulatività dei motivi che impedisce alla corte di districare il vizio per omissione da quello per contraddizione ovvero per insufficienza, a fronte di un prudente apprezzamento delle prove.
Quanto invece ai motivi 10, 11 e 14 che pongono questioni di diritto, se ne osserva la incongruità rispetto al decisum atteso che la appartenenza dei gioielli alla derubata, in presenza delle dichiarazioni di seri gioiellieri e delle relative stime, non ha implicato alcun error in iudicando da parte dei giudici che hanno valutato le prove e la congruità delle stime, essendo irrilevante il regime di comunione o di separazione dei beni.
INAMMISSIBILI i motivi denunzianti i vizi e infondati quelli relativi agli errores in iudicando.
7.4 PROFILO DELLA CAUSALITÀ GIURIDICA. ESAME DEI MOTIVI 15,16,18.
In questi tre motivi di deduce rispettivamente il vizio della motivazione al 15, l’error in iudicando al 16, e ancora vizio della motivazione al 18.
Quanto ai vizi di motivazione la CORTE ritiene prevalente in profilo della inammissibilità in relazione alla chiara e congrua motivazione della CORTE DI APPELLO. Quanto all’error in iudicando del sedicesimo motivo si osserva che il quesito è astratto e incongruo e tanto rende inammissibile il motivo ai sensi dello art. 366 bis c.p.c..
7.5. PROFILO DELLA EXTRAPETIZIONE DEDOTTO SOTTO TRE PROFILI DEL DICIASSETTESIMO MOTIVO.
I tre quesiti risultano formulati in modo astratto e risultano privi e del momento di sintesi e di autosufficienza onde sono inammissibili ai sensi dello art.3 66 bis, c.p.c..
7.6 CONCLUSIONE ANCHE IN ORDINE ALLE SPESE.
Per le considerazioni sopradette il ricorso non merita accoglimento e la ricorrente SECURITAS METRONOTTE SPA è tenuta a rifondere le spese del giudizio di cassazione alla controricorrente G.T. , liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

RIGETTA il ricorso e condanna SECURITAS METRONOTTE SPA a rifondere a G.T. le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6500 di cui 200,00 per esborsi.

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