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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 22 dicembre 2015, n. 25731

 

Svolgimento del processo

B.F. citò in giudizio, dinanzi al giudice di Pace di Foggia, l’Enel distribuzione denunciando l’inadempimento della società convenuta, consistente nella mancata fornitura di energia elettrica in conseguenza della quale erano a lui derivati danni di diversa natura dei quali chiedeva il risarcimento.
Il Giudice di Pace accolse la domanda di B.F. per inadempimento dell’Enel e riconobbe in via equitativa, a titolo di risarcimento, la somma di Euro 1.500,00.
Propose appello l’Enel ritenendo di non essere stata inadempiente.
Il Tribunale di Foggia ha accolto l’appello proposto da Enel Distribuzione s.p.a. e, in riforma della sentenza pronunciata dal Giudice di Pace di Foggia, ha rigettato integralmente la domanda risarcitoria proposta dal B. . Ha condannato quest’ultimo alla rifusione, in favore della società appellante, delle spese processuali sostenute da quest’ultima in entrambi i gradi del giudizio.
Propone ricorso per Cassazione B.F. con cinque motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso Enel Distribuzione s.p.a..

Motivi della decisione

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia “vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per aver inadeguatamente valutato elementi di fatto salienti e per violazione o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c.”.
Ad avviso del ricorrente il Tribunale ha errato nel ritenere che al momento della stipula del contratto la residenza del B. fosse ubicata presso l’immobile di via (…) che invece costituiva solo il luogo di fornitura della corrente elettrica.
Sostiene altresì il ricorrente: che la sua residenza, alla data del giugno 2006 e fino al mese di gennaio 2007 risultava essere in via (…), come attestato dal certificato di residenza in atti; che l’Enel era a conoscenza che le comunicazioni dovevano essere indirizzate in via Silvestri, sia perché la prima corrispondenza era stata inviata a tale indirizzo, sia perché nel contratto vi era una esplicita indicazione in tal senso, sia perché l’Enel aveva constatato la mancanza della sua residenza in via (…), procedendo all’aumento della tariffazione.
Per il ricorrente dunque il Tribunale ha errato nell’affermare la presunzione di conoscenza della corrispondenza inviata nel luogo della somministrazione dell’energia elettrica, anziché nel luogo di residenza e non avrebbe dovuto svalutare il senso letterale dell’indicazione della sede del recapito del B. posta in contratto, bensì indagare, secondo il disposto dell’art. 1362 c.c., quale fosse l’effettiva intenzione comune delle parti.
In altri termini, B.F. denuncia difetto di motivazione e di interpretazione delle clausole del contratto in punto di indicazione di un domicilio diverso da quello di somministrazione.
Il motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’elezione di domicilio fatta dalla parte in sede di stipula del contratto deve intendersi, in difetto di una espressa e chiara volontà contraria, a carattere non esclusivo, come tale non ostativa a che gli atti inerenti al rapporto contrattuale vengano trasmessi al diverso indirizzo riferibile alla parte medesima (Cass., 30 giugno 2005, n. 14011).
Secondo l’art. 1335 c.c. la proposta, l’accettazione, la loro revoca ed ogni altra dichiarazione diretta ad una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.
Il Tribunale ha correttamente applicato la suddetta disposizione ritenendo che non risultando precisato nel contratto che l’indirizzo indicato per il recapito doveva intendersi a carattere esclusivo, le comunicazioni di diffida, inviate dall’Enel, devono considerarsi legittimamente eseguite all’indirizzo di fornitura indicato nello stesso contratto.
Il ricorrente comunque non ha provato di non aver potuto avere notizia della comunicazione. Mancano infatti la prova del certificato di residenza, il testo della testimonianza, la prova della nuova residenza, la prova della tariffazione maggiorata al non residente che, in ogni caso, dimostrerebbero la conoscenza della diversa residenza, ma non anche l’impossibilità di conoscere la comunicazione.
Pertanto il primo distacco della fornitura elettrica è imputabile al comportamento dell’utente B. .
Inammissibile invece è il motivo nella parte in cui denuncia il vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 5, c.p.c..
Trattandosi di sentenza soggetta, ratione temporis, al nuovo testo dell’art. 360, 1 comma, n. 5, c.p.c., introdotto dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella l. 7 agosto 2012, n. 134, nella specie è configurabile il solo vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. Tutti i punti contestati nel motivo, invece, sono stati oggetto di esame e valutazione da parte della Corte d’appello, sicché le censure sono da ritenere inammissibili sulla base dei criteri indicati dalla sentenza 7 aprile 204, n. 8053, delle Sezioni Unite di questa Corte.
E comunque la Corte d’appello ha motivato in merito all’adempimento del B. .
Con il secondo motivo si denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia relativo al grave inadempimento dell’Enel”.
Il ricorrente sostiene che il secondo distacco della corrente è avvenuto a seguito dell’invio da parte dell’Enel della comunicazione del 3 aprile 2007 in cui veniva intimata la disattivazione del servizio elettrico decorsi 20 giorni.
Il ricorrente rispondeva con un formale reclamo spiegando di aver provveduto al pagamento intimatogli. Aggiungeva che, nonostante il suo reclamo, e nonostante l’inesistenza della morosità, l’Enel, decorsi venti giorni, aveva provveduto alla risoluzione del contratto con il distacco della corrente elettrica. In questo modo, ad avviso del ricorrente, l’Enel si era resa inadempiente all’obbligo di fornire corrente elettrica ed al contempo aveva contravvenuto alla disposizione di cui al punto 8.2 del contratto, secondo il quale vi doveva essere la sospensione della riscossione della bolletta in costanza di un reclamo.
Di conseguenza, per il ricorrente, il Tribunale non poteva ritenere che l’inadempimento da parte dell’Enel non era grave e quindi tale da giustificare la sua pretesa risarcitoria.
Il motivo è fondato.
Il contratto di utenza di energia elettrica è inquadrabile nello schema del contratto di somministrazione e pertanto la clausola contrattuale che prevede la facoltà del somministrante di sospendere la fornitura nel caso di ritardato pagamento anche di una sola bolletta rappresenta una specificazione contrattuale dell’art. 1565 c.c. (del quale amplia l’ambito a favore del somministrante) e costituisce quindi una reazione all’inadempimento dell’utente cui viene opposta l’exceptio inadimplenti contractus; ne consegue che la sospensione della fornitura è legittima solo finché permane l’inadempimento dell’utente e che detta sospensione, se attuata quando ormai l’utente ha pagato il suo debito, costituisce inadempimento contrattuale e obbliga perciò il somministrante al risarcimento del danno ai sensi degli artt. 1176 e 1218 c.c., a meno che non sia fornita la prova che tale inadempimento è stato determinato da causa non imputabile al somministrante, ovvero, nella specie, dalla ignoranza incolpevole dell’avvenuto pagamento. La mancata conoscenza del pagamento da parte dello specifico ufficio addetto alla sospensione e riattivazione del servizio, essendo un fatto interno alla società e non dipendente dall’utente, non esclude l’obbligazione risarcitoria se non sia fornita la prova che essa dipende da causa estranea alla società e alla sua organizzazione (Cass., 17 gennaio 1997, n. 9624).
Si deve rilevare che il Tribunale non si è attenuto nel giudizio alle indicate disposizioni normative ed ha omesso di motivare sulla valutazione della prova documentale del B. relativa al formale reclamo di aver già provveduto ai pagamenti intimati.
L’impugnata sentenza ha errato nel ritenere che il secondo distacco dell’energia elettrica, pur essendo in parte imputabile all’Enel, non costituì un grave inadempimento né comunque fu tale da giustificare la pretesa risarcitoria avanzata dal B. .
Invero, la circostanza che l’Enel ha sospeso la fornitura, dopo che l’utente ha pagato il suo debito, dimostra la sua colpa e non può essere giustificata con la motivazione del Tribunale del pagamento “irrituale” da parte dell’utente, rispetto alla negligenza della stessa Enel che effettua il distacco senza rendersi conto: a) se le precedenti fatture erano state recapitate o no allo stesso indirizzo; b) senza accertare se le bollette fossero state nelle more pagate; c) senza dar conto non solo della comunicazione del cali center che – come fatto notorio – accedono alla documentazione informatica dell’utenza; d) che il reclamo risulta comunque pervenuto all’Enel il 16 aprile anche per iscritto.
Su tutti questi punti decisivi la sentenza non offre una motivazione coerente e logica sulla gravità dell’inadempimento e sulla mancanza di diligenza grave nella gestione dei contratti di utenza e nella organizzazione dei relativi servizi.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “violazione delle norme di diritto regolanti la materia della correttezza professionale e della diligenza nell’adempimento di cui all’art. 18, 20, 39 del D. LG. del 6 settembre 2005 n. 206 (codice del consumo), all’art. 1175 e 1176 c.c.”.
Sostiene il ricorrente, per quanto riguarda il primo distacco di fornitura (per avere l’Enel inviato le comunicazioni all’indirizzo di fornitura e non a quello indicato nel contratto), che l’Enel era tenuta a comportarsi secondo un grado di correttezza, diligenza e attenzione professionale atto a garantire la sua tutela e la sua protezione quale consumatore, senza far gravare situazioni di gestione erronea del servizio di fornitura di corrente elettrica e senza tentare, in modo subdolo, di far accrescere le spese, con l’addebito illegittimo del distacco e del riallaccio della corrente elettrica.
Il motivo è inammissibile.
Nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, a meno che si tratti di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti (Cass., 26 marzo 2012, n. 4787).
Nel caso di specie la doglianza, relativa alle norme regolanti la materia della correttezza professionale e della diligenza nell’adempimento, è stata fatta valere per la prima volta in cassazione, mentre avrebbe dovuto esser fatta valere come motivo d’appello.
Al di là della questione, che viene prospettata per la prima volta in questa sede e di cui non si allega l’antecedenza processuale, il motivo è infondato perché manca l’inadempimento da parte dell’Enel e quindi la violazione delle suddette norme.
Con il quarto motivo si denuncia “omessa, insufficiente e controversa motivazione circa un fatto decisivo del giudizio relativo alla verifica degli elementi atti a provare l’esistenza di un danno non patrimoniale e illegittima valutazione dei mezzi di prova e dei fatti, con consequenziale violazione dell’art. 1226 c.c.”.
Sostiene parte ricorrente che il comportamento inadempiente dell’Enel non ha prodotto un semplice disagio, ma ha leso irrimediabilmente o compromesso il suo diritto all’estrinsecazione della sua persona nel pieno godimento della tranquillità e serenità familiare e nella vita di relazione.
Quanto al danno patrimoniale il Tribunale non ha escluso la sua esistenza ma si è limitato a rilevare che non è stata comprovata la concreta ed effettiva consistenza dei relativi danni, genericamente indicati nell’atto di citazione, ma di questa sua affermazione non ha dato alcuna motivazione.
Ad avviso del ricorrente il Tribunale doveva riconoscere che vi è stata una riduzione della sua capacità lavorativa, collegata all’impossibilità di ricevere i vecchi clienti e di acquisirne altri.
Con il quinto motivo (indicato come 4 bis) il ricorrente denuncia “violazione dell’art. 1226 c.c. e vizio logico di motivazione nell’esclusione della liquidazione dei danni”.
Sostiene il ricorrente che il Tribunale, una volta accertata l’esistenza di un danno grave, a seguito dell’inadempimento dell’Enel, non potendo essere provato nel suo preciso ammontare il danno patrimoniale consistente nel mancato guadagno derivante dalla indisponibilità dello studio, avrebbe dovuto determinarlo in via equitativa.
I due motivi, che per la stretta connessione devono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.
Il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi “previsti dalla legge”, e cioè, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.: (a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale; (b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento; (c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati ex ante dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice (Cass., 11 novembre 2008, n. 26972).
La sentenza de qua non ha coerentemente motivato in ordine al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, pur avendo ritenuto l’inadempimento in parte imputabile all’Enel ed ha sostenuto che il B. non ha allegato né comprovato in alcun modo l’effettiva consistenza dei danni genericamente indicati nel suo atto di citazione.
In particolare il giudice non ha preso in considerazione il disagio subito dal B. , a seguito del distacco della luce nel proprio studio legale per un periodo di 23 giorni. Il protrarsi della mancata fornitura della corrente elettrica per un periodo abbastanza lungo è stato allegato e provato, tanto più che il B. aveva dimostrato di aver pagato le bollette, per cui la liquidazione del danno non patrimoniale può avvenire anche in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c.. Operazioni e criteri che il giudice di merito ha trascurato.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto per le ragioni indicate ed in specie sia per la violazione degli artt. 1366 e 1375 c.c., sia per la valutazione del risarcimento del danno.
La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese di questa fase del giudizio, al Tribunale di Foggia, in persona di diverso giudice.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso per quanto di ragione.
Cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Foggia in persona di diverso giudice anche per le spese del giudizio di cassazione.

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