cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 24 marzo 2015, n. 12244

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo – Presidente

Dott. FRANCO Amedeo – Consigliere

Dott. MULLIRI Guicla – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nata a (OMISSIS), nella qualita’ di genitore del minore (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS), nella qualita’ di genitore del minore (OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la ordinanza del Tribunale per i minorenni di Taranto del 28 agosto 2014;

letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. BALDI Fulvio, il quale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;

sentito, altresi’, per i ricorrenti, l’avv. (OMISSIS), del foro di Taranto, il quale ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza del 28 agosto 2014 il Tribunale per i minorenni di Taranto ha accolto il reclamo con il quale il competente Pm aveva impugnato il provvedimento del Gip presso il detto Tribunale che aveva negato la misura cautelare del collocamento in comunita’ nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), ambedue minorenni, indagati in ordine al reato di cui all’articolo 609-octies cod. pen. in danno di (OMISSIS), disponendo, pertanto, a loro carico la applicazione della misura della permanenza in casa presso le rispettive abitazioni.

In particolare il Tribunale ha ritenuto giustificate le censure mosse al provvedimento del Gip in ordine alla perdurante sussistenza delle esigenze cautelari, non potendo dirsi che le stesse fossero venute meno per il mero decorso del tempo fra l’epoca di accadimento dei fatti e la richiesta della misura.

D’altra parte il Tribunale ha, altresi’, valorizzato sia la gravita’ dei fatti ascritti agli indagati, sia la loro spregiudicatezza nel porli in essere nell’abitato di (OMISSIS) in orario in cui esso e’ ancora frequentato, nonche’ il tentativo di uno degli indagati di inquinare il quadro probatorio procurandosi un falso alibi.

La ritenuta assenza di freni inibitori, desumibile dalla concrete modalita’ di realizzazione del fatto, rendono concreto, ad avviso del Tribunale minorile, il pericolo di reiterazione delle condotte.

Infine il Tribunale per i minorenni ha ritenuto che la gravita’ del reato escluda la possibilita’ che i minori possano beneficiare della sospensione condizionale della pena.

Pertanto, il detto Tribunale, accogliendo l’appello del PM, ha disposto a carico dei due la misura della permanenza in casa presso le rispettive abitazioni.

Hanno proposto ricorso per cassazione i due indagati, o meglio rispettivamente il padre del (OMISSIS), (OMISSIS), e la madre del (OMISSIS), (OMISSIS), entrambi nelle predette qualita’, il primo tramite il difensore di fiducia, la seconda in proprio.

Va, peraltro, precisato che in sede di discussione del ricorso la (OMISSIS) si e’ fatta rappresentare, quale difensore fiduciario, dal medesimo patrono dell’altro ricorrente, all’uopo da lei specificamente nominato.

I motivi di ricorso sono largamente coincidenti.

Viene, infatti, dedotto da ambedue i ricorrenti il difetto di motivazione del provvedimento nella parte in cui esso e’ stato ricostruito come da dichiarazioni rese della persona offesa e nella parte in cui gli odierni indagati sono stati ritenuti gravati dagli indizi di colpevolezza.

E’, altresi’, dedotto, con comuni argomenti il difetto di motivazione in ordine alla impossibilita’ per gli indagati di potere godere della sospensione condizionale della pena, circostanza che se invece fosse ritenuta possibile si porrebbe come vincolo negativo alla emissione della misura.

Ulteriore motivo di censura, formulato nei due ricorsi, e’ dato dalla affermata violazione di legge in ordine alla insussistenza delle esigenze cautelari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono fondati e, pertanto, essi debbono essere entrambi accolti.

Stante la sostanziale sovrapponibilita’ degli argomenti contenuti nei due atti introduttivi del presente giudizio, gli stessi possono essere congiuntamente esaminati.

Per economia di giudizio pare opportuno, nella presente fase cautelare, procedere prioritariamente ad esaminare il motivo di impugnazione avente ad oggetto la illogicita’ della motivazione nonche’ la violazione di legge in merito alla affermazione relativa alla impossibilita’ dei due giovani indagati di godere della sospensione condizionale della pena.

E’, infatti, da rilevarsi come al riguardo il Tribunale specializzato di Taranto affermi testualmente ed unicamente: “considerata la gravita’ del reato e’ da escludere che, in caso di condanna, i minori potranno beneficiare della sospensione condizionale della pena”.

La rilevanza ai fini del decidere della riportata affermazione e’ indubbia.

Infatti, secondo il preciso tenore dell’articolo 275 c.p., comma 2-bis, sia nel testo attualmente vigente che, peraltro, in quello gia’ precedentemente introdotto a seguito della novella di cui alla Legge n. 332 del 1995, articolo 4, comma 2, non e’ consentita la adozione di misure cautelari privative della liberta’ personale laddove il giudice ritenga che con la eventuale sentenza di condanna possa essere concessa la sospensione condizionale della pena.

A tal riguardo e’ appena il caso di ricordare che, sebbene il codice di rito richiami espressamente solo la custodia cautelare in carcere e gli arresti domiciliari, non vi e’ dubbio che la disposizione debba essere applicata anche alle misure, proprie del procedimento minorile, della permanenza in casa e del collocamento in comunita’, trattandosi di provvedimenti che, in quanto egualmente e direttamente incidenti sul diritto costituzionalmente garantito alla liberta’ personale – in maniera tale limitarne il contenuto sino al sostanziale annichilimento di alcuni suoi aspetti fondamentali – necessitano dell’apprestamento da parte dell’ordinamento della medesime garanzie, stante la identita’ di ratio, che ammantano la applicazione delle altre citate misure cautelari (Corte di cassazione, Sezione 2 penale, 17 dicembre 2012, n. 48738; idem 21 settembre 2007, n. 35330).

Va, d’altra parte, precisato che non ignora il Collegio l’esistenza di un orientamento opposto, pur rappresentato in seno a questa stessa Corte, secondo il quale In materia di misure cautelari nei confronti di minorenni, l’articolo 275 c.p.p., comma 2-bis, secondo il quale non puo’ essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza penale possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, non e’ riferibile alle misure cautelari speciali apprestate per i minorenni dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articoli 21 e 22 (cioe’ la permanenza in casa ed il collocamento in comunita’), giacche’ tali misure hanno struttura diversa da quella della detenzione domiciliare e della detenzione in carcere ed assolvono, altresi’, ad una piu’ complessa finalita’ coerente alle linee di trattamento dei minorenni voluto dal nostro ordinamento; tanto e’ vero che, secondo quanto espressamente previsto rispettivamente dai commi 4 e 3 delle citate disposizioni del rito minorile, con queste ultime misure il minorenne viene considerato in stato di custodia cautelare ai soli fini della durata massima della misura e del calcolo della pena da scontare, mentre per il resto e’ considerato libero anche se sottoposto a prescrizioni ed obblighi (in tal senso: Corte di cassazione, Sezione 4 penale, 22 marzo 2007, n. 11993; idem Sezione 4 penale, 13 marzo 2000, n. 2389).

Ma sono proprio gli argomenti gia’ posti a sostegno dell’orientamento che non si ritiene di dover condividere che ne dimostrano la inadeguatezza in quanto, per un verso, ne pongono in luce la scarsa coerenza interna laddove evidenziano le finalita’ tendenzialmente rieducative di tali misure, sebbene le stesse dovrebbero essere applicate nei confronti di soggetto per il quale gia’ deve essere stata formulata, sia pure nella forma delibativa propria della fase cautelare, una prognosi di non recidivanza nel crimine tale da far ritenere recessive le predette finalita’ rispetto alla privazione del bene della liberta’ personale, e, per altro verso, ne evidenziano la natura certamente afflittiva, attesa la loro computabilita’ ai fini sia della durata massima della misura che, soprattutto, del calcolo della pena da scontare, natura che mal si concilia con la ritenuta meritevolezza del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Tanto premesso rileva la Corte che la motivazione addotta dal Tribunale tarantino ai fini della affermata esclusione della possibilita’ di concedere, in caso di futura condanna, il beneficio della sospensione condizionale della pena in favore dei due indagati appare essere motivata in termini di assoluta autoreferenzialita’, non potendosi fondare siffatto giudizio sulla mera ed immotivata affermazione della gravita’ del fatto, senza che sia stata in qualche modo giustificata tale pesante valutazione.

Al riguardo, infatti, osserva questa Corte – considerato che il reato per il quale si procede prevede una pena oscillante fra un minimo di 6 ed un massimo di 12 anni di reclusione – che, secondo le modalita’ descritte nel capo di imputazione, la condotta dei prevenuti, rilevante ai fini della configurazione del reato in questione, sarebbe consistita nel palpeggiamento della persona offesa, al di sopra degli abiti da lei indossati, nonche’ nell’abbassare i pantaloni della medesima, senza che in questa fase o in quella immediatamente successiva ci sia stato alcun contatto corporeo fra gli indagati e la persona offesa.

Sarebbe stato, pertanto, necessario, considerate le riferite concrete modalita’ nelle quali, secondo la accusa, si sarebbe perpetrato il reato ascritto agli indagati, caratterizzate dalla assenza di qualsivoglia contatto diretto corpore corpori con, e fra, le zone erogene sia degli assalitori che della assalita, un piu’ articolato corredo motivazionale volto a dimostrare la riferita gravita’ del fatto, tale da escludere il beneficio della sospensione condizionale della eventuale pena irroganda, che non sia la sola indimostrata affermazione di tale gravita’.

Cio’ in particolare ove si consideri che gli indagati risultano essere ambedue incensurati e che il Tribunale non ha evidenziato alcuna ragione che si presenti allo stato ostativa alla concessione delle circostanze attenuanti generiche in loro favore, sicche’ – considerata la diminuente relativa alla loro minore eta’, di cui all’articolo 98 cod. pen., che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve essere obbligatoriamente applicata nei confronti dell’imputato minorenne di cui sia stata accertata la imputabilita’ (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 15 novembre 2007, n. 42105) non avendo rispetto ad essa il giudicante alcuna discrezionalita’, e dovendo essere la stessa computata anche in sede di determinazione della pena astrattamente applicabile ai fini della ricorrenza delle condizioni per l’adozione di misura cautelari (Corte di cassazione, Sezione 4 penale, 15 ottobre 2007, n. 37884) nonche’ del fatto che, trattandosi di soggetti infradiciottenni, la sospensione condizionale della pena sarebbe loro concedibile anche in relazione alla condanna ad una pena risultante sino ad anni tre di reclusione – deve concludersi che per potersi oggettivamente escludere che in favore dei due indagati non ricorrano le condizioni per la sospensione condizionale della pena, gli stessi dovrebbero essere condannati ad espiare una pena base non inferiore ad anni 8 e mesi 7 di reclusione.

Sulla base degli argomenti che precedono, palesandosi la motivazione adottata dal Tribunale di Taranto onde escludere che i ricorrenti possano godere della sospensione condizionale della pena, e pertanto non essere allo stato assoggettabili a misure cautelari limitative della liberta’ personale, tale da non evidenziare il procedimento logico che la sostiene, la ordinanza impugnata deve essere annullata, con assorbimento dei restanti motivi di impugnazione, con rinvio al Tribunale di Taranto che, in diversa composizione, valutera’ nuovamente la sussistenza degli elementi per l’accoglimento del ricorso formulato dal competente Pm avverso il provvedimento con il quale il Gip di quel Tribunale aveva rigettato la richiesta di misura cautelare nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS).

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale per i minorenni di Taranto.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalita’ ed atti identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge

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