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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 29 maggio 2014, n. 12044 

Svolgimento del processo

1. D.F.N. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di pace di Napoli il Comune della stessa città, in persona del Sindaco pro tempore, onde sentir dichiarare detto Ente responsabile dell’incidente occorsole sulla pubblica via (…) in data (omissis) e per sentirlo condannare al risarcimento dei danni riportati dalla sua persona.
2. Si costituì il Comune di Napoli che chiese ed ottenne di chiamare in causa e garanzia l’impresa Delfino Costruzioni S.r.l., indicata quale impresa appaltatrice dei lavori di manutenzione della strada teatro dell’incidente, in forza di specifico contratto di appalto.
3. La Delfino Costruzioni S.r.l. si costituì e, contestata la chiamata in causa operata dal Comune di Napoli, chiese a sua volta di poter chiamare in causa la Compagnia Assicuratrice Unipol s.p.a., con la quale aveva stipulato una polizza per la responsabilità civile verso terzi; chiese altresì accertarsi la nullità di taluni articoli del capitolato speciale d’appalto stipulato con il Comune di Napoli.
4. Si costituì la Unipol s.p.a..
5. Il Giudice di Pace riconobbe la responsabilità del Comune convenuto nella produzione dell’evento dannoso condannandolo al risarcimento dei danni subiti dall’attrice, quantificati equitativamente nella somma di Euro 600,00; condannò altresì la Delfino Costruzioni a tenere indenne il Comune di Napoli di tutte le somme da esso liquidate all’attrice e rigettò la domanda di garanzia formulata dalla Delfino Costruzioni S.r.l. nei confronti della Unipol S.p.A..
6. Propose appello la Delfino Costruzioni S.r.l. chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza.
7. Il comune di Napoli rimase contumace.
8. D.F.N. si costituì impugnando l’atto di appello e chiedendone il rigetto.
9. Anche la Compagnia Assicuratrice Unipol s.p.a. si costituì impugnando l’atto di appello del quale chiese il rigetto.
10. Il Tribunale di Napoli, ai fini che qui interessano, ha rigettato l’appello in relazione ai capi concernenti i rapporti fra il Comune di Napoli, la Delfino Costruzioni s.r.l. e la compagnia di assicurazioni Unipol s.p.a.. Ha condannato la Delfino Costruzioni al pagamento delle spese del grado.
11. Propone ricorso per cassazione la Delfino Costruzioni s.r.l. con due motivi.
Resiste con controricorso il Comune di Napoli.

Motivi della decisione

12. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia “omesso esame e omessa pronuncia su tutte le eccezioni sollevate dall’appellante: violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.”.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se il giudice di appello ha disatteso l’art.112 c.p.c. per non aver esaminato e pronunziato su tutte le eccezioni proposte dalla Delfino”.
12.1. Il ricorso è inammissibile per mancato rispetto del dettato di cui all’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie per essere stata la sentenza impugnata pubblicata anteriormente all’entrata in vigore della legge 18 giugno 2009 n. 69.
Ai ricorsi proposti contro sentenze pubblicate a partire dal 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del d. lgs. n. 40/2006, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al capo I.
Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, n. 1, 2, 3, 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre nel caso previsto dall’art. 360, 1 c, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Il quesito di cui all’art. 366 bis c.p.c., rappresentando la congiunzione fra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale, non può esaurirsi nella mera enunciazione di una regola astratta, ma deve presentare uno specifico collegamento con la fattispecie concreta, nel senso che deve raccordare la prima alla seconda ed alla decisione impugnata, di cui deve indicare la discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto, essendo evidente che una medesima affermazione può essere esatta in relazione a determinati presupposti ed errata rispetto ad altri. Deve pertanto ritenersi inammissibile il ricorso che contenga quesiti di carattere generale ed astratto, privi di qualunque indicazione sul tipo della controversia, sugli argomenti addotti dal giudice a quo e sulle ragioni per le quali non dovrebbero essere condivisi (Cass. civ., Sez. Unite, 14 gennaio 2009, n. 565).
Segnatamente nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. S.U. 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 18 luglio 2007, n. 16002).
Nella fattispecie la formulazione dei motivi per cui è chiesta la cassazione della sentenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis, c.p.c., poiché i quesiti di diritto sono astratti e privi di specificità mancando il riferimento al caso concreto né indicando quale sia la regula iuris esatta da adottare e quella errata formulata dalla corte territoriale.
13. Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia “motivazione omessa o carente su punto decisivo del giudizio in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.; violazione e falsa applicazione dell’art. 1341, comma 2, c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
Ritiene il ricorrente che la motivazione dell’impugnata sentenza non chiarisce adeguatamente se l’art. 12) del capitolato speciale consente al Comune di escludere totalmente ogni sua responsabilità nella produzione del sinistro per omessa vigilanza del bene pubblico, anche da parte dei dipendenti comunali, né se detto articolo possa avere natura di clausola vessatoria.
L’Impresa ricorrente sostiene in particolare che era tenuta ad effettuare una vigilanza generica e meramente strumentale all’attività di manutenzione dei tratti del suolo urbano, proprio perché non aveva la custodia delle strade o l’affidamento esclusivo di alcune aree; viceversa spettava al Comune, custode e possessore di fatto e di diritto del bene demaniale, organizzare la vigilanza del territorio per mettere in condizione l’impresa incaricata della manutenzione delle strade di svolgere l’incarico ricevuto.
13.1. Il motivo, è infondato.
Va ribadito il principio secondo cui in tema di condizioni generali di contratto, l’elencazione contenuta nel secondo comma dell’art. 1341 c.c. ha carattere tassativo, di guisa che è ammessa l’interpretazione estensiva ma non quella analogica anche allorché la condizione è inserita in un capitolato speciale relativo ad appalto di opere pubbliche (Cass., 19 marzo 2003, n. n. 4036).
Correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che la clausola dell’art. 12 del capitolato speciale, per la parte che qui interessa, e cioè dell’obbligo contrattuale assunto dalla ricorrente nei confronti del Comune a rispondere dei danni da mancata o difettosa manutenzione delle strade, non può essere considerata vessatoria, bensì espressione dell’autonomia privata delle parti, in quanto queste ultime avevano, entrambe, inteso inserirla nel contratto. L’obbligo di sorveglianza e manutenzione della strada è, esso stesso, parte della prestazione appaltata alla Delfino Costruzioni e non una condizione di contratto già perfetto quanto a tutti gli altri elementi (tra cui l’oggetto).
Infatti la condizione di cui all’art. 12 del capitolato speciale non integrava nessuna delle ipotesi normativamente previste dall’art. 1341, c. 2 c.c.. Né può farsi alcuna interpretazione estensiva della fattispecie vessatoria della “limitazione di responsabilità” fino a comprendervi l’ipotesi di cui all’obbligo contrattuale di manutenzione e sorveglianza della strade pubbliche. Ponendo a carico della Delfino Costruzione tale obbligo, il Comune non limita né la propria responsabilità nei confronti dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1229, né quella nei confronti dei terzi danneggiati. Questi, infatti, continuano ad avere come responsabile il Comune, se – come nella fattispecie ritenuto – è unico custode della strada pubblica aperta al transito pubblico. Con la detta condizione generale di cui all’art. 12 condizioni generali, viene, invece ampliato il contenuto della prestazione appaltata alla Delfino anche alla manutenzione – sorveglianza, con la conseguenza che, in caso di inadempimento, l’appaltatore di tale servizio (la Delfino) è tenuto al risarcimento del danno subito dal committente Comune, nel quale rientra anche il risarcimento dovuto a terzi per l’uso della strada pubblica.
14. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Le spese vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida, a favore del Comune di Napoli, in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

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