Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 6 giugno 2014, n. 12833

Svolgimento del processo

Con sentenza del 26/3/2008 la Corte d’Appello di Torino, respinti quelli in via incidentale spiegati dalla società Ace European Group Ltd e dalla Coopera Uisp s.c.a.r.l., in parziale accoglimento dei gravami interposti dai sigg. P.F. e L.B.C. – in proprio e nella qualità di esercenti la potestà sul minore P.C. (in via principale) e dalla società Lloyd Adriatico s.p.a. (in via incidentale) e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Torino 7/9/2006 (di condanna della sig. D.G.V. e della Coopera Uisp s.c.a.r.l. al pagamento, in via solidale, di somma a titolo di risarcimento dei danni sofferti dal minore P.C. in conseguenza di sinistro avvenuto l'(OMISSIS), allorquando, in occasione dello svolgimento della manifestazione “Cogli l’estate” patrocinata dal Comune di Torino, veniva colpito al viso dalla maniglia metallica della porta dell’aula della Scuola Elementare (OMISSIS) richiusa al suo sopraggiungere da altro bambino con il quale si stava rincorrendo al ritorno dalla mensa, nonché della società Ace European Group Ltd a titolo di relativa manleva della Coopera Uisp s.c.a.r.l.), dichiarava responsabile e tenuto al risarcimento dei liquidati danni anche il Comune di Torino, conseguentemente regolando altresì il regime delle spese di giudizio.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il Comune di Torino propone ora ricorso per cassazione, affidato a 10 motivi.
Resistono con separati controricorsi la società Allianz s.p.a. (già R.A.S. s.p.a., quale conferitaria dell’azienda Lloyd Adriatico s.p.a.), che ha presentato anche memoria, e la società Ace European Group Ltd, che spiega altresì ricorso incidentale sulla base di 3 motivi.

Motivi della decisione

Con il 1 motivo il ricorrente in via principale denunzia violazione dell’art. 342 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 4, c.p.c..
Pone al riguardo il seguente quesito: “Se stante l’effetto devolutivo dell’appello, i motivi di gravame – in punto di affermazione della responsabilità extracontrattuale dell’Amministrazione convenuta – devono consentire l’espressa individuazione dei capi e dei punti impugnati, con illustrazione delle relative ragioni di fatto e di diritto, imponendo una esplicita enunciazione critica del pronunciamento del Giudice di prime cure (espressamente negatorio dell’elemento oggettivo e soggettivo dell’illecito), non potendo tali motivi essere desunti implicitamente dalle sole conclusioni dell’atto d’appello formulate in via meramente generica ed alternativa”.
Con il 2 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 183 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 4, c.p.c..
Pone al riguardo il seguente quesito: “Se la verifica del regime delle preclusioni – nel caso concernenti il diverso titolo di responsabilità addebitata al convenuto – costituisce un potere officioso del Giudice, sicché la questione relativa all’accertamento della novità della domanda è sottratta alla disponibilità delle parti e come tale non dipendente dalla eventuale accettazione del contraddittorio”.
Con il 3 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2697 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c..
Pone al riguardo il seguente quesito: “Se in caso di responsabilità contrattuale ex art. 1218 cod. civ. incombe sul creditore la prova dell’inadempimento (non potendo la stessa desumersi dall’esistenza del danno) e sul debitore la prova della non imputabilità dell’inadempimento da ritenersi con la dimostrazione dell’affidamento a terzi appaltatori della prestazione”.
Con l’8 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 2043, 2059 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 4, c.p.c..
Pone al riguardo il seguente quesito: “Se in caso di richiesta risarcitoria del danno morale ciascun danneggiato deve allegare e provare la sussistenza di tale voce di danno, non potendo la medesima affermarsi dal giudice in via presuntiva sulla scorta di documentazione concernente la personale condizione di soggetto diverso”.
Con il 9 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 1218 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c..
Pone al riguardo il seguente quesito di diritto: “Se l’importo del risarcimento del danno – a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale – per il medesimo fatto lesivo debba tenere conto di quanto già percepito, per lo stesso titolo, dal creditore”.
Con il 10 motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 4, c.p.c..
Pone al riguardo il seguente quesito di diritto: “Se, in caso di chiamata del terzo, la pronuncia sulle spese a favore di quest’ultimo deve tenere conto del comportamento tenuto dal chiamato, che ha omesso di rendere edotto il chiamante dell’avvenuto adempimento della propria prestazione in favore dell’attore, che pure ha omesso di riferire al riguardo”.
Con il 7 motivo denunzia “insufficiente e/o contraddittoria” motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 5, c.p.c..
Con il 1 motivo la ricorrente in via incidentale propone “domanda” sulla “declaratoria di responsabilità extracontrattuale di COOPERA UISP s.c.a.r.l. e D.G.V. ex art. 2043 c.c. e accertamento della esimente del caso fortuito e/o di una corresponsabilità del minore nella declaratoria di responsabilità per violazione dell’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. (motivo 8 ricorso del Comune di Torino)”.
Pone al riguardo il seguente quesito: “Se in caso di comportamento repentino e imprevedibile di minore incapace sottoposto a vigilanza di precettore, all’esito del quale risulti subire un danno etero prodotto, risulti esclusa la responsabilità di quest’ultimo per la sussistenza del caso fortuito ex art. 2047 c.c.”.
Con il 2 motivo propone denunzia di violazione delle norme sul “danno morale proprio dei signori P.F. e L.B.C. in violazione dell’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.”.
Pone al riguardo il seguente quesito: “Se in caso di richiesta di danno morale da parte dei genitori del minore a cui sia stata liquidata tale voce di danno e che non risulti macroleso, per ritenere provato e riconosciuto un proprio danno morale i genitori debbano fornire compiuta prova di un autonomo danno alla persona consequenziale al primo per il sopportato periodo di sofferenza e disagio”.
Con il 3 motivo propone “domanda incidentale” sulla “ingiusta liquidazione delle spese di lite per il primo grado di giudizio”, violazione dell’art. 92 c.p.c., in riferimento dell’art. 360, 1 co. nn. 3 e 5, c.p.c..
Pone al riguardo il seguente quesito: “Se in caso di soccombenza ex art. 92 c.p.c. per condanna solidale, il Giudice debba provvedere ad una parziale compensazione delle spese di lite, quantomeno per quella delle parti condannate in solido per le quali a seguito della riforma non c’è conseguenza economica sfavorevole”.
I suindicati motivi dei ricorsi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili, in applicazione degli artt. 366, 1 co. n. 4, 366-bis e 375, 1 co. n. 5, c.p.c..
Il 1, il 2, il 3, l’8, il 9 e il 10 motivo del ricorso principale nonché il 2 e il 3 motivo del ricorso incidentale recano quesiti di diritto formulati in termini invero difformi dallo schema al riguardo delineato da questa Corte, non contemplando la riassuntiva ma puntuale indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui i giudici del merito li hanno rispettivamente decisi, delle diverse regole di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione, a tale stregua appalesandosi astratti e generici, privi di riferibilità al caso concreto in esame e di decisività, tali cioè da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonché di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).
Tanto più che essi risultano formulati in violazione dell’art. 366, 1 co. n. 6, c.p.c., atteso che i ricorrenti fanno rispettivamente riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito [ad es., il ricorrente in via principale: alla “deliberazione della Giunta Comunale mecc. N. 02260/07 del 9 marzo 2001”, alla procedura di appalto concorso finalizzata all’aggiudicazione, per gli anni 2001-2002, del servizio di animazione nei centri estivi comunali”, agli “atti di gara… (docc. 10 e 10 bis fascicolo di 1 grado)”, all’”art. 19 del capitolato speciale, in data 21 agosto 2001”, al “contratto afferente al servizio di animazione in oggetto ( doc. 11 fascicolo di 1 grado)”, alle “condizioni previste nella determinazione di aggiudicazione del 4 giugno 2001 (doc. 9 fascicolo di 1 grado)”, al “capitolato speciale d’appalto… artt. 1, 12 e 13 (cfr. doc. fascicolo di 1 grado)”, alle “polizze assicurative nn. (…) per la responsabilità civile e XXXXXXXX per sinistri ed infortuni (docc. 13, 14, 15, 16 e 17 fascicolo di 1 grado)”, alla “pag. 3 atto di citazione”, alla “denuncia di infortunio (doc. 19 fascicolo di 1 grado)”, alla “richiesta di risarcimento danni (doc. 20 fascicolo di 1 grado), riscontrata in data 4 giugno 2003 (doc. 21 fascicolo di 1 grado)”, all’”atto di citazione notificato in data 29 aprile 2004”, alla “comparsa di costituzione e risposta del 1 giugno 2004”, alla “comparsa di costituzione e risposta dell’8 giugno 2004”, alla “comparsa di costituzione e risposta del 7 settembre 2004”, alla “memoria in data 25 maggio 2005”, all’”ordinanza del 13 luglio 2005”, alla “sentenza n. 6012 del 30 agosto 2006, depositata in data 7 settembre 2006” del Tribunale di Torino, all’”atto notificato in data 26 aprile 2007”, alla “comparsa di costituzione e risposta del 10 luglio 2007”, all’”appello incidentale”, alle precisate “conclusioni”, alle “pag. 2 e 4 memoria del 17 marzo 2005”, alle “difese degli appellanti”, ai “controlli a campione sulla corretta esecuzione del servizio”, alla “quietanza con rinuncia al maggior danno”); la ricorrente in via incidentale ACE European Group LTD: all’atto di citazione in I grado, alla “documentazione prodotta da parte attrice”, alla “prove orali”, alla “CTU medico legale”, alla sentenza del giudice di prime cure, all’”esecuzione” della “decisione di primo grado” data dalla società ACE European Group LTD, all’atto di appello, a “tutte le deduzioni formulate nella costituzione nel giudizio di Secondo Grado da parte della ACE European Group LTD”, al “comportamento dell’insegnante”] limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede- riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279. E, da ultimo, Cass., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 6/11/2012, n. 19157).
A tale stregua i ricorrenti non deducono le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura dei soli rispettivi ricorsi, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nei medesimi, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1V2/1995, n. 1161).
Senza sottacersi, avuto in particolare riguardo al 1 motivo del ricorso incidentale, che la mancanza di riferibilità alla vicenda in esame emerge ictu oculi laddove si consideri che nella specie l’applicazione dell’art. 2047 c.c. è invero rimasta senz’altro esclusa, in difetto del relativo presupposto di applicazione, non essendo stato mai dedotto che al momento del sinistro de quo l’allora minore P.C. fosse (anche) incapace di intendere e di volere.
Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, il 7 motivo del ricorso principale non reca affatto la prescritta “chiara indicazione”, secondo lo schema e nei termini delineati da questa Corte, delle relative “ragioni”, non risultando riassuntivamente indicato il fatto controverso, gli elementi la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione, gli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica della medesima, con interpretazione che si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (cfr. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), a fortiori non consentita in presenza di formulazione come detto nella specie altresì violativa dell’art. 366, 1 co. n. 6, c.p.c..
La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto e il momento di sintesi possano, e a fortiori debbano, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacché una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.
Con il 4 e il 5 motivo il ricorrente in via principale denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 1218, 2048, 2697 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 4, c.p.c..
Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto nel caso il “danno del minore P. parzialmente auto provocato”, laddove come correttamente dal primo giudice ritenuto (e “ricostruito dagli attori in un danno “eteroprovocato”) trattasi di “danno causato dalla condotta di altro bambino”, sicché solo “individuando, d’ufficio, una concausa dell’evento dannoso”, la “Corte d’Appello di Torino, per pervenire alla condanna dell’Amministrazione Comunale ex art. 1219 c.c., ha immutato l’allegazione del fatto costitutivo della fattispecie dannosa”.
Lamenta che “solo per i danni autoprovocati può configurarsi, ex art. 1218 c.c., una responsabilità dell’istituzione e dell’insegnante (id est: del c.d. precettore)”, responsabilità “da escludersi nel caso, non sussistendo alcun collegamento nel senso anzidetto tra il Comune e gli animatori della Cooperativa U.I.S.P.”, sicché non poteva essere nella specie configurata una sua responsabilità.
Con il 6 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1228, 1655 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c..
Si duole dell’erroneità dell’impugnata decisione giacché nel caso “la prestazione dedotta in contratto” è stata appaltata alla società Coopera Uisp s.c.a.r.l., individuata “mediante la procedura di evidenza pubblica per legge preordinata alla scelta dell’appaltatore (di servizi pubblici)”, nonché “definita nei suoi contenuti dal capitolato d’oneri”, e “svolta dalla Coopera al di fuori di direttive o ingerenze dirette dell’Amministrazione, nell’ambito di un rapporto riconducibile all’istituto dell’appalto”, laddove “l’appaltatore di un servizio non può essere qualificato quale un terzo ausiliario del committente”.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati, con la precisazione di seguito indicata.
Oltre a risultare formulati in violazione dell’art. 366, 1 co. n. 6, c.p.c., va anzitutto osservato che, come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare, in base alla regola generale di cui agli artt. 1228 e 2049 c.c. il debitore il quale nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (v. Cass., 24/5/2006, n. 12362; Cass., 4/3/2004, n. 4400; Cass., 8/1/1999, n. 103), ancorché non siano alle sue dipendenze (v. Cass., 11/12/2012, n. 22619; Cass., 21/2/1998, n. 1883; Cass., 20/4/1989, n. 1855).
La responsabilità per fatto dell’ausiliario (e del preposto) prescinde infatti dalla sussistenza di un contratto di lavoro subordinato, essendo irrilevante la natura del rapporto tra i medesimi sussistente ai fini considerati, fondamentale rilevanza viceversa assumendo la circostanza che dell’opera del terzo il debitore comunque si avvalga nell’attuazione della sua obbligazione, ponendo la medesima a disposizione del creditore (v., da ultimo, con riferimento a diversa fattispecie, Cass., 26/5/2011, n. 11590), sicché la stessa risulti a tale stregua inserita nel procedimento esecutivo del rapporto obbligatorio.
La responsabilità che dall’esplicazione dell’attività di tale terzo direttamente consegue in capo al soggetto che se ne avvale riposa invero sul principio cuius commoda cuius et incommoda, o, più precisamente, dell’appropriazione o “avvalimento” dell’attività altrui per l’adempimento della propria obbligazione, comportante l’assunzione del rischio per i danni che al creditore ne derivino.
Né, al fine di considerare interrotto il rapporto in base al quale è chiamato a rispondere, vale distinguere tra comportamento colposo e comportamento doloso del soggetto agente (che della responsabilità del primo costituisce il presupposto), essendo al riguardo sufficiente (in base a principio che trova applicazione sia nella responsabilità contrattuale che in quella extracontrattuale) la mera occasionalità necessaria (v. Cass., 17/5/2001, n. 6756; Cass., 15/2/2000, n. 1682).
Il debitore risponde quindi direttamente di tutte le ingerenze dannose che al dipendente o al terzo preposto, della cui opera comunque si avvale, sono rese possibili dalla posizione conferitagli rispetto al creditore/danneggiato, e cioè dei danni che può arrecare in ragione di quel particolare contatto cui si espone nei suoi confronti il creditore (nel caso, minore affidato al centro estivo comunale).
La responsabilità di chi si avvale dell’esplicazione dell’attività del terzo per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale trova allora fondamento non già nella colpa nella scelta degli ausiliari o nella vigilanza (giusta differente modello di responsabilità, proprio di altre esperienze, invero non accolto in termini generali nel nostro ordinamento), bensì nel rischio connaturato all’utilizzazione dei terzi nell’adempimento dell’obbligazione (cfr., con riferimento a diversi ambiti professionali, Cass., 13/4/2007 Cass., 17/5/2001, n. 6756; Cass., 30/12/1971, n. 3776. V. anche Cass., 4/4/2003, n. 5329), fondamentale rilevanza assumendo – come detto – la circostanza che dell’opera del terzo il debitore o il preponente comunque si avvalga nell’attuazione della prestazione dovuta.
Il Comune è pertanto direttamente responsabile allorquando l’evento dannoso risulti come nella specie da ascriversi alla condotta colposa del terzo prestatore (nel caso, vigilatrice) della cui attività si è comunque avvalso per l’adempimento delle prestazioni ricreative oggetto dello contratto stipulato con i genitori del minore affidato al centro estivo comunale, essendo tenuto al risarcimento dei danni dal minore sofferti in conseguenza del comportamento colposo per negligente mantenimento da parte della vigilante della condotta dovuta.
Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero sostanzialmente corretta applicazione.
In particolare là dove, dopo avere dato atto che “gli attori” hanno nel caso “dimostrato di aver affidato contrattualmente il bambino Carmelo al Comune di Torino nell’ambito delle attività ricreative estive da questo organizzate”, nonché posto in rilievo che “durante il periodo di affidamento il minore si è infortunato, riportando lesioni”, e cioè allorquando il Comune, “contrattualmente onerato degli obblighi di vigilanza sul minore in costanza di affidamento”, era tenuto a vigilare sulla sicurezza e sull’incolumità dell’allievo nel tempo in cui fruiva della prestazione dedotta in contratto anche al fine di evitare che l’allievo procurasse danno a se stesso”, la corte di merito ha sottolineato che tale ente non ha fornito la prova, sul medesimo incombente, che l’incidente si sia verificato per causa a sé non imputabile, avendo esso “scrupolosamente e diligentemente adempiuto, anche attraverso i propri incaricati ex art. 1228 c.c., all’espletamento della prestazione contrattuale ex art. 1218 c.c.”.
Ancora, nella parte in cui ha ravvisato come all’uopo inidonea “la semplice allegazione di aver appaltato il servizio ad un soggetto esterno che se ne era assunto la responsabilità”, giacché “siffatta circostanza non ha alcun rilievo in tema di responsabilità contrattuale, in difetto di cessione del contratto, accettata dall’altro contraente”, in quanto “la parte debitrice della prestazione pattuita risponde verso il creditore dell’opera dei terzi di cui si avvale quali collaboratori per l’adempimento della prestazione, anche in caso di dolo o colpa di costoro (art. 1228 c.c.)”.
Orbene, essendo rimasto accertato che all’interno della Scuola Elementare (OMISSIS) il P.C. veniva colpito al volto dalla porta di quest’ultima chiusa di colpo al suo sopraggiungere da altro minore compagno di giochi, precisato che nel caso non ricorre invero un’ipotesi di danno (anche solo parzialmente) autoprocurato, sicché va sul punto corretta la motivazione dell’impugnata sentenza ex art. 384 c.p.c., deve osservarsi che alla stregua di quanto sopra esposto e riportato la corte di merito ha fatto nella specie sostanzialmente corretta applicazione del richiamato principio cuius commoda cuius et incommoda, o, più precisamente, dell’appropriazione o avvalimento dell’attività della vigilatrice per l’adempimento della propria obbligazione, comportante l’assunzione del rischio per i danni dalla medesima derivanti, di cui il sinistro de quo ha costituito specifica concretizzazione (cfr., da ultimo, Cass., 27/4/2011, n. 9404; Cass., 29/8/2011, n. 17685), essendo il minore risultato invero esposto (anche) alla condotta colposa di altro minore, anche lui soggetto alla cura e sorveglianza della vigilatrice, causativa del sinistro de quo (cfr. Cass., 7/10/2008, n. 24755).
Va ulteriormente posto in rilievo come, dopo aver sottolineato che già il giudice di prime cure “non solo non ha ritenuto dimostrata l’assenza di colpa della struttura (la Coopera UISP) e delle persone (D.G.V. ) a cui era stata affidata – in subappalto dal Comune – la sorveglianza dei bambini e che quindi operavano quali ausiliari dell’Ente pubblico debitore per l’esecuzione della prestazione contrattualmente pattuita, ma addirittura… lo stesso giudice ha rilevato ed accertato la loro colpa in concreto”, la corte di merito ha del tutto coerentemente sottolineato che “il soggetto tenuto alla sorveglianza del minore (in forza di vincolo negoziale o comunque di contatto sociale) e per esso i suoi ausiliari e collaboratori è obbligato a prevenire le condotte, anche colpose, del minore che comunque rientrino nella normale prevedibilità alla stregua dei canoni di diligenza professionale”, e ha correttamente concluso che “nella fattispecie pertanto la Coopera UISP e la D.G. , quali ausiliari e collaboratori del Comune di Torino (rispettivamente la prima in forza di contratto di appalto di servizio e la seconda di contatto non meglio specificato di collaborazione con la Coopera), erano tenute a prevenire la condotta colposa” dei minori loro affidati, la quale avrebbe dovuto essere “prevista e prevenuta”.
All’inammissibilità ed infondatezza dei motivi, corretta la motivazione ex art. 384 c.p.c. nei sensi fatti sopra palesi, consegue il rigetto del ricorso principale.
All’inammissibilità dei motivi consegue viceversa l’inammissibilità del ricorso incidentale.
Le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi per disporsi la compensazione tra tutte le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale, inammissibile l’incidentale. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

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