SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

Sentenza  9 maggio 2012, n. 7048

Svolgimento del processo

La D.V. ed altri residenti nell’immobile alla via Ianniello n. 19 di Frattamaggiore citarono in giudizio l’Agricom s.a.s. (esercente deposito e vendita di prodotti chimici ad uso agricolo) per essere risarciti del danno alla salute che sostenevano d’aver subito a causa dell’esalazione maleodorante e tossica sprigionata dai menzionati prodotti.

La domanda è stata accolta dal Tribunale di Napoli, con sentenza poi confermata dalla Corte d’appello.

La Agricom s.a.s. propone ricorso per cassazione attraverso quattro motivi. Rispondono con controricorso la D.V. ed altri.

Motivi della decisione

Con il primo motivo – violazione di legge e vizio della motivazione – la ricorrente sostiene che il giudice avrebbe errato nel ritenere che le esalazioni in questione superassero la soglie della normale tollerabilità di cui all’ art. 844 c.c.

Il secondo motivo – violazione di legge e vizio della motivazione – sostiene che il giudice avrebbe erroneamente valutato le prove emerse ed, in particolare, la relazione del consulente tecnico di parte.

Il terzo motivo – violazione di legge – censura la sentenza per avere affermato che il danno non patrimoniale alla salute , “non deve essere provato in quanto in re ipsa”.

Il quarto motivo censura il punto della sentenza che procede alla liquidazione equitativa del danno.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.

Sono inammissibili laddove chiedono alla Corte di legittimità un nuovo diverso accertamento dei fatti, attraverso la differente valutazione delle prove acquisite al processo.

Sono infondati laddove denunziano violazione di legge e vizio della motivazione. Infatti, il giudice ha fatto corretta applicazione di tutte le disposizioni normative applicabili alla fattispecie, esponendo puntualmente (cfr. pagg. da 6 a 9 della sentenza) gli elementi probatori dai quali ha dedotto, con motivazione congrua e logica, l’intollerabilità delle immissioni con conseguente diminuzione della qualità di vita.

Ha, poi, fatto applicazione del consolidato indirizzo giurisprudenziale (che occorre qui ribadire) in ragione del quale l’art. 844 cod. civ. impone, nei limiti della normale tollerabilità e dell’eventuale contemperamento delle esigenze della proprietà con quelle della produzione, l’obbligo di sopportazione di quelle inevitabili propagazioni attuate nell’ambito delle norme generali e speciali che ne disciplinano l’esercizio. Viceversa, l’accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all’articolo 844 cod. civ., comporta nella liquidazione del danno da immissioni, sussistente in “re ipsa”, l’esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell’uso, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l’illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell’azione generale di risarcimento danni di cui all’articolo 2043 del codice civile e specificamente, per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’articolo 2059 cod. civ. (Cass. n. 5844/07; n. 20668/10) .

Trattandosi di danno non patrimoniale, il giudice ha correttamente proceduto alla liquidazione equitativa del danno.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto con condanna della ricorrente a rivalere alla controparte le spese sopportate nel giudizio di cassazione.

 

Per questi motivi

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 5200,00, di cui € 5000,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

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