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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza n. 22890 del 13 dicembre 2012

Svolgimento del processo
Nel corso dell’anno 1997, S. D. evocò in giudizio,dinanzi al tribunale di Roma, l’avvocato S. B. che lo aveva difeso dinanzi alle giurisdizioni amministrative superiori senza essere iscritto all’albo speciale, ed essere stato per altro verso destinatario di un provvedimento di sospensione dall’esercizio della professione onde la falsificazione della firma, da parte del convenuto, di un altro avvocato che lo aveva affiancato nella difesa dinanzi al Consiglio di Stato.

Il giudice di primo grado, respinta la domanda risarcitoria avanzata dal S. quanto alla mancata abilitazione alla difesa del B. per non avere tale circostanza procurato danno all’attore (che era di converso risultato ben difeso dinanzi al Consiglio di Stato), la accolse guanto ai danni richiesti dall’attore come conseguenza del falso, liquidandoli nella misura di oltre l0 mila euro, e rigettando nel contempo la riconvenzionale del convenuto.
Entrambe le parti impugnarono tale decisione, e la a corte di appello di Roma, accogliendo il gravame incidentale del D. — rigettato quello del B. — condannò
quest’ultimo al pagamento di un ulteriore, cospicua somma a titolo di risarcimento per aver operato nella qualità di avvocato senza essere a ciò abilitato.
La sentenza è stata impugnata da S. B. con ricorso per cassazione sorretto da 4 motivi di doglianza.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge in relazione all’art. 2697 c.c. determinato da errata interpretazione della decisione delle ss.uu. n. 25972 del
2008.
Con il secondo motivo, si denuncia difetto assoluto di istruttoria e motivazione carente e/o perplessa con riferimento alla condanna al risarcimento danni.
Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge per errata e falsa applicazione della legge 15.12.1990 n. 395.
Con il quarto motivo, si denuncia violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per contraddittoria motivazione desunta dallo stesso testo della sentenza.
I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente attesane la intrinseca connessione, sono nel loro complesso fondati.
Le sentenze rese l’11 novembre del 2008 da questa corte regolatrice in tema di danni non patrimoniali, difatti (ma il principio è ovviamente applicabile a qualsivoglia tipo di danno e, più in generale a qualsiasi tipo di pretesa azionata in giudizio, stante il fondamentale disposto dell’art. 2697 c.c.) hanno specificato come sia onere del danneggiato fornire al giudice del merito i necessari elementi di prova funzionali a dimostrare, sul piano processuale, tanto l’esistenza quanto l’entità delle conseguenze dannose risarcibili asseritamente subite a seguito del prodursi di un evento di danno connotato dal carattere del contra ius e del non iure, non essendo legittimamente predicabile, in seno al sottosistema civilistico della responsabilità, alcuna fattispecie di danni in re ipsa.
Apodittica si appalesa, pertanto, l’affermazione – rappresentativa del convincimento espresso dai giudici di merito nella sentenza oggi impugnata (che conferma in parte qua il dictum di primo grado) — secondo la quale la mera circostanza del falso per sostituzione di persona avrebbe arrecato un danno risarcibile all’odierno resistente (a distanza di oltre due anni dalla pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato che rigettava le sue istanze), mentre del tutto sfornita di prova (oltre che frutto di una inesatta lettura del decisum del massimo organo di giustizia amministrativa) si appalesa la ulteriore deduzione dell’esistenza di un danno conseguente alla (pretesa: lesione del diritto costituzionale di difesa volta che il ricorso amministrativo era stato, in realtà, rigettato nel merito e non dichiarato inammissibile — avendo in proposito il giudice di primo grado esattamente osservato come quello stesso ricorso fosse stato correttamente impostato in diritto —, con motivazione in diritto che escludeva implicitamente qualsivoglia errore nella conduzione della difesa (folio 11 della sentenza 821/1993 del C.d.S.).
Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio del procedimento alla corte di appello di Roma che, in altra composizione, farà applicazione dei principi di diritto sopra enunciati, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il procedimento alla corte di appello d Roma in diversa composizione, che provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, li 28.6.2012

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