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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza n. 40600 del 1 otobre 2013

RITENUTO IN FATTO

La C.A. di Potenza con sentenza 28.10.2011 – per quanto ancora interessa – ha confermato la responsabilità penale di F. M. in ordine ai reati di cui al capo B e C per i fatti relativi all’anno 2003 e ha rideterminato la pena. Il capo B riguardava la contestazione del reato di dichiarazione fraudolenta continuata (art. 2 D.Lvo n. 74/2000) commesso utilizzando una serie di fatture per operazioni inesistenti emesse dalla M. srl e dalla F. srl detraendo IVA per €. 35.119,07 e €. 366.684,40. Il capo C invece riguardava la violazione dell’art. 8 del citato decreto legislativo (emissione di fatture per operazioni inesistenti) in favore della F. srl consentendo una evasione di imposta sui redditi e IVA per €. 1.833.422,00.

Il F M , tramite difensore, ricorre per cassazione denunziando:
1. L’inosservanza degli artt. 2 e 8 del D. Lvo n. 74/2000 e la manifesta illogicità della motivazione;
2. L’omessa motivazione sull’istanza di sospensione condizionale della pena;
3. L’inosservanza dell’art. 157 cp per omessa declaratoria di prescrizione dei reati, maturata al 15.4.2012 per il capo C e al 15.7.2012 per il capo B, considerati anche gli undici mesi di sospensione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La non manifesta infondatezza del ricorso – quanto meno con riferimento al secondo motivo, riguardante la mancanza di motivazione sull’istanza di sospensione condizionale della pena proposta con Fatto di appello (cfr. pagg. 2 sentenza impugnata laddove vengono riportati i motivi e 4) – consente alla Corte di Cassazione di rilevare la prescrizione dei reati.
Il termine di prescrizione del reato di emissione di fatture per operazioni, inesistenti (art. 8 D. Lvo n. 74/2000) inizia il suo decorso dall’ultimo episodio e cioè dall’emissione dell’ultima fattura (cfr. cass. Sez. 3, Sentenza n. 10558 del 06/02/2013 Ud. dep. 07/03/2013 Rv. 254759 Sez. 3, Sentenza n. 6264 del 14/01/2010 Ud. dep. 16/02/2010 Rv. 246193).

E’ stato in particolare affermato che tale principio costituisce attuazione della chiara disposizione che, al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 8, in deroga agli ordinari principi previsti dall’art. 81 cpv. c.p. in tema di continuazione, prevede un regime di favore per l’imputato mediante la riconduzione ad unità del plurimi episodi di emissione di fatture per operazioni inesistenti commessi nell’arco del medesimo arco di imposta. A fronte di tale regime favorevole, che riconduce la pluralità ad unico reato e in tal modo esclude l’aumento di pena che sarebbe applicato in via ordinaria, corrisponde la conseguenza che il termine prescrizionale non decorre dalla data di commissione di ciascun episodio, bensì dall’ultimo di essi” (cfr. cass. Sez. 3, Sentenza 10558/2013 cit; Cass. pen. sez. 3 n. 6264 del 14.1.2010).
Dalla sentenza impugnata risulta che l’ultima fattura è stata emessa il 25.7.2003 per cui il termine massimo di 7 anni e mezzo, maggiorato degli undici mesi di sospensione verificatisi nel giudizio di primo grado è venuto a scadere il 25.1.2012.
Per il reato sub B (dichiarazione fraudolenta relativamente all’anno di imposta 2003), soggetto anch’esso alla prescrizione massima di sette anni e mezzo, il termine inizia a decorrere dalla data di presentazione della dichiarazione (cfr. tra le varie, Sez. 3, Sentenza n. 23274 del 10/02/2004 Ud. dep. 19/05/2004 Rv. 228728) e quindi considerando anche in tal caso il periodo di undici mesi di sospensione verificatasi nel giudizio di primo grado, alla data odierna la prescrizione è maturata, comportando l’estinzione del reato.
Devono trovare applicazione i principi di recente ribaditi dalle Sezioni unite (cfr. Sez. U, Sentenza n. 35490 del 28/05/2009 Ud. dep. 15709/2009 Rv. 244274), secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento.
Nel caso di specie, non ricorrendo le anzidette condizioni, va senz’altro applicata la causa estintiva.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 4.6.2013.

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