Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 23 maggio 2017, n. 25576

Riconosciuta la responsabilità medica per avere un medico all’interno di un penitenziario omesso di effettuare controlli adeguati che potevano evitare il decesso del detenuto

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV penale

sentenza 23 maggio 2017, n. 25576

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROMIS Vincenzo – Presidente

Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere

Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI ROMA;

dalla parte civile (OMISSIS) nato il (OMISSIS);

dalla parte civile (OMISSIS);

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 04/05/2016 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di ROMA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;

sentite le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. CIRO ANGELILLIS, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;

Udito per le parti civili l’Avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

Udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Il (OMISSIS), presso la Casa Circondariale di Roma (OMISSIS), si verificava il decesso del detenuto (OMISSIS) per insufficienza cardiorespiratoria secondaria a polmonite massiva in persona che presentava, quale comorbilita’, epatite acuta (con reperto istopatologico di focolai infiammatori intralobulari) e sostituzione adiposa del ventricolo destro ad estensione transmurale con minima componente sostitutiva di tipo fibrotico.

2. Era elevata imputazione per il delitto di omicidio colposo a carico dei medici del reparto G11, al quale il detenuto era stato destinato in quanto sottoposto alla sanzione disciplinare dell’esclusione dell’attivita’ comune, nonche’ nei confronti di (OMISSIS), in qualita’ di dirigente della UOSD Medicina preventiva in ambito penitenziario – Struttura Penitenziaria (OMISSIS) preposto alla direzione sanitaria della UOS della predetta Casa Circondariale, inserita nell’organizzazione sanitaria della ASL (OMISSIS).

2.1. Al dott. (OMISSIS) si contestava di avere omesso di dare disposizioni ai medici di reparto affinche’ modificassero la prassi, non conforme alle buone prassi mediche in materia, di eseguire le visite mediche, nel quadro del costante controllo sanitario previsto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 39, comma 2, limitandosi ad un colloquio anamnestico, senza eseguire un esame obiettivo generale attraverso ispezione, palpazione, percussione, auscultazione, quantomeno sul torace e sull’addome, e senza rilevare la frequenza cardiaca al polso, la pressione arteriosa e la temperatura corporea se al termotatto si sospettasse un aumento.

2.2. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma, con la sentenza in epigrafe (coeva alla pronuncia assolutoria emessa a seguito di rito abbreviato nei confronti dei due medici del reparto che avevano effettuato le visite), ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di (OMISSIS) per insussistenza del fatto, sul presupposto che dall’interpretazione letterale della legge che disciplina il controllo sanitario per il detenuto internato non emerga l’obbligo per i medici dell’istituto penitenziario di eseguire la visita medica se non nei confronti degli ammalati o di coloro che ne facciano richiesta a norma dell’articolo 11 della legge sull’ordinamento penitenziario. Per il detenuto sottoposto ad isolamento e’ previsto, si legge nella sentenza, il cosiddetto controllo sanitario giornaliero, che non impone di effettuare la visita medica in quanto si tratta di attivita’ con il diverso obiettivo di verificare lo stato psicologico della persona; la necessita’ di una visita medica resta correlata alla presenza di segni clinici evidenti o alla richiesta del detenuto.

3. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma censurando la sentenza impugnata per erronea applicazione della L. n. 354 del 1975, articolo 11, e articolo 39, comma 2. Secondo il Procuratore ricorrente la condotta contestata s’inscrive nell’alveo della negligenza e la legge di ordinamento penitenziario, nel prevedere “controlli sanitari” sui detenuti soggetti alla sanzione dell’isolamento disciplinare non ha voluto prevedere qualcosa di meno di una visita medica, ma qualcosa di piu’, proprio in considerazione della particolare condizione del detenuto isolato. La legge ha, dunque, voluto che le visite mediche, che ordinariamente vengono eseguite a richiesta, fossero eseguite d’ufficio, anche in mancanza di una richiesta del detenuto, il quale, per vari motivi, non ultimi quelli psicologici, potrebbe non volerla avanzare. Un controllo non puo’ dirsi sanitario, assume il Procuratore ricorrente, se non prevede l’osservazione obiettiva del paziente. La questione rileva nel presente giudizio, si legge nel ricorso, perche’ dalle annotazioni sul diario clinico non risulta che nei giorni (OMISSIS) sia stata eseguita alcuna visita medica, che avrebbe sicuramente consentito di porre il sospetto di un’infezione all’apparato respiratorio, di richiedere accertamenti strumentali, e di impostare precocemente una terapia antibiotica ad ampio spettro, posto che il 29 maggio, all’esordio della polmonite, erano gia’ rilevabili sulla faringe e sulle tonsille, ispezionabili dall’esterno, i segni della colonizzazione batterica. La tempestiva impostazione di una terapia antibiotica avrebbe consentito, con elevato grado di credibilita’ razionale, di salvare la vita del paziente. D’altro canto, il rilevamento della temperatura corporea nei controlli sanitari del (OMISSIS) avrebbe sicuramente consentito di evidenziare l’alterazione febbrile e di studiarne le cause, predisponendo tempestivamente approfondimenti diagnostici ed impostando la terapia antibiotica di copertura.

4. Ricorrono per cassazione le parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) (rappresentata in quanto minorenne dalla madre (OMISSIS)), rispettivamente padre e figlia di (OMISSIS), censurando la sentenza impugnata per erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 589 c.p., L. n. 354 del 1975, articolo 11, e articolo 39, comma 2, deducendo che la lettura della dizione “controllo sanitario” fornita dal giudice di merito contrasta sia con il buon senso che con le finalita’ dell’articolo 39, della legge sull’ordinamento penitenziario. Lo stress al quale e’ sottoposta la persona in regime di isolamento ne abbassa notevolmente le difese immunitarie e, d’altro canto, il legislatore non ha indicato il solo controllo psicologico. Gia’ a partire dal 2006 l’articolo 43, n. 2, della Raccomandazione del Consiglio d’Europa agli Stati membri prescrive particolare attenzione alla salute dei detenuti che sono tenuti in condizione di isolamento.

Con un secondo motivo censurano la sentenza per vizio di motivazione sub specie travisamento della prova, posto che lo stesso imputato aveva riconosciuto che la visita quotidiana alla quale erano sottoposti i detenuti in isolamento avrebbe dovuto comprendere un esame obiettivo generale, la misurazione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. Tali elementi sono stati totalmente obliterati nella sentenza, che ha limitato la valutazione della condotta dell’imputato al profilo di colpa specifica relativo alla violazione dell’articolo 39, tralasciando di considerare la violazione di norme di prudenza e diligenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Le censure svolte in entrambi i ricorsi per vizio di erronea interpretazione della legge sono fondate.

1.1. La disciplina che regola l’irrogazione della sanzione disciplinare dell’esclusione dalle attivita’ in comune, secondo la L. n. 354 del 1975, articolo 39, prevede, sotto il profilo della tutela della salute del detenuto, due regole cautelari: la prima, si concreta nel rilascio da parte del sanitario di una certificazione scritta attestante che la persona puo’ sopportare tale sanzione; la seconda, si concreta nella sottoposizione del detenuto, in corso di esecuzione della sanzione, a “costante controllo sanitario”.

1.2. L’interpretazione in base alla quale e’ stata pronunciata la sentenza impugnata afferma che la previsione della L. n. 354 del 1975, articolo 39, comma 2, lasci impregiudicato il sistema dell’assistenza sanitaria disciplinato, nel Capo II dedicato alle Condizioni Generali, dall’articolo 11 del medesimo testo normativo. Tale norma prevede che in ogni istituto penitenziario vi siano un servizio medico ed un servizio farmaceutico rispondenti alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati e che si disponga, inoltre, dell’opera di almeno uno specialista in psichiatria; cure ed accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari dell’istituto vengono eseguiti previo trasferimento del detenuto in ospedali o luoghi di cura esterni. Con specifico riguardo alle visite mediche, e’ prevista una visita medica generale all’atto dell’ingresso nell’istituto allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche; i sanitari hanno l’obbligo di visitare quotidianamente gli ammalati e coloro che ne facciano richiesta e di segnalare immediatamente la presenza di malattie che richiedono particolari indagini e cure specialistiche.

1.3. Ritenendo che l’obbligo dei sanitari di effettuare la visita medica sia normativamente previsto con esclusivo riferimento ai casi di detenuti ammalati, con cio’ intendendosi la presenza di segni clinici evidenti, ovvero in ipotesi di espressa richiesta del detenuto, il giudice di merito ha escluso che, nel caso in esame, si potesse ipotizzare la violazione di un obbligo di controllo da parte dei medici, che avevano omesso di sottoporre a visita medica il detenuto (OMISSIS).

2. La questione interpretativa posta dai ricorrenti non puo’ essere risolta prescindendo da alcuni riferimenti alla normativa nazionale e sovranazionale che regola la materia.

2.1. La tutela del diritto alla salute delle persone private della liberta’ personale si ricava, in primo luogo, in via interpretativa dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e dalla Convenzione EDU, che sostanzialmente fanno riferimento al divieto di sottoporre i detenuti a trattamenti disumani e degradanti. In tal caso, infatti, pur non rinvenendosi alcuna disposizione specifica sul punto, l’attivita’ giurisprudenziale della Corte ha permesso di ricondurre il diritto alla salute nell’alveo dei diritti garantiti in ambito internazionale, quale corollario del diritto alla vita e della dignita’ umana.

2.2. Vi sono, poi, le Regole penitenziarie Europee, ove si afferma che la finalita’ del trattamento consiste nel “salvaguardare la salute e la dignita’” dei condannati nella prospettiva del loro reinserimento sociale (articolo 3 delle Regole penitenziarie Europee), nonche’ la deliberazione approvata dall’ONU (dicembre 1982) in materia di “Principi di etica medica per il personale sanitario in ordine alla protezione dei detenuti”, nella quale e’ previsto che “gli esercenti le attivita’ sanitarie incaricati di prestare cure a persone detenute o comunque private della liberta’, hanno il dovere di proteggerne la salute fisica e mentale, nello stesso modo che li impegna nei confronti delle persone libere”.

2.3. Tali principi e regole si pongono in linea sia con il principio di umanizzazione sia con la finalita’ rieducativa della pena, se ed in quanto entrambi postulano il perseguimento di una piena ed efficace tutela del diritto alla salute del condannato, posto che solo una condizione di benessere psico-fisico dello stesso puo’ garantire il suo recupero e percio’ il suo reinserimento sociale. In tal senso quindi, in ossequio all’articolo 27 Cost., ed ai suoi corollari, il detenuto ha diritto alla tutela della sua salute sia fisica che mentale, posto che in effetti la pena puo’ svolgere la propria funzione rieducativa verosimilmente su una persona mentalmente in grado di comprenderne la portata e il significato.

2.4. Inoltre, al fine di meglio garantire il diritto inviolabile in questione, la riforma della medicina penitenziaria (Decreto Legislativo 22 giugno 1999, n. 230) ha previsto il trasferimento della sanita’ degli istituti di pena dal Ministero di giustizia al Servizio sanitario nazionale, con cio’ – in ossequio al principio di sussidiarieta’ (verticale – imponendo la collaborazione e la integrazione, ciascuna nel proprio ambito, alle diverse istituzioni dello Stato.

3. Tanto premesso, si osserva che l’interpretazione della legge operata nella sentenza impugnata non considera che il medesimo art.11, nella seconda parte del comma 5, dispone che l’assistenza sanitaria sia prestata, nel corso della permanenza nell’istituto “con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati”, con cio’ ponendo un obbligo di controllo delle condizioni sanitarie generali dei detenuti che non puo’ essere limitato al controllo iniziale, dovendo essere periodico, ne’ puo’ intendersi regolato secondo una periodicita’ annuale, dovendo essere frequente.

3.1. Sebbene debba escludersi, in ragione della previsione della prima parte dell’articolo 11, comma 5, che sia previsto dalla norma l’obbligo di sottoporre a visita medica quotidiana i detenuti non ammalati o che non abbiano fatto richiesta in tal senso, ciononostante non puo’ ignorarsi la previsione di un obbligo di assistenza sanitaria mediante riscontri con cadenza quantomeno mensile, se non settimanale, indipendentemente dalla richiesta degli interessati, da attuare in relazione alle peculiarita’ del caso concreto. Conseguentemente, la prassi seguita presso l’istituto penitenziario in merito al controllo sanitario dei detenuti in isolamento non poteva essere valutata prescindendo dal tenore di tale, ulteriore, regola generale.

3.2. Per altro verso, l’interpretazione accolta nella sentenza impugnata neppure e’ in linea con il tenore letterale dell’articolo 39, che non limita il controllo medico alla verifica delle condizioni psicologiche del detenuto, ne’ con il criterio sistematico, in base al quale la maggiore afflittivita’ del regime di isolamento esclude che il controllo sanitario destinato al detenuto possa essere di minore portata rispetto a quello previsto, nelle condizioni generali, dall’articolo 11 del medesimo testo normativo. E che detto controllo non possa limitarsi alle condizioni psicologiche del detenuto si desume dallo stretto legame che le norme generali istituiscono tra lo stato di detenzione e la frequente assistenza sanitaria che lo Stato deve assicurare.

4. Piu’ in generale, va altresi’ ricordato che la possibilita’ per il detenuto di fruire di cure mediche appropriate anche nella condizione di restrizione carceraria, oltre a porsi in linea con la normativa di principio, costituisce il presupposto fondante la linea di demarcazione tra la compatibilita’ e l’incompatibilita’ delle condizioni psico-fisiche della persona con il regime carcerario (Sez. 1, n. 16681 del 24/01/2011, Buonanno, Rv. 24996601); tale rilievo, desumibile dal sistema di norme costituito dall’articolo 299 c.p.p., comma 4 ter, articolo 147 c.p., n. 2, e L. n. 354 del 1975, articolo 47 ter, comma 1 ter, impone un’interpretazione del testo normativo conforme all’obiettivo di associare la privazione della liberta’ personale al costante controllo delle condizioni di salute della persona.

5. Conclusivamente, la sentenza deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Roma per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.

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