Cassazione toga rossaSuprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 10 febbraio 2015, n. 5990

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHI Luisa – Presidente
Dott. MARINELLI Felicetta – Consigliere
Dott. CIAMPI Francesco – Consigliere
Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI TERNI;
nei confronti di:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 112/2014 G.I.P. TRIBUNALE di TERNI, del 11/04/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
udite le conclusioni del P.G. Dott. GIULIO ROMANO che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Terni propone ricorso avverso la sentenza con la quale, in data 11/4/2014, il G.u.p. di quel Tribunale, ai sensi dell’articolo 425 cod. proc. pen. ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS), in ordine al reato p. e p. dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 95 per mancanza dell’elemento psicologico.
Articola a fondamento tre motivi.
1.1. Con il primo deduce violazione ed erronea applicazione dell’articolo 425 cod. proc. pen. e travisamento della prova.
Rileva, infatti, che il giudice non ha messo in dubbio la completezza e univocita’ della ricostruzione della vicenda cosi’ come operata in imputazione, ne’ ha sviluppato un ragionamento sulla sola sostenibilita’ dell’accusa in giudizio, bensi’ ha impropriamente anticipato, attraverso l’esame critico dell’imputazione, il giudizio sulla innocenza dell’imputato, in realta’ riservato alla fase dibattimentale, peraltro attribuendo rilievo alle vicissitudini familiari solo asserite dall’imputato e non documentate e, comunque, genericamente affermate dal giudice senza neppure una specifica indicazione dei documenti considerati.
1.2. Con il secondo deduce violazione ed erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 95.
Rileva che, trattandosi di reato formale, a integrare il quale sono sufficienti le false indicazioni e le omissioni anche parziali dei dati di fatto rilevanti nella dichiarazione presentata per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e considerato altresi’ che, secondo la giurisprudenza di legittimita’, costituisce errore sulla legge penale, come tale inescusabile, anche quello ricadente su legge diversa da quella penale richiamata da questa ad integrazione della fattispecie criminosa, sono inconferenti le giustificazioni offerte dall’imputato e valorizzate dal G.u.p., circa la ritenuta esclusione, tra i redditi da dichiarare, delle pensioni di invalidita’.
1.3. Con il terzo deduce violazione ed erronea applicazione dell’articolo 192 c.p.p. in tema di prova indiziaria.
In estrema sintesi, secondo il ricorrente, il riferimento contenuto nella sentenza impugnata a un quadro indiziario asseritamente insufficiente trascura di considerare che l’imputazione era, in realta’, fondata su prove documentali e sulle stesse ammissioni indirette del prevenuto e che la difesa dello stesso era esclusivamente fondata su pretesi errori di interpretazione insussistenti e comunque irrilevanti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso e’ fondato e merita accoglimento.
Secondo consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte anche dopo le modifiche apportate all’articolo 425 cod. proc. pen., rispettivamente, dalla Legge 8 aprile 1993, n. 105, articolo 1 e dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479, articolo 23 l’udienza preliminare non ha subito una modifica della sua originaria funzione, ne’ correlativamente ha mutato natura la sentenza di proscioglimento cui essa puo’ dar luogo, che e’ e resta (prevalentemente) processuale e non di merito. Infatti identico e’ rimasto lo scopo cui l’udienza preliminare e’ preordinata:
evitare i dibattimenti inutili, non accertare se l’imputato e’ colpevole o innocente (v. ex multis Sez. 4, n. 8912 del 10/01/2012, Monteforte, non mass.).
Il giudice dell’udienza preliminare, dunque, ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere non quando effettui un giudizio prognostico in esito al quale pervenga ad una valutazione di innocenza dell’imputato, ma in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilita’ che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione (Sez. 4, n. 43483 del 6/10/2009, Pontessili, Rv. 245464).
Non contrasta con questa ricostruzione il tenore dell’articolo 425 c.p.p., comma 3 che prevede la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere “anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio”.
La norma – che riecheggia la regola di giudizio prevista dall’articolo 530 cod. proc. pen. – conferma, infatti, quanto si e’ in precedenza espresso: il parametro non e’ l’innocenza, ma l’impossibilita’ di sostenere l’accusa in giudizio.
L’insufficienza e la contraddittorieta’ degli elementi devono, quindi, avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio. Insomma, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio per l’esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non e’ consentita quando l’insufficienza o contraddittorieta’ degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. L’insufficienza o contraddittorieta’ degli elementi a carico dell’imputato deve dunque essere parametrata alla prognosi della inutilita’ del dibattimento; sicche’ deve escludersi un esito liberatorio in tutti i casi in cui detti elementi si prestino a soluzioni alternative e “aperte” (Sez. 6, n. 45275 del 16/11/2001, Acampora, Rv. 221303; Sez. 6, n. 3467 del 09/10/1995, La Penna, Rv. 203306; Sez. 3, n. 3776 del 08/11/1996, Tani, Rv. 206730; Sez. 1, n. 2875 del 21/04/1997, Mocera, Rv. 207419; v. anche Corte costituzionale, sentenza 15 marzo 1996 n. 71).
6. Nella specie il G.u.p., nel prosciogliere l’imputato non si e’ attenuto a siffatti criteri di giudizio.
E’ agevole infatti rilevare che – non risultando revocato in dubbio l’accertamento degli elementi fattuali integranti la fattispecie penale contestata e, in particolare, della falsita’ delle attestazioni reddituali contenute nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato – la valutazione del G.u.p. si risolve, a ben vedere, in un giudizio di infondatezza a priori dell’accusa, per come in astratto formulata, esclusivamente fondato su una valutazione di merito circa la (non) configurabilita’, nel contesto fattuale cosi’ descritto e chiaramente emergente dagli atti in piena conformita’ all’accusa, dell’elemento soggettivo del reato contestato.
Valutazione questa che, a sua volta, e’ frutto della valorizzazione da parte del giudice a quo di “una gravissima situazione familiare del prevenuto al momento del fatto con conseguente grave crisi economica dello stesso” e del connesso rilievo secondo cui “il prevenuto e’ soggetto provato a livello personale da vicissitudini familiari”, nonche’ “persona di non eccessiva cultura”: circostanze secondo il G.u.p. idonee a supportare, unitamente alla difficolta’ dei calcoli da eseguire “per un non tecnico”, il convincimento della sussistenza della “buona fede” dell’imputato.
Si tratta, pero’, di considerazioni che – oltre ad essere argomentate in modo del tutto generico e sostanzialmente apodittico, in mancanza di alcuna specifica indicazione degli elementi di indagine su cui esse sono fondate – non possono comunque ritenersi di tale pregnanza logico argomentativa da imporsi gia’ in sede di udienza preliminare e rendere inutile l’apporto del dibattimento: quest’ultimo, invero, non riducibile necessariamente ad un contributo di tipo probatorio, ma ben suscettibile di essere rappresentato anche dalle contrapposte valutazioni e argomentazioni tecnico giuridiche relative agli elementi di prova pur immutabilmente acquisiti (cfr. in tal senso Sez. 4, n. 43483 del 2009, Pontessili, cit., che chiaramente correla il proscioglimento ex articolo 425 cod. proc. pen. all’ipotesi in cui la situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento dall’acquisizione di nuove prove “o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova gia’ acquisiti”, occorrendo pertanto riferire la valutazione di inutilita’ del dibattimento ad una prognosi di immutabilita’ non solo del quadro probatorio ma anche di quello “valutativo”).
Nella specie non puo’ negarsi che vi siano ampi margini per un utile dispiegarsi del contraddittorio, in particolare per quel che riguarda la valutazione non solo del se le circostanze suddette, cosi’ genericamente indicate nella sentenza impugnata, trovino effettivo riscontro nelle prove raccolte ma soprattutto se le stesse possano effettivamente assumere rilievo ai fini dell’esclusione dell’elemento soggettivo o se, piuttosto, siano al piu’ dimostrative della ignoranza di norme extrapenali richiamate dalla legge penale e, dunque, integratrici del precetto penale, come tale irrilevante ai sensi dell’articolo 5 cod. pen. (cfr. Sez. 4, n. 37590 del 07/07/2010, P.G. in proc. Barba, Rv. 248404).
9. Sussiste pertanto la dedotta violazione della norma di cui all’articolo 425 cod. proc. pen., avendo il G.u.p. evidentemente omesso di attenersi, nei sensi predetti, ai criteri di giudizio che governano la decisione da adottarsi all’esito dell’udienza preliminare.
La sentenza deve essere pertanto annullata.
Gli atti vanno trasmessi al Tribunale di Terni, in funzione di Giudice per l’Udienza Preliminare, per un nuovo esame della richiesta di rinvio a giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Terni per l’ulteriore corso

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