guida in stato di ebrezza

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza n. 49228  del 18 dicembre 2012

Osserva
1. Con sentenza in data 18.1.2012 il Tribunale di Lecco ha applicato nei confronti di B. D. la pena ritenuta di giustizia – e concordata tra le parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p. — per il reato (acc. il 5 dicembre 2010) di guida in stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186, comma secondo, lett. c), del codice della strada, con le aggravanti di aver commesso il fatto tra le ore 22 e le ore 7 e di aver provocato un incidente, disponendo altresì la revoca della patente di guida.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, denunciando, sia pure sotto plurimi profili e con diffuse argomentazioni, sostanzialmente due motivi di doglianza: 1) violazione di legge per avere il giudice applicato la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida non compresa nell’accordo tra le parti ai fini dell’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., e comunque dovendo ritenersi competente al riguardo l’Autorità amministrativa; 2) mancanza di motivazione in ordine a tale statuizione.
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi dedotti.
3.1 L’art. 186, comma 2-bis, del codice stradale, nella formulazione come introdotta con la legge n. 120/2010, già in vigore al momento del fatto contestato al B. (5 dicembre 2010), stabilisce che la patente di guida è sempre revocata nell’ipotesi di cui al secondo comma, lett. c), dello stesso articolo 186 — se il conducente provoca un incidente: nella concreta fattispecie, al B. è stata applicata la pena proprio per l’ipotesi di cui all’art. 186, secondo comma, lett, c), c.d.s., ed è stata ritenuta sussistente l’aggravante di aver provocato un incidente, regolarmente contestata con il capo di imputazione.
Orbene, mette conto sottolineare che le Sezioni Unite di questa Corte – chiamate a suo tempo a pronunciarsi, in relazione ad una fattispecie di guida in stato di ebbrezza, sulla questione relativa alla possibilità di applicare le sanzioni amministrative accessorie anche con la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. — enunciarono il seguente principio: “Con la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. devono essere sempre applicate le sanzioni amministrative accessorie che ne conseguono di diritto. (Nel caso di specie la Corte ha rigettato il ricorso con il quale si sosteneva l’incompatibilità fra sentenza di patteggiamento ed applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente)” (Sez. Un., n. 8488 del 27/05/1998 Ud. — dep. 21/07/1998, imp. Bosio, Rv. 210981). Nella circostanza, le Sezioni Unite, seguendo un articolato percorso argomentativo caratterizzato dall’approfondito esame di tutta la normativa di riferimento, affermarono dunque la competenza del giudice penale ad applicare dette sanzioni nel caso di sentenza di condanna o di applicazione della pena. Le ragioni poste a sostegno del principio così enunciato risultano agevolmente desumibili da alcuni passaggi motivazionali che appare opportuno riportare letteralmente: “Il legislatore nella normativa del codice della strada (d.lg. 30 aprile 1992 n. 285) ha previsto le sanzioni amministrative interdittive della sospensione e della revoca della patente di guida accessorie a reati in danno di persone e di lesione personale (art. 222), e ad alcuni reati previsti dal codice (come quello in specie).

Ora, mentre le sanzioni amministrative pecuniarie e quelle ad esse accessorie sono applicate sempre dal prefetto (art. 210), salvi i casi di connessione obiettiva con un reato (art. 221), le sanzioni amministrative accessorie a reati sono applicate dal giudice con la sentenza penale, sempreché il reato non sia estinto per causa diversa dalla morte dell’imputato, essendo in tale ipotesi attribuito il potere sanzionatorio al prefetto (art. 224, comma 3)” ……… “la natura amministrativa della sanzione non muta quando il potere di applicare la sanzione venga attribuito al giudice” ………… “La sottolineatura della natura amministrativa della sanzione in parola è ancora contenuta nello stesso art. 224, laddove viene riservata all’autorità amministrativa (prefetto) l’esecuzione della misura applicata dal giudice.”

Con giurisprudenza assolutamente “granitica”, tale da poter costituire vero e proprio “diritto vivente”, questa Corte, ponendosi in sintonia con l’opzione interpretativa accolta dalle Sezioni Unite con la sentenza Bosio del 1998, appena ricordata, si è costantemente espressa per l’obbligatorietà per il giudice penale di disporre le sanzioni amministrative accessorie (ivi comprese la sospensione e la revoca della patente di guida) previste dalla legge come conseguenza di determinati reati, e ciò anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti; a solo titolo esemplificativo basti ricordare: Sez. 4, n. 12208 del 09/12/2003 Cc. — dep. 13,103/2004 — Rv. 227910; Sez. 5, n. 12607 del 02/03/2006 Cc. – dep. 10/04/2006 — Rv. 234543; Sez. 6, n. 40591 del 29/05/2008 Cc. — dep. 30/10/2008 — Rv. 241359; Sez. 4, n. 27931 del 05/05/2005 Cc. — dep. 27/07/2005 – Rv. 232015; Sez. 4, ri. 36868 del 14/03/2007 Cc. – dep. 08/10/2007 — Rv. 237231.
D’altra parte, proprio perché il giudice penale è competente per l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie a reati, il giudice stesso determina autonomamente la durata della sospensione della patente, a prescindere cioè dal periodo eventualmente già stabilito in via provvisoria dal prefetto, come precisato con un successivo intervento ancora dalle Sezioni Unite che, nell’occasione, ribadirono il ruolo del prefetto quale organo di esecuzione in materia: “è il prefetto, organo di esecuzione della sanzione amministrativa accessoria, a dover provvedere alla detrazione, obbligatoria, del periodo di sospensione eventualmente presofferto, e senza che vi sia bisogno di esplicita dichiarazione al riguardo da parte dell’autorità giudiziaria procedente” (Sez. Un., n. 20 del 21/06/2000 Cc. – dep. 13/11/2000 – Rv. 217020; conf., “ex plurimls”, Sez. 4, n. 47955 del 27/10/2004 E Ud. — dep. 10/12/2004 – Rv. 230349: “In tema dl sospensione della patente di guida quale sanzione amministrativa accessoria connessa alla violazione dl norme del codice della strada costituenti reato, (nella specie, guida in stato di ebbrezza), le statuizioni adottate al riguardo dal Prefetto, in via provvisoria e cautelare, e dal giudice penale in via definitiva, sono tra loro del tutto autonome, nel senso che il giudice non può esimersi dal disporre detta sospensione sul presupposto che sia già stata disposta dal primo, nè fissarne la durata, scomputando quella imposta dal Prefetto; va tuttavia esclusa la cumulabilità dei periodi imposti, restando ferma la possibilità in fase esecutiva di computare in detrazione il periodo di sospensione stabilito dal Prefetto”). Giova poi evidenziare che l’indirizzo interpretativo così affermatosi non è mutato neppure a seguito delle molteplici modifiche normative apportate dalle novelle legislative, succedutesi nel tempo dopo i ricordati interventi delle Sezioni Unite; anche in relazione alla sanzione amministrativa accessoria della confisca dell’auto, introdotta con D.L. n. 92/2008 conv. con Legge n. 125/2008, è stata affermata ripetutamente la competenza del giudice penale a disporla — pur con la sentenza dl applicazione della pena – nonostante sia stata poi dal legislatore disegnata, con la legge n. 120 del 2010, una procedura di sequestro del veicolo di natura prettamente amministrativa: “La sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, prevista dall’art. 186, comma secondo, lett. c), cod. strada, deve essere obbligatoriamente applicata con la sentenza di condanna o di patteggiamento, svolgendo il prefetto un ruolo meramente esecutivo della statuizione adottata dal giudice penale” (“ex multis”: Sez. 4, n. 32427 del 03/11.2011 Ud. – dep. 13/08/2012 – Rv. 253128; conf. Sez. 6, n. 12313 del 13/03/2012 Cc. – dep. 02/04/2012 – Rv. 252563).
Le doglianza fin qui esaminate si appalesano dunque manifestamente infondate tenuto conto dell’indirizzo interpretativo sopra illustrato autorevolmente avallato già da tempo, come detto, dalle Sezioni Unite – viepiù consolidatosi fino ad oggi senza alcuna oscillazione.
3.2 Parimenti priva di qualsiasi fondamento è la censura di vizio motivazionale in ordine alla statuizione della revoca della patente. Ed invero, tale sanzione [a differenza della sospensione della patente di guida che – in quanto, per definizione, temporanea — comporta per il giudice (anche nell’ipotesi di sentenza ex art. 444 c.p.p.: Sez. Un., Bosio, cit., Rv. 210982) l’obbligo di una motivazione idonea a giustificare la durata della sospensione, quale determinata nell’ambito della cornice edittale prevista] non implica alcuna discrezionalità o valutazione di merito: di tal che, il giudice, nelle ipotesi in cui – come nella fattispecie in esame — è prevista come obbligatoria la revoca della patente di guida, quale sanzione accessoria nel caso di sentenza di condanna o di applicazione della pena a richiesta delle parti, non deve in alcun modo motivare detta statuizione.
4. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (non ravvisandosi ragioni di esonero: cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma dl euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Roma, 30 novembre 2012

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *