Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 26 maggio 2017, n. 13379

Il licenziamento è illegittimo se avviene nei confronti di un lavoratore le cui mansioni sono state soppresse in quanto esternalizzate, il tutto in mancanza di apposito repechage presso altre società del gruppo

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 26 maggio 2017, n. 13379

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente

Dott. MANNA Antonio – Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Perigiovanni – rel. Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19305/2014 proposto da:

(OMISSIS), c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.R.L., (gia’ (OMISSIS) S.R.L.) P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti (Atto di costituzione del 03/02/2017);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 677/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/01/2014 R.G.N. 798/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/02/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 16 gennaio 2014, la Corte d’appello di Venezia rigettava l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva respinto l’impugnazione del licenziamento intimatogli il 17 maggio 2007 da (OMISSIS) s.r.l. per giustificato motivo oggettivo.

A motivo della decisione, la Corte territoriale riteneva, come gia’ il Tribunale, l’effettiva ricorrenza del giustificato motivo oggettivo per la soppressione delle mansioni (di rilevatore dei prezzi dei prodotti delle societa’ concorrenti) svolte in maniera praticamente esclusiva dal lavoratore, in quanto esternalizzate.

Essa escludeva pure la possibilita’ di un suo diverso reimpiego in altri punti vendita della societa’, in mancanza di posti vacanti del suo stesso livello di inquadramento (nell’inesistenza di un obbligo della societa’ all’offerta di mansioni inferiori, in difetto dal predetto di manifestazione di volonta’ ad un patto di demansionamento); senza, infine, alcuna estensione della possibilita’ di repechage alle altre societa’ del gruppo, per omessa censura dell’esclusione dalla sentenza di primo grado della configurabilita’, nel gruppo societario di appartenenza della datrice, di un unico soggetto cui imputare il rapporto di lavoro di (OMISSIS).

Con atto notificato il 15 – 21 luglio 2014 egli ricorre per cassazione con cinque motivi, cui resiste la societa’ datrice con controricorso e memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sulla deduzione dell’obbligo datoriale di repechage su tutte le societa’ del gruppo, sull’erroneo assunto di mancata censura del capo della sentenza di primo grado di esclusione di configurabilita’ in esso di un unico soggetto cui imputare il proprio rapporto di lavoro, invece oggetto di specifica confutazione (a pgg. da 33 a 37 dell’atto di appello, trascritte) o, in subordine, omesso esame della stessa circostanza, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2. Con il secondo, il ricorrente deduce nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sull’eccezione di tardivita’, soltanto con memoria difensiva in grado di appello, della produzione documentale sub A), relativa alla prova di effettiva esistenza della societa’ cui esternalizzata la mansione del lavoratore soppressa o, in subordine, violazione e falsa applicazione dell’articolo 345, terzo comma, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inammissibilita’ della produzione.

3. Con il terzo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articoli 3 e 5, e articolo 2697 c.c., ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per difetto di prova, alla luce delle scrutinate risultanze istruttorie, dell’effettiva soppressione della propria mansione per sua esternalizzazione e dell’impossibilita’ di repechage.

4. Con il quarto, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articoli 3 e 5, e articolo 2697 c.c., anche in riferimento alla L. n. 300 del 1970, articolo 18, articolo 2103 c.c., e CCNL del commercio, distribuzione e servizi, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per difetto di prova, neppure adeguatamente valutata, di assoluzione dell’obbligo datoriale di repechage.

5. Con il quinto, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 2103 c.c., L. n. 300 del 1970, articolo 3, e articolo 2697 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per esclusione dell’obbligo di repechage anche in riferimento a mansioni inferiori, sull’erroneo assunto dell’indisponibilita’ propria ad un patto di dequalificazione, la cui proposta nell’onere probatorio datoriale e comunque essendo egli stato ben disponibile, come risultante dallo stabile svolgimento di mansioni anche inferiori nelle giornate di sabato.

6. Il primo motivo, relativo a nullita’ della sentenza per omessa pronuncia sulla deduzione dell’obbligo datoriale di repechage su tutte le societa’ del gruppo della societa’ datrice o, in subordine, omesso esame della stessa circostanza, e’ infondato.

6.1. La denuncia di omessa pronuncia non sussiste.

Ed infatti, la Corte territoriale ha negato correttamente (al secondo capoverso di pg. 10 della sentenza) l’impugnazione dal lavoratore appellante della sentenza di primo grado “nella parte in cui ha escluso la possibilita’ di configurare nel gruppo societario il rapporto di lavoro con il ricorrente (cfr. pagina 5 della sentenza)”, trascritta dalla societa’ datrice (dal quart’ultimo alinea di pg. 8 al decimo di pg. 9 del controricorso). La censura del predetto (cosi’ come trascritta dal secondo capoverso di pg. 15 al sesto alinea di pg. 17 del ricorso) si e’ piuttosto incentrata sulla sussistenza di un obbligo di ricollocazione presso una delle altre societa’ del gruppo, illustratane la configurazione per l’accentramento della loro gestione e controllo nella famiglia (OMISSIS), “pacifica e provata per tabulas” sulla base degli elementi indicati.

Al riguardo, e’ noto come la sola ricorrenza di un collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da societa’ appartenenti a un medesimo gruppo non comporti il venir meno dell’autonomia delle singole societa’, dotate di personalita’ giuridica distinta e alle quali, quindi, continuano a far capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le diverse imprese: con la conseguente esclusione della configurabilita’ di un unico centro d’imputazione di rapporti diverso dalle singole societa’ (Cass. 24 settembre 2010, n. 20231, in tema di demansionamento).

Sicche’, un tale collegamento non e’ di per se’ solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare – anche all’eventuale fine della valutazione di sussistenza del requisito numerico per l’applicabilita’ della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato – un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione ricorre ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attivita’ fra i vari soggetti del collegamento economico – funzionale e cio’ venga accertato in modo adeguato, attraverso l’esame delle attivita’ di ciascuna delle imprese gestite formalmente da quei soggetti, che deve rivelare l’esistenza dei seguenti requisiti: a) unicita’ della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attivita’ esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico e amministrativo – finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attivita’ delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie societa’ titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori. Trattasi di valutazione di fatto rimessa al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimita’ solo per vizi di motivazione (Cass. 20 dicembre 2016, n. 26346; Cass. 11 novembre 2014, n. 23995; Cass. 16 gennaio 2014, n. 798; Cass. 12 febbraio 2013, n. 3482; Cass. 7 settembre 2007, n. 18843; Cass. 15 maggio 2006, n. 11107).

Ma il lavoratore non ha confutato sotto questo profilo la sentenza di primo grado.

7. Il secondo motivo, relativo a nullita’ della sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione di tardivita’ della produzione documentale sub A) o, in subordine, violazione e falsa applicazione dell’articolo 345, terzo comma c.p.c. per inammissibilita’ della produzione, e’ infondato.

7.1. Perche’ possa utilmente dedursi in sede di legittimita’ un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., e’ necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione: con l’indicazione specifica altresi’ dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne la ritualita’ e la tempestivita’ e quindi la decisivita’ delle questioni prospettatevi. Ove, infatti, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato articolo 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione e’ giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimita’ di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilita’, all’adempimento da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, dell’onere di indicare compiutamente gli atti della fase di merito (Cass. 19 marzo 2007, n. 6361; Cass. 14 ottobre 2010, n. 21226; Cass. 4 luglio 2014, n. 15367).

Poiche’ il lavoratore ricorrente non ha adempiuto al suddetto onere, la Corte non puo’ compiere il sollecitato esame del vizio di attivita’ denunciato.

7.2. Quanto alla subordinata denuncia di violazione di legge per tardivita’ della produzione documentale per la prima volta in grado di appello, essa e’ infondata in quanto ben ammissibile, per essere giustificata dall’evoluzione della vicenda processuale successiva al ricorso ed alla memoria di costituzione (Cass. s.u. 20 aprile 2005, n. 8202; Cass. 22 maggio 2006, n. 11922; Cass. 5 luglio 2007, n. 15228; Cass. 7 marzo 2014, n. 5336): sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti, emersi nel loro contraddittorio processuale (Cass. 6 marzo 2012, n. 3506) e per contemperamento con l’esigenza della ricerca della verita’ materiale, cui e’ orientato il rito del lavoro per la garanzia di una tutela differenziata, in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento (Cass. 2 ottobre 2009, n. 21124).

La produzione compiuta con la memoria di costituzione in appello e’ stata, infatti, necessitata dalla manifestazione da controparte del dubbio della stessa esistenza della societa’, presso cui esternalizzate le mansioni del lavoratore (circostanza gia’ provata dalle risultanze istruttorie: penultimo capoverso di pg. 9 della sentenza), soltanto in atto di appello (ultimo capoverso di pg. 9 della sentenza).

8. Il terzo motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articoli 3 e 5, e articolo 2697 c.c., ed omesso esame di fatto decisivo per difetto di prova dell’effettiva soppressione della mansione per esternalizzazione e di impossibilita’ di repechage) puo’ essere congiuntamente esaminato, per ragioni di connessione, con il quarto (violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articoli 3 e 5, e articolo 2697 c.c., anche in riferimento alla L. n. 300 del 1970, articolo 18, articolo 2103 c.c., e CCNL del settore per difetto di prova di assoluzione dell’obbligo di repechage).

Essi sono inammissibili.

8.1. La violazione delle norme di legge denunciate non sussiste, in difetto dei requisiti propri di verifica di correttezza dell’attivita’ ermeneutica diretta a ricostruirne la portata precettiva, ne’ di sussunzione del fatto accertato dal giudice di merito nell’ipotesi normativa, ne’ tanto meno di specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata motivatamente assunte in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 28 novembre 2007, n. 24756; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984).

8.2. In realta’, i due mezzi si risolvono in una contestazione della valutazione probatoria e dell’accertamento in fatto del giudice di merito, cui solo spetta la valutazione probatoria e la scelta dei vari elementi raccolti, nella formazione del suo convincimento, posto che tali aspetti del giudizio, interni alla discrezionalita’ valutativa degli elementi di prova e all’apprezzamento dei fatti, riguardano il libero convincimento del giudice e non i possibili vizi del suo percorso formativo rilevanti ai fini in oggetto; sicche’, la valutazione delle risultanze delle prove e la scelta, tra le varie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, libero di attingere il proprio convincimento dalle prove che gli paiano piu’ attendibili, senza alcun obbligo di esplicita confutazione degli elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti: con insindacabilita’ in sede di legittimita’, in presenza di una congrua e corretta motivazione (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 7 gennaio 2009, n. 42; Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412), come nel caso di specie (per le ragioni esposte da pg. 9 al primo capoverso di pg. 10 della sentenza).

9. Il quinto motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’articolo 2103 c.c., L. n. 300 del 1970, articolo 3, e articolo 2697 c.c., per esclusione dell’obbligo di repechage anche in riferimento a mansioni inferiori, e’ invece fondato.

9.1. Questa Corte e’ ben consapevole di come la verifica della possibilita’, indubbia, del repechage con riferimento a mansioni equivalenti sia stata progressivamente dilatata alla piu’ controversa possibilita’ di adibizione anche a mansioni inferiori, per l’inderogabilita’ della norma contenuta nell’articolo 2103, secondo comma c.c. (nel testo applicabile ratione temporis precedente la riformulazione introdotta dal Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 3).

E cio’ in estensione di un fondamentale arresto di legittimita’, secondo cui la sopravvenuta infermita’ permanente e la conseguente impossibilita’ della prestazione lavorativa possono giustificare oggettivamente il recesso del datore di lavoro dal rapporto di lavoro subordinato, ai sensi della L. n. 604 del 1966, articoli 1 e 3: a condizione che risulti ineseguibile l’attivita’ svolta in concreto dal prestatore e che non sia possibile assegnargli mansioni equivalenti ai sensi dell’articolo 2103 c.c., ed eventualmente inferiori, in difetto di altre soluzioni, per la ravvisata prevalenza delle esigenze di tutela del diritto alla conservazione del posto di lavoro su quelle di salvaguardia della professionalita’ del prestatore (Cass. s.u. 7 agosto 1998, n. 7755).

Sicche’, analogamente e’ stato ritenuto anche per l’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo conseguente a soppressione del posto di lavoro a seguito di riorganizzazione aziendale, pure comportante una nuova situazione di fatto (inerente al nuovo assetto dell’impresa anziche’ alla sopravvenuta inidoneita’ fisica del lavoratore) legittimante il consequenziale adeguamento del contratto: con identita’ delle esigenze di tutela del diritto alla conservazione del posto di lavoro (prevalenti su quelle di salvaguardia della professionalita’ del lavoratore) e analogia dei limiti alla rilevanza della utilizzabilita’ del lavoratore in mansioni inferiori, individuabili nel rispetto dell’assetto organizzativo dell’impresa insindacabilmente stabilito dall’imprenditore e nel consenso del lavoratore all’adibizione a tali mansioni (Cass. 9 novembre 2016, n. 22798; Cass. 8 marzo 2016, n. 4509; Cass. 13 agosto 2008, n. 21579).

9.2. Tuttavia, osserva la Corte come, nel caso di specie, da quanto accertato in fatto dalla Corte territoriale (secondo le deposizioni dei testi menzionati al primo capoverso di pg. 9 della sentenza) risulti che (OMISSIS), accanto alle mansioni prevalenti di rilevatore dei prezzi dei prodotti delle societa’ concorrenti, abbia negli anni sempre continuato, il sabato mattina, a svolgere anche quelle inferiori, genericamente inerenti all’attivita’ del punto vendita cui era adibito.

Si deve pertanto ritenere che egli di fatto svolgesse mansioni promiscue, tutte da lui esigibili, in quanto ordinariamente rese.

E allora, non pare corretto l’assunto della Corte territoriale di esenzione della societa’ datrice da un obbligo di repechage anche in ordine a quelle mansioni inferiori, siccome promiscuamente esercitate con le altre soppresse, sul rilievo assertivo e in contrasto con la superiore circostanza accertata, dell’assenza di ogni disponibilita’, in riferimento ad esse, ad un patto di dequalificazione (cosi’ al secondo capoverso di pg. 11 della sentenza).

Per tale ragione, l’obbligo di repechage della societa’ datrice doveva essere esteso anche alle suddette mansioni.

10. Sicche’, in accoglimento del quinto motivo e respinti i primi quattro, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, per il superiore accertamento dell’obbligo datoriale di repechage come rimodulato su tutte le mansioni promiscuamente esercitate dal lavoratore e per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, respinti i primi quattro; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione

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