cassazione 9

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 26 novembre 2015, n. 24157

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STILE Paolo – Presidente

Dott. BANDNI Gianfranco – Consigliere

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 856-2015 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente dell’Irsap e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1880/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 14/10/2014 R.G. N. 753/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/06/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega orale (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per accoglimento 1 motivo, assorbito il resto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 14.10.14 la Corte d’appello di Palermo rigettava il gravame del (OMISSIS), in liquidazione, Gestione separata dell’ (OMISSIS), contro la sentenza 20.3.14 del Tribunale di Agrigento, che aveva dichiarato l’illegittimita’ – per violazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 – del licenziamento disciplinare intimato al dirigente ing. (OMISSIS) con determinazione commissariale n. 117 del 21.8.12.

Per la cassazione della sentenza ricorre detto Consorzio affidandosi a quattro motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex articolo 378 c.p.c..

L’intimato resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- Con il primo motivo il ricorso lamenta violazione del Decreto Legislativo n. 155 del 2001, articolo 55, comma 4, per avere la sentenza impugnata ritenuto che l’ufficio per i procedimenti disciplinari, istituito conformemente alla regolamentazione interna dell’ente interessato, sia un collegio perfetto – cosa che il ricorso contesta, ritenendolo collegio imperfetto – e per aver ravvisato la nullita’ del provvedimento disciplinare per mancanza di rispetto della collegialita’ nonostante che il cit. comma 4 ricolleghi la decadenza dal potere disciplinare dell’ente alla sola violazione dei termini del procedimento.

Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione del Decreto Legislativo n. 155 del 2001, articolo 55 nella parte in cui ha ritenuto nullo il provvedimento disciplinare anche perche’ adottato dall’organo di vertice del Consorzio anziche’ dall’ufficio procedimenti disciplinari.

Con il terzo motivo il ricorso deduce violazione dell’articolo 18 Stat., nel testo novellato dalla Legge n. 92 del 2012, articolo 1, e del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 51, per avere la gravata pronuncia ritenuto inapplicabile all’impiego pubblico contrattualizzato il nuovo testo dell’articolo 18 Stat., che prevede, per meri vizi formali del recesso, la sola tutela indennitaria anziche’ quella reintegratoria.

Con il quarto motivo, in subordine, il ricorso chiede promuoversi questione di legittimita’ costituzionale, per violazione degli articoli 3, 41 e 97, dell’articolo 18, comma 7 Stat., nel testo introdotto dalla Legge n. 92 del 2012, articolo 1, ove interpretato come inapplicabile all’impiego pubblico contrattualizzato.

2- Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso sollevata dal controricorrente per asserita omessa impugnazione di una delle rationes decidendi su cui si basa la gravata pronuncia, ossia l’avere il Commissario straordinario del Consorzio adottato la delibera di licenziamento dell’ing. (OMISSIS) che, invece, non era di sua competenza.

E’ pur vero che la sentenza ha espressamente condiviso l’assunto del primo giudice, secondo il quale l’ufficio per i procedimenti disciplinari sarebbe stato competente non soltanto ad istruire in forma collegiale il procedimento de quo, ma anche ad irrogare la sanzione.

Ma contro tale affermazione e’ stato formulato uno specifico motivo – il secondo – di ricorso.

3- Il primo motivo e’ infondato, sia pure correggendosi ex articolo 384 c.p.c., u.c. nei sensi che seguono la motivazione sul punto adottata dalla Corte territoriale.

In virtu’ del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 bis, comma 4 ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel comma 2.

Si tratta di norma imperativa. Come tale e’ espressamente definita dal precedente articolo 55, comma 1.

Sia le parti che la gravata pronuncia danno per pacifico che l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari del Consorzio ricorrente ha una composizione collegiale, di tre membri.

La Corte territoriale da atto – neppure cio’ e’ controverso – che tutto il procedimento disciplinare nei confronti dell’odierno controricorrente e’ stato avviato, istruito e concluso (con la relazione finale indirizzata al Commissario straordinario) da un solo componente dell’ufficio per i procedimenti disciplinari, vale a dire dalla dott.ssa (OMISSIS).

Sostiene parte ricorrente che – contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito – in cio’ non deve ravvisarsi alcuna violazione di legge, trattandosi di un collegio imperfetto.

Ora, anche a voler in ipotesi concedere che tale collegio non sia perfetto e che, quindi, non necessariamente debba operare con la contemporanea partecipazione di tutti i suoi componenti, deve osservarsi che, ad ogni modo, in nessun caso un collegio imperfetto puo’ ridursi ad operare attraverso uno solo dei propri membri, di fatto venendosi ad equiparare ad un organo monocratico, in violazione dell’ordinamento interno del Consorzio ricorrente che prevede pur sempre un organo collegiale per i procedimenti disciplinari.

In proposito si deve condividere la giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. dec. n. 140 del 16.3.76), secondo cui un organo collegiale deve necessariamente essere pluripersonale e non puo’ mutarsi in organo monocratico, in quanto la monocraticita’ disattende in radice le ragioni di efficienza amministrativa che hanno suggerito la collegialita’.

Ne discende l’avvenuta violazione, nel caso di specie, della norma imperativa di legge costituita dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 bis cit., comma 4, con conseguente nullita’ – anche per cio’ solo – del licenziamento disciplinare per cui e’ causa.

Ne’ tale conclusione puo’ essere inficiata dal rilievo che il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 bis, comma 2, ult. periodo, stabilisce che “La violazione dei termini di cui al presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa”.

Invero, il fatto che la norma preveda una determinata sanzione (decadenza dall’azione disciplinare) per violazione dei termini stabiliti nel medesimo comma non implica che la violazione del successivo comma 4 non debba essere sanzionata con la nullita’, noto essendo che la violazione di norme imperative e’ sempre colpita da nullita’ “salvo che la legge disponga diversamente” (articolo 1418 c.c., comma 1).

In altre parole, ben puo’ la legge prevedere la decadenza dall’azione disciplinare per violazione dei termini di cui all’articolo 55 bis, comma 2 e, invece, la nullita’ per violazione del comma 4 dello stesso articolo 55 bis (letto in combinato disposto con l’articolo 1418 c.c., comma 1).

4- La conferma della nullita’ del licenziamento disciplinare di cui si controverte assorbe la disamina dell’ulteriore motivo di nullita’ (oggetto della censura svolta nel secondo motivo di ricorso) ravvisato dalla gravata pronuncia (cioe’ l’essere stato adottato il recesso da un organo – il Commissario straordinario del Consorzio – a tal fine incompetente).

5- Il terzo motivo e’ infondato, sebbene correggendosi ex articolo 384 c.p.c., u.c. nei sensi che seguono la motivazione sul punto adottata dalla Corte territoriale.

E’ pur vero che l’inequivocabile tenore del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 51 cpv. prevede l’applicazione anche al pubblico impiego c.d. contrattualizzato della Legge n. 300 del 1970 “e successive modificazioni ed integrazioni”, a prescindere dal numero di dipendenti.

Dunque, e’ innegabile che il nuovo testo della Legge n. 300 del 1970, articolo 18, come novellato dalla Legge n. 92 del 2012, articolo 1, trovi applicazione ratione temporis al licenziamento per cui e’ processo e cio’ a prescindere dalle iniziative normative di armonizzazione previste dalla legge c.d. Fornero di cui parla l’impugnata sentenza.

Ma proprio il nuovo testo dell’articolo 18, comma 1 Stat., come modificato dalla Legge n. 92 del 2012, ricollega espressamente (oltre alle ulteriori ipotesi in esso previste) la sanzione della reintegra (e non quella meramente indennitaria) anche ad altri casi di nullita’ previsti dalla legge.

Ed e’ indubbio che fra le nullita’ previste dalla legge vi sia anche quella per contrarieta’ a norme imperative (v., ancora, articolo 1418 c.c., comma 1) e in tale novero rientra, come s’e’ detto, il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 bis cit., comma 4.

La tutela meramente indennitaria e’ invece prevista, sempre dal nuovo testo dell’articolo 18 Stat., in ipotesi differenti da quelle verificatasi nel caso in oggetto (ad esempio, in quella in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione di cui alla Legge 15 luglio 1966, n. 604, articolo 2, comma 2, e successive modificazioni, della procedura di cui alla Legge n. 300 del 1970, articolo 7 o della procedura di cui alla Legge 15 luglio 1966, n. 604, articolo 7, e successive modificazioni).

6- I rilievi che precedono sul terzo motivo assorbono la questione di legittimita’ costituzionale ventilata nel quarto motivo, atteso che si e’ affermata l’applicabilita’ del nuovo testo dell’articolo 18 Stat. (sebbene nella forma della tutela reintegratoria).

7- In conclusione, il ricorso e’ da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimita’, liquidate in euro 100,00 per esborsi e in euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come modificato dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *