Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 27 ottobre 2017, n. 25649. Nel regime di tutela reale della L. 20 maggio 1970, n. 300, ex articolo 18 (nel testo ratione temporis applicabile, anteriore alla modifica apportata con L. 28 giugno 2012, n. 92), il danno all’integrita’ psico-fisica del lavoratore

Nel regime di tutela reale della L. 20 maggio 1970, n. 300, ex articolo 18 (nel testo ratione temporis applicabile, anteriore alla modifica apportata con L. 28 giugno 2012, n. 92), il danno all’integrita’ psico-fisica del lavoratore, cagionato dalla perdita del lavoro e della retribuzione, e’ una conseguenza soltanto mediata ed indiretta (e, quindi, non fisiologica e non prevedibile) del recesso datoriale e, pertanto, non e’ risarcibile a meno che non ricorra l’ipotesi del licenziamento ingiurioso oppure persecutorio o vessatorio (quest’ultimo e’ il caso ravvisato dalla sentenza impugnata), trovando la sua causa immediata e diretta non nella perdita del posto di lavoro, bensi’ nel comportamento intrinsecamente illegittimo del datore di lavoro

Sentenza 27 ottobre 2017, n. 25649
Data udienza 10 maggio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. SPENA Francesca – Consigliere

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 16997/2015 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1268/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/04/2015 R.G.N. 778/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza pubblicata il 14.4.15 la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame di (OMISSIS) S.p.A. contro la sentenza n. 508/13 con cui il Tribunale di Rieti, annullato il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo il 27.4.09 dalla societa’ a (OMISSIS), la aveva condannata a reintegrare il dipendente nel suo posto di lavoro, con le conseguenze economiche di cui alla L. n. 300 del 1970, articolo 18, nonche’ a pagargli l’ulteriore risarcimento del danno non patrimoniale patito per effetto del licenziamento illegittimo, danno da liquidarsi in separata sede.
2. Per la cassazione della sentenza ricorre (OMISSIS) S.p.A. affidandosi a quattro motivi.
3. (OMISSIS) resiste con controricorso.
4. Le parti depositano memoria ex articolo 378 c.p.c..
5. Con atto del 3.5.17 si e’ costituito ulteriore difensore – l’avv. (OMISSIS) – in aggiunta all’avv. (OMISSIS) per il controricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 604 del 1966, articoli 3 e 5 e dell’articolo 115 c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che l’appello della societa’ non avesse coinvolto anche la statuizione di prime cure secondo la quale (OMISSIS) S.p.A. avrebbe dovuto dimostrare l’impossibilita’ di adibire (OMISSIS) a mansioni inferiori a quelle sue proprie (vale a dire a mansioni inferiori a quelle di 2 livello, c.c.n.l. settore commercio): obietta, invece, la ricorrente che l’atto d’appello conteneva specifica e argomentata censura a riguardo; inoltre, prosegue il ricorso, non risponde al vero che in epoca prossima al licenziamento de quo fosse stato assunto altro lavoratore adibito alle stesse mansioni del (OMISSIS) o che fossero stati assunti altri lavoratori addetti a mansioni impiegatizie, trattandosi – in realta’ – di lavoratori assunti in pianta non stabile, in ruoli diversi e comunque molto tempo dopo il licenziamento per cui e’ causa; prosegue, ancora, il ricorso con il negare che la prova dell’impossibilita’ del repechage debba riguardare tutte le sedi o gli uffici della societa’, dovendosi invece limitare alle sole deduzioni del lavoratore; inoltre, erroneamente i giudici di merito avevano sopravvalutato il tenore del colloquio avvenuto il 4.3.09 tra l’allora amministratore delegato della societa’ ( (OMISSIS)) e il (OMISSIS), in cui il primo aveva confidato al secondo che il licenziamento avveniva per ragioni diverse da quelle esplicitate e che la societa’ aveva gia’ assunto un altro lavoratore per adibirlo alle stesse mansioni (cioe’ quelle di tecnico informatico) espletate dal (OMISSIS).
1.2. Il secondo motivo prospetta violazione della L. n. 604 del 1966, articolo 2 e dell’articolo 41 Cost., nella parte in cui la sentenza impugnata ha erroneamente ricostruito travisando il senso delle deposizioni assunte – la ragione tecnico-organizzativa posta a base del licenziamento, vale a dire l’esternalizzazione del servizio informatico cui era adibito il (OMISSIS); prosegue il ricorso con il segnalare l’irrilevanza del tenore del colloquio fra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), perche’ le antipatie aziendali verso l’odierno controricorrente (“non ti sopporta piu’ nessuno”) potevano – al piu’ – costituire solo un motivo ulteriore (come tale irrilevante e comunque non ritorsivo o discriminatorio) rispetto al giustificato motivo oggettivo dedotto dalla societa’.
1.3. Con il terzo motivo ci si duole di violazione e falsa applicazione degli articoli 2, 4 e 32 Cost. e dell’articolo 2087 c.c., nella parte in cui i giudici di merito hanno ritenuto il licenziamento de quo come ingiurioso (o persecutorio o vessatorio) e, quindi, tale da arrecare il danno non patrimoniale per cui e’ stata emessa sentenza di condanna in via generica: obietta la ricorrente che il licenziamento era stato qualificato, in altra parte della sentenza, come pretestuoso, il che non giustificava la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali, ammissibile solo a fronte di licenziamento ingiurioso; tale non era – prosegue il ricorso – il recesso intimato dalla societa’, essendo il carattere ingiurioso riferibile alle modalita’ di intimazione del recesso e non alla ritenuta insussistenza della relativa ragione dedotta a suo fondamento; sempre nell’ambito dello stesso motivo di censura si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 c.c. e articolo 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale trascurato che l’onere della prova del carattere ingiurioso del licenziamento incombeva sul lavoratore e che l’atto introduttivo di lite non aveva mai neppure allegato il carattere ingiurioso del licenziamento de quo, ma soltanto la sua pretestuosita’.
1.4. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1375 c.c. e dell’articolo 115 c.p.c., per avere i giudici di merito rigettato la domanda riconvenzionale della societa’ negando che all’esito dell’istruttoria fosse emersa la prova d’un blocco operativo del sistema informatico aziendale per avere (OMISSIS) omesso di comunicare le password di accesso ai programmi, nonostante che la prova dell’illegittimo rifiuto opposto dal lavoratore emergesse dai documenti in atti e dalle stesse ammissioni dell’odierno controricorrente.
2.1. I primi due motivi – da esaminarsi congiuntamente perche’ connessi – sono da rigettarsi.
La sentenza impugnata ha accertato in punto di fatto che il sistema informatico la cui esternalizzazione avrebbe integrato il giustificato motivo oggettivo dedotto dalla societa’, sistema che era gestito dall’odierno controricorrente, continuo’ ad essere utilizzato in azienda sino alla fine del 2010-inizi del 2011, vale a dire fino a quasi due anni dopo il licenziamento per cui e’ causa.
Cio’ vuol dire che, secondo i giudici di merito, e’ risultata smentita quella improcrastinabile riorganizzazione del servizio addotta come motivo di licenziamento.

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