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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Sentenza 30 gennaio 2014, n. 2055

Fatto e diritto

Con sentenza in data 8-2-2005 il Giudice del lavoro del Tribunale di Termini Imerese condannava la società cooperativa “L’Airone” a r.l. al pagamento in favore di C.M. della somma complessiva di Euro 6.621,13, comprensiva di interessi legali e rivalutazione monetaria, oltre ulteriori interessi e rivalutazione dall’agosto 2004 sino all’effettivo soddisfo, nonché al pagamento delle spese.

La C., premesso che era stata assunta dalla cooperativa nell’ambito di un piano di inserimento professionale e di avere prestato attività lavorativa di tipo subordinato alle dipendenze della società dal 3-11-1999 al 31-12-2000, svolgendo, al pari di tutte le altri dipendenti, mansioni di assistenza domiciliare agli anziani per complessive 24 ore di lavoro settimanale, aveva lamentato di aver percepito la somma di lire 800.000 mensili anziché quella spettantele in base alla contrattazione collettiva ed aveva chiesto, quindi, le relative differenze retributive.

Il giudice adito, rilevato che il rapporto di lavoro derivante dai piani di inserimento professionale è di tipo formativo con causa mista, analogamente a quanto previsto per il contratto di formazione e per l’apprendistato, e che dall’istruttoria svolta era emerso che la ricorrente aveva svolto le prestazioni lavorative al pari delle altre dipendenti della società, senza ricevere la necessaria formazione, riteneva che il rapporto fosse stato in realtà simulato, essendo connotato dai tratti tipici della subordinazione. Pertanto il giudice, disposta una CTU, accoglieva la domanda della ricorrente, applicando per la determinazione delle differenze retributive il ccnl per i dipendenti del settore assistenziale e socio-sanitario.

La società proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma con il rigetto della domanda della C. Quest’ultima si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza depositata il 28-5-2008, in accoglimento dell’appello, rigettava la domanda della C.

In sintesi la Corte territoriale, premesso che, a fronte di un rapporto instaurato formalmente nell’ambito dei piani di formazione professionale, era necessaria la prova, rigorosa e certa, che le parti avessero conferito alla prestazione il carattere della subordinazione, rilevava che una siffatta evenienza non era invero emersa dalla prova testimoniale e che la qualificazione data dalle parti al rapporto in esame non poteva pertanto ritenersi superata dalla prova testimoniale suddetta.

Per la cassazione di tale sentenza la C. ha proposto ricorso con un unico motivo. La Cooperativa l’Airone a r.l. è rimasta intimata.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo la ricorrente, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, dopo aver riportato le risultanze della prova testimoniale ai fini della autosufficienza del ricorso, in sostanza, lamenta che la Corte di merito ha totalmente trascurato il fatto, emerso dalle dette risultanze, “che l’inizio effettivo della prestazione era avvenuto nel 1999 e non nel 2000 (vedasi in particolare, le dichiarazioni del teste di controparte, Ca.St., che dinanzi al primo giudice riferisce sui fatti di sua conoscenza sino a tutto il 1999 e che dinanzi la Corte conferma le precedenti dichiarazioni)”, così risultando confermato l’assunto attoreo, circa l’inizio dell’attività ben prima della decorrenza del P.I.P. (iniziato in data 15-3-2000 e cessato in data 15-3-2001).

In particolare, quindi, la ricorrente evidenzia che la sentenza impugnata è viziata da una omessa valutazione di una dichiarazione testimoniale “che fa crollare il castello probatorio considerato in motivazione dalla Corte d’Appello”, essendo “di tutta evidenza come sussista il nesso eziologico decisivo tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto”, considerato anche che il primo giudice aveva rilevato che non era stata fornita alcuna prova da parte della cooperativa sull’adempimento dell’obbligo di formazione della lavoratrice ed aveva affermato che “alla luce degli esiti della attività istruttoria svolta” doveva ritenersi che “l’inclusione nel piano di inserimento professionale della odierna ricorrente abbia, in realtà, dissimulato l’esecuzione di un rapporto di lavoro di tipo subordinato”, iniziato alcuni mesi prima.

La ricorrente lamenta poi ulteriori vizi di motivazione sull’orario di lavoro svolto e sulla circostanza (anch’essa trascurata) che, poiché per la convenzione tra il Comune di Casteldaccia e la Cooperativa L’Airone doveva applicarsi a tutti gli addetti il ccnl UNEBA, la Cooperativa non avrebbe potuto utilizzare alcun lavoratore in formazione con P.I.P.

Osserva il Collegio che la prima censura è fondata sotto il profilo del vizio di motivazione dedotto, e tanto basta per accogliere il ricorso, risultando assorbite le ulteriori censure, comunque conseguenti o successive in ordine logico rispetto all’eventuale accertamento della preesistenza di un rapporto di lavoro subordinato anteriore all’inserimento nel P.I.P.

Al riguardo va senz’altro premesso che ai sensi dell’art. 15 comma 6 del D.L. n. 299/1994, conv. con l. n. 451/1994, l'”utilizzazione dei giovani nei progetti di cui al comma 1, lettera b) (progetti che prevedono periodi di formazione e lo svolgimento di un’esperienza lavorativa per figure professionalmente qualificate), non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro, non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento e non preclude al datore di lavoro la possibilità di assumere il giovane, al termine dell’esperienza, con contratto di formazione e lavoro, relativamente alla stessa area professionale”.

Per potersi escludere, quindi, l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, è essenziale la utilizzazione effettiva all’interno dei detti progetti, nei limiti dei periodi di formazione e di esperienza lavorativa prestabiliti (cfr. con riguardo ai lavori socialmente utili, fra le altre, Cass. 11-5-2009 n. 10759, Cass. 5-7-2012 n. 11248).

Orbene nella specie la attrice tra l’altro aveva dedotto di aver prestato attività lavorativa subordinata fin dal 3-11-1999, ben prima quindi dell’inserimento nel P.I.P. (avvenuto il 15-3-2000, v. annotazione sul libretto di lavoro).

Tale assunto è stato del tutto ignorato dalla Corte di merito che, al riguardo, neppure ha preso in considerazione la testimonianza della Ca., avente senz’altro carattere di decisività sul punto (avendo la stessa espressamente riferito su fatti di sua conoscenza sino a tutto il 1999).

L’omesso esame di tale risultanza ha inficiato la motivazione dell’impugnata sentenza, atteso che la Corte territoriale ha escluso la sussistenza nella fattispecie di un rapporto di lavoro subordinato senza considerare e senza verificare la dedotta preesistenza di un siffatto rapporto fin dal novembre 1999.

Al riguardo questa Corte, proprio in un caso di preteso rapporto di lavoro subordinato riferito ad un P.I.P., nel quale era stato dedotto che l’attività lavorativa era iniziata anteriormente all’inserimento nel progetto, ha rigettato il ricorso del lavoratore rilevando che in quel caso la Corte territoriale aveva “ritenuto che non fossero emersi sufficienti elementi di valutazione in ordine alla data di inizio del rapporto”, “passando in rassegna le deposizioni dei testi ed attribuendo alle stesse valenze differenziate, tutte adeguatamente motivate”, aggiungendo altresì, a conforto delle conclusioni, che nella specie lo scarto di tempo tra la data indicata dal lavoratore e quella indicata dal datore di lavoro era “modestissimo”.

Orbene nel caso qui esaminato la Corte di merito ha, invece, omesso qualsiasi motivazione in ordine alla dedotta preesistenza di un rapporto di lavoro subordinato e alla risultanza indicata, il tutto, per di più, con riguardo ad una data anteriore di ben cinque mesi rispetto all’inserimento nel P.I.P.

Tanto basta per accogliere il ricorso e per cassare l’impugnata sentenza, con rinvio, per il riesame, alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione, la quale statuirà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.

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