Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 30 novembre 2017, n. 28796. Licenziamento del dipendente dell’agenzia delle entrate che viola il segreto professionale, acquisendo anche da colleghi informazioni relative a pratiche non di sua competenza per riferirle a terzi

Licenziamento del dipendente dell’agenzia delle entrate che viola il segreto professionale, acquisendo anche da colleghi informazioni relative a pratiche non di sua competenza per riferirle a terzi. Il riferimento alla sensibilità dei dati divulgati non è riferito al codice in materia di protezione di dati personali nello specifico non applicabile, ma alla diffusione di notizie destinate a rimanere riservate a garanzia dell’efficienza e dell’imparzialità dell’azione di controllo propria dell’Agenzia delle Entrate.

Sentenza 30 novembre 2017, n. 28796
Data udienza 11 luglio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 16044-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12 (Atto di costituzione del 05/08/2016);
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 428/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 19/04/2016 R.G.N. 10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/07/2017 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega verbale avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTO E MOTIVI
1. Il Direttore Regionale Agenzia delle Entrate, titolare dell’Ufficio dei Procedimenti Disciplinari con provvedimento in data 4.7.2014, contesto’ ad (OMISSIS), dipendente in servizio presso la Direzione Provinciale di Reggio Emilia, la violazione dell’obbligo di rispettare il segreto di ufficio di cui all’articolo 65, comma 3, lettera b) del CCNL Agenzie Fiscali, di non utilizzare a fini privati le informazioni di cui disponeva per ragioni di ufficio (di cui all’articolo 65, comma 3, lettera c) dello steso CCNL, di non valersi di quanto e’ di proprieta’ dell’Agenzia per ragioni non di servizio di cui all’articolo 65, comma 3, lettera l), di avere violato anche l’articolo 11, comma 3 del Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di avere violato l’obbligo di evitare situazioni o comportamenti che possano nuocere agli interessi o all’immagine dell’Amministrazione, per avere acceduto abusivamente al sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria per ragioni diverse da quelle di servizio, per avere acquisito dai colleghi di lavoro informazioni e notizie relative a pratiche non di sua competenza, per avere comunicato i dati relativi agli accertamenti in corso a terzi.
2. All’esito del procedimento disciplinare, in data 7.10.2014 la Pubblica Amministrazione datrice di lavoro commino’ nei confronti del (OMISSIS) il procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 67, comma 6, del CCNL Agenzie Fiscali.
3. Il Tribunale di Reggio Emilia, adito dal (OMISSIS) che aveva impugnato il licenziamento, ai sensi della L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 48, ha dichiarato la legittimita’ del licenziamento e lo stesso Tribunale ha respinto l’opposizione proposta dal (OMISSIS).
4. Il reclamo dal medesimo proposto, ai sensi della L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 58, e’ stato respinto dalla Corte di Appello di Bologna con la sentenza n. 428 in data 19.4.2016, la quale, richiamando le argomentazioni motivazionali contenute nella sentenza reclamata ed i principi elaborati da questa Corte in tema di giusta causa del licenziamento, ha ritenuto che: da quanto riferito dal (OMISSIS) al giudice penale in sede di interrogatorio di garanzia risultava accertato che il medesimo aveva acceduto al sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate di Reggio Emilia e aveva divulgato a terzi le notizie relative a posizioni estranee al suo lavoro ed al gruppo dal medesimo coordinato; che siffatte ammissioni non risultavano infirmate dalle generiche difese svolte nel giudizio; la sanzione espulsiva era proporzionata ai fatti contestati ed accertati, sussumibili entro la fattispecie disciplinare del CCNL punita con il licenziamento, avuto riguardo alla posizione rivestita dal (OMISSIS), alla natura sensibile dei dati divulgati, alla natura meramente esemplificativa delle fattispecie delineate dalla contrattazione collettiva, e alla gravita’ della condotta, sul piano oggettivo e soggettivo, idonea a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario, vincolo che una sanzione meramente conservativa non avrebbe potuto ricostituire.
5. Avverso detta sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
6. L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria al solo fine di partecipare alla udienza di discussione.
Sintesi dei motivi.
7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalita’ della sanzione disciplinare di cui all’articolo 2106 c.c. e la violazione dell’articolo 67 del CCNL Agenzie Fiscali. Il ricorrente asserisce che la Corte territoriale non avrebbe accertato nel concreto la reale entita’ e la gravita’ del comportamento oggetto di contestazione disciplinare, si sarebbe limitata a considerare la posizione rivestita da esso ricorrente, omettendo di valutare l’elemento soggettivo e non avrebbe tenuto conto del fatto che l’articolo 67, lettera c) del CCNL prevede l’applicazione della sanzione conservativa della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da undici giorni a sei mesi in relazione a fatti di occultamento di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione di somme o beni di spettanza o di pertinenza dell’Agenzia o ad essa affidati dell’Amministrazione, quando in relazione alla posizione rivestita, il lavoratore abbia un obbligo di vigilanza e controllo. Sostiene, inoltre, che diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, i dati da esso ricorrente divulgati non avevano natura “sensibile” perche’ non correlati a dati relativi all’origine razziale, etnica, alle convinzioni religiose filosofiche o di altro genere, ad opinioni politiche, all’adesione a partiti politici o ad associazioni a carattere filosofico, religioso, politico sindacale o relativi alo stato di salute ed all’orientamento sessuale. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione di norme di diritto e di contratti collettivi e del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 bis e dell’articolo 68 del CCNL, per non avere la Corte territoriale rilevato di ufficio la nullita’ della sanzione disciplinare per essere stata adottata da organo diverso da quello competente.
8. Il primo motivo va rigettato.
9. E’ utile osservare, in primo luogo, che anche con riferimento alle ipotesi, quali quella in esame, di illeciti disciplinari tipizzati dalla contrattazione collettiva, deve escludersi la configurabilita’ in astratto di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari, specie laddove queste consistano nella massima sanzione, permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalita’ della sanzione rispetto al fatto (ex plurimis Cass. 10842/2016, 1315/2016, 24796/2010, 26329/2008).

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