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CORTE DI CASSAZIONE

sezione lavoro

SENTENZA 9 maggio 2014, n. 10133

Ritenuto in fatto

Con ordinanza dell’8.7.2013, resa ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 49, il Tribunale di Civitavecchia rigettò il ricorso proposto da D.O.A. nei confronti della Holding Civitavecchia Servizi srl in liquidazione e volto al riconoscimento dell’illegittimità del licenziamento intimatogli.
A sostegno del decisum il Tribunale ritenne che:
– avendo il ricorrente dedotto la propria qualifica di dirigente, il suo licenziamento si sottraeva tanto alla disciplina sostanziale di cui alla L. n. 604 del 1966, quanto alle conseguenze di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, salva la ricorrenza di un’ipotesi sussumibile nel disposto del comma 1, di tale ultima disposizione citata;
– il ricorrente non aveva fornito elementi seri, precisi e concordanti volti a far presumere, anche solo come probabile, la dedotta natura discriminatoria dei licenziamento intimatogli;
– dovendo ritenersi la giustificatezza del licenziamento, ne derivava l’infondatezza della sua pretesa natura ritorsiva.
Avverso l’anzidetta ordinanza, D.O.A. ha proposto ricorso per cassazione per saltum (art. 360 c.p.c., comma 2), fondato su un unico articolato motivo.
La Holding Civitavecchia Servizi srl in liquidazione ha resistito con controricorso, eccependo altresì l’inammissibilità del ricorso

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico articolato motivo, denunciando violazione di norme di diritto e di accordi collettivi nazionali di lavoro, il ricorrente si duole che il Tribunale:

– non abbia considerato che la previsione di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 1, (come sostituito dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42, lett. b)), applicabile anche ai dirigenti, trovi il suo ‘continuum’, stante il rimando fattovi, in quella di cui al comma 3, come tale parimenti applicabile anche ai dirigenti;

– abbia completamente omesso l’espletamento di qualsivoglia attività di natura istruttoria, pur se richiesta dalle parti;

– quanto alla negata natura discriminatoria del licenziamento, abbia escluso la sussistenza di elementi di serietà, precisione e concordanza senza dare corso alla necessaria attività istruttoria.

2. E’ preliminare la disamina dell’eccezione di inammissibilità del ricorso, svolta dalla controricorrente sotto un duplice profilo:

– la non ricorribilità per cassazione del provvedimento impugnato;

– l’assenza dell’accordo delle parti ai fini della proposizione del ricorso per saltum.

Entrambi tali concorrenti profili di inammissibilità del ricorso sono fondati.

Quanto al primo, va considerato che, avverso l’ordinanza resa ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 49, è previsto non già l’appello, bensì l’opposizione innanzi allo stesso giudice (L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 51), laddove soltanto avverso la sentenza resa a seguito di detta opposizione è ammessa l’impugnazione, a mezzo di reclamo, innanzi alla Corte d’Appello (L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58); avverso l’ordinanza L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 49, non può quindi trovare applicazione il ricorso per saltum di cui all’art. 360 c.p.c., comma 2, siccome contemplato soltanto in relazione a una ‘sentenza appellabile’.

Quanto al secondo, deve rilevarsi che il ridetto art. 360 c.p.c., comma 2, ammette il ricorso per cassazione, con omissione dell’appello, solo ‘se le parti sono d’accordo’ (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 16993/2005) e, nella specie, non risulta che un accordo in tal senso, neppure dedotto in ricorso, sia intervenuto.

3. In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile, restando con ciò preclusa la disamina delle doglianze svolte.

Le spese, liquidate come in dispositivo e da distrarsi a favore dell’avv. Giovanni Spanu, dichiaratosi antistatario, seguono la soccombenza. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, da distrarsi a favore dell’avv. Giovanni Spanu e che liquida in Euro 4.100,00 (quattromilacento), di cui Euro 4.000,00 (quattromila) per compensi, oltre accessori come per legge;

da atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

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