Il pagamento fatto al rappresentante apparente, al pari di quello fatto al creditore apparente, libera invece il debitore di buona fede, ai sensi dell’articolo 1189 cod. civ.

Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 19 aprile 2018, n. 9758.

Il debitore, ex articolo 1189 c.c., e’ liberato anche se esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, se prova di essere stato in buona fede. Il pagamento fatto al rappresentante apparente, al pari di quello fatto al creditore apparente, libera invece il debitore di buona fede, ai sensi dell’articolo 1189 cod. civ., ma a condizione che il debitore, che invoca il principio dell’apparenza giuridica, fornisca la prova non solo di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, ma anche che il suo erroneo convincimento e’ stato determinato da un comportamento colposo del creditore, che abbia fatto sorgere nel “solvens” in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realta’ dei poteri rappresentativi dell’ “accipiens”. La valutazione della scusabilita’ e della ragionevolezza dell’affidamento spetta al giudice di merito ed e’ censurabile in sede di legittimita’ solo per illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione. A tale valutazione positiva non puo’ addivenirsi se si accerti che chi invoca l’affidamento versa in una situazione di colpa, riconducibile alla negligenza consistente nell’aver trascurato l’obbligo, derivante dalla stessa legge, oltre che dall’osservanza delle norme di comune prudenza, di accertarsi della realta’ delle cose, se facilmente controllabile.

Ordinanza 19 aprile 2018, n. 9758
Data udienza 24 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) e (OMISSIS) anche in qualita’ di eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che li rappresenta e difende, per delega a margine del ricorso, e dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo alla p.e.c. (OMISSIS) e al fax n. (OMISSIS);

– ricorrente –

nei confronti di:

(OMISSIS) s.r.l., e per essa la mandataria (OMISSIS) s.p.a., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avv.ti (OMISSIS), che la rappresentano e difendono, giusta procura speciale a firma autenticata del notaio (OMISSIS) di (OMISSIS) in data (OMISSIS) e indicano per le comunicazioni relative al processo il fax (OMISSIS) e gli indirizzi p.e.c. (OMISSIS) e (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3499/2011 della Corte di appello di Milano, emessa il 16 novembre 2011 e depositata il 14 dicembre 2011, nelle causa iscritta al n. 3178/2011 R.G.;

letta la requisitoria del Procuratore Generale in persona del cons. Lucio Capasso che ha concluso per il rigetto del ricorso;

sentita la relazione in camera di consiglio del cons. Giacinto Bisogni.

RILEVATO

che:

1. (OMISSIS), in virtu’ della stipulazione, il 29 settembre 1995, di un mutuo, con (OMISSIS) s.p.a., aveva ricevuto la somma di 60.000.000 Lire e si era obbligata a restituire alla societa’ mutuante una somma complessiva di 118.080.000 Lire, comprensiva di interessi, in 120 rate mensili. La (OMISSIS), insieme ai Sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS), quali comproprietari e terzi datori di ipoteca, avevano concesso, a garanzia dell’obbligazione contratta, e per l’importo di Lire 70.000.000, ipoteca convenzionale su un immobile sito in Torino. La (OMISSIS) provvedeva a versare tale somma nelle mani della soda accomandataria e procuratrice della s.a.s. (OMISSIS), (OMISSIS), con la quale aveva anche stipulato il contratto di mutuo in nome e per conto di (OMISSIS) s.p.a., come da procura speciale allegata al contratto di mutuo. Nel corso del 1997, la (OMISSIS) aveva richiesto l’estinzione anticipata del mutuo alla (OMISSIS) che aveva quantificato la somma necessaria in Lire 57.359.750. La somma era stata corrisposta mediante consegna di due assegni e denaro in contanti nelle mani della (OMISSIS) che aveva rilasciato quietanza. In data 29.01.1998 la (OMISSIS) s.p.a, poi divenuta (OMISSIS) spa, aveva intimato alla (OMISSIS) il pagamento della somma di Lire 49.781.531, nonche’ di Lire 1.348.150 a titolo di penale, per essere la mutuataria decaduta dal beneficio del termine per il ritardo nell’adempimento della prestazione assunta concordemente a titolo di estinzione del mutuo. Successivamente, la (OMISSIS) era venuta a conoscenza del fallimento, dichiarato in data 21.07.1999, della (OMISSIS) sas e della (OMISSIS) e, nonostante le comunicazioni fatte pervenire alla creditrice nelle quali dava conto di aver provveduto alla estinzione del mutuo, la (OMISSIS), non avendo ricevuto quanto versato dalla (OMISSIS), aveva ribadito le sue ragioni creditorie e comunicato alla (OMISSIS) la cessione del credito in contestazione alla (OMISSIS) spa.

2. (OMISSIS), unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), hanno quindi citato in giudizio la societa’ cessionaria chiedendo l’accertamento negativo del credito e la cancellazione dell’ipoteca.

3. Il Tribunale di Milano ha accolto la domanda della sig.ra (OMISSIS) e dei sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS) dichiarando che nulla era loro dovuto alla (OMISSIS) S.p.a., ordinando la cancellazione dell’ipoteca gravante sull’immobile dei sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS) sito nel Comune di Torino e compensando le spese processuali.

4. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza depositata il 14 dicembre 2011, ha accolto l’appello principale formulato da (OMISSIS) s.r.l., ultima cessionaria del credito vantato originariamente da (OMISSIS), e ha rigettato l’appello incidentale proposto dai sigg.ri (OMISSIS), e (OMISSIS) e (OMISSIS) in punto di spese.

5. La Corte d’appello ha motivato l’accoglimento dell’appello sulla base della disposizione dell’articolo 1189 c.c. relativa al pagamento al creditore apparente ritenendo che il Tribunale di primo grado avesse correttamente valutato l’assenza di un reale potere giuridico in capo alla (OMISSIS) a ricevere il danaro ad estinzione del mutuo e che la debitrice avesse errato sia nel valutare la persona del creditore che il mezzo di pagamento indicato dalla creditrice ma senza poter invocare un affidamento incolpevole in buona fede a fronte delle precise istruzioni comunicate da (OMISSIS) circa le modalita’ e il destinatario del pagamento.

6. Avverso la sentenza della Corte d’appello propongono ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), anche in qualita’ di eredi di (OMISSIS), affidandosi a due motivi, illustrati con memoria difensiva: a) omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione di norme di diritto, articolo 1189 c.c. b) omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

7. La (OMISSIS) s.r.l. resiste con controricorso.

8. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti censurano la decisione impugnata perche’ la Corte d’appello non avrebbe preso in considerazione il fatto che l’intero rapporto di mutuo sarebbe stato gestito interamente dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS). Erroneamente la Corte d’appello avrebbe limitato la validita’ della procura conferita dalla Milano centrale alla sola stipula del contratto dato che molti pagamenti sarebbero stati effettuati alla (OMISSIS) senza contestazione alcuna. Inoltre, anche ove la (OMISSIS) non fosse stata l’effettiva rappresentante della creditrice, la (OMISSIS) avrebbe confidato con assoluta buona fede nell’apparenza univoca creata dal comportamento della mutuante che avrebbe fatto sorgere nella debitrice un ragionevole affidamento. La decisione sarebbe inoltre censurabile perche’ ha disconosciuto l’onere gravante sul creditore di provare che il debitore, la cui buona fede si presume, non ignori la reale situazione ovvero che il suo affidamento sia determinato da colpa. La Corte d’appello avrebbe anche errato nel ritenere che le modalita’ di pagamento dovessero essere rispettate perche’ fin dall’accensione del mutuo le modalita’ di pagamento non erano state rispettate e la banca non aveva mai mosso contestazioni al riguardo. Infine secondo i ricorrenti la successione nella titolarita’ del rapporto di mutuo aveva rafforzato nella (OMISSIS) la convinzione che il proprio riferimento per eseguire validamente i pagamenti fosse proprio la (OMISSIS) in persona della socia accomandataria (OMISSIS).

9. Con il secondo motivo i ricorrenti censurano la decisione impugnata perche’ la Corte distrettuale non ha valutato il motivo d’appello incidentale corrispondente alla domanda non decisa dal giudice di primo grado, perche’ ritenuta erroneamente assorbita dall’accoglimento della richiesta di accertamento della validita’ del pagamento eseguito nelle mani della (OMISSIS). Con tale domanda gli attuali ricorrenti avevano richiesto l’accertamento della nullita’ e/o inefficacia delle clausole del contratto di mutuo vessatorie e/o contrarie a norme imperative. In particolare la previsione di interessi corrispettivi nella misura del 1.2% mensile e cioe’ in misura eccedente il tasso soglia; la previsione di interessi di mora nella misura del 19.40% annuo da capitalizzare trimestralmente; la previsione della risoluzione automatica in caso di inadempimento agli obblighi posti a carico della parte mutuataria; la decadenza dal beneficio del termine anche per il mancato pagamento di una sola rata e con obbligo di rifondere in unica soluzione le rate scadute, gli interessi di mora, le spese e il debito residuo; la deroga della competenza territoriale.

RITENUTO

Che:

10. E’ infondata l’eccezione di inammissibilita’ del primo motivo sollevata dalla (OMISSIS) in riferimento alla coesistenza nello stesso motivo di censure attinenti al difetto di motivazione (peraltro prospettato nelle tre e inconciliabili ipotesi dell’omissione e dell’insufficienza nonche’ nella contraddittorieta’) e alla violazione dell’articolo 1189 c.c.. La giurisprudenza invocata da parte della controricorrente non e’ piu’ attuale avendo ribadito anche di recente questa Corte che, in materia di ricorso per cassazione, l’articolazione di un singolo motivo in piu’ profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo

motivo, costituisce ragione d’inammissibilita’

dell’impugnazione solo quando la sua formulazione non consente o rende difficoltosa l’individuazione delle questioni prospettate (Cass. civ. sez. 3, n. 7009 del 17 marzo 2017). Ipotesi che non ricorre nella specie perche’ leggendo l’illustrazione del primo motivo di ricorso risulta chiara la distinzione fra le censure alla motivazione, che in alcuni punti imputano una omessa valutazione di fatti e comportamenti e in altri una insufficienza e contraddittorieta’ delle ragioni portate dalla Corte a illustrazione del proprio iter decisionale, e le censure mosse all’interpretazione della norma invocata. E’ inoltre infondata l’altra eccezione di inammissibilita’ perche’ l’allegazione concernente il motivo di ricorso risulta di per se’ esaustiva rispetto alla prospettazione degli elementi istruttori su cui si fonda la censura di difetto motivazionale e, per altro verso, e’ ben comprensibile quanto alla diversa interpretazione dell’articolo 1189 c.c. in tema di ripartizione dell’onere della prova.

11. Il motivo e’ pero’ infondato sotto entrambi i profili. Per quanto riguarda la censura di violazione di legge la Corte d’appello ha correttamente ricordato che il debitore, ex articolo 1189 c.c., e’ liberato anche se esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, se prova di essere stato in buona fede. Secondo la giurisprudenza di legittimita’ il pagamento fatto al rappresentante apparente, al pari di quello fatto al creditore apparente, libera invece il debitore di buona fede, ai sensi dell’articolo 1189 cod. civ., ma a condizione che il debitore, che invoca il principio dell’apparenza giuridica, fornisca la prova non solo di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, ma anche che il suo erroneo convincimento e’ stato determinato da un comportamento colposo del creditore, che abbia fatto sorgere nel “solvens” in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realta’ dei poteri rappresentativi dell’ “accipiens” (cfr. Cass. civ. sez. 3 n.14028 del 4 giugno 2013; n. 15339 del 13 settembre 2012; n. 17484 del 9 agosto 2007 e n. 17742 del 3 settembre 2005).

12. La valutazione della scusabilita’ e della ragionevolezza dell’affidamento spetta al giudice di merito ed e’ censurabile in sede di legittimita’ solo per illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione. A tale valutazione positiva non puo’ addivenirsi se si accerti che chi invoca l’affidamento versa in una situazione di colpa, riconducibile alla negligenza consistente nell’aver trascurato l’obbligo, derivante dalla stessa legge, oltre che dall’osservanza delle norme di comune prudenza, di accertarsi della realta’ delle cose, se facilmente controllabile (cfr. di recente Cass. civ. sez. 1 n. 6563 del 5 aprile 2016). Nella specie la Corte di appello ha reso una motivazione del tutto esaustiva e coerente valorizzando in particolare l’elemento della non univocita’ delle circostanze invocate dai ricorrenti per sostenere l’apparente legittimazione della (OMISSIS) a fronte di elementi contrari quali: a) la limitazione dei poteri rappresentativi conferiti alla (OMISSIS) e alla (OMISSIS) s.a.s.; b) il chiaro disposto del contratto circa modalita’ e destinatario del pagamento delle rate, c) il rilascio delle quietanze da parte della (OMISSIS), d) la richiesta alla (OMISSIS), da parte della (OMISSIS), di istruzioni relative alle modalita’ per eseguire il pagamento a saldo del mutuo, e) la univoca risposta di (OMISSIS) consistita nelle indicazioni dei modi e destinatari del pagamento da eseguire. La Corte di appello ha quindi ritenuto immotivata, con una chiara valutazione sulla colpevolezza del suo comportamento, la scelta della (OMISSIS) di saldare il proprio debito residuo mediante consegna a mani della (OMISSIS) di assegni, intestati alla “sua” societa’ e per il considerevole importo di 57 milioni di Lire.

13. Il secondo motivo e’ inammissibile. I ricorrenti, sostenendo la correttezza di tale impostazione difensiva anche nella memoria difensiva, censurano come difetto di motivazione quella che costituisce una indiscutibile ipotesi di omessa pronuncia sull’appello incidentale diretto a far valere la vessatorieta’ e nullita’ del contratto di mutuo. Come e’ noto la prevalente giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Cass. civ. S.U. n. 17931 del 2013, sez. 1 n. 24533 del 31 ottobre 2013, sez. 2 n. 1370 del 21 gennaio 2013) ritiene che il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non e’ indispensabile che faccia esplicita menzione della ricorrenza della fattispecie di cui all’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4 con riguardo all’articolo 112 cod. proc. civ., purche’ il motivo rechi univoco riferimento alla nullita’ della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorche’ sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (cfr. nel vigore del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 Cass. civ. sez. 6-3, n. 21257 dell’8 ottobre 2014; n. 23828 del 20 novembre 2015; n. 6835 del 16 marzo 2017; Cass. civ. sez. 6-1 n. 23930 del 12 ottobre 2017 e Cass. sez. 6-L n. 329 del 12 gennaio 2016 secondo cui l’omessa pronunzia da parte del giudice di merito integra un difetto di attivita’ che deve essere fatto valere dinanzi alla Corte di cassazione attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’articolo 112 c.p.c., non gia’ con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, giacche’ queste ultime censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente scorretto ovvero senza giustificare o non giustificando adeguatamente la decisione resa).

14. Il ricorso va pertanto respinto con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 5.600 di cui 200 per spese, oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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