Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 18 dicembre 2017, n. 56323. Reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale a carico dell’imprenditore che si sia appropriato di una sostanziosa cifra

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Il ricorso e’ inammissibile nella parte concernente il giudizio di responsabilita’ (in pratica, per tutti i motivi dall’1 al 5), perche’ completamente eccentrico rispetto al decisum.
1. (OMISSIS) e’ stato condannato, con doppia conforme, perche’, operando quale amministratore delegato della (OMISSIS) spa, si approprio’ di Euro 429.000 e di Euro 50.000, sottratte alle casse sociali. Infatti, fece in modo che due assegni bancari fossero emessi dalla (OMISSIS) spa a suo favore, per complessivi Euro 429.000, e li verso’ su propri conti correnti, facendo delle somme suddette un uso personale. Inoltre, verso’ su proprio conto corrente anche un ulteriore assegno di Euro 50.000, anch’esso proveniente dalla (OMISSIS) spa, e ne utilizzo’ l’importo per propri fini. Tanto e’ stato accertato dalla Guardia di Finanza, che ha avuto la possibilita’ di ricostruire esattamente il corso degli assegni e di accertare quale uso fu fatto delle somme ad essi relative. L’appropriazione della somma di Euro 429.000 e’ stata confessata, ad abundantiam, dallo stesso imputato nel corso dell’interrogatorio del 13 maggio 2015. Tanto concreta, indiscutibilmente, una ipotesi di bancarotta fraudolenta, posto che denaro, certamente appartenente alla societa’ fallita (la circostanza non e’ contestata), fini’ nei conti dell’imputato e fu da lui speso per fini personali (anche tali circostanze non sono state mai contestate).
2. A fronte di tali evidenze non hanno nessuna rilevanza le deduzioni difensive, sopra passate in rassegna, perche’: a) non costituisce motivo di nullita’ una diversa ricostruzione della vicenda – specie se attinente a circostanze irrilevanti per la risoluzione della re iudicanda – da parte dei giudici di primo e secondo grado; b) il fatto che (OMISSIS) avesse “regolarmente” informato gli altri membri del Consiglio di Amministrazione circa l’attivita’ svolta “a favore della societa’” non tocca minimamente l’oggetto di questo giudizio, che attiene alla distrazione di parte del patrimonio sociale e non all’adempimento degli obblighi informativi gravanti sull’amministratore; c) nulla e’ dato sapere circa le ragioni che avrebbero orientato le decisioni del curatore in ordine alle iniziative da intraprendere contro l’amministratore infedele (ammesso che abbiano rilevanza – sotto il profilo che qui interessa – le opinioni e le iniziative del curatore); d) correttamente e’ stata negata ogni rilevanza all’esistenza (o meno) di un contratto tra la (OMISSIS) spa e la (OMISSIS), ovvero tra la (OMISSIS) spa e la (OMISSIS), giacche’ i punti decisivi sono altri: quello relativo al passaggio delle somme dai conti bancari della (OMISSIS) a quelli dell’imputato e dell’uso che e’ stato fatto delle somme suddette. Su tali punti le conclusioni del giudicante (secondo cui l’imputato uso’ per fini personali le somme in questione) sono ineccepibili e nemmeno intaccate dagli argomenti difensivi, atteso che poggiano su accertamenti della polizia giudiziaria e sulle confessioni dell’imputato, fantasiosamente sminuiti – nella loro valenza dimostrativa – dai difensori di quest’ultimo; e) non ha nessun rilievo sapere se la (OMISSIS) e la (OMISSIS) ricevettero, poi, quanto di loro spettanza (ammesso pure che avessero maturato crediti verso al (OMISSIS) spa), giacche’ e’ certo che non furono soddisfatti dall’imputato (beninteso: con soldi dell’imputato), in quanto nemmeno (OMISSIS) o i suoi difensori lo asseriscono (meno che mai puo’ dirsi che lo abbiano provato al giudice di merito). Per lo stesso motivo appare del tutto legittima la decisione della Corte d’appello di negare la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale con l’esame di (OMISSIS).

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