Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 20 febbraio 2018, n. 8182. In tema di estinzione del reato, la dichiarazione della persona offesa con cui la stessa afferma di aver ricevuto dall’imputato una somma a titolo di risarcimento del danno nonché per spese e competenze processuali del difensore, e di non avere null’altro a pretendere «salvo buon fine del titolo di pagamento», è inidonea a determinare l’effetto estintivo introdotto dal nuovo art. 162-ter c.p.

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[…]

E’ opportuno premettere che tale richiesta e’ stata legittimamente proposta in questa sede. Posto che il citato articolo 162-ter e’ stato introdotto con la L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 1, il comma 2 di quest’ultimo articolo prevede che la nuova norma si applichi anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge, ossia al 3 agosto 2017, essendo in questo caso possibile per il giudice dichiarare l’estinzione del reato in conseguenza di condotte riparatorie anche quando le stesse siano state compiute oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, stabilito in linea generale dal comma 1. Tale disposizione transitoria non contiene alcuna limitazione di operativita’ ai gradi di merito del giudizio. E’ ben vero che al successivo comma 3 compare un riferimento eccettuativo al giudizio di legittimita’. Ma dalla lettura integrale del comma 3 – “L’imputato, nella prima udienza, fatta eccezione per quella del giudizio di legittimita’, successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, puo’ chiedere la fissazione di un termine, non superiore a sessanta giorni, per provvedere alle restituzioni, al pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento e all’eliminazione, ove possibile, delle conseguenze dannose o pericolose del reato, a norma dell’articolo 162-ter c.p., introdotto dal comma 1. Nella stessa udienza l’imputato, qualora dimostri di non poter adempiere, per fatto a lui non addebitabile, nel termine di sessanta giorni, puo’ chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento” – in raffronto con il comma precedente, risulta evidente che l’espressione “nella prima udienza, fatta eccezione per quella del giudizio di legittimita’” e’ riferita esclusivamente a quanto disposto dal comma 3 in ordine alla facolta’ dell’imputato di chiedere la fissazione di un termine per provvedere alla condotta riparatoria; rimanendo possibile chiedere in sede di legittimita’ l’applicazione della causa estintiva sulla base di documentazione comprovante l’esistenza di condotte riparatorie gia’ perfezionatesi.

Tanto premesso, dalla documentazione per l’appunto prodotta in questa sede dalla difesa non risultano sussistenti le condizioni per l’applicazione della causa estintiva.

Tale documentazione consiste in una dichiarazione della persona offesa in data 11 luglio 2016, con la quale la stessa afferma di aver ricevuto dall’imputato la somma di Euro 2.713, di cui Euro 500 a titolo di risarcimento del danno ed Euro 2.213 per spese e competenze processuali del difensore, e di non avere null’altro a pretendere “salvo buon fine del titolo di pagamento”; essendo quest’ultima espressione chiaramente riferita ad un assegno in pari data, copia del quale e’ allegata alla dichiarazione.

Orbene, da tale dichiarazione emerge all’evidenza come l’attestazione di congruita’ del risarcimento sia condizionata al buon esito dell’assegno con il quale il risarcimento veniva effettuato; risultato, questo, sul quale nessuna ulteriore documentazione e’ stata prodotta. La condotta riparatoria non risulta pertanto essersi allo stato perfezionata, il che, per quanto detto in precedenza, esclude la sussistenza dei presupposti per la possibilita’ di dichiarare in questa sede l’estinzione del reato.

Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che, valutata l’entita’ della vicenda processuale, appare equo determinare in Euro 2.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i’l ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Dispone l’oscuramento dei dati.

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