Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 26 settembre 2017, n. 44390. Va annullata la condanna per la diffusione dei dati personali dei soggetti diffamati perché il reato di diffamazione aggravata assorbe quello meno grave del trattamento illecito dei dati.

Va annullata la condanna per la diffusione dei dati personali dei soggetti diffamati perché il reato di diffamazione aggravata assorbe quello meno grave del trattamento illecito dei dati.

Sentenza 26 settembre 2017, n. 44390
Data udienza 5 maggio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. MAZZITELLI Caterina – Consigliere

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. MICCOLI Grazia – rel. Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/04/2016 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
BOLZANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GRAZIA MICCOLI;
Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, Dott. FILIPPI Paola, ha concluso chiedendo la declaratoria di ‘ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21 aprile 2016, la Corte di Appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano – ha condannato, in conferma della sentenza emessa dal Tribunale di Bolzano, (OMISSIS) alla pena di mesi sette di reclusione per i reati di cui all’articolo 595 c.p. e Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 167.
All’imputato erano stati ascritte le condotte di avere, in qualita’ di redattore di due articoli comparsi sulla pagina web (OMISSIS), diffamato (OMISSIS) e (OMISSIS), affidatari di tre minori (capo 1), nonche’ di avere con gli stessi articoli pubblicato dati personali dei suddetti soggetti.
2. Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato, con atto sottoscritto personalmente, ricorso per cassazione, articolato in due motivi.
2.1 Con il primo si denunzia vizio di motivazione in ordine all’individuazione del responsabile dei reati contestati.
Si sostiene che le emergenze processuali non consentivano di ricondurre univocamente al (OMISSIS) la stesura degli articoli diffamatori, in quanto il sito internet ((OMISSIS)) su cui essi sono stati pubblicati appartiene ad un’associazione di (OMISSIS), di cui si disconoscono i titolari e, inoltre, tale sito non ha alcuna attinenza con la “(OMISSIS)”, ove il ricorrente lavora come semplice dipendente.
Del resto, sostiene il ricorrente, la Corte non avrebbe fornito alcuna motivazione circa le ragioni per le quali, pur potendosi, in astratto, addebitare anche ad altre persone la condotta contestata, gli articoli diffamatori fossero da ricondursi sicuramente al (OMISSIS).
2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione di legge in relazione agli articoli 15 e 81 c.p. e Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 167.
La Corte territoriale, invece di ritenere sussistenti entrambe le fattispecie, attinte dal vincolo della continuazione, avrebbe dovuto considerare la fattispecie meno grave (illecito trattamento dei dati personali) assorbita da quella piu’ grave (diffamazione aggravata). A tale conclusione condurrebbe anche la clausola sussidiaria (“salvo che il fatto non costituisca piu’ grave reato”) con cui e’ formulata la disposizione di cui al Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 167.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato nei limitati termini qui di seguito indicati.

[…segue pagina successiva]

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *