Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 27 febbraio 2018, n. 8997. Bancarotta fraudolenta: ai fini dell’integrazione del reato è sufficiente una condotta distrattiva che metta a rischio il patrimonio dell’impresa

Bancarotta fraudolenta: ai fini dell’integrazione del reato è sufficiente una condotta distrattiva che metta a rischio il patrimonio dell’impresa, non serve dunque la volontà dell’agente di produrre il dissesto.

Sentenza 27 febbraio 2018, n. 8997
Data udienza 26 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente

Dott. MAZZITELI Caterina – Consigliere

Dott. SCOTTI Umberto – rel. Consigliere

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 23/11/2015 della CORTE APPELLO di L’AQUILA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere UMBERTO LUIGI SCOTTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per il reato di bancarotta preferenziale e semplice; annullamento con rinvio per il trattamento sanzionatorio, la sospensione della pena e la concessione dell’indulto; inammissibilita’ nel resto;

udito il difensore, avv. (OMISSIS), del Foro di Vasto, che si e’ riportato ai motivi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23/11/2015 la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vasto del 1/04/2014, ha riconosciuto (OMISSIS) colpevole dei reati a lui ascritti per i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e bancarotta preferenziale e, diversamente qualificata l’imputazione di bancarotta fraudolenta documentale a norma della L. Fall., articolo 217, lo ha condannato alla pena di anni due di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata, con cui l’imputato era stato dichiarato inabilitato, per la durata di anni dieci, all’esercizio di un’impresa commerciale, incapace, per la medesima durata, ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa ed interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.

(OMISSIS) e’ stato altresi’ condannato al risarcimento dei danni alla parte civile e alla refusione delle spese del grado da essa sostenute.

L’imputato era stato riconosciuto colpevole dei reati di cui alla L. Fall., articolo 216, commi 1 e 3, e articolo 217, comma 2, per avere, in qualita’ di amministratore pro tempore della societa’ (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita in data 17/3/2006, tenuto in modo irregolare le scritture contabili ed occultato il libro soci, i verbali delle assemblee ed il libro dell’amministratore unico, nonche’ per aver distratto merce in rimanenza per un valore di Euro 14.000,00= e per aver effettuato pagamenti preferenziali in favore di creditori chirografari, pur essendo accertata la presenza di creditori privilegiati.

2. Ha proposto ricorso nell’interesse dell’imputato il difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), con il supporto di cinque motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del nesso causale e dell’elemento soggettivo richiesti ai fini del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione.

La difesa invoca i principi della sentenza di questa Sezione n. 47502 del 2012, c.d. “Corvetta”, osservando che l’indirizzo giurisprudenziale ivi affermato impone una verifica circa la rappresentazione e volizione del dissesto al momento dell’adozione della condotta: questione che la Corte d’appello di L’Aquila aveva ignorato, a dispetto dei motivi di gravame sviluppati sul punto, non considerando il fatto che le distrazioni, gli occultamenti di beni e i pagamenti (erroneamente ritenuti al fine di favorire solo alcuni creditori) erano stati effettuati nell’intento esclusivo di salvare l’azienda e di risanare la posizione debitoria della propria attivita’.

Inoltre, il (OMISSIS) non avrebbe potuto essere ritenuto autore di un comportamento capace di cagionare il dissesto della societa’, non essendo stato provato un rapporto causale tra la condotta dell’agente e il fallimento che, in virtu’ dei principi di diritto enunciati nella sentenza c.d. “Corvetta”, e’ doveroso individuare per affermare la responsabilita’ per il reato in esame.

2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), perche’ la Corte territoriale aveva omesso di dichiarare estinto il reato di bancarotta preferenziale per intervenuta prescrizione.

2.3 Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla L. Fall., articolo 219, u.c..

Il ricorrente fa presente che i Giudici di secondo grado avevano escluso la configurabilita’ dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita’ in considerazione dell’entita’ delle distrazioni e dei pagamenti preferenziali effettuati. Tale valutazione sarebbe errata, atteso che la circostanza in esame deve essere rapportata solo all’entita’ del danno cagionato ai creditori dal fatto-reato, nel caso di specie indimostrato, e non gia’ alla quantificazione dei debiti societari.

Secondo il ricorrente, inoltre, la motivazione della Corte territoriale era palesemente illogica e contraddittoria, nella misura in cui nell’escludere la sussistenza dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita’ affermava che “il danno non puo’ essere ritenuto di particolare tenuita’” per poi sostenere, subito dopo, che si tratterebbe comunque di “danno non rilevante”, tale da giustificare la concessione delle attenuanti generiche.

2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 163 e 164 c.p., perche’ la Corte d’Appello di L’Aquila, a fronte di un’esplicita richiesta di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, aveva omesso qualsiasi motivazione sul punto.

Il ricorrente fa presente come, nel caso di specie, sussistessero tutti i presupposti per la configurabilita’ del beneficio, avendo il (OMISSIS) riportato due soli remoti precedenti penali, peraltro depenalizzati, e altri di modesto spessore sul piano dell’offensivita’, trattandosi di fattispecie per le quali e’ prevista la sola multa. Sul punto, la difesa dell’imputato richiama il principio di diritto enunciato nella sentenza delle Sezioni Unite Penali n. 38344 del 2014, a cui mostra di aderire, secondo il quale “le precedenti condanne relative a fatti non piu’ costituenti reato per abolitio criminis non sono preclusive della concessione del beneficio”.

2.5 Con il quinto motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla L. n. 241 del 2006, in quanto la Corte territoriale ha omesso la concessione dell’indulto, senza fornire alcuna motivazione sul punto, sebbene il tempus commissi delicti del reato di bancarotta fraudolenta coincidente con la data della sentenza dichiarativa di fallimento – risulti anteriore alla data limite per la fruizione del beneficio del 2/5/2006, di cui alla L. n. 241 del 2006.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo e’ inammissibile.

Il ricorrente richiama i principi di diritto affermati nella sentenza di questa Sezione, n. 47102 del 2012 – c.d. “Corvetta”, che esprime una tesi rimasta del tutto isolata nel panorama giurisprudenziale di legittimita’, che, partendo dalla corretta qualificazione della dichiarazione di fallimento quale elemento essenziale del reato, giunge ad affermare che la stessa debba porsi in rapporto causale con la condotta dell’agente ed essere, altresi’, sorretta dall’elemento soggettivo del dolo.

Tali conclusioni non possono essere accolte. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale e’ sufficiente la consapevole volonta’ di imprimere al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (ex plurimis: Sez. 5, n. 33268 del 08/04/2015, Bellocchi, Rv. 26435401; Sez. 5, n. 51715 del 05/11/2014, Rebuffo, Rv. 261739; Sez. 5, n. 35093 del 04/06/2014, P.G. in proc. Sistro, Rv. 261446; Sez. 5, n. 40981 del 15/05/2014, Giumelli, Rv. 261367).

Infatti con il reato di bancarotta fraudolenta, propria e impropria, la legge punisce “l’imprenditore che ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato” e non gia’ l’imprenditore che ha cagionato il fallimento; si intende infatti reprimere la condotta distrattiva per la sua pericolosita’ per la tutela del bene giuridico protetto, anche prima dell’intervento del giudice che emette la sentenza di fallimento, a tutela degli interessi della massa dei creditori pregiudicati dall’ingiustificato depauperamento della funzione di garanzia del patrimonio dell’imprenditore o della societa’. Pertanto la condotta peculiare e connotativa del reato, di mera condotta e di pericolo, di bancarotta fraudolenta patrimoniale e’ costituita da quei comportamenti descritti nella norma, idonei a porre in pericolo gli interessi dei creditori.

In definitiva, quindi, l’elemento soggettivo del reato va colto nella consapevole volonta’ di imprimere al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalita’ dell’impresa e di compiere atti suscettibili di arrecare danno ai creditori. Di qui la definizione del dolo generico del reato in termini di consapevolezza e volonta’ di determinare, con il proprio comportamento distrattivo o dissipativo, un “pericolo di danno per i creditori” non essendo sufficiente la sola consapevolezza e volonta’ del fatto distrattivo.

Non e’ quindi necessario che il fuoco della volonta’ investa anche lo stato di insolvenza e il dissesto economico dell’impresa, essendo sufficiente la consapevolezza che la condotta distrattiva mette a rischio la garanzia patrimoniale apprestata a favore dei creditori (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli e altro, Rv. 266805).

Questa Sezione in un piu’ recente arresto ha proposto una diversa costruzione della qualificazione giuridica della sentenza dichiarativa di fallimento, in tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare, considerata come evento estraneo all’offesa tipica e alla sfera di volizione dell’agente, e pertanto costituente una condizione obiettiva di punibilita’, che circoscrive l’area di illiceita’ penale alle sole ipotesi nelle quali, alle condotte del debitore, di per se’ offensive degli interessi dei creditori, segua la dichiarazione di fallimento, di per se’ sottratta delle condizioni obiettive di punibilita’ alla regola della rimproverabilita’ ex articolo 27, comma primo, Cost. (Sez. 5, n. 13910 del 08/02/2017, Santoro, Rv. 269388).

Ovvero, in altra successiva pronuncia il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare e’ stato configurato come un reato di pericolo concreto, in cui l’atto di depauperamento deve risultare idoneo ad esporre a pericolo l’entita’ del patrimonio della societa’ in relazione alla massa dei creditori e deve permanere tale fino all’epoca che precede l’apertura della procedura fallimentare (Sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017, Palitta, Rv. 269562).

E tuttavia resta comunque escluso che ai fini dell’elemento psicologico del reato la volonta’ dell’agente debba investire lo stato di insolvenza e il dissesto economico dell’impresa ed e’ sufficiente la consapevolezza che la condotta distrattiva mette a rischio la garanzia patrimoniale apprestata a favore dei creditori.

Il motivo di ricorso e’ peraltro del tutto generico, anche nella prospettiva interpretativa caldeggiata: il ricorrente non indica neppure le date delle operazioni contestate, in rapporto alla dichiarazione di fallimento, non illustra le ragioni per le quali al momento delle contestate appropriazioni non sarebbe stato prevedibile il dissesto della societa’ e neppure tratteggia le ragioni in base alle quali le predette appropriazioni non sarebbero state concretamente idonee a ledere la funzione di garanzia dei diritti dei creditori del patrimonio aziendale.

Anzi, contraddittoriamente il ricorrente argomenta, in modo illogico e inverosimile, equiparando le appropriazioni e gli occultamenti di beni ai pagamenti preferenziali, estranei alla contestata bancarotta fraudolenta distrattiva, e assumendo che le distrazioni e gli occultamenti di beni sarebbero stati effettuati nell’intento esclusivo e spasmodico di salvare l’azienda e la posizione debitoria dell’attivita’.

Il che, da un lato, e’ del tutto illogico, perche’ non si vede come appropriare o occultare dei beni possa servire a estinguere, sia pur irregolarmente, delle posizioni debitorie, dall’altro e’ contraddittorio perche’ il ricorrente ammette che il (OMISSIS) stava agendo in un contesto operativo gia’ connotato dallo stigma dell’insolvenza o almeno del dissesto, che evidentemente e’ un quid pluris rispetto alla sufficiente mera consapevolezza di ledere con la propria azione la funzione di garanzia per i creditori del patrimonio dell’impresa.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), perche’ la Corte territoriale ha omesso di dichiarare estinto il reato di bancarotta preferenziale per intervenuta prescrizione.

La censura e’ fondata.

Dai verbali delle udienze di primo grado (18/10/2011; 3/4/2012; 17/7/2012; 27/11/2012; 5/7/2013; 25/06/2013; 3/12/2013; 1/4/2014), non risulta esservi stato alcun rinvio per legittimo impedimento dell’imputato o del suo difensore, n{ astensione del difensore dell’imputato, n{ alcuna delle altre cause di sospensione indicate all’articolo 159 c.p..

Dai verbali di udienza del giudizio di appello risulta un solo rinvio per legittimo impedimento del difensore, per cui l’udienza del 16/09/2015 viene rinviata all’udienza del 23/11/2015. Poiche’ la differenza tra le due date e’ maggiore di sessanta giorni, la prescrizione e’ rimasta sospesa per sessanta giorni.

Ne consegue, tenuto conto della data di dichiarazione del fallimento (17/3/2006), della diversa pena prevista per le varie figure di reato e dei sessanta giorni di sospensione da aggiungersi al conteggio ex articolo 161 c.p., che:

– il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale L. Fall., ex articolo 216, comma 1, per cui e’ prevista pena massima di anni 10, si prescrive ex art.161 cod.pen. il 16/11/2018, data successiva alla sentenza della Corte d’appello;

– il reato di bancarotta preferenziale L. Fall., ex articolo 216, comma 3, per cui e’ prevista pena massima di anni 5, con conseguente periodo prescrizionale di anni 6 ex articolo 157 c.p., si e’ prescritto ex articolo 161 c.p., il 16/9/2013, data anteriore alla sentenza d’appello;

– il reato di bancarotta semplice documentale L. Fall., ex articolo 217, comma 2, per cui e’ prevista pena massima di anni 2, con conseguente periodo prescrizionale di anni 6 ex articolo 157 c.p., si e’ prescritto ex articolo 161 c.p., il 16/9/2013, data anteriore alla sentenza d’appello.

L’estinzione del reato di bancarotta preferenziale, va accompagnata alla dichiarazione d’ufficio, ex articolo 129 c.p.p., anche del concorrente reato di bancarotta semplice documentale, al cui riguardo il ricorrente non ha proposto specifico motivo di ricorso.

La sentenza va pertanto annullata senza rinvio, limitatamente a tali due ipotesi di reato senza rideterminazione della pena per la residua ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione, posto che essa e’ stata determinata in due anni di reclusione per effetto della concessione delle attenuanti generiche e quindi non e’ ulteriormente riducibile.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla L. Fall., articolo 219, u.c., perche’ la Corte d’appello si sarebbe contraddetta

I Giudici di secondo grado avrebbero escluso la configurabilita’ dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita’ in considerazione dell’entita’ delle distrazioni e dei pagamenti preferenziali effettuati, sebbene la circostanza in esame attenga solo all’entita’ del danno cagionato ai creditori dal fatto-reato e non alla quantificazione dei debiti societari, che, nel caso di specie, non risulta dimostrata.

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