Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 27 ottobre 2017, n. 49503. reclusione con l’aggravante di discriminazione e odio razziale per l’imputato che aveva dato dello “sporco negro” ad un africano

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1. Quanto alla prima censura, inerente l’elemento soggettivo del delitto di violenza privata, la Corte di appello di Bologna, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, ha puntualmente esaminato e affrontato il motivo di appello proposto sul punto.
La condotta addebitata consisteva nell’aver impedito ad (OMISSIS) di scendere dall’auto, dopo l’insorgere del diverbio stradale (originato dal suono del clacson da parte del cittadino camerunense per invitare il (OMISSIS) a spostare la sua vettura che ostacolava il transito sulla via (OMISSIS)); la difesa del (OMISSIS) aveva rilevato, per un verso, la contraddittorieta’ dell’invito rivolto alla parte offesa ” esci che ti spacco la testa” rispetto all’intento asseritamente perseguito, dall’altro, aveva sostenuto che l’imputato si era allontanato dallo sportello lasciando la persona offesa libera di scendere.
1.1. Le recriminazioni del ricorrente circa la ricostruzione dell’episodio accolta nella sentenza impugnata mirano a sollecitare inammissibilmente dalla Corte di Cassazione una non consentita rivalutazione del fatto motivatamente ricostruito dalla Corte territoriale, peraltro in modo conforme sul punto alla decisione di primo grado, senza passare, come impone l’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), attraverso la dimostrazione di vizi logici intrinseci della motivazione (mancanza, contraddittorieta’, illogicita’ manifesta) o denunciarne in modo puntuale e specifico la contraddittorieta’ estrinseca con “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”.
I limiti che presenta nel giudizio di legittimita’ il sindacato sulla motivazione, si riflettono anche sul controllo in ordine alla valutazione della prova, giacche’ altrimenti anziche’ verificare la correttezza del percorso decisionale adottato dai Giudici del merito, alla Corte di Cassazione sarebbe riservato un compito di rivalutazione delle acquisizioni probatorie, sostituendo, in ipotesi, all’apprezzamento motivatamente svolto nella sentenza impugnata, una nuova e alternativa valutazione delle risultanze processuali che ineluttabilmente sconfinerebbe in un eccentrico terzo grado di giudizio. Da qui, il ripetuto e costante insegnamento (Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708; Sez. 5, n. 44914 del 06/10/2009, Basile e altri, Rv. 245103) in forza del quale, alla luce dei precisi confini che circoscrivono, a norma dell’articolo 606, comma 1, lettera e), cod.proc.pen., il controllo del vizio di motivazione, la Corte non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, ne’ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare, sulla base del testo del provvedimento impugnato, se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilita’ di apprezzamento.
1.2. In ogni caso, il Giudice del merito ha ricostruito l’episodio in piena sintonia con il narrato della persona offesa, sulla base anche di due coerenti e conformi deposizioni testimoniali di testi oculari, l’avv. (OMISSIS) e il gestore del bar sito nei pressi, (OMISSIS), chiarendo che la condotta violenta ostativa della discesa dall’autoveicolo era stata effettivamente posta in essere dal (OMISSIS), seppur per breve tempo e dopo aver invitato “bullescamente” (OMISSIS) a scendere dall’auto per battersi.

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