Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 28 dicembre 2017, n. 57764. Messaggi o filmati postati sui social network integrino l’elemento oggettivo del delitto di atti persecutori

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2. Propone ricorso il difensore dell’imputato articolando due motivi di censura.
Con il primo motivo si deducono vizi motivazionali in quanto i giudici di merito avrebbero fondato il proprio convincimento sulla base delle sole affermazioni della parte offesa, senza considerare che l’imputato aveva agito in quanto la donna aveva svelato a sua moglie la relazione extraconiugale che li legava, aggiungendo uno spiacevole accenno al fatto che non potesse avere figli, circostanza che aveva scatenato la reazione rabbiosa, ma circoscritta, dell’uomo.
Le restanti condotte denunziate dalla parte offesa, pedinamenti ed appostamenti, sarebbero frutto, a dire del ricorrente, di una mera percezione soggettiva della donna.
2.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’evento, non essendo stato provato ne’ lo stato d’ansia ne’ il mutamento delle abitudini di vita.
Sotto altro profilo, si sostiene l’impossibilita’ di configurare il reato in esame quando l’attivita’ asseritamente persecutoria sia realizzata attraverso Facebook.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va premesso che le dichiarazioni della persona offesa, costituita parte civile, possono da sole, senza la necessita’ di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell’affermazione di responsabilita’ penale dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilita’ soggettiva del dichiarante e dell’attendibilita’ intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere piu’ penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. A tal fine e’ necessario che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del suo convincimento, consentendo cosi’ l’individuazione dell’iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata; mentre non ha rilievo, al riguardo, il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame qualora si tratti di deduzione disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, non essendo necessaria l’esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese ed essendo, invece, sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione senza lasciare spazio ad una valida alternativa (Sez. 5, Sentenza n. 1666 del 08/07/2014 Ud. – dep. 14/01/2015 – Rv. 261730).
1.1. La sentenza impugnata si pone nel solco della giurisprudenza richiamata e premette una valutazione di attendibilita’ della persona offesa, anche in considerazione della presenza di riscontri alle sue accuse, quali le parziali ammissioni dell’imputato, la lettura dei messaggi telefonici e la visione del profilo Facebook.
I giudici di merito analizzano, poi, compiutamente tutte le condotte poste in essere dall’imputato, protratte nel tempo e consistite in sms dal contenuto ingiurioso e minaccioso, nella creazione di un profilo Facebook altamente offensivo nei riguardi della persona offesa e in ripetuti appostamenti e pedinamenti.
E’ da escludere, per la protrazione delle condotte, che esse fossero dovute ad un moto di rabbia dovuto alla rivelazione alla moglie della relazione extraconiugale.
La Corte d’Appello ha anche dato conto, a pagina 4 della motivazione, delle ragioni per cui gli appostamenti e pedinamenti erano tali e non ascrivibili ad una mera percezione soggettiva della vittima.
1.2. Quanto all’evento, si e’ precisato che vi e’ prova della prescrizione di ansiolitici e del ricorso alla psicoterapia (deposizione del medico curante) e che tali prescrizioni non avvengono sulla base di una sintomatologia meramente dichiarata ma a seguito di una valutazione anamnestica e diagnostica, sicche’ e’ del tutto infondato l’argomento addotto dal ricorrente.
La ritenuta credibilita’ della parte offesa ha indotto a ritenere provato anche il mutamento delle abitudini di vita da lei riferito, consistito nel cambiamento di lavoro, nella decisione di non frequentare piu’ certi luoghi, di non uscire sola.
Sul punto, il ricorso si limita a contestare l’attendibilita’ della parte offesa in termini generici e senza allegare alcun dato che la incrini, con riferimento alle circostanze addotte.

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