Ai fini della configurabilità del delitto di violenza privata, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione.
Non vi è dubbio che, secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, il ricorrente, posizionandosi con la propria autovettura a pochi centimetri dello sportello lato autista dell’autovettura della persona offesa, la quale, per la presenza di autovetture parcheggiate avanti e dietro, non poteva in alcun modo spostarsi, ha costretto la stessa parte offesa a scendere dal proprio mezzo per affrontarlo in una discussione (allo scopo di ottenere lo spostamento del mezzo).
Né rileva che la persona offesa sia stata comunque in grado di scendere dall’autovettura (dal lato passeggero), avendo con tale condotta l’imputato pesantemente condizionato la libertà di autodeterminazione e movimento della persona offesa.

Corte di Cassazione

sezione quinta penale
sentenza 12 ottobre – 30 novembre 2017, n. 53978
Presidente Fumo – Relatore Fidanzia

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza emessa in data 16 giugno 2016 la Corte d’Appello di Messina ha confermato la sentenza di primo grado con cui C.M. è stato condannato alla pena di giustizia per il delitto di violenza privata ai danni di G.G. , perché mediante violenza consistita nell’uso improprio della propria autovettura, che parcheggiava nei pressi dell’auto su cui sedeva la persona offesa a distanza tale (pochi centimetri) da non consentire al conducente di scendere dal suo lato, costringeva G.G. a scendere dall’altro lato della propria autovettura e ad affrontarlo.
2. Con atto sottoscritto dal proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato affidandolo ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo è stato dedotto vizio di motivazione e violazione dell’art. 606 c.p.p..
Lamenta il ricorrente che, nel caso di specie, non si era verificata alcuna violenza privata, atteso che l’imputato non aveva parcheggiato la propria autovettura, ma l’aveva posta solo in prossimità di quella del G. per discutere con lo stesso e la persona offesa era comunque scesa dal proprio mezzo, dall’altro lato, per discutere con il prevenuto.

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